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Autore: 7vite    29/09/2023    0 recensioni
Dopo l'ennesima rilettura del manga, ecco un'altra fanfiction che riprende la storia dal momento esatto in cui il manga si è interrotto (capitolo 84).
La storia avrà delle similitudini con l'altra FF (Nana, il finale) perché ci tengo che le cose proseguano come le ho immaginate, quindi se l'avete letta, magari niente effetto sorpresa, però chissà, magari vi piace comunque :)
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Reira Serizawa, Takumi Ichinose
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 91


Quattro anni dopo

 

Yasu e Miu salirono sull’auto diretti verso casa, non si erano rivolti la parola dopo aver lasciato l’appartamento 707 e il silenzio era rotto solamente dalla musica proveniente dallo stereo.
«Domattina dovrò incontrare un cliente, però a pranzo sarò libero, che ne dici di venire a trovarmi in ufficio? Potremmo andare in quel nuovo locale che ha aperto all’angolo.»
Propose l’uomo con un sorriso incoraggiante.
«No, domani non posso mi spiace.»
Fu la breve risposta di Miu.
«Allora andiamoci per cena, ho sentito dire che si mangia molto bene.»
Insistette Yasu, quando la donna si voltò verso di lui rivolgendogli un’occhiata torva.
«Smettila di fare finta di niente, mi infastidisce. Ho sentito ciò che vi siete detti.»
Yasu non si scompose, era ovvio che li avesse uditi.
«Quindi perché non mi dici cos’hai intenzione di fare?»
Soppesò la domanda, anche se in cuor suo aveva già preso una decisione.
«Non andrò in Inghilterra»
Miu parve delusa da quella risposta.
«Quindi provi ancora dei sentimenti per Nana.»
Sentire quelle parole lo sconvolse e quasi non perse il controllo del veicolo allargandosi verso la corsia opposta, beccandosi un sonoro colpo di clacson da parte dell´autista dietro di lui. Una gocciolina di sudore gli inumidì la testa.
«Ma cosa ti viene in mente? Quando mai ti avrei fatto una simile confidenza?»
«Non vi era alcun bisogno, era chiaro. Non credermi così ingenua.»
Yasu non rispose. Uno dei motivi per cui si era allontanato da Nana era proprio da attribuire a Miu. Quando la sua amica aveva cominciato ad essere gelosa della sua ragazza, Yasu aveva compreso che era arrivato il momento di cedere il suo ruolo di confidente a Ren, ma questo Miu non poteva saperlo, così come non aveva mai saputo di quel bacio rubato in una notte piovosa di quattro anni prima.
«Dopo quattro anni insieme continui a non fidarti di me?»
Chiese improvvisamente, inducendo la ragazza a fissarlo.
«Mi fido di te, ma quando c’è di mezzo Nana…»
Non riuscì a finire. Yasu decise di prendere in mano la questione.
«Le ho voluto bene come a chiunque altro, ma era anche la cantante della mia band e la donna del mio migliore amico.»
«Allora perché non vuoi rivederla?»
«Perché temo che rivederci potrebbe farle male.»
«Dopo tutti questi anni ti ostini ancora a proteggerla.»
La verità era che Yasu aveva paura della possibile reazione di Nana alla sua vista. Da quella sera era cambiato tutto, lei era fuggita via senza lasciare alcuna traccia e lui sapeva che uno dei motivi che l’avevano spinta a compiere quel gesto era causato proprio dalla sua reazione a quel bacio.
Ma ciò che Nana non poteva sapere era che lui l’aveva perdonata molto tempo fa.
«Davvero non ti importa più nulla di lei?»
Il tono di Miu supplicava una risposta onesta, quindi Yasu gliela diede.
«No. Mi importa, invece.»
Inaspettatamente Miu sorrise quando udì quella confessione.
«E allora va’ a trovarla. Se non ti accerterai di persona che sta bene, lo rimpiangerai per sempre. Sono sicura che ne sarà felice, è come ha detto Nana, vale fare un tentativo.»
L’uomo abbozzò un sorriso. Miu aveva ragione, aveva ancora un conto in sospeso con Nana che andava chiuso una volta per tutte.
«Verrai con noi, vero?»
Seppur sorridesse, Miu scosse il capo.
«Nana non ha mai provato alcuna simpatia per me, sarebbe inappropriato. Voi siete i suoi amici.»
Aveva ragione ancora una volta. Gli dispiaceva lasciarla a Tokyo, ma concordava con la sua visione e, dopotutto, sapeva bene che Miu era una donna forte e determinata, e nulla di ciò che avrebbe potuto dire le avrebbe fatto cambiare idea.

