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Autore: Ashla    06/11/2023    0 recensioni
All'apparenza, Daichi Sawamura è un ragazzo come tanti, ma la verità è che ha un'indicibile segreto: è Spiderman.
E quando, una notte, può decidere se svelare o meno l'identità del tanto bello quanto misterioso Gatto, Daichi si ritrova in dubbio: smascherarlo o non smascherarlo? È questo il problema che lo assilla.
Chissà...magari tu che leggi puoi aiutarlo.
[Spiderman!Au]
[Questa storia partecipa a "Tra bivi e porte scorrevoli" che ho indetto sul forum "Ferisce la penna"]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daichi Sawamura, Koushi Sugawara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: questo capitolo contiene le conseguenze della scelta di smascherare il Gatto, si vada a quello precedente se si vuole leggere ciò che accade se Daichi sceglie di non smascherarlo.
 
 

Sotto la maschera

(Daichi smaschera il Gatto)

 

 
Daichi sbuffa incerto: smascherarlo o non smascherarlo?
Vorrebbe davvero farlo, vedere chi si cela dietro quel costume nero, scoprire se è davvero bello come lo immagina.
Gli sembra però così ingiusto, così sleale.
Soprattutto visto che l’altro, per evitare che venisse svelata l’identità segreta di Daichi, si è inimicato tutti i super cattivi della città, o almeno quelli che lavorano per Testa di Martello.
Non c’è infatti dubbio che Poisonous e Rhino abbiano fatto rapporto al loro capo sul tradimento del Gatto e che, arrivati a quel punto, il ladro sia solo e braccato da tutta la malavita della città.
Il Gatto è tante cose, ma alla fine è solo un umano con gadget super tecnologici fornitegli dallo stesso Testa di Martello.
Senza di essi come potrebbe sperare di difendersi dagli attacchi futuri da parte della gang?
Da parte sua, Daichi non può fare a meno di volerlo al sicuro.
Solo… come?
Può scoprire la sua identità e ricattarlo per allontanarlo dalla città.
Non è il massimo ma è la cosa migliore da fare.
Allunga la mano e, senza esitare ancora, toglie la maschera.
Il suo cuore perde un battito.
Con gli occhi sgranati fissa il viso nudo di… Sugawara!?
Accade tutto in un istante.
Gli occhi ambrati del Gatto- Sugawara- si schiudono appena ma, vedendolo con il pezzo di stoffa nera in mano, in un attimo si spalancano mentre il proprietario rotola via con una velocità sorprendente.
Finisce per sbattere contro il muro e, imprecando, si rannicchia dandogli le spalle.
Daichi ci mette un secondo a riprendersi, ma poi si sporge verso di lui e prova a sfiorargli una spalla.
«H-Hey?»
Di scatto, l’altro si volta e schiaffeggia via la mano tesa.
«Che cazzo!? Ma ti è andato di volta il cervello!? Che problemi hai!?»
Il volto deformato in una maschera d’odio che mai Daichi avrebbe immaginato sul volto di Sugawara e, forse, neanche su quello dello stesso Gatto.
«Io… l’ho fatto per tenerti al sicuro».
Il giovane eroe è quasi intimorito, incapace di riconoscere la persona che gli sta davanti, così diversa da entrambe le sue identità.
«Al sicuro? Che vuoi fare? Mettermi in prigione? Non pensi che appena mi sbatterai in galera la gang di Testa di Martello mi darà il ben servito? Quanto puoi essere idiota».
Daichi scuote il capo in segno di diniego: non l’avrebbe mai fatto, sa bene anche lui i rischi.
«No! Non ti avrei mandato in prigione, non come prima scelta. Ti avrei invitato ad andartene a cambio del mio silenzio».
Sugawara assottiglia lo sguardo a quelle parole.
«Un ricatto? Non è molto da supereroe».
Daichi si porta una mano alla nuca mascherata, poi sospira sapendo che l’altro ha ragione.
«Non è neanche da cattivo difendere la mia identità segreta».
Il Gatto alza lo sguardo al cielo.
