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Autore: starlight1205    17/09/2023    2 recensioni
Edimburgo, 1996
Diana Harvey è una normale ragazza che vive con la zia e lavora nel negozio di antiquariato di famiglia. Una serie di circostanze e di sfortunati eventi la porteranno a confrontarsi con il mondo magico, con il proprio passato e con un misterioso oggetto.
Fred Weasley ha lasciato Hogwarts e, oltre a dedicarsi al proprio negozio Tiri Vispi Weasley insieme al gemello George, si impegna ad aiutare l'Ordine della Fenice nelle proprie missioni.
Sarà proprio una missione nella capitale scozzese a far si che la sua strada incroci quella di una ragazza babbana decisamente divertente da infastidire.
[La storia è parallela agli eventi del sesto e settimo libro della saga di HP]
- Dal Capitolo 4 -
"Diana aveva gli occhi verdi spalancati e teneva tra le dita la tazza di tè ancora piena.Non riusciva a credere a una parola di quello che aveva detto quel pazzo con un'aria da ubriacone, ma zia Karen la guardava seria e incoraggiante. Il ragazzo dai capelli rossi nascondeva il suo ghigno dietro la tazza di ceramica, ma sembrava spassarsela un mondo. Diana gli avrebbe volentieri rovesciato l'intera teiera sulla testa per fargli sparire dal viso quell'aria da sbruffone."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Fred Weasley, George Weasley, Mundungus Fletcher, Nuovo personaggio | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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These violent delights have violent ends,

And in their triumph die 

Like fire and powder,

Which as they kiss consume”

(“Romeo and Juliet” - Act 2, Scene 6 - William Shakespeare)

 

 

 

Diana, ansante e con la milza in fiamme, aveva varcato la soglia del castello insieme a Dean, Seamus e Neville, mentre una donna dall’aria severa e gli occhiali rettangolari li attendeva per chiudere il portone con espressione grave.

Diana si appoggiò le mani sulle ginocchia, piegandosi in avanti per riprendere fiato dopo la corsa a rotta di collo attraverso il parco di Hogwarts con una sfilza di ripugnanti creature alle calcagna.

La donna agitò la bacchetta facendo frusciare la sua veste verde scuro come foglie al vento.

Diana cercò di inspirare ossigeno e diede un’occhiata alla porta che si era richiusa in un pesante tonfo, sperando che tutto ciò potesse servire davvero a qualcosa vista l’orda che si stava dirigendo all’assalto del castello.

- Professoressa… - ansimò Neville.

- Il ponte… - farfugliò Dean lanciando occhiate ansiose al portone d’ingresso, oltre il quale si udivano rimbombare rumori poco rassicuranti.

- Abbiamo dovuto! - esclamò Seamus, concitato e senza fiato, cercando di giustificare le loro azioni.

- Bel lavoro - si complimentò la donna aprendosi in un austero sorriso che Diana immaginò non si vedesse molto spesso sul suo viso.

I tre ragazzi parvero tirare un sospiro di sollievo nell’avere l’approvazione della donna, dando a Diana l’idea che fosse una di quelle persone che era meglio non farsi nemiche.

- Grazie, professoressa McGranitt - bofonchiò Seamus sorridendo e tenendosi un fianco per riprendere fiato - in realtà il merito è di Diana...

La professoressa McGranitt si limitò a squadrarla con aria imperscrutabile prima di rivolgerle un impercettibile cenno di assenso con il capo.

Dal piano di sopra arrivavano scoppi e boati, mentre qualcuno o qualcosa cercava con tutte le forze di abbattere il portone di legno che scricchiolava sotto la raffica di colpi.

- Non so quanto reggerà! - constatò Diana con aria critica osservando il legno incrinarsi.

- Non molto… - rispose la professoressa McGranitt stringendo le labbra in una dura linea di determinazione.

Un altro paio di persone raggiunsero la sala d’ingresso: una donna tarchiata e grassotella e un omino talmente piccolo da poter facilmente essere scambiato per un folletto.
I due si affiancarono alla professoressa McGranitt, entrambi con le bacchette tese in avanti.
Un frastuono infernale rimbombò sopra le loro teste e, di riflesso, tutti quanti sollevarono lo sguardo al soffitto.

- Che cosa cavolo sta succedendo di sopra? - soffiò Diana tra i denti senza staccare lo sguardo dal soffitto con il timore che potesse crollare da un momento all’altro.

- Andate! - la professoressa fece loro un cenno con il capo invitandoli caldamente ad allontanarsi dall’ingresso.

- La festa è di sopra, ragazzi! - esclamò Neville con un largo sorriso e strattonando Seamus per trascinarlo con lui verso le scale.

I tre Grifondoro si mossero verso la prima rampa e Diana li seguì. Dopo lo sforzo e la corsa sentiva ancora la milza dolorante, ma procedette stoicamente su per le scale, seguendo i rumori che si facevano via via più assordanti e accompagnati da grida. Sul secondo pianerottolo dovette fermarsi per riprendere fiato.
Quando rialzò lo sguardo, i suoi tre compagni erano spariti.

- Ragazzi?? - gridò Diana mentre il panico le rendeva la voce leggermente più acuta - dove siete?

