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Autore: Neko    04/11/2023    1 recensioni
Una nuova avventura travolge inaspettatamente i Mugiwara partiti per affrontare le sorprese del Nuovo Mondo.
Da una strana isola dove avvengono fenomeni strani, si ritroveranno a che fare con quello che il destino ha in serbo per loro.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Rufy/Nami
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE PER CHI SEGUE L’ANIME ITALIANO:

Ciau a tutti!!!

Allora, mi è stato detto che in Italia l’anime è arrivato alla saga di Dressrosa. Molto indietro rispetto a quello che credevo, quindi vi annuncio che per le idee che ho, sia in questo capitolo che nelle prossime avventure che ho in mente, ci saranno cose che si potrebbero definire SPOILER, che siano capacità o fatti che si vedono nell’anime. Ci saranno diversi cambiamenti rispetto al manga, ma sempre spoiler sono.

Quindi spetta a voi decidere se leggere o meno.

Se decidete di  non chiudere la pagina…buona lettura e lasciatemi sapere cosa ne pensate, se invece decidete di non andare avanti con la lettura, vi ringrazio di essere giunti fino a qui.

Byeeee

 

 

 

Capitolo  87: Rabbia distruttiva

 

La bambina era rannicchiata su stessa. Aveva sentito lo sparo e si era rannicchiata aspettando un dolore che non arrivò.

Alzò lo sguardo e non capì cosa fosse successo. Vide attorno a se qualcosa di strano, uno scudo, una cupola fatta da braccia umane che la proteggevano a 360 gradi dal mondo esterno, se non per un piccolo lucernaio in alto per non lasciarla completamente al buio.

Avvicinandosi, guardò questa barriera incuriosita, non capendo da dove fosse spuntata, e la toccò

Sussultò quando sfiorandola, la sentì. Quello scudo non era composto solo da qualcosa che sembravano braccia umane, ma erano braccia umane vere.

Era chiaro che appartenessero a una donna, ma cosa ci facessero lì, era un mistero per lei. Solo continuando a studiare la barriera, notò delle gocce rosse cadere tutto attorno a lei. Dovette spostarsi al centro dello scudo per evitare di essere macchiata, da quello che capì immediatamente essere sangue.

Il colpo era stato realmente sparato verso di lei e quelle braccia avevano preso il colpo al suo posto, rimanendo ferite, o almeno una di loro. Non aveva sentito ulteriori spari e vedendo che solo metà degli arti sanguinavano nello stesso medesimo punto, poteva ipotizzare che le braccia erano solo due, destra e sinistra, ripetute in successione.

Si sedette a terra e si portò le ginocchia al petto, sconvolta del fatto che qualcuno potesse desiderare la sua morte. Regina glielo aveva sempre augurato, ma lei era una donna spregevole e un pirata, mentre colui che le aveva sparato era un marine, una persona su cui lei avrebbe riposto la sua fiducia, dato che considerava i pirati della  feccia, vedendo come erano stati trattati gli abitanti del villaggio in quegli anni.

Ripensò alle parole che Rufy e Nami gli avevano detto quando si erano ritrovati sulla sua casetta sull’albero. Le avevano detto di questa assurda regola che i figli dei pirati, i più ricercati almeno, dovevano  morire in quanto  una possibile minaccia.

Non aveva creduto loro. I figli non erano i genitori, né dovevano essere macchiati delle colpe dei genitori, quindi per lei era impossibile che una cosa del genere, potesse accadere e purtroppo aveva constatato la verità quasi sulla sua pelle. Si strinse le gambe con le braccia e vi appoggiò la testa. Non voleva uscire da quella barriera. Si sentiva in un certo modo al sicuro li dentro e soprattutto aveva paura che una volta fuori, quell’uomo avrebbe finito il lavoro. Quindi rimase lì ad ascoltare  ciò che stava succedendo fuori. Niente di rassicurante in quanto poteva percepire urla di paura e ordini di uccidere qualcuno… un mostro.

 

Nessuno comprese quanto fosse accaduto, né da dove si fosse alzata quella coltre di sabbia.

Per un momento i Mugiwara pensarono a Rufy.

Il ragazzo era abile a entrare in scena in  modo spettacolare al momento giusto, ma sentirono una sensazione spiacevole sulle loro pelle, dei brividi presero a correre lungo le loro spine dorsali e una forza sinistra si poteva respirare nell’aria.

Tra un colpo di tosse e l’altra tutti riuscirono a percepire un ombra nera gigantesca dalla quale si potè udire un urlo arrabbiato. Molto arrabbiato.

“C-cosa diavolo è quello? “ chiese un marine spaventato, così come anche i suoi compagni, prima che questi venissero colpiti da una mano gigante e fatti volare.

Numerose urla si alzarono nell’aria, chi urlava per paura, chi per incitare i compagni a lottare, chi per ordinare di sparare.

Era il caos.

L’ombra nera urlò nuovamente mentre la sabbia cominciava a posarsi a terra e i Mugiwara non poterono credere ai loro occhi.

Mentre che la visibilità tornava normale, potevano vedere il corpo gigantesco di una donna, con due paia di corna sulla testa, due ali simili a quelle di pipistrello e con dei denti affilati come quelli degli squali.