«Sì, beh… guarda dove mi ha portato! Io ti salvo il culo e tu…sei proprio un…»
Il ladro scoppia a tossire e Daichi, quasi inconsapevole, si sporge in avanti carezzandogli la schiena fino a quando non si placa.
«Hey, stai bene Sugawara?»
L’eroe realizza il passo falso solo dopo averlo compiuto.
Sugawara si irrigidisce e, un istante dopo, gli salta addosso facendolo cadere a terra.
Daichi non se lo aspettava, non sarebbe dovuto essere possibile, ma cosa non fa l’adrenalina.
Finiscono sul pavimento, il Gatto seduto sul suo bacino con un pugno alzato e uno sguardo carico d’odio e, allo stesso tempo, di confusione.
«Come fai a sapere chi sono? Rispondi!»
Daichi si morde l’interno guancia mentre cerca di pensare a qualcosa da dire che non comprometta la sua identità segreta.
«Io… ci siamo incontrati per caso mentre eri al lavoro».
Prega tra sé e sé che il lavoro non sia solo una copertura per i suoi furti.
«Al bar?»
Daichi annuisce grato che la fortuna sia dalla sua parte.
«Sì, al bar. Davvero non ho intenzione di farti del male, tranquillo».
Sugawara lo fissa con gli occhi assottigliati per qualche istante, poi si rilassa e lascia cadere il braccio, o forse non riesce solo a tenerlo su perché all’improvviso vacilla.
«Hey, non svenirmi addosso. Almeno scendi».
Il Gatto sbuffa appena, ma si lascia scivolare di lato, poggiando poi le mani a terra nel tentativo di sostenersi, mentre con gli occhi chiusi respira affannoso.
Daichi si morde l’interno guancia e si limita ad alzarsi per poi aiutarlo a poggiare la schiena contro il letto.
«Ecco, così… buono. Vuoi dell’acqua?»
Al segno affermativo, l’eroe si affretta a passargli il bicchiere e poi rimane in silenzio ad osservarlo, non riuscendo ancora a realizzare ciò che ha scoperto.
Mentre beve, il Gatto sembra riprendersi perché sbatte le palpebre e si guarda in giro con un tale fare indagatorio che Daichi trema.
È chiaro che il Gatto sia arrabbiato per essere stato smascherato e lui l’ha portato in casa sua, di certo alla prima occasione l’altro avrebbe cercato di scoprire la sua identità.
«Dove siamo? A casa tua?»
Daichi tentenna: dire la verità o cercare di mentire in qualche modo?
Il silenzio deve valere come una conferma.
«Sei davvero così scemo da portare un tuo nemico a casa tua? Ti avevo sopravvalutato».
In modo inaspettato, quelle parole sono peggio di un pugno alla bocca dello stomaco e il giovane eroe abbassa il capo.
«Stavi male, avrei dovuto lasciarti là? In balia di quei due?»
Sugawara gli lancia un’occhiataccia sbieca.
«Forse sarebbe stato meglio».
«Hey, mi dispiace, davvero. Volevo solo proteggerti. Ho sbagliato, me ne rendo conto, ma se smetterai di rubare andrà tutto bene».
Un attimo di silenzio.
«No».
Daichi sgrana gli occhi sotto la maschera.
«No? Come no?»
Cerca di guardare Sugawara, ma l’altro non lo degna di alcuna attenzione.
«Già, no. Non posso».
Daichi davvero non riesce a comprendere: per quale motivo l’altro dovrebbe rischiare la propria libertà, addirittura la vita, per continuare a rubare? È davvero messo così male a livello economico?
«Perché non puoi? Sei giovane, pieno di risorse… hai tutto il futuro davanti. Perché rischiare la vita così?»
Il Gatto fa spallucce, fissando la porta davanti a sé.
«Non capiresti».
Il suo tono è privo di ogni inflessione e Daichi resiste all’impulso di toccarlo.
«Mettimi alla prova».
Sugawara si volta, con gli occhi di nuovo pieni di sdegno e rabbia.
«Oltre alla mia identità vuoi sapere pure la mia vita privata?»
Daichi alza le mani in segno di resa.