Il pavimento tremò per un forte boato e la sua voce si perse nel riverbero dell’esplosione facendola sentire improvvisamente sola e impaurita; poco dopo, la rampa di scale su cui Diana si trovava prese a muoversi raschiando e ruggendo e, mentre la ragazza si aggrappava spaventata al corrimano, si saldò in un punto completamente diverso da quello di partenza, impedendole così di raggiungere i tre Grifondoro che sembravano aver continuato a camminare senza accorgersi della sua assenza.

- Oh, fantastico! - mugugnò guardandosi intorno e rabbrividendo, con le mani ancora saldamente strette intorno al corrimano di pietra.

Che cosa c’era di meglio del ritrovarsi sola e senza fiato in un castello magico sotto attacco?
Il sarcasmo con cui stava affrontando la situazione era l’unico modo per mantenere una parvenza di lucidità mentale e per non lasciarsi sopraffare dal panico.

Diana si affrettò ad abbandonare le scale prima che queste potessero decidere nuovamente di iniziare a ruotare su loro stesse e imboccò uno stretto corridoio debolmente illuminato.
Procedette lentamente chiedendosi se ci fosse un modo per raggiungere Dean, Seamus e Neville e, soprattutto, se i tre ragazzi si fossero accorti della sua sparizione.

Il corridoio sembrava deserto.

Doveva trovare Fred, ma quel castello le dava l’idea di essere una specie di enorme labirinto; inoltre, lui aveva parlato del compito di pattugliare dei passaggi segreti quindi l’impresa di ricongiungersi poteva rivelarsi più ardua del previsto.
Sperava con tutta sè stessa che Daniel Harvey fosse rimasto bloccato dal crollo del ponte: senza di lui tra le mura di Hogwarts, aveva sicuramente un problema in meno di cui occuparsi e, soprattutto, Harry poteva agire indisturbato nella sua missione di sconfiggere Voldemort. 

Diana stava sbirciando furtivamente oltre un angolo per sincerarsi che anche la zona in cui doveva avventurarsi fosse sgombra, quando le torce che illuminavano fiocamente il corridoio si spensero tingendo di nero l’ambiente circostante.

A Diana sembrò di sprofondare in quella fitta oscurità mentre il cuore le balzava in gola per lo spavento.

Non aveva udito nessun rumore! C’era qualcuno, oltre a lei, in quel corridoio?

Tutti i suoi sensi erano in allerta e il confortante rumore del Blackhole ronzava debolmente nelle sue orecchie facendo da sottofondo a quell’improvviso e inquietante silenzio.

- Bene...bene! Chi abbiamo qui? - una voce ruvida e fredda come il suono di due pietre sfregate l’una contro l’altra le fece accapponare la pelle fino alla punta dei piedi.

Il corridoio era ancora immerso nella più totale oscurità e Diana, spaventata, girò più volte su sè stessa per tentare di capire da dove provenisse la voce, sentendo il panico attorcigliarsi pesantemente alla sua spina dorsale.

Poi lo vide, illuminato dalla luce della luna che filtrava da una vetrata rotta.
Il luccichio del chiarore lunare che si specchiava nelle zanne di Fenrir Greyback. Zanne che, Diana si rese orribilmente conto, grondavano sinistre gocce di sangue.

Diana strinse i pugni e socchiuse gli occhi per cercare di concentrare di nuovo la sua energia, ma il ronzio del Blackhole si era fatto discontinuo e altalenante, come se il panico che affiorava dentro di lei andasse in qualche modo a disturbare il suo potere come un’interferenza alle frequenze di una radio.

Si guardò febbrilmente le mani tremanti in cerca di un rassicurante bagliore azzurrino percependo l’agitazione crescere.

Niente.

Un moto di terrore le sferzò lo stomaco nel realizzare di essere sola e inerme di fronte ad un feroce lupo mannaro che sembrava non vedere l’ora di trasformarla nel suo spuntino.
Fenrir Greyback incedeva verso di lei a passo lento e con un’espressione divertita.

Perchè proprio quando Diana ne aveva bisogno il suo potere decideva di prendersi una pausa?

L’unica cosa che poteva fare, visto che sembrava non avere alcun modo per difendersi, era fuggire.
Perciò si voltò e iniziò a correre.
Non sapeva bene dove stesse andando.
Pensava solamente a mettere più metri possibili tra lei e quell’orrenda e famelica creatura; così, guidata solo dall’istinto di sopravvivenza, non si rese conto che i rumori della battaglia e gli scoppi d’incantesimi si erano fatti più nitidi e distinti.
Si accorse di correre proprio verso il pericolo quando dovette scansare una coppia di maghi intenti a duellare e, per il repentino cambio di direzione, si schiantò contro un’armatura facendola franare al suolo in un fragore metallico.

Fenrir Greyback era ancora alle sue calcagna e ruggiva per il disappunto, accelerando il passo per raggiungerla.
Quell’inseguimento sembrava non aver fatto altro che risvegliare e fomentare il suo istinto da cacciatore.

