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Autore: ImperialPair    26/10/2023    0 recensioni
Al principe Anhrian non capitava così frequentemente di lasciare il palazzo reale: era troppo occupato nello studio della magia e passava tutto il tempo nel suo addestramento imposto dal re, suo padre.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Wtiber 2023'
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Titolo: l’ultimo elfo delle terre di Rhunt
Fandom: originale
Pairing: M/M,
Challenge: Writober
Prompt: Incanto

L’ultimo elfo delle terre di Rhunt

Al principe Anhrian non capitava così frequentemente di lasciare il palazzo reale: era troppo occupato nello studio della magia e passava tutto il tempo nel suo addestramento imposto dal re, suo padre.
Desiderava che lui diventasse un abile mago e lui non ne aveva mai compreso il motivo. Doveva seguire i suoi ordini altrimenti erano guai per lui e al genitore non importava quanto desiderasse giocare con suo fratello maggiore: lo obbligava a studiare quell’arte che da piccolo aveva sempre detestato!
Aveva passato tutta l’infanzia chiuso in quella stanza che aveva sempre odiato, aveva il permesso di uscire per pochissimi motivi, o per le sue esercitazioni all'aperto o per eventuali eventi sociali come matrimoni o altro.
Aveva bruciato tutta la sua infanzia per colpa di quell'essere.
«Padre, dove stiamo andando?»
Poteva esserne incuriosito, no? Dopotutto non capitava che suo padre lo trascinasse con sé senza dargli una spiegazione e desiderava sapere le motivazioni dell'uomo.
«Andiamo da tuo zio».
«Non starà male?»
«Lui sta bene sta tranquillo».
Se stava bene, per quale motivo il padre lo stava trascinando da suo fratello minore? Era quello ad insospettire il diciottenne e sentiva che ci fosse qualche altra ragione.

*~~~*

Il palazzo dello zio non era grande quanto quello reale in cui era cresciuto, ma quando si trovava lì non si sentiva così in gabbia come a casa propria: lì non era obbligato a studiare magia o esercitarsi e si sentiva libero.
Ad Anhrian davano sempre la stessa stanza che si affacciava su uno splendido giardino che avrebbe tanto desiderato visitare, ma, nonostante le suppliche, sia il padre che lo zio avevano sempre rifiutato di farlo entrare.
Il punto era che i fiori lo avevano da sempre affascinato, erano dotati di colori variopinti e ogni tipo era dotato di una fragranza che li distingueva dagli altri rendendoli unici. C’erano anche alcune piante dotate di poteri magici che venivano usate in determinati incantesimi o pozioni ed era un ramo della magia che gli piaceva assai.
C’era però un tipo di fiore che lo attirava per ben altro, ed erano le rose che oltre ad essere fra più i belli esistenti, erano dotate di quelle spine che potevano addirittura ferire le persone se non maneggiate con cautela. Era proprio questa caratteristica che li rendeva i fiori più affascinanti di tutti, almeno per Anhrian era così.