Era spaventosa, tanto che sembrava un demone.

“R-R-Robin?” gridò Chopper incredulo.

Le gambe di Usopp erano gelatina. Robin era abbastanza inquietante e spaventosa quando faceva certe uscite macabre, ma quella Robin era a tutt’altro livello.

“Che cosa…” disse Zoro con l’occhio sgranato, indeciso sul da farsi.

“Come può essere Robin quell’essere?” chiese Tashigi, facendo un passo indietro.

Sanji non aveva parole a quanto vedevano i suoi occhi, ma se quella era Robin poteva ben comprendere cosa l’avesse portata ad assumere una forma del genere e a comportarsi come una pazza scatenata.

Non si immaginava che l’archeologa possedesse un tale potere e poteva scommettere che anche i suoi compagni ne fossero all’oscuro. Se avesse imparato questa tecnica durante i due anni di separazione, non lo sapevano, si era resa necessario l’utilizzo di un tale potere fino a  quel momento. Vedendo come si agitava Sanji prese in considerazione che la donna non avesse voluto usarlo, perché non del tutto in sé in quella forma.

Infatti stava colpendo chiunque le capitasse a tiro.

Anche se fino a quel momento aveva colpito solo la marina,  non sapeva dire se era perché era stato solo  il nemico ad attaccarla o se perché in fondo riconoscesse i suoi alleati.

Sperava che fosse lucida, ma sinceramente aveva paura di scoprirlo. Se non fosse stata in sé, avrebbero dovuto attaccarla, con il rischio di ferirla, per farla tornare normale.

Quella sua forma e la foga con cui aveva preso a colpire i nemici, gli ricordava molto Chopper quando anni a dietro, dopo aver preso le rumble ball, si trasformava in una renna gigante, non in grado di riconoscere i suoi amici.

“Cosa facciamo?” chiese Zoro agli altri. Aveva sguainato le spade per ogni evenienza, ma non sapeva esattamente come agire in quel frangente. La marina se l’era cercata con il tentato omicidio di sua figlia, ma non per questo poteva colpire tutti i marine con una tale brutalità, soprattutto perché quelle persone avevano accettato la resa e non consistevano più una minaccia.

Era Kizaru il problema.

Zoro vide l’uomo buttarsi nella battaglia, volteggiando  di qual e di là, apparendo e scomparendo in un fascio di luce continuo, per confondere Robin.

Sembrava una mosca fastidiosa e Robin cercò di acciuffarlo più volte inutilmente, finchè sembrò decidere di lasciar perdere.

La donna afferrò una nave della marina e quando si pensò che l’avrebbe lanciata contro i marine sparpagliati per la spiaggia e sugli alleati,  tanto che Fujitora estrasse la sua spada per contrattaccare, il galeone venne usato come mazza da baseball, colpendo Kizaru e mandandolo a sbattere contro una montagnola di rocce che, sgretolandosi, finirono addosso all’uomo.

Successivamente la  nave venne realmente scaraventata sulla spiaggia sia Zoro, sia Fujitora, sia Shanks, si mossero per smantellare il più possibile la nave.

Zoro intervenne con le sue spade, insieme a Shanks, che fece ricorso alla sua sciabola Gryphon, immersa di haki.

La ridussero in centinaia di pezzi e successivamente Fujitora, usando il suo frutto del diavolo zushi zushi, annullò la gravità che influenzava i rottami della nave, in modo tale che essi fluttuassero in aria, per poi  ammucchiarli tutti insieme  in un lato della spiaggia, vicino a dove sorgeva la pineta.

“Dobbiamo fermare Robin!”  disse Shanks.

“E come? Vorrei evitare di farle del male!” disse Zoro “Infondo ha tutte le ragioni per essere incavolata!” disse lo spadaccino.

“Ragioni o meno, ora è un pericolo per tutti! Anche se avevo dichiarato la resa, ora mi vedo costretto a intervenire!” disse Fujitora.

Impugnando la sua spada.

“Cosa hai intenzione di fare?” chiese Zoro,  guardandolo male.

“Lo vedrai!” disse Fujitora, ma non potè fare niente che lo spadaccino impugnando  la sua spada verso di lui disse “ Ero io il tuo avversario. Non ti lascerò muovere un dito contro di lei, sono stato chiaro?”

Essia!” disse Fujitora, riprendendo lo scontro che poco prima aveva interrotto contro Zoro.

Nel frattempo gli altri membri della ciurma di Mugiwara, provarono a far ragionare  la loro compagna.

“Oi Robin. Devi fermarti!” disse Usopp urlando, ma il frastuono della battaglia, gli spari, i suoni della spada, le urla, e rocce che si frantumavano, coprirono la sua voce.

Prese Kabuto e carico l’arma con semi al pepe e, puntandoglieli al viso, glieli lanciò.

Una nube nera si sparse intorno al viso della donna. La quale si fermò dal suo agitare gambe e braccia, perché colpita da forti starnuti.

Successivamente si sentì avvolgere da delle piante arrampicanti, ma queste erano già spezzate ancor prima che questa la imprigionassero completamente.