Diana strinse i denti per cercare la forza di correre più velocemente; attraversò l’ennesimo corridoio di corsa e dovette aggrapparsi al muro per non scivolare sulle pietre rese lisce dal tempo.
Riuscì a infilarsi in un altro corridoio che si rivelò molto più ampio dei precedenti e soprattutto disseminato di persone.
Lì la battaglia impazzava furiosa: una parte del muro era franata lasciando intravedere il parco del castello, vari corpi, sia di maghi che di ragni giganti, giacevano a terra morti o privi di sensi e l’aria era impregnata di un acre odore di bruciato.
Arthur Weasley stava combattendo contro un uomo biondo e Lupin contro una donna dai capelli neri. Diana si insinuò di corsa tra loro e continuò a correre, ignorando gli avvertimenti di Lupin che la esortavano a trovare un riparo. Sentì distintamente la voce di Bill Weasley reclamare vendetta e quando si voltò vide il ragazzo avventarsi su Greyback per fermare l’inseguimento.
Diana, accaldata e sudata, ringraziò mentalmente il suo salvatore e ne approfittò per riprendere fiato alzando lo sguardo sull’ennesimo lungo corridoio di pietra che si snodava davanti a lei, per mettersi alla ricerca di una particolare testa rossa.

Fred Weasley, sfortunatamente o fortunatamente tenendo conto tutti i punti di vista, non si vedeva da nessuna parte.

Luna Lovegood e Ginny Weasley, la quale doveva essere riuscita a sfuggire alle grinfie della madre, stavano brillantemente tenendo a bada un mago dall’aria feroce.

- Ginny! - Diana chiamò la ragazza sperando di non causare danni nel distrarla momentaneamente dal duello - dov’è Fred?

- Era sceso di sotto a cercarti insieme a Percy, George e Lee! - le gridò Ginny parando un lampo di luce rossa con un rapido movimento del polso - non vi siete incrociati?

- No! - sbottò Diana costernata e iniziando a maledirsi per aver avuto la malsana idea di separarsi da Fred.

Lanciò una rapida occhiata al corridoio da cui era venuta: non c’era modo di tornare indietro da quella parte. Sarebbe dovuta passare tra una dozzina di persone che combattevano ferocemente con il rischio di creare solo ulteriore scompiglio.

- C’è una scala lì in fondo! - Luna le indicò la parte opposta da cui Diana era venuta, apparentemente libera. Diana annuì di rimando e si diresse con circospezione verso il punto indicato da Luna.

Ma quella zona del castello non era affatto libera.

Man mano che incedeva, delle figure presero forma davanti a lei.

L’iniziale sollievo nel rivedere Robert Murray dopo tanto tempo, scemò non appena Diana si rese conto che l’uomo stava fronteggiando Bellatrix Lestrange. La strega combatteva con una brutalità e una violenza che avevano già messo a dura prova il povero Robert, il quale respirava affannosamente tentando, invano, di colpirla e di tenerle testa.
Alle spalle di Robert, invece, Benjamin Murray si teneva di tanto in tanto la mano sulla spalla sinistra, probabilmente ferita, ma continuava a scagliare incantesimi contro un altro Mangiamorte incappucciato che era in netto svantaggio e che continuava a rivolgere a Ben velenosi improperi sperando di poterlo deconcentrare per trarne vantaggio. Lui, però, sembrava impossibile da scalfire e, con una smorfia di dolore nel tastarsi la spalla sanguinante, deviò l’ultimo incantesimo del suo avversario colpendolo con un fascio di luce rossa che mandò il nemico a sbattere con violenza contro la parete di pietra sollevando un esiguo nugolo di polvere.
L’uomo incappucciato rimase a terra privo di sensi.

Diana si accorse di aver trattenuto il fiato durante tutto il duello, infilandosi le unghie nel palmo della mano per la tensione.
Esalò un mezzo sospiro di sollievo nel realizzare che almeno uno dei due avversari era stato messo al tappeto e quello fu l’errore che rivelò definitivamente la sua presenza.

- Oh, ma questa è proprio una riunione di famiglia, allora! - squittì eccitata Bellatrix nel notare l’arrivo di Diana con la coda dell’occhio - Ti sono mancata?

Diana sentì una rabbia mista a terrore montare dentro di lei nell’udire la voce che per tanto tempo l’aveva tormentata.
Benjamin si girò di scatto verso di lei con il viso corrucciato per la disapprovazione. 

- Diana, che ci fai qui? Vai via! - le intimò in un ruggito sofferente, mentre con la bacchetta tentava di auto guarirsi la ferita, la quale però non sembrava affatto intenzionata a rimarginarsi.
Ora che il combattimento con il suo avversario era terminato, Ben non sembrava più tanto stabile sulle proprie gambe, ma continuava a stringere la bacchetta con determinazione, pronto ad intervenire per aiutare il fratello.
Quest’ultimo si voltò quanto bastava per incrociare lo sguardo di Diana e rivolgerle uno stanco sorriso dietro ad un velo di sudore. 

- Diana, vai vai da qui! - esclamò Robert concitato, ripetendo le parole del fratello minore.

Bellatrix Lestrange, con la malefica cattiveria che la contraddistingueva, non si lasciò scappare l’opportunità di usare a proprio vantaggio quell’attimo di distrazione dei due fratelli Murray.