***

Il presente

Hachi

«Voglio vedere il mare.»
Mi disse Nana con sguardo spento. Vederla in quello stato i faceva stare male, ma potevo capire il suo umore. La verità era che stavo male anch’io, ma non potevo opprimere la mia amica con le mie preoccupazioni, non adesso.
Il giorno prima, quando Shin aveva saputo che Misato si trovava nell’ufficio di Sugimura era impallidito. Pensai che riferirglielo gli avrebbe fatto piacere, che sarebbe stato felice di appurare che il suo gruppo si stesse dando da fare per rilanciare le sorti dei Blast ma quelle parole ebbero l’effetto opposto: Shin era corso via urlando “quel bastardo me la pagherà cara” e il mio pancione ormai ingombrante mi impedì di corrergli dietro. Ero preoccupata, non avevo mai visto Shin così livido di rabbia e temetti che potesse compiere qualche follia. Non volevo che si mettesse di nuovo nei guai, non dopo il suo breve soggiorno in prigione.
Chiamai Nana, ma il suo cellulare era irraggiungibile e alla fine dovetti chiedere aiuto alla persona fisicamente più vicina, Nobu, che occupava la stanza accanto a quella di Nana. Bussai violentemente e quando la porta si aprì di scatto per poco non colpii il petto del ragazzo. Mi fissò con rammarico, non avrei voluto rivolgermi a lui, ma mi tremavano le gambe e non avevo la forza di scendere al piano di sotto da Yasu.
«Nobu ti prego ferma Shin!»
Dal mio sguardo, o forse dal tono della mia voce, Nobu dovette intuire la gravità della situazione perché mi posò le mani sulle spalle fissandomi negli occhi.
«Che succede? Dov’è Shin?»
«Sta andando nell’ufficio di Sugimura. Io non… Non so cos’abbia in mente, ma devi fermarlo o rischierà di cacciarsi in qualche altro guaio, ti prego!»
Si infilò velocemente le scarpe e seguì la scia del ragazzo, il cuore mi tamburellava velocemente nel petto, avevo un’orribile sensazione. Perché Shin aveva avuto quella reazione?
Quando riuscii a calmarmi scesi al piano di sotto per avvertire Yasu, ma la porta di camera sua era spalancata e non vi era nessuno all’interno, forse Nobu mi aveva anticipata. Scesi le scale il più velocemente possibile, udendo urla miste che si sovrapponevano. Quando finalmente fui di sotto mi trovai di fronte una scena surreale: Il signor Sugimura giaceva sul pavimento con lo zigomo gonfio e arrossato, Nobu e Yasu fronteggiavano Shin tentando di calmarlo, Misato piangeva in un angolo coprendosi con le mani il seno libero da qualsiasi indumento e Miu, al suo fianco, tentava di nasconderla alla vista degli altri.
«Che cosa succede?»
Domandai confusa e preoccupata, ma in realtà era ben chiaro cosa stesse accadendo.
«Siete solo degli inutili vandali senza alcun talento! Vi voglio fuori di qui domattina, il vostro contratto con la Shikai Corporation termina in questo preciso istante. Non ci avete causato altro che guai.»
Pronunciò il signor Sugimura con voce rotta dal dolore.
«In quanto a te…»
Aggiunse, puntando il dito indice verso Misato.
«Sei licenziata con effetto immediato, non voglio mai più rivederti.»
Si lasciò aiutare dal guardiano a sollevarsi in piedi e uscì dalla stanza, solo allora mi resi conto che aveva i pantaloni slacciati. Provai un forte senso di nausea e corsi ad afferrare la magliettina di Misato, che giaceva sulla sedia di Sugimura.
«Tornate in camera voi tre.»
Ordinai ai ragazzi, c´erano cose più urgenti di cui discutere in quel momento.