«Su-Gatto».
Il ladro sbuffa e incrocia le braccia al petto, poggiando bene la testa contro il materasso alle sue spalle.
«Ho gente che conta su di me. Ho bisogno di soldi. Fine».
«Ma lavori al bar».
È un’obbiezione sciocca, Daichi se ne rende conto appena la dice.
«Beh, non basta. Forse tu non lo sai, ma non tutti possono permettersi una vita agita come la tua».
Daichi vorrebbe urlargli contro, dirgli che non è per nulla una vita semplice, ma tace e si limita a sospirare.
«In ogni caso non puoi tornare a rubare. Testa di Martello e i suoi ti daranno la caccia».
Il giovane eroe sa che non è affar suo eppure non riesce a non intromettersi, vuole che l’altro sia al sicuro e dopo quello che è successo non c’è modo che venga lasciato in pace.
«Persona più, persona meno. Non ho intenzione di smettere, fattene una ragione o buttami in galera».
Qualcosa in quella risposta immediata fa capire a Daichi che Sugawara sa che non lo manderà mai in prigione e così si limita a sbuffare mentre pensa tra sé e sé a come convincerlo.
Non sa niente dell’altro quindi non sa neanche quali leve potrebbe utilizzare per farlo.
Se solo si fosse sforzato di conoscerlo meglio in classe.
«Bene. Portami fuori da qui».
Daichi alza lo sguardo di scatto a quell’ordine e aggrotta la fronte sotto la maschera mentre fissa l’altro che non è in alcun modo nelle condizioni adatte per andarsene.
Prova a dirglielo, ma Sugawara è più veloce.
«Non osare dirmi di no. Più tempo resto qui più mi cresce la voglia di picchiarti e smascherarti. Non lo ripeterò un’altra volta: portami fuori da qui. Ora».
Il giovane eroe non può far niente, gli è chiaro che opporsi non porterà a nulla di buono, così sospira e afferra una vecchia sciarpa per bendarlo.
In modo secco e veloce, il Gatto gli comunica un indirizzo a cui portarlo e poi si mette a fatica in piedi, senza accettare il suo aiuto, per poi tacere mentre gli vengono coperti gli occhi con la stoffa.
Daichi esita un istante, poi lo prende in braccio e subito trattiene il fiato mente le gambe dell’altro gli circondano la vita.
Se il Gatto lo nota, però non fa commenti a riguardo.
I due escono dalla finestra con cautela e, complice il sole che non è ancora sorto, riescono ad allontanarsi non visti dalla casa.
Solo più tardi, quando Daichi è a qualche isolato di distanza, comincia a piroettare tra un’oscillazione e l’altra per mascherare ancora di più la strada anche se è quasi convinto che l’altro si sia appisolato.
Il viaggio procede nel più completo silenzio e si fermano solo mezz’ora dopo, sul tetto piano di un vecchio magazzino abbandonato nella zona industriale.
«Sicuro che vada bene qui?»
Chiede l’eroe cercando di mascherare la sensazione sgradevole che prova a causa dell’idea di lasciare da solo l’altro in un luogo del genere.
Il Gatto si guarda intorno con attenzione e annuisce senza neppure degnarlo di un’occhiata.
Daichi sa che il ladro ha tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiato con lui, ma non sopporta quel silenzio così innaturale che si è creato fra loro.
Gli si avvicina appena.
«Gatto, io…»
«Non mi interessa, Spiderman. Ci si vede».
Senza lasciargli tempo di parlare, il Gatto si allontana e Daichi rimane a fissarlo fino a quando l’altro non si cala giù dal tetto.
Vorrebbe inseguirlo, obbligarlo a smettere di rubare, ma non sa come fare e teme di poter peggiorare le cose ad andargli dietro in quel momento.
Sospira e si lascia cadere a terra.
Continua a sbagliare, non importa quanto ci provi.
 
 
Il lunedì, entrando in classe, Daichi quasi ignora Hayato e Michimiya tanto è preso da guardare Sugawara che, incurante di tutto, dormicchia al proprio banco.
