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Autore: Federico    15/09/2009    1 recensioni
Ciao a tutti! Come già promesso, ecco qua la nuova storia del ciclo dei balenieri, prequel di "Tutte le scialuppe in mare". Nel 1817 Edward Newgate detto Barbabianca coltiva un ambizioso progetto: creare una ciuram perfetta per battere un suo vecchio rivale. Per riuscirci attraverserà gli oceani, offrendo una speranza di riscatto a chi non l'aveva e cacciando balene. Fatemi sapere se vi piace, mi raccomando!
Genere: Generale, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Barba bianca, Supernova | Coppie: Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La saga dei balenieri'
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Purtroppo, anche questa fic è terminata.

Adesso manca solo un membro per formare la ciurma di Barbabianca così come l’abbiamo conosciuta in “Tutte le scialuppe in mare”, e in questo capitolo, più lungo e bello degli altri, almeno a mio giudizio, scopriremo come e per quali motivazioni si è convinto ad arruolarsi.

Prima di concludere ringrazio di cuore tutti quelli che, silenziosamente e fedelmente, hanno  seguito la storia, e mi piacerebbe che tramite le recensioni mi dicessero cosa li è piaciuto di più.

Ad ogni modo le mie scene preferite sono il flashback di Kizaru e lo scontro fra Teach e Newgate in Irlanda. Al solito le recensioni non sono obbligatorie, ma caldamente raccomandate, e mi fareste un favore immenso comunicandomi le vostre impressioni.

 

Prima di andarcene: a partire da giovedì pubblicherò un’altra storia ancora, e per la precisione una raccolta di one-shot introspettive in cui, immedesimandomi in un personaggio di O.P.  ( anticipo già che i Mugiwara non saranno presenti perché ho in mente qualcosa di speciale per loro) intento a scrivere una pagina del proprio diario di bordo, racconterò dal suo punto di vista un avvenimento importante del manga per ognuno degli otto capitoli.

Mi raccomando, leggete e recensite numerosi, e ci vediamo giovedì!

 

Aokiji- Un’isola nel mare blu

 

Polinesia meridionale, 27 dicembre 1817

E invece quell’acquisto, fatto per poche sterline d’argento, si era ancora una volta rivelato vincente.

Nei mesi seguente, grazie all’abilità dei due ramponieri, che non sbagliavano mai un colpo e riuscivano sempre a centrare la preda senza farla infuriare eccessivamente, la ciurma della “Neptune” riuscì a catturare un buon numero di balene sulle calde coste dell’Africa, lungo la linea  dell’Equatore che tagliava a metà l’Atlantico come una staccionata e al largo del Sudamerica.

I barili di olio e fanoni, il ricavato della cui vendita sarebbe finito in tasca principalmente all’armatore e al capitano, cominciavano a riempire la stiva; ma non tutti erano stati acquisiti in modo del tutto legittimo.

Alla fine i timori di Kizaru si erano rivelati fondati: dietro la faccia del duro e inflessibile baleniere si nascondeva un crudele pirata che non esitava  a derubare altre navi del frutto dei loro sforzi.

Non appena incontravano un veliero identificabile senza dubbio come una baleniera, se non era di passaggio nessun altro, la ben addestrata e numerosa ciurma scattava, caricava i cannoni e andava all’arrembaggio, senza fare prigionieri: non doveva esserci nessun testimone.

Barbanera, infervorato per quella sorta di ritorno alle origini, era sempre in testa alle squadre d’abbordaggio, e rubava e uccideva come se avesse il diavolo in corpo; Kidd e Doflamingo, poi non si facevano certo pregare: arpiona, accoltella, rapina e bevi, questo era il loro motto.

Quanto al primo ufficiale, in un primo momento era rimasto semplicemente inorridito dal voltafaccia di colui verso cui provava gratitudine per averlo strappato dalla miseria; ma, vincolato a lui da obblighi di lealtà e onore, non poteva fare altro che combattere senza infamia e senza lode, seminando morte con la sua grande spada.

In un solo caso aveva fatto eccezione, quando si era trovato davanti uno dei suoi ex marinai che lo avevano vilmente calunniato e abbandonato: a sangue freddo gli spaccò la testa con un ascia.

Nonostante quella piccola vendetta, sentiva ancora insoddisfazione e rancore verso Newgate dentro di sé: questi stessi sentimenti lo avrebbero condotto alla rovina molti anni dopo.

Nel frattempo la “Neptune” viaggiava, solcava le onde e, lasciatasi alle spalle l’America e le burrasche prese a navigare nell’oceano battezzato “Pacifico” da Ferdinando Magellano, o, come lo avrebbero chiamato Kidd e Doflamingo, Fernao de Magalhaes.

Sospinta da venti a correnti, la baleniera cominciò a fare slalom fra barriere coralline e isole deserte a parte palme e pappagalli, alla ricerca di una terra abitata.

Capitan Barbabianca infatti aveva stabilito che avevano bisogno, in casi di emergenza, di un altro ramponiere ancora, e che questi sarebbe dovuto essere ad ogni costo un polinesiano.

“Perché il capo vuole per forza un cannibale?” si lamentava Barbanera rivolgendosi a Doflamingo, che come il suo compagno aveva imparato in fretta l’inglese, poiché nella sua visione semplicistica del mondo tutti coloro che non venivano dall’Irlanda erano eretici o cannibali.

“Non saprei mister Teach. Probabilmente è convinto che, come noi portoghesi, tutti gli isolani siano bravissimi a infilzare balene. Io me ne infischio, mi basta un boccale di rum e sono felice”.

D’improvviso fece la sua comparsa davanti a loro, magnifico nel lungo cappotto bruno e beffardo in viso come al solito, Eustass Kidd, che disse loro: “Siamo arrivati. A quanto pare il vecchio vuole fare un tentativo su quest’isola. Mah! Quell’uomo è matto: vorrebbe creare una ciurma perfetta, ed è proprio per questo che mi piace! Con lui non c’è sempre da divertirsi”.

Parte della ciurma si arrampicò sui pennoni e cominciò pazientemente ad arrotolare le vele in grossi fasci, mentre altri uomini spingevano a fatica le aste di legno dell’argano per calare le ancore.

“Ricordatevi, potete far salire a bordo quanti indigeni volete- spiegò il comandante rivolto al secondo ufficiale, che durante il viaggio aveva ottenuto una bella giacca nera con le spalline- ma non permettete loro di rubare nulla, perché vanno famosi per questo! Avete capito?”.

La scialuppa fu messa in acqua con le gru e prese a farsi strada fra le canoe dei nativi che, stupiti e impauriti, si avvicinavano a quell’enorme vascello, tenendosi a ragionevole distanza anche perché i cannoni erano stati spinti fuori dai portelli come ammonimento.

Newgate era ritto a prua, stringendo un cannoncino girevole come quelli usati per gli abbordaggi, mentre Kidd, Doflamingo e altri facevano forza sui remi, spingendo lo slanciato scafo, e Kizaru teneva il timone con ambo le mani.

Fra la vasta folla di abitanti dell’isola che osservavano la scialuppa appressarsi alla riva spiccava uno molto alto, scuro di carnagione, con i capelli ricci e labbra spesse, che indossava un gonnellino, un mantello di piume rosse ed era armato con una lancia  e una mazza di pietra.

Aokiji, famoso guerriero, membro di un nobile clan, aveva sparso la fama del suo nome in tutto l’arcipelago e anche più in là partecipando ad avventurose scorribande con i suoi connazionali.

Contrariamente a loro non usava divorare il cervello dei nemici per assorbirne il valore e lo spirito, semplicemente perché pensava di averne già abbastanza da solo.

Tutti lo rispettavano in patria, eppure non era soddisfatto: desiderava viaggiare, vedere il mondo che si estendeva oltre le lagune e i coralli e, soprattutto, incontrare i bianchi che si diceva vivessero oltre il mare, viaggiassero su canoe enormi e combattessero con bastoni che sputavano fuoco.

Ora ne aveva la possibilità, e ne avrebbe approfittato.

“Lasciamo qui le armi, o potrebbero credere che siamo venuti per combattere” ordinò ai suoi uomini Barbabianca saltando fuoribordo e appoggiando sciabola e fodero su un banco di voga.

“Brutto affare” farfugliò Doflamingo spogliandosi del fido arpione. “Non mi piace l’idea di stare in mezzo a questi selvaggi indifeso come un bambino” disse a Kidd che, controvoglia come gli altri, posava moschetto e pistola ma al contempo si infilava il coltello in tasca: non si sapeva mai.

Il gruppetto di europei avanzò, circondato da ogni lato da una massa di indigeni sempre crescente; poi Newgate parlò con voce stentorea, mentre un interprete che si era portato da Tahiti traduceva le sue parole: “Salute a tutti voi! Veniamo da lontano, oltre il mare, e non vogliamo farvi del male. Vi chiediamo umilmente di rifornirci di provviste per il nostro viaggio. Ma c’è dell’altro: noi vaghiamo per gli oceani cacciando balene, e stiamo cercando qualcuno che possa aiutarci. Tutti coloro che vogliono unirsi a noi sono pregati di presentarsi qui fra un’ora, e dovranno dimostrare le loro capacità! Il vincitore si aggiudicherà questa!” e nel mentre cavò dal borsellino una delle sue sterline d’argento, sollevandolo in aria dove mandò bagliori accecanti riflettendo la luce solare.

Un solo, lungo sospiro di meraviglia si levò da centinaia di bocche, i cui occhi non avevano mai visto nulla del genere.

Mentre si scambiavano asce, bottiglie, pezzi di metallo e orologi con pesce, acqua di sorgente, banane, noci di cocco, patate e polli il comandante sorrideva, perché sapeva che chiunque avesse vinto sarebbe entrato a far parte del suo vasto piano per annientare quell’insolente yankee di Garp.

Un’ora dopo si erano presentati non meno di trenta uomini, soprattutto pescatori.

Eppure fra loro si distinguevano i ricci e il rosso mantello di Aokiji, il quale, incantato dall’aspetto, dai modi di fare, dalle armi e dalla nave degli stranieri aveva deciso di tentare.

Una singola prova, forse, avrebbe potuto consentirgli di realizzare ogni fantasia e di appagare la sua sete di viaggiare.

La gara consisteva nel colpire con la fiocina a una distanza di dieci metri un barile galleggiante fissato alla prua della “Neptune”, il tutto in piedi su una scialuppa traballante in mezzo ai flutti.

Era necessario, sosteneva Barbabianca, che un bravo ramponiere sapesse compiere il suo dovere con la massima precisione, senza farsi influenzare negativamente dal moto ondose anche in una tempesta.

A turno tutti i polinesiani salivano su una barca e tentavano; il primo mancò di poco il bersaglio, il secondo neppure lo sfiorò, il colpo del terzo quasi tranciò il cavo che legava il barile, il lancio del quarto superò di appena un metro la prua  e così via, per la gioia dei marinai a bordo della “Neptune” che  elargivano a piene mani commenti maligni e altre osservazioni.

Aokiji era il ventesimo, e quando prese posto a prua l’inglese che reggeva il timone gli disse beffardo: “Sei ancora in tempo a ritirarti, eviterai una brutta figura”.

Il guerriero non comprese il suo discorso e afferrò l’arpione, stupendosi per la sua pesantezza: non era neanche paragonabile alle lance da guerra e alle fiocine da pesca che il suo popolo usava.

Alzando con entrambe le mani la robusta asta di legno, la soppesò per un attimo, a occhi chiusi; si rese conto di ciò che quel colpo significava, e di cosa significasse un fallimento: il taglio di tutti i

ponti a lui noti verso il resto del mondo.

Scagliò con tutte le sue forze.

L’arma saettò scintillando sopra le onde, quindi centrò in pieno il barile frantumandolo in un vorticare di pezzi di legno; tutti, sulla nave e a terra, rimasero a bocca aperta.

“Ha una mira pazzesca! Anch’io l’avrei colpito a stento!” pensò sgomento il vanaglorioso Kidd, mentre Kizaru si rese conto di non aver mai visto nulla del genere in tutta la sua carriera e il capitano sorrise, sapendo di aver appena scovato il proprio uomo.

 Aokiji salì a sul veliero con una scaletta, e ricevette sul palmo la moneta d’argento promessa al vincitore.

“Benvenuto a bordo ragazzo. Sono convinto che tu possa grandi cose” si complimentò sincero Barbabianca, ma in quel momento si udì un urlo: Teach, che impugnava una pistola per mano, era furibondo per il furto di un cannocchiale, e, fuori di sé, minacciava di uccidere tutti i nativi presenti nei dintorni..

Punito il ladro e ultimato il carico di provviste, venne il momento di spiegare le vele e abbandonare anche quell’isola così piena di fascino.

Era un tramonto magnifico che infuocava il cielo e imporporava le acque, e mentre la baleniera proseguiva verso il disco luminoso del sole Aokiji, sporgendosi dal parapetto del limite estremo della poppa, osservava la terraferma farsi sempre più distante, rimpicciolirsi e infine sparire dietro la linea dell’orizzonte.

Dietro di sé lasciava tanti ricordi, tutte le persone care, ogni cosa; e in quel momento si chiedeva se avesse fatto bene a sacrificare tutto ciò alla propria ambizione di sogni e avventura.

“Non essere triste, non sei il solo” disse improvvisamente qualcuno, e il nuovo ramponiere, che adesso indossava una bianca casacca da marinaio, voltandosi vide Kizaru che si avvicinava facendo scorrere la mano sul parapetto.

“Si vede che ti manca la tua patria- continuò il danese- e sei molto confuso, ma non preoccuparti, non ti troverai male. Il mio paese è freddo e non c’è sempre il sole come da voi, eppure mi manca, lo sogno ogni notte. Considerati fortunato, perché il nostro comandante e un grand’uomo” concluse senza sapere se davanti a sé ci fosse un nobile selvaggio o un barbaro senza morale.

Il lato comico di quella situazione era che l’interpreto al momento non era presente, e che il polinesiano non poteva aver capito nulla di quello che il primo ufficiale affermava perché l’inglese per lui era ancora uno dei tanti misteri del mondo di fuori; eppure, appellandosi a quel patrimoni interiore e inesplicabile che ogni uomo si porta dentro, le parole dell’altro riuscirono ad aprire un piccolo spiraglio nel suo fiero cuore.

“Io.. Io..” balbettò, senza riuscire a esprimere i propri sentimenti.

Sembrava una ciurma così fortunata e bene assortita, eppure quindici anni dopo i cadaveri di Edward Newgate, Kizaru, Marshall D. Teach, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd e Aokiji sarebbero giaciuti in fondo a quello stesso oceano, vittime di passioni e follie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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