«Nana, non so come dirtelo.»
Annunciai con voce rotta dall’apprensione, ripensare agli avvenimenti del giorno prima mi aveva rattristata.
«È necessario che raduni tutti i tuoi averi… Dovete lasciare il dormitorio.»
Nana non ebbe alcuna reazione, non seppi se non avesse udito o se non avesse compreso il reale significato di quelle parole. Rimase immobile a fissare il pavimento.
«Nana…»
La chiamai, ma lei ripeté nuovamente quella frase.
«Voglio vedere il mare.»
Avvertii una morsa al cuore, povera Nana, chissà come si sentiva! Tentai di calmarmi, la mia amica in quel momento aveva bisogno di me.
«A Tokyo non c’è il mare.»
Le dissi con voce rassicurante.
«Voglio tornare al mio paese natale.»
Dichiarò fissandomi negli occhi e per un istante non vidi la donna forte e risoluta che conoscevo, ma una bambina fragile e indifesa. Quello doveva essere il peggior momento della sua vita, erano accadute troppe cose in poco tempo: la morte di Ren, l’improvviso ritorno di sua madre e adesso la fine dei Blast. Aveva bisogno di una pausa.
«Suppongo che sia possibile.»
Dissi con un filo di voce, in effetti adesso non aveva più alcun impegno.
«Io ti accompagnerò.»
Scosse impercettibilmente la testa.
«È una cosa che devo fare da sola.»
Pensai immediatamente che volesse disperdere le ceneri di Ren nel mare, dopotutto lui era cresciuto in un piccolo magazzino vicino al porto, il mare aveva accompagnato la sua intera esistenza.
«Non posso lasciarti andare in questo stato.»
Dissi con un filo di voce, sentendomi inutile. Nana sollevò il viso e mi rivolse un radioso sorriso, era bella come il bocciolo di un fiore colto troppo presto, immaturo e delicato. In quel momento mi lasciai ingannare dal suo sorriso e non notai il velo di tristezza che le appannava gli occhi.
«Sto bene Hachi, piuttosto pensa a riguardarti, ormai sei prossima al parto. Io ho solo bisogno di un po´di riposo, e Tokyo è una città troppo frenetica. Voglio fare un salto al mio paese, voglio vedere il mare.»
Mi lasciai convincere, l’aiutai a cercare un biglietto ferroviario e mi assunsi il compito di portare tutta la tua roba nell’appartamento che condivideva con Ren, quello a poche fermate di distanza dal mio, quello dove avevo creduto che Nana e Ren avrebbero potuto crescere i loro bambini e passato tanti giorni felici.

***
«Come sarebbe a dire?»
Domandò Asami a gran voce quando udì il racconto di Nobu.
«Per colpa di quella ragazzina avete perso il contratto con la Shikai?»
Era furiosa e triste al contempo, non voleva che Nobu se ne andasse dal dormitorio.
«Non è mica colpa di Misato, quello schifoso di un Sugimura…»
«Oh per favore Nobu, smettila di prendere le sue difese! Misato è abbastanza adulta da sapere come funzionano certe cose e mi pare di capire che fosse consenziente! È già tanto che Sugimura abbia scelto di non sporgere denuncia verso Shin!»
«Ma di che parli? Quel verme si è approfittato dei timori della povera Misato! Non te ne rendi conto? L’ha manipolata, come ha fatto con te…»
La donna gli mollò uno schiaffo sulla guancia. Nobu si toccò il viso che aveva cominciato a pulsare. La ragazza lo fissava con odio e sdegno e tremava di rabbia.
«Guarda che proprio nessuno si è approfittato di me! Ciò che ho fatto è stato tutto frutto della mia volontà. A differenza di Misato, io non mi nascondo, né colpevolizzo gli altri, mi assumo tutta la responsabilità delle mie azioni. Non azzardarti mai più a parlarmi così.»
Gli occhi di Nobu vibrarono impercettibilmente, in quelle parole avvertiva tutto il suo dolore.
«Mi dispiace Asami.»
Disse abbracciandola, ma lei cercò di scansarsi dalla sua presa.
«Non voglio andarmene da qui, non so proprio come farei ad andare avanti senza di te.»
Quelle parole riuscirono a calmarla e si lasciò finalmente coccolare.
«Oh Nobu!»
Ricambiò l’abbraccio, stringendolo più forte. Non voleva allontanarsi da Nobu, era solo grazie a lui che riusciva a dare il meglio di sé al lavoro, l’idea di tornare in dormitorio tra le sue braccia le dava la forza che ultimamente le era mancata. Temeva che una volta lontano, non avrebbe faticato a dimenticarsi di lei, forse si sarebbe addirittura trovato una nuova donna.
Lo baciò intensamente slacciandogli i pantaloni. Gli avrebbe dato un buon motivo per non cercare attenzioni altrove.