È passato un intero fine settimana, ma il giovane eroe non riesce ancora a credere di aver scoperto l’identità segreta del Gatto e gli sembra così assurdo che il suo compagno di classe, tutto dolcezza e maglioni extralarge, sia anche uno dei suoi avversari più ostici.
«Lo consumerai se lo guardi così. Già sta male…»
«Sta male?»
Sobbalza attirato dalle parole di Hayato: sa per esperienza che il veleno di Poisonous è una brutta rogna, ma non si sarebbe mai aspettato una reazione così lunga.
«A quanto pare questo fine settimana c’è stata un’epidemia di qualcosa. Lui dice di stare bene, ma guardalo… quanto meno è ancora in convalescenza».
Spiega Michimiya con voce dolce e Daichi annuisce, senza però distogliere lo sguardo da Sugawara.
A guardarlo meglio, si rende conto che è ancora più pallido del normale e indossa una grossa sciarpa, di sicuro per nascondere i segni del tentato strangolamento.
«Terra chiama Daichi, Daichi rispondi. Si può sapere che ti prende? Hai finalmente deciso di confessarti al caro Sugawara?»
Daichi vorrebbe negare, ma viene interrotto dall’arrivo del professore e si affretta ad andare al suo posto.
Durante il tragitto, passa accanto a Sugawara e gli sfiora una spalla per svegliarlo.
L’altro scatta a sedere, guardandosi intorno con gli occhi sgranati per l’agitazione.
«C’è il professore».
Daichi accenna ad un sorriso, sperando che non risulti troppo forzato, e si siede al proprio posto.
Durante tutta la lezione, il suo sguardo scivola spesso verso l’alter ego civile del Gatto che pare faticare a rimanere sveglio.
Sarebbe dovuto rimanere a casa per guarire ma cos’altro poteva aspettarsi da uno come lui che aveva annunciato che avrebbe continuato a rubare nonostante si fosse inimicato molti dei più pericolosi criminali della città?
Daichi sospira e lo guarda sbadigliare, mentre cerca di ignorare Hayato che, al suo fianco, lo sta fissando esasperato.
«Sawamura, con chi farai il lavoro di gruppo?»
A quelle parole, Daichi sobbalza e distoglie lo sguardo dal ragazzo dai capelli cinerei, fissando invece il professore dell’ultima ora della mattina che ricambia in attesa.
«Con Sugawara!»
Deve averlo pronunciato con troppa enfasi, perché l’insegnante lo guarda con un sopracciglio alzato mentre Hayato ridacchia e Sugawara… lo guarda sospettoso per un istante, prima di sorridergli cordiale senza, però, ingannarlo.
«Ben fatto. Forza che sta volta riuscirai a confessarti».
Gli sussurra Hayato e Daichi si limita ad alzare gli occhi al cielo, non sapendo come fargli capire che non prova niente per l’altro.
La lezione finisce in fretta e, dopo un veloce pranzo, i suoi amici lo lasciano solo, desiderosi di cominciare la ricerca.
Daichi non può non essere felice della situazione che gli permette di parlare faccia a faccia con Sugawara che è ancora in classe.
Si volta ad osservare il ladruncolo e un lieve sorriso gli spunta involontario sul viso: il ragazzo è di nuovo chinato sulla scrivania, con il capo sulle braccia incrociate, e sta dormicchiando con un’espressione tranquilla, così tanto diversa da quella che gli ha visto sul volto mentre erano a casa sua.
Sugawara sembra così innocuo che Daichi si deve ricordare a forza dell’identità segreta dell’altro e che, per quanto vorrebbe lasciarlo riposare, deve svegliarlo in modo da potergli parlare per cercare di scoprire qualcosa in più su di lui.
Il giovane eroe si avvicina e, sedutosi sulla sedia davanti al banco dell’altro, lo chiama con un sussurro non volendo farlo sovra reagire come ad inizio della giornata.
Dopo un paio di richiami, Sugawara alza piano il capo e batte le palpebre disorientato, poi lo vede e accenna ad un lieve sorriso.
