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Autore: EmmaJTurner    10/10/2023    6 recensioni
Un'Abbazia infestata arroccata sul fianco di una montagna, rose benedette, orme di troll, cadaveri, spiriti, erbe e pozioni... e due tollerabili compagni di viaggio. Cosa stiamo aspettando?
“A che livello di rompitura di cazzo siamo?”.
Logan le scoccò un’occhiataccia. “Discreta”.
Meli alzò gli occhi al soffitto. “Se vuoi me ne vado, eh”. Un lampadario di bronzo si mosse e cigolò sopra di loro. A Meli parve di vedere un movimento di aria densa tra i ceri accesi e…
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cercasi Ammazzamostri'
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Spazio dell’autrice

Mi sono divertita un mondo a scrivere questo capitolo, anche se forse è troppo lungo e avrei dovuto spezzarlo in due. E mi scuso già per la fine, ma In Verità Vi Dico: abbiate Fede.

Emma

 

5. Chiacchiere in Bottiglia 

La notte successiva arruolarono un Jonah non troppo entusiasta per aiutarli a tenere accese le luci della chiesa dell’Abbazia. Si munirono di altre due gemmeluce, concesse malvolentieri dal frate che si occupava degli artefatti magici dell’Ordine, e si piazzarono ai tre poli dell’edificio dalla pianta a croce: Logan all’ingresso principale in fondo alla navata; Meli e Jonah ai lati del transetto. Le panche distrutte erano state ammassate lungo le pareti; sull’abside, appeso al crocifisso, vegliava ancora il cadavere mummificato. Per colpa del quale, pensò Meli, l’Abbazia del Roseto non profumava esattamente di rose.

Logan non aveva cambiato il suo piano: attendere il fantasma, acchiapparlo, rivelarlo con lo stramonio e poi capire come procedere. A Meli pareva un piano del cavolo, ma non disse niente. Non era lei al comando, lì.

La chiesa si fece sempre più buia al calare del sole. Con l’avanzare dell’oscurità il tenue bagliore delle gemmeluce divenne più evidente; Jonah, illuminato dalla pietra azzurra che teneva in mano dall’altro lato del transetto, pareva perso in pensieri mistici. Forse stava meditando, si disse Meli. Forse pregando. Non era mai stato un cuor di leone.

Presto fu notte. La noia cominciò a strisciare nella mente iperattiva di Meli, che si ritrovò a mugugnare un motivetto inventato.

“Silenzio” intimò Logan. La donna roteò gli occhi e si zittì. 

Tornò ad osservare la chiesa. La chiesa dell’Abbazia era davvero maestosa, concesse Meli, studiando le colonne slanciate e gli alti soffitti a crociera dipinti di blu con centinaia di stelle dorate, che parevano danzare alla luce tremolante dei candelabri. 

Del fantasma, ancora, nessuna traccia. Eppure doveva essere quasi mezzanotte, ormai. 

Le campane, finalmente, le diedero ragione: i rintocchi risuonarono forti e decisi, con grande piacere di Meli che era stufa marcia di aspettare senza far nulla.

Uno spostamento d’aria. Meli stava per avvisare i suoi compagni quando si sentì afferrare per una caviglia. Strillò sorpresa, mentre una forza ineluttabile la sollevava in aria, portandola all’altezza del lampadario al centro della chiesa.

“Logan!” urlò, oscillando a testa in giù ad una distanza ragguardevole dal pavimento di marmo. Udì l’ammazzamostri imprecare un secondo prima di sentirsi cadere. Il fantasma l’aveva lasciare andare.

Certa di schiantarsi, Meli cercò di ripararsi la testa con le braccia. Ma non fu il marmo a fermare la sua caduta; fu Logan. Meli gli rovinò addosso e entrambi crollarono a terra sotto il suo peso morto. La donna picchiò un gomito e un ginocchio sulla dura pietra, ma perlomeno non si era fracassata la testa.

“Oooooh una coppietta innamoraaaaataa” sbeffeggiò il fantasma, vorticando invisibile lungo le pareti.

Meli si alzò e aiutò Logan a rimettersi in piedi. Si scambiarono uno sguardo furente; Meli vi lesse dentro una sentenza di morte per il piccolo bastardo trasparente.

Una risatina irritante risuonò tra gli archi a crociera del soffitto e, di nuovo, le candele si spensero in un soffio di vento magico. Ora l’intera chiesa era illuminata solo da tre gemmeluce.

Meli recuperò la sua dal centro della navata; era caduta a terra nella colluttazione. Jonah era rimasto paralizzato nel suo angolo, immobile nel suo alone di fluorite azzurra.

Un lampadario superstite cominciò a oscillare con vigore, e una vocetta stridula trillò gaia: “Attenzione laggiù!”. 

