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Autore: Nina Ninetta    21/09/2023    4 recensioni
La vita è fatta di scelte. Noi scegliamo, ogni giorno, cosa mangiare, cosa indossare... ma, ci sono decisioni che ci cambieranno l'esistenza e ci condurranno per una strada o per un'altra. Eppure, ci sono cose destinate ad accadere, qualsiasi sia la via che sceglieremo di percorrere. Elisa, giovane adolescente, sta per scoprirlo a sue spese: accettare o meno l'invito del suo beniamino? Ne vale davvero la pena abbandonare la sua migliore amica?
Questa storia partecipa alla challenge "Tra bivi e porte scorrevoli" indetta da Ashla sul forum "Ferisce la penna"
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao bella gente! Come anticipato nell'intro della storia, questo racconto partecipa a una challenge di Ashla in cui ci si pone il dilemma delle scelte. Quante volte ci siamo chiesti: chissà cosa fosse successo se avessi deciso A invece di B. Beh, questa challenge vuole appunto mostrare entrambe le decisioni, nel mio caso di Elisa... Seguiranno due capitoli, in ciascuno dei quali riporterò l'evolversi della vita della protagonista, a seconda della scelta fatta alla fine di questo primo capitolo, detto perciò "bivio". Mi farebbe tanto piacere sapere VOI cosa aveste fatto e, magari alla fine dei due prossimi capitoli detti "risoluzione" e che usciranno insieme , dove Elisa abbia fatto meglio, se scegliere A o B. Buona lettura, Nina^^


INSIEME,

XSEMPRE

 
 

 Capitolo Bivio
 

Ciò che è destinato a te
troverà sempre il modo
di raggiungerti”
H. Browne
 

Elisa non ricordava di essersi mai sentita così euforica come quel pomeriggio di metà luglio. I grigi e interminabili giorni di scuola erano ormai un lontano ricordo, davanti a sé si dipanava una lunga stagione estiva, scandita da sole, mare e nuovi amori. L’amicizia? Beh, quella ce l’aveva già ed era un punto fermo della sua vita da una decina di anni a quella parte. Lei e Giorgia – o Giò-Giò, come amava vezzeggiarla – erano inseparabili. In famiglia e a scuola le avevano soprannominate “sorelle siamesi” e loro ne andavano fiere. Indossavano quell’appellativo manco fosse una corazza, convinte che le avrebbe tenute unite e protette dal male e dal dolore.
“Insieme, Xsempre” scrivevano sulle pagine dei loro diari, con penne glitterate dai colori.
Elisa diede un’ultima scrollata ai capelli ricci e rossi, tendenti all’arancio, quando sentì dapprima il doppio suono del clacson e poi la voce della mamma che la chiamava: Giorgia e sua madre erano arrivate!
«Arrivo!» Urlò Elisa uscendo dal bagno, afferrò al volo la sacca/zaino nella sua stanza e percorse a grandi falcate il corridoio, annuendo scocciata alle raccomandazioni della mamma.
«Hai capito, Eli? Non accettare niente dagli sconosciuti!»
Fu l’ultima frase del genitore, mentre la figlia adolescente era già a metà della rampa di scale di un palazzo alto sei piani, quest’ultimo abitato dalla famiglia di Elisa e un altro paio di condomini.
«Mamma, ho 17 anni ormai!»
«Ne hai 16!» Replicò la donna.
«Quasi 17!» Concluse la ragazza che in effetti avrebbe compiuto gli anni a settembre.
 
Giò-Giò l’aspettava fuori dalla macchina, con i capelli castani e lisci legati in una coda bassa e gli occhiali da vista appoggiati sulla punta del naso. Appena si videro si corsero in contro e cominciarono a saltellare sul posto, tenendosi per mano, starnazzando simili a oche impazzite.
Erano emozionatissime!
Aspettavano quel giorno da circa un anno, quando cioè avevano scoperto che i Beat Busters, la loro band musicale preferita, avrebbe tenuto un concerto nella propria provincia. L’euforia della notizia, però, aveva ben presto lasciato il posto alla frustrazione: i loro genitori non avrebbero mai dato il consenso, cominciando con la solfa dell’età, dei pericoli e degli incidenti. Alla fine, tuttavia, erano riuscite a scendere a patti: loro si sarebbero impegnate molto di più a scuola – quell’anno erano state promosse con la media del 6 – e, soprattutto, avrebbero dato una mano nelle faccende domestiche. Di nascosto, le loro mamme avevano acquistato i biglietti dell’evento e glieli avevano fatti trovare sotto l’albero di Natale. Inutile descrivere la gioia delle ragazze: entrambe erano scoppiate in lacrime per la felicità.
 