«Hey…»
Daichi quasi sobbalza al sentire la voce del Gatto che, a sua volta, sembra svegliarsi un po' di più perché tossicchia portandosi una mano al collo e alla sciarpa azzurra che lo copre.
«Ciao, scusa, devo essermi appisolato. Cosa posso fare per te?»
Sugawara gli sorride ancora e Daichi si trova a chiedersi come abbia fatto a non riconoscere l’altro in tutto quel tempo: certo, il ladruncolo è abbastanza bravo da mascherare un po’ anche la sua voce, parlando poco e basso da civile, ma comunque è pur sempre lui.
Deve essersi fermato a pensare per troppo tempo perché Sugawara lo guarda confuso, così il giovane eroe si mordicchia l’interno guancia e finge che vada tutto bene.
«Volevo solo chiederti se possiamo già accordarci per il lavoro di gruppo, ma se vuoi ti lascio riposare».
«Nono, va bene, Sawamura. Quando e dove?»
Non può portarlo a casa sua, lo sa bene.
Basterebbe poco, pochissimo, per rivelargli sa sua identità e non vuole correre il rischio.
«Non so, casa mia è piuttosto inagibile in questi giorni».
«Capisco, anche la mia non è nella situazione migliore per studiare. Aula studio?»
Daichi annuisce sperando di riuscire a mascherare bene la delusione che prova; sarebbe stato utile sapere dove viveva l’altro, almeno se fosse successo qualcosa avrebbe saputo dove cercare, ma di certo non poteva costringerlo a rivelare il suo indirizzo.
 
 
Il giorno seguente, i due si incontrano come semplici studenti fuori dall’aula studio.
Daichi osserva Sugawara che, tranne per la sciarpa al collo, sembra essersi ripreso abbastanza bene.
Il giovane eroe nasconde il proprio sollievo dietro ad un saluto, non riuscendo però a non interessarsi alla sua salute.
«Oggi stai meglio?»
Per un secondo il Gatto pare confuso, o forse sorpreso, ma poi annuisce e gli sorride.
«Oh? Sì, grazie».
È sincero, Daichi lo capisce bene e, in cuor suo, se ne rallegra anche se poi decide di mettere alla prova l’altro.
«Cosa hai avuto?»
Sugawara fa spallucce e distoglie lo sguardo e il giovane eroe sa che sta arrivando una bugia.
«Penso un’influenza intestinale, niente di grave ma…»
«Fastidiosa».
«Già».
La conversazione si smorza e Sugawara entra nell’aula e Daichi ci rimane male: di certo l’altro sa come evitare di dover parlare molto perché lì dovranno fare più silenzio possibile e non c’è modo che possano continuare il loro discorso.
Sugawara si siede in modo da vedere l’entrata e solo allora l’eroe si rende conto di quanto l’altro sia stato teso e guardingo fin dal giorno precedente, vorrebbe provare a dirgli qualcosa, ma non sa come introdurre l’argomento e così si limita a tirare fuori il materiale per la ricerca.
Lavorano per un paio d’ore, poi è proprio Sugawara a proporgli di uscire.
«Ho bisogno di una boccata d’aria».
Daichi non potrebbe essere più felice, così annuisce e coglie al volo l’opportunità.
I due escono sulla terrazza sul tetto della scuola e si avvicinano alla ringhiera.
Per un po’ nessuno parla e, quando Daichi si volta verso Sugawara, lo trova intento ad osservare il paesaggio con un piccolo sorriso sul volto.
«Ti piace il panorama?»
Il ladro sobbalza appena e lo guarda per un istante prima di tornare alla propria attività.
«Abbastanza. Ne ho visti di migliori, ma è comunque carino».
Il Gatto si sposta spesso sui tetti quindi Daichi annuisce non faticando a credere al fatto che l’altro ne abbia visti di migliori.
«Tipo? Secondo te qual potrebbe essere la vista migliore della città?»
Magari non otterrà nulla di utile, ma lui ha l’abitudine di andare sul tetto del palazzo più alto quando si trova in qualunque tipo di difficoltà o vuole riflettere, e se fosse così anche per Sugawara, almeno avrebbe un indizio su dove cercarlo.