Aveva sentito una storia sul giardino dello zio, si diceva che ci fosse un fiore magico talmente potente che chiunque l'avrebbe posseduto avrebbe acquisito dei poteri invincibili, questa però era solo una leggenda.
Il principe doveva ammettere che c’era una luce che veniva proprio da una siepe che di notte illuminava il giardino ma né il padre e tantomeno lo zio gli avevano detto cosa fosse.
Lui con il tempo aveva percepito che quello fosse un luogo intriso di magia, potente a quanto sembrava. Crescendo era riuscito a percepire un potente incantesimo ma all’epoca non era mai riuscito a capirne la composizione, ma, dopo essere maturato, era riuscito a percepire meglio che tipo di sortilegio fosse: magia di sangue.
«Anhrian riesci a percepire qualcosa?»
Lo Zio sembrava più serio del solito e il principe era certo che fosse lì per qualcosa di importante, forse proprio riguardo al giardino che per anni lo aveva affascinato.
«Qualcuno ha lanciato un incantesimo nel giardino, sembra una magia potente ed antica».
«Io e tuo padre crediamo che tu sia pronto».
Pronto?” Era Possibile che il padre lo avesse costretto a studiare la magia per spezzare l‘incantesimo di quel giardino? O credeva davvero che ci fosse un fiore magico? Anche se non riusciva a comprendere il motivo per cui non lo avessero fatto avvicinare prima di quella serata.
«Volete che io lo spezzi?»
«Vogliamo sapere cosa sia successo in quel giardino, Anhrian».
Ormai il diciottenne era certo: il genitore lo stava solo usando!
Non poteva tirarsi indietro, chissà cosa avrebbero fatto il re e lo zio.
Da bambino più volte si era rifiutato di studiare magia, perché voleva continuare i giochi col fratello più grande o quando non ne aveva voglia: ogni volta era stato vittima di punizioni corporali dall’uomo!
Nonostante fossero passati anni, Anhrian, portava ancora il segno delle frustate sulla schiena e, per non subirne più, aveva imparato ad obbedire al genitore che era dotato di una crudeltà unica.
Così venne scortato dallo zio e dal re all’esterno del giardino.
Più il principe si avvicinava e tanto più sentiva una forza ostile, oltre all'incantesimo riusciva a percepire una barriera magica.
«C’è una barriera».
«Né io e né tuo zio siamo riusciti ad entrare quando eravamo giovani, abbiamo provato di tutto».
«Davvero credete che io ci possa riuscire?!»
«I tuoi maestri hanno sempre detto che tu sia il mago più potente che abbiano mai conosciuto».
«Padre, è per questo che mi avete fatto studiare magia? Perché dovevo scoprire il segreto di questo luogo?»
«Avevi un dovere».
«”Un dovere”? Per colpa vostra non ho avuto un’infanzia, avevo tre anni la prima volta che mi avete messo un libro di magia in mano»
«Non ti vorrai ribellare proprio adesso?»
«Ribellare? Vi siete approfittato di me appena ho dato segno di poteri!»
«Anhrian, ti prego».
«Non vi ci mettete anche voi zio!»
Cosa era stato per loro? Era stato solo uno strumento e non gli avevano mai dimostrato l’affetto che un padre e uno zio avrebbero dovuto riservare ad un figlio e nipote.
«Spezza il sigillo, sei l’unico che può farlo».
«No!»
Il padre lo guardò con un'aria minacciosa ma non avrebbe ceduto, poteva fermarlo con un qualsiasi incantesimo e ne aveva imparati molti.
All’improvviso però udì una voce melodiosa venire proprio dal giardino.
Salvami”.
«Sentite anche voi questa voce?»
Hai promesso di liberarmi, dove sei…”
«Quale voce? Non dirci che sei impazzito?!»
Riusciva a sentirla, era come un richiamo e doveva scoprire a chi appartenesse, saperne di più.
Concentrandosi sulla barriera Anhrian sentiva che quello fosse un posto che era stato sigillato per nascondere qualcosa ommeglio qualcuno, infatti, percepiva una flebile presenza di qualche essere vivente.
Quando verrai a liberarmi, Manhish?”
Quel nome gli risuonava nella mente ed aveva qualcosa di malinconico triste.
Conosceva un Manhish, era un suo antenato morto durante la guerra fra umani ed elfi che aveva portato alla loro estinzione.
Manhish… Manhish…”.
Quella voce era così struggente che Anhrian prese la decisione di fare qualcosa, ma sentiva di dover andare da solo.
«Vi aiuterò, ma non potete seguirmi»
«Cosa?»
«Dobbiamo sapere cosa c’è in questo giardino!»
«Solo o io posso entrare!»
Non sapeva dire il perché. se fosse l'unico a percepire quella voce, significava che solamente lui avrebbe potuto scoprire cosa fosse successo: il padre e lo zio non sarebbero mai potuti entrare così come qualsiasi altro umano.
Quella era magia di sangue e solamente chi aveva eretto quella barriera sarebbe potuto entrare o chi ne aveva ereditato i poteri; lui sentiva di aver acquisito tutti i poteri di Manhish.
«Solo io posso entrare!»
Gli bastò poggiare solo una mano sulla barriera perché quest'ultima lo lasciasse passare e quella fu la conferma di tutto: era un discendente diretto di Manhish.