La mamma di Giorgia fece un cenno a quella di Elisa, la quale si era affacciata al balcone avendo delle raccomandazioni anche per lei. Di comune accordo, avevano infatti deciso che la madre di Giò-Giò le avrebbe accompagnate fin davanti allo stadio, luogo in cui si teneva l’evento, e le avrebbe aspettate per tutto il tempo in macchina. Le due amiche avevano chiesto che potessero tornare a casa con la metro, poiché avrebbero tanto voluto attendere fuori dal backstage i membri della band. In particolare il cantante Max, per cui Elisa aveva una vera infatuazione. Da tutte e due le famiglie era arrivato un categorico no! Non esisteva! Dopo il concerto dritte in macchina e poi a casa. Avevano solo 16 anni, era già un miracolo che avessero regalato loro i biglietti per il concerto. Si era deciso che ad accompagnarle fosse la mamma di Giorgia per due motivi: uno, perché entrambi i papà lavorano essendo un giorno feriale e la partenza era prevista intorno alle 17:00 (per arrivare in anticipo di qualche minuto rispetto all’apertura dei cancelli e prendere quanto più possibile i posti sotto al palco); due, poiché Elisa aveva una sorellina di appena quattro anni che non era il caso di portare con loro.
Nonostante avessero pronosticato di giungere dopo un’oretta di cammino, il traffico all’uscita autostradale si era presentato più scorrevole del previsto e, quasi un paio di ore prima dell’apertura dei cancelli, Elisa e Giorgia erano già in fila nei primissimi posti. Quando gli steward spalancarono le inferriate, i fans si riversarono a frotte sull’erbetta del campo da calcio. Fra spintoni e gomitate varie, tenendosi per mano, le due amiche riuscirono a raggiungere le transenne, oltre alle quali c’era solo il palco dove fra poco si sarebbero esibiti i loro beniamini.
L’eccitazione era tangibile, qualcuno cominciò a intonare una delle canzoni più famose dei Beat Busters, da lontano si udirono note arrangiate alla chitarra e ben presto tutti i presenti gli andarono dietro, cantando e oscillando le braccia a ritmo. Si creò così una bella atmosfera, amichevole e gioviale, che accompagnò la lunga attesa e la rese meno pesante. Poi, alle 22:00 in punto, con almeno quaranta minuti di ritardo, le luci sul palco si spensero e il pubblico rimase con il fiato sospeso.
«Ci siamo!» sussurrò Giorgia alla sua amica.
«Sì!» Riuscì solo a balbettare l’altra, la quale era così emozionata che per un attimo temette di svenire. Il cuore le batteva impazzito, la testa le vorticava e quell’improvviso silenzio, dopo ore di baccano e voci di sottofondo, pareva quasi sfondarle i timpani. Avvertì la stretta delle dita di Giò-Giò che si chiudevano intorno alle sue e ricambiò.
«Buonasera meravigliose creature!» La voce di Max rimbombò in tutto lo stadio e un boato si alzò da ogni dove. I riflettori si riaccesero, puntati al centro del palo e solo allora Elisa urlò, alzando i pugni al cielo. Max era a pochi metri da lei, bello come il sole. Radioso. Aveva entrambe le mani adagiate sul microfono, le unghie colorate di nero spiccavano sulla carnagione pallida; il viso era rivolto di profilo e i capelli, chiari e spettinati, glielo coprivano. Indossava pantaloni di tela scuri; il torso era nudo, come di consueto, ma dipinto da diversi tatuaggi. Elisa li conosceva tutti e di ognuno aveva letto il significato che avevano per Max. Quest’ultimo cominciò a battere il piede scalzo, seguendo le note del loro primo singolo, quello che li aveva resi famosi, e finalmente si voltò a guardarli.
«Questo è per voi» disse, aveva una voce vellutata, pacata. Seducente. «Siete il mio tutto, splendide creature!» Concluse, strizzando un occhio.
Elisa impietrì. Per un attimo, un solo istante, le parve che l’avesse guardata e che quell’occhiolino fosse rivolto a lei. Ma era impossibile, giusto? Intorno a lei c’erano migliaia di persone, come poteva anche solo illudersi che Max l’avesse notata e dedicatole quel piccolo gesto?
 