«Non saprei… immagino che dall’eliporto sul grattacielo ci sia una bella vista. Non che ci sia mai stato, ma mi sembra abbastanza alta da poter godere di uno splendido panorama».
Bingo.
Daichi esulta in silenzio mentre visualizza la struttura citata dall’altro: è quasi sempre inutilizzata e, deve proprio concederglielo, ha un’ottima vista sulla città.
In più in quei tempi è piena di impalcature per dei lavori quindi il tetto è facile da raggiungere anche senza doversi arrampicare.
Per non far sembrare quella conversazione un interrogatorio, il giovane eroe sposta l’attenzione su di sé, raccontandogli di come gli piaccia la vista dall’attico di Hayato. È una mezza bugia visto che non è proprio la sua vista preferita, ma almeno non si esporrà troppo.
Solo dopo ciò, il giovane eroe prova a fargli una seconda domanda nella speranza di ottenere qualche risposta in più che gli faccia capire perché Sugawara si sia dato alla criminalità.
«Perché lavori così tanto?»
«In che senso?»
«Beh, alla nostra età lavorare non è poi così comune. Soprattutto come fai tu che sei occupato tutte le sere».
Per un secondo Sugawara non risponde facendogli credere di essere stato troppo precipitoso e invadente.
«Ho un fratellino minore molto malato. Ho bisogno di soldi per le cure».
Daichi si lascia sfuggire un piccolo suono sorpreso e l’altro distoglie lo sguardo, fissando la ringhiera.
Ecco ciò che spinge il Gatto a rubare. Non può dire di capirlo e giustificarlo, ma almeno non lo fa per avarizia, è già qualcosa di buono, no?
«Mi spiace, non sapevo».
«Sì, beh, non che parliamo molto di solito».
Giusto, a pensarci bene nel corso del tempo ha parlato molto di più con l’alter ego criminale che con quello civile.
«Scusa, ma devo proprio andare da lui ora, altrimenti il tempo delle visite finisce».
Daichi annuisce un po’ deluso dal fatto di doverlo già salutare, poi rimane a guardarlo mentre si allontana.
Mentre l’altro sta per rientrare, il giovane eroe scatta in avanti e lo raggiunge.
«Aspetta, ti va se un giorno di questi usciamo insieme? Per conoscerci meglio e…»
Si sente arrossire e tace rendendosi conto di quanto possa essere fraintendibile la cosa.
Sarebbe folle a negare che prova qualcosa per l’altro, ma in quel momento non sta cercando un appuntamento, quanto più di conoscere meglio il ladro.
Sugawara sgrana gli occhi e, dopo un attimo, gli sorride dolce contribuendo a fagli aumentare il rossore sulle guance: è stato frainteso, lo sa.
«Oh… Sawamura, non credevo che… scusa davvero, ma non posso. Davvero sei una brava persona ma...»
Sugawara esita, chiaramente in difficoltà, e Daichi geme tra sé e sé: perché deve sempre combinare qualche casino? Lui non si stava neppure confessando in quel momento e… è un disastro.
«S-sì, ho capito. Allora ci vediamo…»
Alle sue parole, il Gatto gli sorride, di certo felice di essere sfuggito a quella situazione spinosa, e lo saluta prima di allontanarsi veloce, lasciandolo solo sul tetto.
Daichi sbuffa e si lascia cadere a terra portandosi il capo tra le mani: è un completo disastro.
 
 
Sabato sera, Daichi sospira, sbadiglia e, strofinandosi i capelli con l’asciugamano, esce dal bagno per poi dirigersi in silenzio verso la propria camera.
Imbarazzo a parte per la questione di Sugawara, la settimana è andata più che bene e di super cattivi e ladruncoli in tuta nera non c’è stata nemmeno l’ombra quindi può dirsi felice di quella pausa che, a suo parere, è più che meritata oltre che salvifica.
Entra in camera e si chiude la porta alle spalle, godendosi per un secondo il buio e la radio accesa, per poi andare a stendersi a letto.
La sua mente non riesce a non divagare fino al Gatto e così si ritrova a chiedersi che cosa stia facendo l’altro.