Successivamente fu il turno di Chopper, il quale assunse la sua forma da renna gigante e cominciò uno scontro fra due creature mostruose che stringendosi le mani a vicenda, sembravano quasi ingaggiare una lotta di sumo, dove il più forte avrebbe vinto.

Chopper era svantaggiato, non tanto perché si sentisse più debole rispetto alla donna, anzi poteva affermare che in quella forma Robin uguagliava la sua forza, ma dietro di lui vi era il mare. Bastava che la sua compagna di ciurma lo spingesse in acqua e per lui sarebbe stata la fine.

Si soprese di quello che successe. Accadde in fatti quello che temeva. Finì con le gambe in acqua e subito tornò alle sue dimensioni naturali, ma Robin non ne approfittò per gettarlo al largo. Lo prese per le corsa e lo  pose vicino a Sanji, il quale non si era mosso dal suo posto.

“Ha semplicemente cercato di mettermi fuori combattimento senza farmi del male!” disse Chopper incredulo.

“Questo è positivo, vuol dire che ci riconosce!” disse Sanji, provando per la decima volta ad alzarsi per poter fare qualcosa, ma aveva perso molto sangue e non riusciva a sostenere il suo peso  sulla gamba sparatagli da Kizaru.

Chopper non potendo più essere utile per calmare Robin, approfittò del momento per curare Sanji.

Usopp stava cercando di ragionare per trovare uno stratagemma per calmare Robin e disse “Brook, addormentala con una canzone!”

“Non posso. Se uso la mia melodia per farla addormentare allora si addormenterebbero tutti e nel caso il mio potere non avesse effetto su di lei, appurato che ci riconosce, la marina non farebbe una bella fine.

“Sono nemici, ma dubito che vorremmo una strage di esseri umani e neanche Robin se solo fosse un po’ più lucida!” disse Brook.

Usopp di guardò in giro in cerca di qualche altra idea. A parte Shanks  non aveva visto nessuno della ciurma del rosso fare qualcosa e si domandò perché. Li vide fermi seduti sulle rocce che erano crollate su Kizaru e capì che a modo loro stavano dando una grande mano.

Si era stranito del fatto che Kizaru non fosse più intervenuto in battaglia, infatti l’uomo non poteva essere stato sconfitto semplicemente da un colpo sferratogli, anche se con una nave della marina.

Ma la presenza dei pirati di Shanks sul luogo dove lui doveva trovarsi, doveva inibire i suoi poteri, infondo tutta la ciurma era una grande utilizzatrice di haki, chi di una tipologia chi dell’altro, ma questo poteva certamente bastare per tenere fermo Kizaru.

Non conosceva la reale potenza della ciurma di suo padre, ma Shanks non poteva essersi guadagnato il titolo di imperatore dei mari così alla leggera e Kizaru sapeva bene con chi aveva a che fare, quindi  probabilmente lui stesso se ne stava buono.

Gli piaceva anche pensare che Robin lo avesse messo realmente  ko.

Tornò a concentrarsi sulla battaglia. Ormai vedeva la marina sfinita con solo pochi uomini ancora in piedi e Robin non sembrava calmarsi.

Strinse gli occhi sperando in un’idea dell’ultimo secondo, ma un urlò familiare riaccese la speranza.

Alzò lo sguardo e vide Rufy, sfoggiando il suo gear 4 ,“volare” verso Robin.

Lo vide pompare aria nelle braccia  che divennero gigantesche come quelle della compagna,  e quando Robin si preparò a usare entrambi le mani per schiacciare gli ultimi marine rimasti, questa se le ritrovò entrambe racchiuse all’interno dei pugni di Rufy.

“Ora basta Robin!” disse il ragazzo con tono duro.

Robin guardò il suo capitano e disse “Hanno quasi ucciso mia figlia, non posso….non posso fargliela passare liscia!”

“Hai detto bene…quasi. Non è stata uccisa. L’hai protetta Robin, sta bene. È viva grazie a te. Questo può essere un punto da cui partire per avvicinarvi, ma se le fai vedere questa parte di te, la perderai per sempre. È questo che vuoi?” chiese Rufy  serio, continuando a calciare l’aria sotto di sé, per rimanere all’altezza del viso di Robin.

“Guardati intorno. La marina è stata sconfitta, hai pestato Kizaru, cosa che viene difficile anche a me, Zoro e Sanji. Sei stata fantastica e questo tuo potere è sorprendente, ma deve essere usato nel modo migliore, non per vendetta. Non fare qualcosa di cui ti pentirai. Non fare il mio stesso errore!”

Robin non comprese le ultime parole di Rufy, ma non potè dargli torto. Si era impegnata tanto perché potesse essere migliore. Non avrebbe mandato tutto in frantumi.

Sua figlia era salva. Poteva ancora vederla all’interno dello scudo da lei creato. Era questo quello che contava.

Tornò a guardare Rufy e annuì.

Sciolse la sua trasformazione, così come anche il suo capitano.

Rimpicciolirono sempre più fino a ritrovarsi ad altezza umana, uno in piedi davanti all’altra.

 

  
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