Una volta entrato riusciva a percepire con più intensità sia la voce che sembrava richiamare “Manhish” che la sua presenza.
I suoi occhi si poggiarono sulla rosa più bella che avesse mai osato vedere.
Ad uno sguardo poteva sembrare una comune rosa rossa ma non era un fiore normale e lo dimostrava l'intensa luce che emanava: era un bagliore dorato, la stessa luce che illuminava il giardino durante le ore notturne.
In quel momento Anhrian comprese cose che non aveva mai capito la sua passione per i fiori erano nati probabilmente grazie al suo predecessore, che aveva incantato proprio quella rosa.
Si concentrò cercando di capirne la composizione percependo immediatamente che quella non si trattasse di un fiore comune, ma era un qualcosa che Manhish aveva sigillato, una persona che doveva essere davvero importante per lui.
Era una magia di sangue, una delle più forti magie e letali se non sapute usare con cautela.
«Manhish…»
Eccola la voce era sempre più forte e nitida e percepiva la malinconia di quel tono
«Sono qui per salvarti».
Con sé capitava spesso che portasse degli strumenti per fare incantesimi e, in quel momento, aveva un piccolo pugnale e sentiva di aver fatto bene a portarlo, ma non sapeva dire se fosse una coincidenza o fosse stato un sesto senso.
Incise un taglio sul palmo della mano, esattamente sulla linea della vita era , abbastanza profondo per lasciare che fuoriuscisse abbastanza sangue che fece colare sulle radici del fiore.
«Oi go josafi*».
In un attimo il bagliore emanato dalla rosa divenne così abbagliante che dovette chiudere gli occhi non riuscendo minimamente ad osservarla, solo quando cessò completamente riuscì a mettere a fuoco la figura che aveva di fronte agli occhi.
Anhrian in quel momento non riusciva a credere ai propri occhi, quello che aveva di fronte non era un umano, ma quei lineamenti eterei, i tratti morbidi e delicati potevano sembrare caratteristiche che alcuni suoi simili potessero avere ma quelle orecchie a punta erano un segno distintivo degli elfi.
E quello era sicuramente l’ultimo elfo delle terre di Rhunt.
«Manhish sei giunto per spezzare il tuo incanto?»
Sentiva che quell’elfo non gli avrebbe mai fatto del male, ma loro erano conosciuti per la loro crudeltà verso gli umani, però al principe non sembrava malvagio come narrava la storia del regno.
«Non sono Manhish…»
Non era spaventato ma bensì ne era affascinato, quei capelli rossi gli ricordavano i petali che tanto amava nelle rose rosse e sentiva una strana attrazione e connessione verso l'altro.
«Ti sembrano scherzi da fare?»
«Non sto scherzando, mi chiamo Anhrian».
L’elfo in qualche modo si avvicinò a lui prendendogli la mano e notando il sangue che ancora usciva dalla mano.
«Solo Manhish avrebbe potuto liberarmi».
«Sono un discendente di Manhish, lui è morto duecento anni fa».
«Duecento anni?»
Tutti avevano narrato le gesta di Manhish morto come eroe durante la guerra contro gli elfi, ma le cose erano andate davvero così? Ormai non n’era certo, era sicuro che l'incantesimo lo avesse indebolito e fosse morto durante la guerra ma non doveva aver avuto tempo per riprendersi.
«Come è morto?»
Come avrebbe potuto rispondergli? Non aveva certezze di come fossero andate esattamente le cose.
«Una guerra scoppiò fra gli umani e gli elfi».
«Lui mi promise di fermarla, lo voleva quanto me».
«Cosa è successo fra di voi?»
«Io e il principe Manhish ci amavamo nonostante non scorresse buon sangue fra noi e voi umani, ma poco prima che scoppiasse la guerra mi ha sigillato qui promettendomi di liberarmi appena avrebbe convinto il genitore a non dichiarare guerra».
«L'incantesimo che ti ha lanciato l’ha indebolito, la magia del sangue è fra le più pericolose».
Ne era certo, era pericolosissima e se si usano quel tipo incantesimo bisognavano giorni di riposo, anche lui in quel momento si sentiva abbastanza indebolito.
«Quindi lui è morto per colpa mia?»
«Non è affatto colpa tua, l'ha fatto per salvarti».
«Salvarmi… dove sono i miei simili dove sono?».
«Mi dispiace…».
Come avrebbe potuto dirgli che gli umani li avevano sterminati tutti? Erano parole troppe crudeli da dire a qualcuno che era stato sigillato come fiore per duecento anni.
«... sono morti tutti?»
«Mi dispiace, gli umani sono stati crudeli».
Non erano gli elfi ad esserlo, ma gli esseri umani come lui che avevano sterminato la razza e spezzato i cuori di due innamorati, erano loro gli esseri malvagi.
«Anhrian… giusto?»
«Sì»
«Tu gli somigli in in modo incredibile…»
Non sapeva cosa stesse per accadere ma l’elfo gli si avvicinò talmente tanto che riusciva a sentire il suo respiro caldo e allo stesso tempo melodioso.
«Come ti chiami?»
«Darhel, ero nipote del re degli elfi».
Un nome dal suono incantevole che gli riscaldava il petto, proprio come aveva riscaldato il cuore di Manhish secoli addietro.
«Darhel » pronunciò il principe prima che l'elfo lo baciasse.
Quel luogo e ciò che nascondeva il giardino non sapeva come dirlo allo zio e al genitore ma una volta usciti avrebbe dovuto affrontarli e cosa avrebbero pensato quando sarebbe andato indietro con Darhel?
Questo il principe non poteva dirlo, in quel momento voleva solo perdersi in quelle labbra che si addicevano perfettamente alle proprie.
Sentiva di aver trovato una parte che completava la sua anima dandogli la felicità che finalmente meritavano dopo anni di sofferenza.

Oi go josafi*= Questa è una linuga che ho inventato io sulla base usando il metodo usato albhed, ogni lettera nella nostra lingua ne rispecchia un altra e questa significa “Io ti libero”O=I I=O G=T J=L S=B A=E F=R (Non vi scrivo tutto l’alfabeto per ora)
   
 
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