Spera che Sugawara abbia capito da solo che non può più rubare e che si stia attrezzando per ottenere più soldi in modo onesto.
Magari avrebbe potuto informarsi un po’ di più sul suo lavoro al rientro a scuola, se solo non fosse così imbarazzante dovergli parlare dopo essere stato rifiutato senza neanche essersi proposto per davvero.
Sospira e si posa le mani sugli occhi.
È già difficile parlargli sapendo della sua identità segreta ma così è improponibile.
Se solo avesse scelto meglio le parole.
A riscuoterlo dai suoi pensieri è una particolare notifica del cellulare posato sul comodino.
Sbuffa e si affretta a prenderlo ben conscio che quello è il suono delle notizie flash della sua città che, di solito, sono abbastanza importanti da richiedere la presenza di Spiderman.
Per un secondo rimane abbagliato dalla luminosità e socchiude gli occhi, poi si abitua e leggendo la notifica li sgrana, scattando a sedere.
Il Gatto e Poisonous hanno combattuto.
Era inevitabile, lo sa, ma sperava davvero che Sugawara si fosse tirato fuori da quella faccenda.
Apre veloce la pagina e legge l’articolo mentre il suo cuore accelera sempre di più.
Il finale lo fa imprecare: la giornalista responsabile dell’articolo ritiene che il ladro sia stato ferito e costretto alla fuga e afferma anche che Poisonous lo stia cercando.
Daichi scatta a sedere e si affretta a mettersi la propria tuta, poi apre la finestra e, solo con un piede già sul davanzale, si blocca rendendosi conto di una semplice cosa: non sa bene dove andare.
Chiude gli occhi e ripensa alla conversazione che hanno avuto da civili.
Forse è un azzardo, ma deve provare ad andare al grattacielo.
Annuisce e si lancia fuori, dirigendosi più in fretta che può verso la sua destinazione mentre in silenzio spera di star andando nel posto giusto.
Il Gatto è lì.
Daichi si lascia sfuggire un sospiro di sollievo mentre atterra sull’eliporto a pochi passi dall’altro che, semidisteso all’angolo del tetto con il basso muretto a sostenerlo, guarda all’esterno, verso la città piena di luci.
Al suo arrivo, Sugawara non si muove.
Strano, eppure aveva fatto rumore di proposito.
Con il cuore in gola, Daichi si affretta a raggiungerlo, gli si inginocchia accanto e lo chiama sottovoce, posandogli una mano sulla spalla.
Un piccolo mugugno è l’unica risposta che ottiene e così lo scuote piano.
«Sugawara! Hey!»
La sua voce, piena di preoccupazione e urgenza, riscuote infine l’altro che volta di poco il capo per guardarlo con gli occhi schiusi.
«Hey, ragnetto».
Daichi sente una sensazione di caldo a quel soprannome ormai a lui caro e si lascia sfuggire un sospiro di sollievo che, però, dura poco quando si ricorda del perché siano entrambi lì.
«Sei ferito. Dobbiamo portarti in un luogo sicuro».
Sugawara scuote appena il capo.
«No, non voglio».
Daichi si deve trattenere dall’alzare gli occhi al cielo a quella protesta. Possibile che l’altro non si renda conto di quanto sia in pericolo?
«Sugawara-»
«No. Non usare quel tono con me, ragnetto. Vattene e lasciami qui o rimani e ammira il panorama».
Il Gatto lo interrompe e poi, senza dirgli nient’altro, ritorna a guardare il paesaggio notturno.
Il giovane eroe sbuffa alla testardaggine del ladro e rimane a guardarlo in silenzio per qualche istante mentre cerca di trovare un modo per convincerlo.
Certo, potrebbe sempre caricarselo in spalla e portarlo via, ma non gli sembra la cosa giusta da fare.
A sorpresa è l’altro che parla per primo.
«Sono stanco, ragnetto. Stanco di fingere. Guarda che vista qua. Questa non è finzione, no».
È solo un sussurro ma colpisce Daichi come se fosse un urlo.