Avada Kedavra!

Diana non aveva mai sentito pronunciare quell’incantesimo, ma era bastato il suono inquietante delle parole pronunciate dalla voce infantile di Bellatrix per farle tremare le ginocchia dal terrore.
Prima che potesse domandarsi quale effetto potesse causare quel particolare maleficio, un violento fascio di luce verde colpì in pieno petto Robert Murray.

L’espressione dell’uomo si cristalizzò in un muto fermo immagine.

A Diana parve che il mondo fosse improvvisamente rallentato.

Il corpo di Robert parve metterci secoli a raggiungere il suolo, tanto che lei ebbe il tempo di distogliere lo sguardo per osservare Benjamin.

I rumori della battaglia sembravano svaniti.

Il viso di Benjamin si trasformò in una maschera di dolore nel precipitarsi verso il corpo del fratello che cadeva a terra con un tonfo scomposto.

Quando Ben si inginocchiò accanto a Robert scuotendolo, chiamandolo per nome e appoggiandosi la testa del fratello sulle gambe, Diana comprese a che cosa servisse l’incantesimo di Bellatrix Lestrange, perchè Robert aveva dipinto in volto lo stesso sguardo vitreo che la ragazza aveva già visto sul viso di zia Karen.

Era morto.

Diana sentì le ginocchia cedere e le pareti vorticare tremolanti intorno a lei, ma si ostinò a rimanere in piedi; lo stomaco si era trasformato in ghiaccio nell’udire la voce carica di sofferenza di Benjamin, il quale aveva abbandonato ogni forma di contegno, dilaniato dalla perdita del fratello maggiore.

Bellatrix Lestrange, incredibilmente, si fermò per osservare con fierezza il proprio operato, come una bambina orgogliosa dei compiti eseguiti a casa senza nessun errore.

- Murray - pigolò con voce falsamente pietosa e sporgendo il labbro inferiore in avanti - hai tradito il tuo Signore…pensavi davvero di cavartela così in fretta morendo per primo?

Benjamin sollevò verso Bellatrix un viso privo di lacrime: lo sguardo nero come la pece attraversato da ondate di risentimento e collera.

Diana sentiva il ronzio nelle sue orecchie prendere il sopravvento su ogni rumore e sensazione.

Pensava di non poter odiare ancora di più quella donna.
Aveva ucciso Robert.
Aveva provocato la morte di zia Karen.
Aveva distrutto il negozio Harvey.
L’aveva torturata per mesi.

Diana strinse i pugni e sputò: - Sei…sei una… - non sapeva nemmeno come apostrofare la strega; le parole incespicavano sulla sua lingua, ostacolate dal disgusto e dall’odio che si dibattevano dentro di lei.

- Ah - Bellatrix si voltò a guardarla con un sorriso sadico che lasciò scoperti i denti storti e ingrigiti e si scostò la matassa di capelli corvini aggrovigliati - sei ancora qui? Fai la coraggiosa solo perchè gli incantesimi sembrano non aver effetto su di te quindi ti lascerò per ultima…
Benjamin sembrava pietrificato accanto al fratello, incapace di rimettersi in piedi e di combattere.
Bellatrix sorrise leccandosi le labbra e puntò la bacchetta su Benjamin con un folle ghigno a deformarle il viso.

- Soffrirai, Murray! Nessuno tradisce il Signore Oscuro e resta impunito!

Diana con un rapido movimento involontario si frappose tra Ben e Bellatrix e intimò all’uomo: - Ben, alzati!
Ma lui non parve udirla: continuava ad alternare lo sguardo confuso tra Bellatrix, Diana e il corpo di Robert.
Prima che la strega potesse scagliare altri incantesimi, un frastuono esplose dal fondo del corridoio, tanto che Diana, Bellatrix e persino Ben si voltarono in quella direzione.

Una serie di scoppi, una densa nuvola di fumo e fiotti di scintille riempirono buona parte della zona e dalla nube comparve di corsa Fred Weasley con il viso e capelli sporchi di fuliggine, tossendo e ridendo con qualcuno alle sue spalle.

- Hai visto come si è incazzato quel troll quando quella Detonazione Deluxe lo ha colpito nel didietro? - ma il sorriso e le parole gli morirono in gola quando mise a fuoco la scena che aveva davanti a sè, mentre si costringeva a frenare la corsa con una scivolata.

Diana sorrise per il conforto che l’arrivo di Fred le aveva provocato, mentre entrambi si percorrevano con lo sguardo per sincerarsi che l’altro fosse illeso.
Fred lasciò scivolare lo sguardo sulla bacchetta di Bellatrix Lestrange puntata su Diana e si fece sfuggire un sibilo di terrore che si spense debolmente nel notare il corpo esanime di Robert e Benjamin ancora chino su di lui.
Diana e Fred si fissarono in silenzio e prima che uno dei due potesse dire qualcosa, alle spalle di Fred comparve Percy Weasley che andò a sbattere contro la schiena del fratello minore.

- Perce, ma che cazz - si lamentò Fred, ma dovette interrompersi perchè un attimo dopo l’intero corridoio era piombato nel buio più totale.