Il lampadario crollò a terra in fracasso di metallo spezzato. Una risata sguaiata corse tutto intorno a loro.

Meli era esasperata. “Non puoi bucarlo con quella tua nuova cosa?” propose a Logan.

Bucarlo?”

“Con la pistola?”

“E ammazzarlo senza sapere cosa è successo? No, ci servono le sue informazioni”.

Il terzo e ultimo lampadario della chiesa fu preso d’assalto dallo spettro. Il pesante oggetto di bronzo cigolò e ondeggiò: il fantasma lo stava usando come un’altalena. Il lampadario si staccò dal soffitto e crollò a terra; nello stesso momento il fantasma balzò via; Meli per un attimo lo scorse come un tremolio nel buio ai margini del suo campo visivo.

Stava per indicarlo a Logan quando una gemmaluce fece un arco perfetto sopra il crocifisso e lo centrò in pieno: il fantasma, colpito dalla fluorite, crollò sul pavimento di marmo con un suono decisamente concreto. 

Meli fece un fischio. “Però, Jonah. Che mira”.

“Le tue sorelle mi hanno obbligato ad imparare a tirare quando avevo sei anni” ansimò il giovane prete, raggiungendoli di corsa.

Logan agguantò la creatura trasparente e la tenne ben ferma sotto le ginocchia. Meli gli fu subito accanto e lasciò cadere una manciata di stramonio.

Stavolta funzionò. Tra le ginocchia di Logan la polvere di stramonio non cadde a terra, ma si fermò a mezz’aria, sopra al particolare ammasso di densa trasparenza, rivelandone la forma. L’aria sotto la polvere fluo tremolò e si fece opaca, fino ad assumere un colore e una consistenza. Sotto lo stramonio, il fantasma si rivelò.

***

Era un imp.

Un demone minore di piccola statura, alto forse mezzo metro, con artigli, ali da pipistrello, due code e una piccola testolina cornuta. Non aveva né occhi né volto: un imp è poco più di un’ombra densa, fatta di buio impreciso ai margini a forma di pipistrello umanoide.

“Un imp?”. Logan era esterrefatto. “Tutto questo casino, per un imp?”.

La creatura si riprese, strillò e si dimenò; Logan, troppo sconcertato per mantenere la presa, se la lasciò sfuggire. L’imp spiccò il volo e, come una saetta nera, imboccò la porta spalancata della chiesa e sparì nella notte.

Dopo un attimo di stordimento collettivo, Logan bestemmiò. Meli guardò l’immagine sacra appesa dietro il crocifisso, quasi aspettandosi di venire castigati per contrappasso da un immediato fulmine divino. Ma nessun fulmine cadde dal cielo, il cadavere rimase al suo posto, e la chiesa rimase avvolta nel silenzio.

Jonah, dapprima senza parole, si sfogò in un torrente di balbettamenti confusi. Un imp che infestava un’Abbazia? Perchè? Gli imp vivevano nei terreni paludosi e nei laghi sotterranei, non così in alto sulle montagne; cosa ci faceva lì?

Logan lo lasciò parlare e si spazzolò via la polvere fluo dalla camicia e dai capelli neri. La sua espressione indifferente era velata di preoccupazione.

“Grazie Jonah. Puoi andare” lo interruppe dopo un po’. Il giovane monaco, interdetto, li salutò e si avviò rapido verso il dormitorio.

Meli aspettò che Jonah fosse uscito dalla chiesa prima di chiedere: “Perché hai quella faccia?”

Logan continuò a scuotersi via la polvere di dosso. “Gli imp non ammazzano. Sono fastidiosi e inquietanti a vedersi, ma innocui: nelle giuste circostanze possono perfino esaudire desideri, alla stregua dei geni orientali. Che io sappia, non possono e non hanno interesse a uccidere le persone”.

“Quei vecchi monaci potrebbero essere davvero morti di vecchiaia” tentò Meli.

Logan le lanciò un’occhiata eloquente.

“Ma tu sei convinto che siano stati uccisi” sospirò la donna.

“Un viandante senza nome è arrivato e morto qualche mese fa. Qualche mese fa, l’Abbazia viene infestata e muoiono tre persone. E nessun ammazzamostri riesce a liberarsi di un semplice imp con uno strano gusto per i cadaveri? No. C’è qualcos’altro, in questa Abbazia”.

“D’accordo. Quindi che facciamo adesso?”

“Adesso” rispose Logan, togliendo l’ultimo granello di polvere dallo spallaccio sinistro, “ci serve una bottiglia”.

***

La mattina seguente, dopo aver passato una seconda fortunata notte senza cadaveri nel letto e aver ingollato in fretta la trista colazione monacale, si ritrovarono nel chiostro inondato di luce. Erano solo loro due; Jonah aveva dovuto seguire gli altri frati alla chiesa per la Preghiera del Sole. Camminarono sotto il colonnato che circondava il roseto; Meli ammirò da lontano i petali gialli e rosa dei fiori che parevano fatti di seta alla tenera luce del mattino.

