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Autore: Rosmary    01/11/2023    3 recensioni
Raccolta disomogenea su diversi coppie e personaggi. Alcuni racconti sono missing moments di Paradiso perduto.
1. Incastrati nella testa (Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy)
2. Quando il buongiorno non si vede dal mattino (Scorpius Malfoy/Gwendolen Goldstein)
3. Scorci (Molly Weasley junior/Atlas Nott)
4. Sono tutti i colori (Luna Lovegood, Rolf Scamander, Lorcan e Lysander, Ron Weasley, Rose)
5. Emozioni (Albus/Moira, Albus/Teti, Albus/Scorpius)
6. Se non è per sempre (Moira Meadowes/Atlas Nott)
7. Di impiccioni, offese e chiacchiere (James Sirius, Rose, Un po’ tutti)
8. Legati (James Sirius, Rose, Un po’ tutti tra genitori, zii e cugini)
9. Un sabato tutto Grifondoro (James Sirius, Rose)
10. Il più bello del reame (più o meno) (Un po’ tutti)
11. Un modello per Louis (Louis, James Sirius, Fleur e Bill, Percy)
12. Tasselli (Un po’ tutti)
13. A lezione di Babbanologia (Albus, Scorpius)
14. Ritornare – e restare (Louis/Isabelle)
15. Promesso (Lysander, Gwenda)
16. Vita da Capitano (Louis, Amanda)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Molly Weasley, Molly Weasley Jr, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Vari personaggi | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Spoiler Alert: il racconto è un missing moments di Paradiso perduto e contiene spoiler per chi non ha letto sino al Capitolo Ventitré della longfic.
 
 