Non era solo buio, ma era come se denso fumo si fosse intessuto all’oscurità stessa impedendo di vedere a un palmo dal naso.
Diana continuava a sbattere le palpebre con la convinzione che questo avrebbe aiutato a far abituare più in fretta i suoi occhi alla dilagante oscurità, ma senza successo.
Aveva già avuto una volta la stessa identica sensazione. Alla Tana, in camera di Fred e George, quando…

- Oh, per Merlino penso mi sia caduta la Buiopesto che mi hai dato - constatò la voce mortificata di Percy.

- Ma non mi dire! Non me ne ero proprio accorto! - commentò ironico Fred e Diana si sentì assurdamente confortata dal fatto che lui fosse in grado di ridere e scherzare anche in una situazione come quella. Tutto sembrava relativamente meno tragico insieme a Fred.

Diana cercò a tentoni la parete per tenersi in piedi perché il conforto era durato troppo poco.

Dov’era Bellatrix? Perchè non stava attaccando?

- Ben? - chiamò Diana preoccupata.

Dall’oscurità la voce di Ben la raggiunse da un punto diverso da quello che si aspettava e un susseguirsi di lampi di luce e zampilli di incantesimi illuminarono fiocamente il corridoio buio delineando solo i contorni delle figure di Benjamin e Bellatrix intente a duellare a pochi metri da Diana.

- Pixie? - ruggì la voce di Fred, irta di preoccupazione.

Prima che Diana potesse rispondere l’aria esplose di incantesimi e urla.
Diana non sapeva chi stesse attaccando chi. 

Ben esalò un grido feroce, mentre la risata di Bellatrix Lestrange risuonava malefica e inquietante.
La voce di Fred evocò un incantesimo di protezione, ma poi si spense nel fragore di un’altra esplosione, mentre nuove voci annunciavano l’arrivo di altre persone.

Erano nemici o alleati?

Se precedentemente Diana aveva avuto paura, ora quello che le aveva ghermito le viscere era terrore allo stato puro.

- Freeeed! - gridò talmente forte da farsi male alla gola mentre le unghie incontravano le pietre sulla parete - stai bene??

Nessuna risposta.

- Freed! - accecata dal buio Diana urlò di nuovo con la gola in fiamme e ogni muscolo teso come una corda di violino.

- Pixie - la voce di Fred era più lontana di quanto si aspettasse - sto bene, ma… - si interruppe e si udì un grugnito seguito da un’esplosione di luce - sono un tantino occupato…
Fred si rivolse a qualcuno, probabilmente Percy: - Spostati da lì, da questa parte si vede un po’ meglio…

- Non si vede un accidente nemmeno qui, Fred! - grugnì la voce di Percy accompagnata da una serie di incantesimi.

- E di chi è la colpa? - lo rimbrottò Fred con la voce venata dallo sforzo della lotta - Pixie, vieni verso di noi, ok? Segui la mia voce…

Diana annuì e, cercando di calmarsi, si diresse verso il punto in cui doveva trovarsi Fred.

- Se vai avanti a parlare forse è più semplice… - gli gridò Diana tenendo a bada a fatica il panico.

- Giusto, hai ragione! Non ci avevo pensato! - rispose Fred e Diana immaginò il suo viso sorridente che di riflesso fece sorridere anche lei; così mentre Fred cercava di guidarla con la propria voce, Diana si diresse a tentoni verso quella che sperava fosse la parte giusta, ansiosa di uscire da quella nuvola di oscurità.

Il profilo della parete che stava seguendo con le dita per avere almeno una vaga idea di dove si trovasse si interruppe: alla sua sinistra si dovevano probabilmente intersecare due corridoi.
L’oscurità sembrava più rarefatta e ora Diana vedeva abbastanza nitidamente delle sagome muoversi: erano Fred e Percy.
Sorrise affrettando il passo verso di loro, ma dovette fermarsi di botto mentre qualcuno alle sue spalle le avvolgeva con forza un braccio intorno alla gola, strattonandola indietro tanto da farle male e da mutilare l’urlo a metà della sua gola, riducendolo a un singulto informe.

- Piccola D - una voce le sussurrò all’orecchio facendola rabbrividire.

Non era una voce qualunque.
Solo una persona la chiamava Piccola D.

- Lasciami - sibilò Diana iniziando a dibattersi con forza per liberarsi da quella stretta senza però ottenere alcun risultato.

La schiena premuta contro il petto di Daniel Harvey le provocava un senso di disgusto talmente acuto da farle ribollire il sangue per il disprezzo e l’odio che provava per lui.

- LASCIAMI! - gridò con tutto il fiato che aveva in gola, prima che una mano le tappasse rudemente la bocca.

- Pixie? - la voce di Fred attraversò l’oscurità facendosi carica di preoccupazione - che succede?

Diana prese ad agitarsi sempre di più mentre Daniel Harvey la trascinava fuori dalla zona resa impraticabile dalla Polvere Buiopesto.

- Diana? - la voce di Fred era più lontana ma sempre più atterrita dall’assenza di risposte da parte della ragazza.

Diana mugugnò, si agitò e tentò addirittura di mordere le dita di suo padre che premevano sulle sua labbra.