Erano per lei una tentazione irresistibile: cedette e si incamminò lungo il percorso di terra battuta del giardino, esplorando ogni arco fiorito e aiuola del chiostro. Logan la seguì in silenzio. 

Il profumo di rose era esaltante. Quei fiori erano il vanto più alto dell’Abbazia, curati ogni giorno da uno stuolo di monaci-giardinieri: quel giardino era il luogo dove raggiungere il grado più alto della contemplazione, in quanto le rose simboleggiavano la purezza e l’innocenza del Paradiso; strapparle o rovinarle era un peccato punito con la fustigazione. 

Meli si inginocchiò di fianco ad un cespuglio di rose bianche dai petali gonfi e ne sfiorò la corolla. Quelle erano Rose Eterne, la varietà più rara coltivata all’Abbazia: anche tagliate in steli, sarebbero sopravvissute per mesi senza terra né acqua. Erano perfette per la realizzazione del decotto della felicità perpetua, nonché molto utili per scambi commerciali con le creature del piccolo popolo: se regalata ad una fata, una Rosa Eterna sarebbe stata come un pegno di fedeltà imperitura.

“I magazzini si trovano sull’ala destra dell’Abbazia” riferì Meli all’ammazzamostri, senza staccare gli occhi dalle rose bianche. Le prudevano le mani dal desiderio di raccogliere quegli steli senza spine, ma non osava. Non alla luce del sole, almeno. “Là troveremo delle bottiglie, suppongo”.

Logan annuì.

“Probabilmente dovremmo chiedere il permesso alla Badessa per entrare, a meno che…”

“Faremo in fretta” concluse l’ammazzamostri. 

Meli, con un ultimo sospiro languido verso le rose, si alzò.

Mezz’ora dopo, senza permesso e con una scusa patetica per aggirare il controllo di una novizia troppo magra e non troppo sveglia, Meli e Logan si intrufolarono nei magazzini dell’Abbazia del Roseto.

I magazzini dell’Abbazia fecero di nuovo dubitare Meli dei precetti di rinuncia e frugalità che la vita monacale suggeriva. I grandi locali scavati nella pietra erano infatti stracolmi di sacchi di riso, mais, orzo e legumi; enormi giare di vino se ne stavano in fila in bella mostra lungo le pareti, insieme a scaffali e scaffali di barattoli di miele e sottaceti, noci e castagne; riempivano le scansie più basse cassette strabordanti di cavoli e mele, patate e zenzero.

Meli non si stupì che alcuni dei frati esibissero fisicità più generose, vista l’abbondanza di quella dispensa; ma altri parevano comunque patire la fame, e si chiese con quale criterio quelle provviste venissero suddivise tra i religiosi all’interno dell’Ordine.

Logan cominciò a frugare in una scansia piena di bottiglie vuote, sollevandone una ad una per osservarle attraverso la luce solare che entrava di sbieco dalle alte e piccole finestre. 

“Cosa stai facendo?” chiese Meli.

“Cerco la bottiglia”.

Grazie al cazzo, pensò Meli. Ma non gli diede la soddisfazione di curiosare oltre, e lo lasciò fare in silenzio. Dopo almeno una dozzina di bottiglie, di cui Logan studiò la colorazione, il fondo, il tappo e il suono che facevano contro le sue dita, una venne prescelta, avvolta con cura in un panno scuro e assicurata alla cintura dell’ammazzamostri.

“Trovata?”.

“Trovata”.

“E adesso?”.

“Come te la cavi con le chiacchiere?”.

***

Logan le spiegò che se un imp infestava un luogo così affollato, probabilmente aveva voglia di compagnia. Ovvero, aveva voglia di lamentarsi della sua condizione di demone minore e dell’ingiustizia del mondo, e chiacchierare con lui sarebbe stata la soluzione più veloce e indolore per riuscire ad acchiapparlo e infilarlo nella bottiglia.

Meli non era ferratissima nell’arte della conversazione spicciola con creature demoniache senza faccia ma, si disse, sicuramente poteva fare meglio di Logan. 

Stavolta non aspettarono la mezzanotte. Meli, come concordato, appena fu buio si mise a camminare tra le panche, integre e distrutte, della chiesa deserta.

“Ehm… che serata infelice” esordì a voce alta. “Sono proprio proprio triste. Avrei tanto bisogno di un amico. Di un consiglio. Di… una spalla su cui piangere?” 

Meli si sentì incredibilmente stupida. Stava parlando di sentimenti fasulli con una creatura demoniaca che dissotterrava i cadaveri e una passione per la piromania. Jonah, nascosto dietro un lampadario distrutto, le fece il segno dei due pollici alzati. 