A Sofifi
 

Promesso
 
Novembre 2022
 
New York è un luogo caotico, sa di tante cose tutte assieme, Lysander ha spesso la sensazione di perdersi in quel caos – un labirinto gigantesco e troppo fitto per riuscire a ritrovarsi.
Anche ora, mentre cammina su uno dei tanti marciapiedi affollati da babbani, mentre veicoli di ogni sorta inquinano le strade, mentre voci di negozi, caffetterie, ristoranti si confondono tra loro, lui si sforza di non lasciarsi inghiottire dalle tante cose tutte assieme.
Arriva a destinazione con quasi un’ora di ritardo, lo sguardo allucinato e il fiatone. Gwenda è già seduta a uno dei tavoli del pub, ha tra le mani uno degli affari babbani che tanto ama – un tablet, crede, a lei piace leggerci cose lì dentro – e ha già ordinato qualcosa da mangiare. Trae un gran respiro prima di avvicinarla, consapevole di dover affrontare una dura battaglia.
“Ehi, scusa il ritardo.”
Gwenda solleva gli occhi su di lui all’istante, gli sorride e con cenno sbrigativo lo invita a sedersi.
“Non essere stupido,” dice mentre mette via il tablet, “già sapevo che ti saresti perso, per questo mi sono portata cose da fare e sto già mangiando, ero sicurissima che avresti sbagliato almeno un paio di incroci! Sei talmente imbranato tra i no-mag!”
Lysander crede di essere imbranato anche tra la sua gente, ma preferisce trattenere questo pensiero e rispondere con un semplice sorriso al solito fiume in piena di Gwenda.
“Hai ordinato anche per me?” chiede fissando diffidente il cheeseburger intatto.
“Certo che l’ho fatto, è arrivato cinque minuti fa, giusto in tempo! E ti ho preso anche queste,” aggiunge allungandogli una porzione troppo abbondante di patatine fritte, “e da bere, ovviamente! No-mag, ma analcolica, giuro!”
Lysander occhieggia la bevanda scura e frizzante che ha già avuto modo di bere, passa poi in rassegna tutto il resto e una smorfia diffidente gli contorce il viso – tutto quello ha un gusto buono, ma l’ultima volta che l’ha bevuto e mangiato non è stato poi così bene le ore successive.
“Mi appesantisce questa roba.”
“Non hai ottant’anni, Lys, puoi sopravvivere a coca-cola e patatine fritte! Dai, mangia, ché tanto è inutile che parli, non ho nessuna intenzione di cambiare idea.”
Lysander si morde la lingua per non rifilarle una rispostaccia – è di pessimo umore, davvero pessimo – e sedutosi decide di dare un paio di morsi al cheeseburger, bere un sorso di coca-cola, fingere di essere lì per il solo piacere di trascorrere qualche ora in compagnia di un’amica.
Vorrebbe tornare indietro.
Al processo o a quella notte, non ha importanza, purché sia indietro, prima, quando ancora nessun tassello era al suo posto ed Erebos era qualcosa di totalmente sconosciuto e inoffensivo.
Hanno sbagliato tutto.
Senza saperlo, per giunta, troppo ignari o troppo sciocchi per capire di essersi immischiati nel destino del mondo intero. Si ripete da giorni che nessuno di loro avrebbe mai potuto immaginare che delle scelte sbagliate avessero conseguenze così enormi – se ripensa al se stesso di quest’estate non prova che pena mista a rabbia per quel ragazzo convinto che il problema più grande fosse la spericolatezza del proprio gemello.
“Tu non verrai con me.”
Gwenda distoglie lo sguardo dal tablet senza stupore, a Lysander è sufficiente incrociarne gli occhi per capire che stesse aspettando quell’offensiva.
“Non lo farai,” insiste allora. “Non cambierò idea.”
“Parli come se ti avessi chiesto il permesso.”
“Non rigirare il discorso, non è il momento per i tuoi monologhi.”
“Sei tu a rigirare il discorso, ragazzo europeo. Non te l’ho mai chiesto, te l’ho detto e basta. È una decisione mia, non tua.”
“Ti rendi conto di cosa rischi? Questo non è un gioco, Gwenda, non è una ricerca, non è niente di quello che ti sei messa in testa. Lì non sarà come qui, rischieremo, possiamo morire. Lo capisci?”
“È questo che pensi? Che mi sia messa in testa di fare un allegro viaggio insieme? Non sono io a fingere di non vedere la gravità delle cose, Lys, non rigirare su di me i tuoi errori.”
“Wow,” sbotta amaro. “Il giorno è arrivato, dopotutto.”
“Non hai capito, io…”
“Ho capito benissimo e sai anche di avere ragione, tutto quello che sta succedendo è colpa mia.”
“Quanto sei idiota.”
Un botta e risposta così rapido da lasciare Lysander con la sensazione di aver detto troppo senza concludere nulla e Gwenda con la consapevolezza di aver solo sfiorato la punta dell’iceberg.
Si fissano per alcuni istanti senza dire altro, a raggiungerli è il chiacchiericcio delle sagome intorno a loro, il rumoreggiare di cibi masticati e di risate sguaiate – d’un tratto ogni cosa sembra divenire lercia.
Gwenda ruba qualche patatina dal piatto di Lysander, mangia lenta e in apparenza sposta l’attenzione su chiunque non sia lui. Lysander la osserva trattenendo il respiro e formulando più e più ipotesi su cosa le stia passando per la testa – se debba riaprire il discorso o addirittura alzarsi e andare via; probabilmente Lorcan gli direbbe di andarsene perché ha già messo in chiaro la sua posizione.
“Parlavo di tuo fratello.”
“Cosa?”
“Quando ho detto che fingi di non vedere le cose gravi,” spiega quieta, “parlavo di tuo fratello, di quello che ti ha fatto… Non riesci a fargliene una colpa e non capisco come fai.”
“Ma non è così… Io riconosco ogni errore di Lorcan, e lui lo sa bene, solo che a differenza tua lo conosco e so che non voleva mettermi nei guai.”
“Però l’ha fatto, sei stato espulso al suo posto.”
“Lui non pensa questo, nessuno doveva essere espulso… Non puoi capire perché non sai come ragiona.”
“Gli vuoi solo troppo bene.”
“Lo dici perché non lo conosci e non ci conosci, non sai come siamo insieme.”
“E come siete?”
“Uniti, anche quando scegliamo parti diverse. Tu non lo conosci,” ripete, “Lor non è quello che pensi tu, e mi vuole bene.”
Gwenda non è abituata a non avere parole sulla punta della lingua, eppure si rifugia una volta ancora nel silenzio, riflettendo sulla difesa a oltranza di Lysander, su ciò che li aspetta dall’altra parte del mondo, su quanta ragione possa avere lui e quanta ne abbia lei.
“Non voglio venire con te solo per la ricerca, è che non voglio lasciarti solo.”
“Non sarò solo, lì ci sarà…”
“Tuo fratello, lo so,” l’anticipa. “Ma Lorcan è a scuola, forse riuscirai a incontrarlo ma non potrà restare con te.”
“Non ho bisogno della balia, Gwenda.”
“Diventi scontroso quando si parla del tuo gemello, lo sai?” chiede retorica, camuffando con l’ironia una piccola verità – ha notato anche in altre occasioni che su Lysander pressa il bisogno costante di difendere il fratello da accuse, come se fosse abituato da tutta la vita a farlo. “Sto cercando di dirti che voglio portare a termine quello che ho iniziato. È da pazzi seguirti, lo riconosco, ma io non ho mai detto di non essere pazza e sono assolutamente certa di non essere… inquadrata.
“Inquadrata?”
“La variante più carina di normale?” tenta con un sorriso. “Insomma, ho sempre fatto tutto a modo mio, anche se per gli altri non aveva senso, un po’ come fai tu… Quindi non mi importa cosa pensi tu, cosa pensa Mortimer e cosa pensa chiunque altro, io so di volerti aiutare, voglio esserci quando affronterai quel mostro. E va bene rischiare, sono disposta a rischiare per qual-cosa che… che per me è importante.”
Lysander continua ad avere la sensazione che gli sfuggano pezzi di puzzle, il perché lei voglia seguirlo – ogni parola messa in fila da Gwenda non fa altro che generare in lui altra confusione e rafforzare l’idea che la ragazza stia prendendo d’impulso una decisione che dovrebbe essere solo razionale. Nessuna ricerca, nessuna professione o ambizione, può valere così tanto.
“Hai capito adesso?”
Gwenda insiste con un sorriso divertito e lui si domanda se in fondo non sappia di aver solo accresciuto i dubbi.
Al di là di ogni perplessità, però, deve ammettere almeno a se stesso che a spiccare è la certezza che quell’americana appena conosciuta, ancora una volta, gli stia offrendo non solo un aiuto, ma anche un’alleata su cui fare affidamento. E in lui, cresciuto con la convinzione di potersi fidare totalmente solo della propria famiglia, questa consapevolezza genera un calore rassicurato e rassicurante – un abbraccio confortevole.
“Sei sicura?”
“Non ti rispiego tutto da capo, rompipluffe britannico!”
“Ora sono anche un rompipluffe?”
“Certamente! Mi hai costretta a dirti tutta questa cosa noiosa solo perché devi fare il difficile! Mortimer rompe meno di te, capisci quanto è tragica la tua situazione?!”
Lysander sbuffa una risata e dà un altro paio di morsi al cheesburger per racimolare tempo utile a dirle un’ultima cosa – e Gwenda forse lo capisce, perché mangiucchia anche lei qualcosa senza aggiungere altro.
“Fammi almeno una promessa, allora,” mormora fuggendo il suo sguardo. “Se le cose si mettono veramente male, promettimi che torni a casa.”
“Non sarebbe più intelligente chiedere aiuto, a quel punto?”
“Gwenda…”
Lei solleva le labbra in un sorriso stanco, ma decide di annuire e allungare le mani sino a quelle di Lysander per richiamare i suoi occhi su di sé.
“Va bene.”
“Promesso?”
“Promesso.”
 