- Sta ferma! - la zittì lui stringendo ancor di più la presa e trascinandola definitivamente fuori dall’oscurità.

Diana battè più volte le palpebre per abituarsi ad avere di nuovo la vista.

- Il tuo ragazzo ti sta chiamando - la provocò Daniel in tono sbeffeggiante - vuoi davvero che venga qui così potrò fargli del male?

Diana si afflosciò istantaneamente nell’udire quelle parole e smise di agitarsi.

- Ecco brava… - e lentamente lasciò la presa sulla sua bocca.

Diana rimase in silenzio, angosciata ad osservare la coltre di buio che affollava il corridoio davanti a loro con il petto che si abbassava e si alzava per lo sforzo, mentre la sua mente cercava freneticamente di mettere insieme un piano, un’idea o qualsiasi cosa servisse ad evitare l’ennesima tragedia.

- Tu non gli farai del male - riuscì solo ad ansimare Diana.

- No, a quello ci stai già pensando tu… - rispose Daniel divertito.

- Cosa? Che stai dicendo? - sibilò Diana senza capire e con gli occhi che cercavano convulsamente di dare un senso alle parole di Daniel Harvey.

- Te lo avevo già detto…voglio solo aiutarti! Dammi il potere del Blackhole!

- No! - sbottò Diana riprendendo ad agitarsi.

Dalla parte opposta del corridoio, alla spalle di Daniel e Diana, si udirono scoppi e un forte boato, tanto che suo padre si voltò repentinamente verso quel punto, trascinandola con sè in quella bieca giravolta.
Diana non riuscì a capire da dove fossero arrivati, ma davanti a loro erano appena comparsi Bellatrix e Benjamin alle prese con un duello serratissimo, che terminò poco dopo con uno scoppio di luce che mandò Bellatrix a terra e priva di sensi.
Solo allora, Benjamin parve mettere a fuoco la scena che aveva di fronte: affaticato dalla lotta, si puntellò una mano su un fianco per riprendere fiato; un’espressione sofferente fece da preludio alla macchia di sangue che si stava allargando sotto alla mano premuta sulla stoffa della sua maglietta.
Diana trattenne il fiato.

- Lasciala, Daniel - ruggì Benjamin puntando la bacchetta verso Diana e suo padre, che ormai la teneva davanti a sè come se fosse uno scudo umano.

- Minacciami pure, Ben! - sogghignò Daniel tracotante - ma non puoi farmi nulla visto che mia figlia mi proteggerà da qualsiasi incantesimo mi spedirai contro!

Benjamin grugnì per il disappunto e Diana prese a dimenarsi di nuovo.

- Smettila! - sibilò Daniel al suo orecchio e strattonandola bruscamente contro di sè - dammi il potere del Blackhole e basta! Te lo ripeto per l’ennesima volta! Sto cercando di aiutarti! Di aiutare Fred!

Diana cercò Ben con lo sguardo: era ancora di fronte a loro, a pochi metri di distanza, con la bacchetta tesa e un’espressione concentrata.

- Che stai dicendo, Daniel? - domandò con calcolata gentilezza Ben, parlando come ad un serial killer di cui non era prevedibile la mossa successiva.

- Finirà allo stesso modo…come tra me e Sarah… - bofonchiò Daniel con la voce incrinata - come avete fatto a non averlo ancora capito?

Benjamin guardò Diana e lei si sentì raggelare da quell’occhiata che non sembrava affatto incredula di fronte a quelle parole, ma piuttosto pareva che Ben stesse velocemente riflettendo su ciò che Daniel asseriva con convinzione.

- Ti stai inventando tutto solo perchè vuoi il potere del Blackhole! - sbottò Diana riprendendo ad agitarsi.

- Sì, voglio il potere del Blackhole, ma non mi sto inventando nulla! - rispose suo padre e poi riprese - Ben, da te proprio non me lo aspettavo! - ghignò come se avesse appena scoperto un succulento pettegolezzo di cui parlare - e tu, Piccola D, pensavo che ormai ti fosse chiaro…

- Che cosa? - esalò Diana terrorizzata dalla risposta che suo padre le avrebbe dato.

- Che ormai il Blackhole sei tu! - esclamò Daniel con ovvietà.

Nonostante fosse ancora saldamente trattenuta dalla stretta di Daniel, a Diana parve improvvisamente di cadere.
Di perdere ogni contatto con il suolo, con la realtà e con la gravità terrestre.
Ogni suo muscolo parve trasformarsi in gelatina mentre lei piroettava in un ghiacciato abisso di terrore e consapevolezza.
In un buco nero che era dentro di lei e che ora sembrava inghiottire con violenza ogni sua certezza.
Tutto ciò che era rimasto erano solo terrore, oscurità e tasselli di memoria scomposti che lentamente andavano a combaciare per rivelare un’orrida verità che aveva sempre avuto davanti agli occhi senza davvero vederla.

 

Sua madre che era morta a causa del Blackhole che aveva lentamente risucchiato la sua magia e la sua vita.

Diana che ereditava i poteri del Blackhole e che diventava in grado di padroneggiarli pur non avendo l’amuleto con sè.