“In autunno” continuò Meli, buttandosi su un argomento in cui era più ferrata “è così facile lasciarsi andare ai cattivi pensieri… le betulle cominciano a ingiallire, i giorni si fanno più corti e freddi…”.

Nessuna risposta. Meli stava per arrendersi quando una voce, da qualche parte vicino alle stelle del soffitto, chiese: “Vi amate?”.

“Cosa?” 

“Voi due. Tu e quell’elfo lì. Vi amate? Perché io adooooro le storie d’amore” disse il demone invisibile da qualche parte sopra di lei. 

“Ah” Meli si bloccò e lanciò un’occhiata interrogativa a Logan, ma lui non la stava guardando: il suo sguardo era fisso più in alto, sul suo obiettivo trasparente.

“Certo. Certo. Ci amiamo moltissimo” improvvisò allora lei. 

“E perché allora sei triste?”.

“Ahm. Sono triste perché lui… non mi ha invitato a ballare all’ultima Festa della Transumanza”.

“No!”.

“Sì”.

“Inaccettabile. Capisco perché sei triste”. 

Un fruscio freddo mosse le fiammelle delle candele, che però rimasero accese.

“Dove vi siete conosciuti?” continuò la voce dell’imp.

“Dove? Eh, a…”

“Ad una sagra di paese” suggerì Jonah. 

“...ad una sagra di paese” completò Meli. Si sedette cauta sugli scalini davanti all’altare di marmo. 

“Ed è stato amore a prima vista?” chiese lo spettro, curioso come una comare. La voce stavolta era più vicina, alla sua sinistra.

“Oddio, no” rise Meli. “All’inizio non ci sopportavamo, ma poi…”

“Poi?” fu Logan a chiederlo. Si era avvicinato silenzioso come un gatto; aveva sentito il demone scendere verso terra.

“Poi… poi lui non ha saputo resistere alla mia incredibile personalità” continuò Meli. Udì Logan fare un verso a metà tra una risata e un colpo di tosse, ma lo ignorò. “E alla mia bellezza mozzafiato”.

“Non sei così bella” commentò l’imp, sincero. “Credo sia stata la personalità”.

“Grazie” rispose Meli con un sorriso a denti stretti.

L’imp sospirò. Era vicinissimo. A Meli parve di vedere l’aria più densa e tremula sugli scalini accanto a lei. E l’aria densa parlò, stavolta con tono triste: “Essere un demone non è così facile, sai. Vorrei anche io, un giorno, poter trovare l’impessa giusta per me”.

“Sono certa che la troverai” lo incoraggiò Meli.

“Oh, ma le impesse sono così difficili!” si lamentò la creatura. “Vogliono in dono le scaldapietre dai vulcani più lontani, e una testa di pixie ad ogni mesiversario, e…”

Logan balzò come una lince. Ci fu uno strillo offeso e un orribile rumore di risucchio. Logan chiuse veloce la bottiglia con un tappo di sughero che legò con più giri di spago al collo di vetro.

Jonah fece un verso vittorioso. Meli non poteva credere ai suoi occhi: lo aveva preso. Adesso, dentro la bottiglia di vetro verde scuro, si dibatteva una piccola macchiolina nera: un imp in versione ridotta.

“Come vi permettete!” stava urlando il piccolo demone, ma la sua voce era ovattata dal vetro della sua nuova prigione. “Mi avete ingannato! Maledetti! Infami!”

“Taci" rispose Logan scuotendo la bottiglia. L’imp rimbalzò contro le pareti di vetro verde.“Dobbiamo farti alcune domande”.

L’imp, offeso a morte, si mise seduto a terra con le braccine incrociate. “Non mi interessano le vostre domande. Fatemi uscire di qui!”.

“Se ci risponderai a dovere, ti faremo uscire” rispose Logan magnanimo. Meli avrebbe potuto scommettere 100 navok che stava mentendo.

L’imp non rispose subito. “Cosa volete sapere?”.

“Hai ucciso un viandante e tre vecchi monaci?”.

“No. Perché lo pensano tutti? Non sono stato io”.

“Chi li ha uccisi?”.

“Non sono stato io” ripeté la creatura.

Jonah si intromise: “Ma sai chi è stato?”.

“...sì”.

“Diccelo” ordinò l’ammazzamostri.

“Non mi crederete”.

“Ti crederemo. Avanti” disse Logan.

“Poi mi libererete?”.

“Sì” mentirono tutti e tre.

“D’accordo”. L’imp li guardò con la sua faccetta nera senza occhi. Era quasi carino, così piccolo e chiuso ermeticamente dentro la sua prigione-bottiglia.

L’imp aprì la piccola bocca, l’unica cosa visibile nelle sue fattezze di ombra, e disse: “È stata la Badessa”.

   
 
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