~
 
Ore, giorni, mesi o forse anni dopo
 
“C’è una cosa che non mi hai mai chiesto, Lys: quanto io creda alla parola promesso.”
Se parli a una sagoma, a un’ombra o a se stessa non è più chiaro neanche a Gwenda.
 
 




 
 

Note dell’autrice: il missing moments è scritto su ispirazione del prompt (che non ho rispettato alla lettera, ne sono consapevole) propostomi da Sofifi (Gwenda/Lysander ~ Important ossia un personaggio che spiega perché l’altro è così importante per lui/lei) nel contesto di un gioco di scrittura.
Questo è un vero e proprio momento mancante che in origine avrei voluto inserire come flashback in uno dei capitoli dal Venti in poi – per evitare di allungare ulteriormente i capitoli, però, ho poi deciso di ometterlo. L’ultima parte, quelle poche righe introdotte da “Ore, giorni, mesi o forse anni dopo”, richiamano il riferimento temporale con cui si apre il Capitolo Venti (e fa riferimento all’inedito Capitolo Ventiquattro, ebbene sì).
So che non aggiorno la long da tantissimo tempo e proprio per questo non voglio darvi date o indicazioni di aggiornamento, ma sappiate che niente è abbandonato e anzi sono riuscita a riaprire il file word (questo missing moments, in particolare, è proprio uno stralcio di capitolo che spero sia piaciuto a chiunque l’abbia letto).
Un abbraccio e grazie sempre di tutto. ❤
   
 
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