***

Yasu aveva radunato Shin e Misato in camera sua, doveva assolutamente parlare con quei due a proposito delle loro sorti. Lui non avrebbe faticato a trovare un nuovo appartamento a Tokyo, Nobu poteva tranquillamente tornarsene al paese e prendere finalmente in mano le redini della pensione familiare e Nana aveva il suo appartamento con Ren. Le sole due persone a non avere un piano per il futuro erano quei due scapestrati: Shin non sarebbe mai tornato dal padre e Misato era scappata di casa. Doveva preoccuparsi di loro prima che incappassero su una brutta strada, e vi erano buone probabilità che entrambi si cacciassero nei guai, dati i loro precedenti.
«Ora che siamo stati espulsi dal dormitorio, cosa credete di fare?»
Chiese loro direttamente, senza preamboli, aspirando una lunga boccata della sua sigaretta.
«Sei gentile a preoccuparti per noi, Yasu, ma non devi più farlo.»
Lo ringraziò Shin con un sorriso.
«Non dire sciocchezze, credi che mi importasse di te in quanto componente della band? Ti sbagli di grosso Shin, mi importa di te perché sei mio amico. E lo stesso vale per Misato.»
Quelle parole lo colpirono in pieno petto, nessuno prima d’allora gli aveva mai parlato in quel modo. Nessuno si era mai preoccupato per lui, soprattutto senza avere un secondo fine. Non era abituato alla gentilezza disinteressata e si sentì in colpa. Abbandonò la propria arroganza osservando il pavimento con occhi spaventati, come un cucciolo rimasto orfano prima di imparare a camminare sulle proprie gambe.
«Non lo so.»
Disse semplicemente, sul viso di Misato era dipinta la stessa espressione affranta.
«Stavo pensando che potreste restare per un po’ nell´appartamento 707, se le due Nana sono d’accordo.»
Disse il più anziano togliendosi gli occhiali e massaggiandosi la radice nel naso.
«Il tempo necessario a rimettervi in sesto, a cercare un lavoro.»
Shin provò l’insano desiderio di correre ad abbracciarlo. Yasu non aveva proprio alcun motivo di preoccuparsi per loro, ma prendersi cura degli altri gli veniva così naturale. Era senza alcun dubbio la persona più altruista che conoscesse.
«Sarebbe gentile. Ti ringrazio profondamente.»
Shin decise di ingoiare il proprio orgoglio accettando quella proposta.
Misato inizio a piangere silenziosamente.
«Mi dispiace così tanto.»
Riuscì a dire tra un singhiozzo e l’altro.
«È tutta colpa mia se siete stati cacciati.»
Shin spalancò gli occhi azzurri fissando il volto della ragazza con apprensione.
«Ma cosa dici Misato! La colpa è mia, sono stato io ad aggredire Sugimura.»
«Ma lo hai fatto solamente per proteggere me!»
Urlò la giovane, affondando il viso tra le mani. Yasu rimase per un attimo sbalordito, poi sorrise e afferrò dal taschino della sua giacca un fazzoletto.
«Non siate sciocchi.»
Disse, porgendo il pezzo di stoffa alla ragazza.
«Nessuno di voi ha alcuna colpa.»
I due si voltarono a fissarlo.
«Misato, ti sei sacrificata per il bene della band, e tu Shin, non hai fatto proprio nulla che non avrei fatto anch’io.»
Misato smise di piangere e Shin arrossì lievemente.
«Siete due persone buone e altruiste e nessuno di noi vi colpevolizza per quanto è accaduto.»
Shin abbozzò un sorriso imbarazzato, ma Misato era ancora scossa da tremori.
«E Nana?»
Udendo quel nome, Yasu avvertì il suo stomaco contorcersi. Non voleva occuparsi di Nana, ma confidò che l’altra Nana l’avesse informata sugli ultimi avvenimenti.
«Non ho ancora avuto modo di parlarle, ma sono certo che capirà.»
Lo disse solo per confortarla, in realtà era sicuro che quella sarebbe stata una grande batosta per lei e dubitò che fosse in grado di perdonarli per la fine della propria carriera. Nana era una donna egoista e lo sapeva perché la conosceva bene. Nella propria scala di valori, lei era sempre al primo posto e tutte le sue decisioni erano mirate a recarle vantaggio, era sempre stato così. E nel suo egoismo, esigeva che anche gli altri la ponessero in cima al resto, lo aveva preteso da Ren, da Hachi e persino da lui.
Ma quella volta, lui ne sarebbe stato fuori.
Da adesso, Nana non era più un suo problema. 

  
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