Diana che, a conti fatti, era davvero diventata un Blackhole.

Sospirò tremante nel ricordare le parole che George le aveva rivolto a casa McKinnon.

Fred non ha mai dormito così tanto come in questo periodo.

E poi, tremolanti e confusi, si affacciarono i ricordi di una ragazzina che vedeva sua madre spegnersi lentamente: troppo stanca per alzarsi dal letto.

 

Diana sbattè le palpebre mentre sentiva le viscere salire verso l’alto in netta contrapposizione al suo corpo che invece pareva ormai impegnato in una caduta libera.

Era questo che sarebbe accaduto?

A Fred Weasley era riservato lo stesso orribile destino che aveva dovuto subire Sarah McKinnon?

- N-non è possibile… - farfugliò Diana cercando Benjamin con lo sguardo, in attesa che lui smentisse quelle parole, ma lui era come pietrificato nella stessa sua posizione con la bocca semiaperta per l’impatto con quella rivelazione.

- Ma che Merlino sta succedendo qui? - una voce concitata per la lotta li raggiunse.

L’oscurità della Polvere Buiopesto si era finalmente rarefatta rivelando le devastazioni della battaglia: alcune pietre staccate dalle pareti costellavano il corridoio impolverato, qualche corpo era riverso a terra, ma Diana non riuscì a distinguere le loro identità perchè era troppo concentrata sull’arrivo di Fred; alle sue spalle i combattimenti non erano affatto terminati, dato che Percy Weasley stava tenendo egregiamente a bada un avversario magro e dai lunghi capelli scuri che scagliava fatture verso di lui con ferocia.

- Fred, vai via di qui! - gridò Diana spaventata da quello che sarebbe potuto accadere, da quello che Daniel Harvey, instabile e folle, avrebbe potuto fare.

Fred, la bacchetta tesa e gli occhi spalancati dalla paura, rimase immobile e scosse la testa con determinazione.

- Piccola D - riattaccò Daniel con voce suadente - dammi il potere del Blackhole e non gli succederà nulla!

Fu allora che Diana riuscì a notare con la coda dell’occhio ciò che Daniel Harvey teneva nella mano destra.
Una pistola orrendamente puntata verso Fred che, invece, fissava l’oggetto con spaventata curiosità.

- Così tu potrai provocare la morte di Harry Potter? - sibilò Diana tremante dalla rabbia e dall’orrore - non esiste!

Ragionò velocemente, investita da una nuova lucidità.
Suo padre aveva una pistola ma non le avrebbe fatto del male: aveva bisogno di lei.
Suo padre non aveva il potere del Blackhole come, invece, immaginava Olivander, quindi era vulnerabile.
L’unica idea che Diana ebbe, per quanto azzardata, fu quella di muovere di scatto la testa all’indietro in un movimento secco e improvviso per colpire Daniel Harvey che ancora la stringeva a sè.
Un’acuta fitta di dolore le trafisse la nuca e percepì uno scricchiolio di ossa frantumate, mentre la parte posteriore della sua testa impattava con il naso di suo padre, che di riflesso mollò la presa su di lei grugnendo per la botta.

Diana, finalmente libera, cadde in avanti perdendo l’equilibrio.

Fu in quel momento che accaddero più cose contemporaneamente.

Fu quello il momento in cui tutto precipitò.

Daniel Harvey aveva uno sguardo folle con il naso rotto da cui il sangue sgorgava in fiotti rosso rubino e il volto deformato da un ghigno; l’orologio da taschino di Diana era pigramente appeso al suo collo.

Fred stava per attaccarlo quando Daniel Harvey puntò la pistola contro di lui.

Diana trattenne il fiato.

Benjamin stava scivolando lentamente al fianco di Fred.

Nessuno aveva più preso in considerazione Bellatrix Lestrange, fino a quel momento riversa al suolo priva di sensi.

Fino a quel momento.

La voce femminile e gracchiante congelò il tempo e lo spazio mentre risuonava tra le pietre e gli scoppi degli incantesimi che continuavano a piovere tra i vari schieramenti ancora in lotta lungo il corridoio.

Avada Kedavra!

Diana non sapeva se la maledizione di Bellatrix Lestrange fosse indirizzata a Fred o a Benjamin, ma si slanciò per frapporsi ad essa con foga e decisione, come se fosse nata per evitare quella orribile fatalità.
Contemporaneamente, il proiettile esplose senza che Diana fosse in grado di comprendere se avesse colpito qualcuno oppure no.
Quando la maledizione mortale colpì Diana in pieno petto, le urla strazianti di Fred e Benjamin ruggirono quasi all’unisono, contornate dalla risata maligna di Bellatrix.
In un attimo tutto parve farsi bianco, etereo e inconsistente tanto che Diana pensò davvero di essere morta e che il potere del Blackhole non avesse funzionato.

Poi la sentì.