Lo capisce, lo capisce benissimo: finge da quando è stato morso da quel ragno radioattivo, tiene tutto per sé mentendo sempre ai suoi cari.
Certo, lo fa per proteggerli ma a volte desidererebbe solo avere qualcuno con cui confidarsi.
Daichi capisce cosa deve fare.
Si alza piano la maschera, liberandosi l’intero viso, e chiama ancora una volta Sugawara, posandogli una mano sulla spalla.
Quando l’altro si gira, il supereroe riesce a riconoscere la sorpresa e l’incredulità sul suo volto e allora gli sorride tra il dolce e il triste.
«Ciao, Sugawara».
«S-Sawamura?»
Domanda il ladro con gli occhi sgranati come mai prima e Daichi annuisce.
Vuole che l’altro si fidi di lui, che capisca che non è solo.
«Solo Daichi. Ora vieni con me? Ti prego, voglio solo tenerti al sicuro».
Si guardano in silenzio per qualche istante, poi Sugawara scuote il capo facendolo sospirare esasperato.
«Sugawara, ti prego. Se non per me, per il tuo fratellino».
Il Gatto alza un sopracciglio e un piccolo sorriso divertito gli compare in volto.
«Questo è un colpo basso».
Daichi fa spallucce e gli tende una mano.
«Vieni?»
Silenzio. Dopo un tempo che sembra infinito, il ladro la afferra annuendo e Daichi si trova a respirare di nuovo, rendendosi conto di aver trattenuto il fiato fino a quel momento.
Si guardano negli occhi e un timido sorriso sboccia sul viso di entrambi.
Sentendosi sollevato, Daichi si alza in piedi e, tiratasi giù la maschera, aiuta l’altro ad alzarsi prima di prenderlo in braccio mentre un senso di dejà vu lo pervade: nel giro di una settimana ha fatto quella semplice azione due volte.
All’improvviso, il suo senso di ragno pare esplodere e il giovane eroe salta all’indietro stringendo a sé l’altro che si lascia sfuggire un urletto sorpreso.
Un tintinnio e a terra, proprio vicino a dove c’era loro, giace un coltello.
Con il cuore in gola, Daichi si volta verso la direzione dell’arma e sbianca sotto la maschera a vedere Poisonous che gli sorride crudele.
«Tana per il micetto e il suo amichetto».
Tra le sue braccia, Sugawara si irrigidisce e lui per un secondo lo stringe di più a sé nel tentativo di rassicurarlo.
«Gatto, ora ti metto giù e poi lo trattengo. Tu scappa».
Sussurra concitato il giovane eroe mentre, facendo un passo indietro, tiene d’occhio la loro nemesi.
«Ma-»
«Gatto».
Sa bene che il suo tono non ammette repliche e lo deve aver capito anche Sugawara perché tace e annuisce.
Daichi lo lascia scendere e subito si sposta davanti a lui, spingendolo piano verso il bordo del tetto e l’impalcatura che circonda l’edificio.
«Hey, Poisonous, giochiamo un po’ io e te?»
Senza dargli tempo di reagire, Daichi si lancia contro di lui nella speranza di distrarlo abbastanza da far scappare Sugawara.
Cominciano a lottare, ma il giovane eroe si trova fin da subito in difficoltà. Poisonous è sempre stato un avversario ostico, soprattutto in campi aperti come quell’eliporto in cui c’è poco nulla che Daichi possa usare a suo vantaggio e così lui si limita a cercare di schivare i coltelli velenosi del nemico e di tenerlo lontano dalla via di fuga del Gatto.
Gli lancia contro una ragnatela, ma il criminale la trancia a metà con la sua lama che poi gli tira contro.
Daichi salta in aria, compiendo una capriola all’indietro, e atterra poco distante, un calcio però lo atterra facendogli sbattere la testa al suolo.
Per un attimo è tutto buio e quando torna a vederci l’eliporto è immerso nel silenzio.
Scatta a sedere ma è costretto a serrare le palpebre mentre il mondo intorno a lui gira vorticoso provocandogli un forte senso di nausea.
Solo quando quella sensazione cessa, