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Autore: Star_Rover    03/10/2023    5 recensioni
Ovvero: come un anti-eroe americano tentò di sopravvivere alla sua apocalisse personale nel mezzo di una guerra mondiale.
***
Per raggiungere il suo obiettivo doveva dimostrare di non essere quel che era realmente. O’ Hagan poteva vantare una consolidata esperienza nel campo. Da buon impostore aveva finto in ogni genere di situazione, poteva fingere di essere anche un valoroso soldato. O almeno così credeva...
Genere: Avventura, Commedia, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11. La galleria
 

Quando Jenkins gli riferì che era stato reclutato per quella notte Billy si rifiutò a priori.
«Oh, no! Io non vado più in missione con quel pazzo di Miller!» affermò, già pronto ad affrontare la sentenza della corte marziale.
«Tranquillo. La pattuglia del sergente è già uscita, per una volta noi non ne facciamo parte» lo rassicurò il compagno. 
Billy si stupì: «dunque di che si tratta?»
«Dobbiamo scavare una galleria»
«Adesso? Nel mezzo della notte?»
«Gli inglesi avevano un piano per far saltare in aria le trincee nemiche, purtroppo la pioggia ha rallentato i lavori ed ora che qui ci siamo noi dobbiamo portare a termine l’operazione!»
Billy rimase perplesso, ma non ebbe il tempo per valutare i rischi di quella missione. Ancora una volta fu costretto ad obbedire contro la sua volontà.

O’ Hagan seguì i suoi compagni lungo i camminamenti, le trincee divennero sempre più inaccessibili. Raggiunsero quasi strisciando l’ingresso della galleria, per poi scendere sottoterra. Billy avanzava lentamente, con il peso della pala sulle spalle, la sua unica indicazione era la fioca luce della lanterna.
Al comando della squadra c’era il tenente Crawford, l’unico ingegnere che si era offerto di prendere parte alla missione.  
Billy poté facilmente immaginare perché nessun altro avesse voluto farsi avanti.
Crawford non aveva la fama di essere particolarmente affidabile. Già nei primi cunicoli, sotto la sua guida, si persero più volte.
O’ Hagan iniziò a insospettirsi.
«Che fine ha fatto la squadra precedente?» domandò.
Il comandante si limitò ad alzare le spalle: «non credo che tu voglia saperlo davvero»
Billy rabbrividì sia per il freddo sia per la risposta dell’ufficiale.
«Una volta un inglese mi ha detto che alcuni minatori sono stati sepolti vivi mentre scavavano un tunnel» bisbigliò Jenkins, facendo attenzione a non farsi sentire dal tenente.
O’ Hagan sbuffò: «tutto ciò è molto rassicurante»
«È la verità. E poi sei stato tu il primo a chiedere…»
Billy si guardò intorno, fino a quel momento non si era accorto della mancanza di un componente del gruppo.
«Perché Jackson non è con noi?»
A rispondere fu il soldato Bailey.
«Il ragazzo è con il sergente Miller, non so chi tra noi sia più fortunato»
O’ Hagan non poté rispondere, così riprese a camminare in silenzio. Addentrandosi nell’oscurità pensò ai mille modi in cui avrebbe potuto non fare più ritorno.
 
Billy non era affatto convinto che nascondersi sottoterra fosse più sicuro che restare in superficie.
Mentre scavava nel fango, completamente ricoperto di terra e polvere dalla testa ai piedi, continuava a chiedersi perché non fosse compito di qualcun altro occuparsi di quella maledetta galleria.
Il tunnel avrebbe dovuto raggiungere le trincee nemiche. Il piano consisteva nel piazzare mine ed esplosivi sotto alle linee tedesche, dunque si trattava di una missione particolarmente pericolosa. D’altra parte quello era il metodo meno rischioso per attraversare la terra di nessuno.
O’ Hagan tentò di non cedere allo sconforto, sicuramente i suoi compagni non se la stavano passando meglio di lui.
Il soldato Bailey si asciugò il sudore sulla fronte, poi con aria perplessa si rivolse al caposquadra.
«È sicuro che questa sia la direzione giusta?»
Crawford studiava la mappa armato di bussola e compasso.
«Certo! Continuate a scavare in silenzio, vi ricordo che più ci avviciniamo al nemico e più rischiamo di essere scoperti!»
Billy sospirò con rassegnazione, gettò un’occhiata preoccupata agli esplosivi, poi affondò nuovamente la pala nel fango.
 
La luce delle lanterne iniziò a tremolare, Billy alzò lo sguardo verso l’alto, il terrore che la galleria potesse crollare su sé stessa non l’aveva abbandonato da quando aveva messo piede sottoterra.
In fondo aveva le sue ragioni per temere un così tragico evento. Gli esperti minatori del Durham che avevano iniziato a scavare il tunnel erano morti nel tentativo di concludere quell’impresa. Loro non erano né esperti né minatori, le probabilità di fare una brutta fine aumentavano notevolmente.  
Per non parlare del loro comandante, Crawford non era certamente l’uomo migliore da avere a fianco in momenti di difficoltà. E poi il modo in cui cercava di raccapezzarsi con le sue carte e i suoi strumenti era davvero ridicolo. O’ Hagan dubitava che il tenente avesse le idee chiare, ma preferiva credere alle sue parole piuttosto che guardare in faccia la realtà.
 