L’energia bruciante e violenta che come lava incandescente risaliva ruggendo da dentro di lei.
Diana si strinse istintivamente le mani al petto come se quel gesto potesse in qualche modo arginare il potere che sentiva lottare per esplodere.
Fitte di dolore la percorrevano da capo a piedi tanto che rimanere in piedi le sembrò un’impresa titanica.
Voleva evitare che l’energia fuoriuscisse, ma quell’incantesimo era troppo potente per poterlo contenere.
Cadde in ginocchio e il potere del Blackhole si liberò dal centro del suo petto più forte che mai, esplodendo in una nitida bolla azzurra.

Benjamin, come un indemoniato, si era gettato contro Bellatrix.

Fred, alle spalle di Diana, si schermò il viso con un braccio, accecato dal bagliore improvviso.

Diana, con la fronte imperlata di sudore e digrignando i denti per lo sforzo, riuscì ad indirizzare l’ondata di energia verso Daniel Harvey.
Il coperchio dell’orologio da taschino ancora al collo di suo padre si spalancò e le lancette presero a roteare impazzite, mentre il Blackhole sembrava quasi riconoscere la famigliare fonte di energia.
Daniel sorrise, convinto che finalmente il potere del Blackhole stesse tornando al suo posto e che Diana glielo stesse consegnando.
Diana rabbrividì nel rendersi conto di ciò che stava potenzialmente ed erroneamente alimentando.

E poi le lancette rallentarono fino a fermarsi.

L’orologio da taschino esplose come una bomba, spingendo Daniel a urtare la parete opposta e a ricadere a terra in un tonfo.

Benjamin era finalmente riuscito ad atterrare Bellatrix Lestrange e ad imprigionarla con delle corde magiche.

L’ondata di energia accumulata dentro a Diana, però, non sembrava scemare nonostante fosse riuscita in parte a dirigerla verso suo padre; anzi, il bruciante formicolio della sua pelle si stava intensificando come se il potere dell’incantesimo volesse farsi largo nel suo corpo per fuggire da lei in un dilaniante dolore.
Diana ricadde in ginocchio per lo sforzo e intravide Fred muoversi verso di lei.

- Stai indietro! - gli ringhiò minacciosa per evitare che venisse colpito.

Il ragazzo arretrò di un passo, indeciso su come comportarsi.

L’implacabile ronzio del Blackhole si era fatto così forte e fastidioso da essere quasi insopportabile.
Diana, in preda a degli spasmi violenti, si tappò le orecchie con le mani perchè non voleva più sentire quel rumore che come un martello pneumatico sembrava farsi largo nella sua testa per raggiungere e distruggere il suo cervello.
La sua concentrazione si ritrasse, schiacciata sotto al gravoso peso di quell’incantesimo, ed esplose in una seconda violenta detonazione che Diana, alla cieca, riuscì solo a indirizzare verso l’alto per evitare di colpire Fred o Benjamin.
Il riverbero dell’esplosione si spense in un boato che fece tremare il soffitto, il pavimento, le pareti e anche il cuore di Diana.
Finalmente, la sofferenza era cessata come se avesse espulso l’ultimo corpo estraneo ancora intrappolato dentro di lei.
Fred, che fino a quel momento era rimasto bloccato sul posto con un’espressione fatta di estrema sofferenza per non poter raggiungere Diana, si slanciò verso di lei per stringerla in un abbraccio.

- Stai bene? - domandò spaventato senza accennare a diminuire la presa su di lei.

Diana non aveva nemmeno le forze per articolare una risposta sensata: la sua lingua sembrava essersi incollata al palato, impedendole di parlare; le sue gambe tremavano così tanto che dovette lasciarsi cullare dalle braccia di Fred per non accasciarsi a terra.
Sembrava che il Blackhole avesse risucchiato ogni grammo di forza presente dentro di lei lasciandola vuota, stanca e intontita.

Affondò il viso nel petto di Fred e chiuse gli occhi.

Uno strano ronzio era tornato flebilmente a fare da sottofondo; Diana riuscì a coglierne una diversa sfumatura, come se, incredibilmente, quel rumore non provenisse più da dentro di lei ma da un punto ben al di sopra di lei e Fred.
Il rumore si intensificò.
Non era il ronzio del Blackhole: era un basso rombo vibrante che in pochi secondi si fece assordante.
Prima che Diana e Fred potessero avere il tempo di sollevare le loro teste, udirono un grido sconclusionato di Benjamin e la voce spaventata di Percy Weasley che intimava loro di spostarsi.
Il soffitto, esattamente nel punto che Diana aveva colpito con l’energia del Blackhole, collassò su sè stesso investendoli con una nuvola di polvere, detriti e pietre che presero a piovere su di loro come una pioggia di meteoriti.

Le braccia di Fred si strinsero convulsamente intorno a lei.

Un bagliore azzurro esplose.

Poi il mondo si trasformò in dolore e oscurità.

Il soffitto trascinò con sè la parete di pietre che si abbattè su di loro e, come le quinte di un sipario teatrale, si chiuse su Diana Harvey e Fred Weasley.

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Ehm...come va? Cosa posso dire se non "aspettate almeno la fine della storia per farmi fuori"? XD
Spero di aver spiegato più o meno decentemente ciò che avevo in mente e sono super curiosa di sapere che ne pensate!
Ci risentiamo settimana prossima (spero) per l'ultimo capitolo di questa storia!
A presto :)

 

  
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