Il concerto andò avanti per due ore filate. Quando Max annunciò che lo spettacolo era finito, dagli spalti si elevò in coro il ritornello del loro ultimo pezzo e la band li seguì a ruota.
«Grazie per la vostra compagnia, anime erranti. Non spegnetevi mai. Bruciate. Bruciate d’amore e passione. Vivete e bruciate. Ciao!»
Furono queste le ultime parole del cantante, prima di inchinarsi al suo pubblico insieme agli altri membri dei Beat Busters. Max sollevò appena lo sguardo e di nuovo Elisa ebbe la sensazione che la scrutasse. Le stava sorridendo, possibile? Le gambe erano gelatina, la gola le doleva per il troppo urlare e cantare; gli occhi umidi di lacrime di gioia e anche per i fumi che non solo si erano elevati dal palco in qualità di effetti scenografici, ma anche per tutto ciò che si erano fumati quelli che la circondavano (e offerto, ma lei e Giorgia avevano rifiutato garbatamente). Mentre pensava a tutte quelle cose, però, le luci sul palco si spensero e i Beat Busters furono inghiottiti dall’oscurità che li aveva preceduti.
 
I giovani ragazzi della band rientrarono nel backstage, accettando volentieri le bevande e il cibo che veniva offerto loro, con tanto di complimenti per lo show.
«Siete stati fenomenali!» Esordì il loro agente, un uomo di mezza età e di bell’aspetto.
«Portami la rossa» disse Max, avviandosi al suo camerino.
L’uomo sbirciò oltre le spesse tende scure e notò subito la ragazza di cui parlava il vocalist dei Beat Busters: quella criniera fulgida sarebbe risaltata anche a chilometri di distanza.
«Ma chi, quella in prima fila? Non avrà neanche 15 anni!»
«Non fa niente. Tu portamela. Voglio conoscerla» concluse Max.
 
«Wow!» Disse solo Giò-Giò, con gli occhi ancora emozionati. «È stato bellissimo!»
«Già, stupendo!» Le fece eco Elisa, anche lei con lo sguardo fisso sul palco, come se si aspettasse di veder comparire Max da un momento all’altro.
«Adesso però dobbiamo uscire di qui…»
Sentendo il tono rassegnato dell’amica, Elisa si voltò indietro e si demoralizzò. C’era una marea di persone che stavano lasciando lo stadio e quelle che le precedevano non si erano ancora schiodate di un millimetro dal proprio posto. Le doleva ogni parte del corpo, ovunque e dappertutto. Adesso che l’adrenalina stava scemando, ecco che i segni della stanchezza cominciavano a farsi sentire, ora non desiderava altro che tornare a casa, farsi una doccia e stendersi sul suo letto.
Entrambe le ragazze stavano valutando un percorso alternativo, magari più veloce, che avrebbe concesso loro di lasciare lo stadio indenni da quella calca di corpi, quando una voce maschile attirò la loro attenzione:
«Signorina dai capelli rossi, mi scusi…». L’agente dei Beat Busters si schiarì la voce in attesa che Elisa si voltasse. Era terribilmente imbarazzato e tentato di mentire a Max, dirgli che non ce l’aveva trovata, che uscendo dal backstage la rossa era già andata via. Ma, sapeva che lui non ci avrebbe creduto e sarebbe uscito di persona a constatare.
Elisa e Giorgia si girarono all’unisono, l’espressione sbigottita le fece sembra ancora più piccole d’età.
«Dice a me?» Chiese la prima, indicandosi con un indice, mente teneva per mano la compagna.
«Sì, dico a lei. Max avrebbe piacere di conoscerla» rispose tutto d’un fiato l’uomo, che aspettò la risposta con finta disinvoltura, le mani piantate nelle tasche del pantalone dal taglio classico.
Elisa sgranò gli occhi. Allora non era stata solo una sensazione la sua, Max veramente le aveva strizzato l’occhio e ammiccato.
«Eli! Ehi, Eli!» Giorgia la stava chiamando, scuotendola con delicatezza. Elisa si girò a guardarla senza vederla davvero. «Non vorrai mica andare? Dobbiamo tornare alla macchina!» La dolce Giorgia si guardò intorno con terrore. «Non lasciarmi da sola, in mezzo a tutta questa gente…»
 
Elisa aveva la testa vuota, leggera. I suoni le arrivavano ovattati, lontani, mentre una sola domanda prendeva letteralmente forma nella sua mente, come una frase scritta su un foglio bianco: che fare?     


 
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