Senza l’aiuto di Bailey, il cui fisico era quello di un vero minatore, Billy non avrebbe mai potuto portare a termine il suo lavoro. In ogni caso era certo di non aver mai faticato tanto come quella notte. A stento riusciva ancora a reggersi in piedi, era troppo stanco anche per pensare ad un’eventuale fuga, era ormai certo che se il piano fosse fallito avrebbe fatto la stessa fine degli inglesi che l’avevano preceduto. 
Nel buio, intrappolati nel sottosuolo e con una misera riserva di ossigeno, i soldati dovevano tentare di fare meno rumore possibile. Erano ormai vicini alle linee tedesche, soltanto un ultimo muro di terra li separava dal nemico.
Crawford ricominciò a fare i suoi calcoli con ancor più impegno.
Jenkins allungò il collo per sbirciare le sue carte.
«È sicuro che sia questo il punto esatto?» sussurrò.
L’ufficiale annuì, irritato dalla scarsa fiducia dei suoi sottoposti.  
Gli uomini stavano per piazzare gli esplosivi quando all’improvviso udirono dei rumori sospetti. O’ Hagan non ebbe dubbi, erano passi, c’era qualcun altro nelle vicinanze.
Poco dopo gli americani iniziarono a udire delle voci provenire dalla parte opposta della parete di terra.
Billy si rannicchiò sul fondo della galleria, cercando di origliare il più possibile. Le parole che riusciva a sentire erano incomprensibili, da come suonavano nelle sue orecchie però riconobbe qualcosa di familiare. Immediatamente pensò a quando si era imbattuto nei nemici durante la sua ultima missione oltre i reticolati.
 «Devono essere tedeschi» affermò.
Gli altri esitarono qualche istante, soltanto quando furono certi della presenza del nemico si apprestarono ad eseguire gli ordini.
 
Non c’era tempo per sistemare gli esplosivi, avrebbero dovuto affrontare il nemico faccia a faccia. O’ Hagan rimase rannicchiato nel suo angolino, ovviamente non aveva alcuna intenzione di muoversi da lì. Fortunatamente l’oscurità l’aiutò a nascondere il suo atto di codardia agli occhi del tenente.
L’unica possibilità per gli americani era giocare sull’effetto a sorpresa, avrebbero buttato giù il muro in un solo colpo, per poi neutralizzare i nemici. Così avrebbero guadagnato abbastanza tempo per piazzare gli esplosivi, o almeno così speravano.
Bailey attese il segnale del suo comandante, al momento opportuno abbatté l’ultima barriera che li separava dagli avversari.
Attraverso lo squarcio nella parete sotterranea gli americani avvistarono due soldati, i quali avevano già i fucili puntati verso gli intrusi.
Ritrovandosi in una situazione di stallo, né l’una né l’altra parte osava sparare il primo colpo.
Era solo una questione di pochi istanti prima che qualcuno in preda al nervosismo premesse il grilletto. Fortunatamente Jenkins riconobbe le divise in tempo.
«Fermi! Non sparate! Sono inglesi!»
Il soldato dall’altra parte non esitò a rispondere: «noi non siamo fottuti inglesi!»
Il suo compagno tentò di quietarlo: «calmati Paddy! Mettiamo tutti giù il fucile!»
Quando fu abbastanza vicino Jenkins identificò il distintivo.
«Aspettate…voi siete della Sedicesima?»
«Esatto, Divisione irlandese. E voi americani che diamine state facendo qua sotto?»
«Noi…credevamo di raggiungere le linee tedesche» spiegò Bailey, sconvolto dalla nuova scoperta.
«Vi sembriamo forse crucchi?»
Jenkins si voltò verso Billy, il quale aveva trovato il coraggio di uscire dal suo nascondiglio.
«Dannazione, il tuo cognome è O’ Hagan! Non riconosci nemmeno la lingua del tuo popolo?»
«Sono nato a San Francisco, la mia famiglia non parla gaelico da generazioni!» disse in sua difesa.
Nel sentire quelle parole Paddy iniziò a inveire contro di lui.
«Quelli come te sono i peggiori! Avete tradito la Patria quando avete scelto di andarvene e ora la pugnalate alle spalle dimenticando le vostre origini!»
Billy non comprese la ragione di tanta ostilità nei suoi confronti.
«Ei, qui non sono io ad indossare un’uniforme britannica! E comunque non è questo il punto, l’importante è che siamo tutti dalla stessa parte»
Paddy ringhiò tra i denti: «di questo non sono del tutto convinto»
L’altro irlandese si mostrò più comprensivo.
«Avanti, venite tutti fuori da lì! Quella galleria potrebbe crollare da un momento all’altro!»
Billy non esitò a seguire quel consiglio, non aveva intenzione di restare in quella trappola mortale un secondo di più. Almeno in quell’occasione, le trincee irlandesi sembravano un’alternativa ben più invitante.
Prima di raggiungere i suoi compagni Jenkins si rivolse con discrezione al comandante.
«È meglio che gli inglesi non sappiano che abbiamo scavato un tunnel per consegnare esplosivi agli irlandesi. La questione è piuttosto fraintendibile, potrebbe diventare un caso internazionale»
Il tenente Crawford continuò ostinatamente a guardare la sua mappa: «la direzione era quella giusta!»
   
 
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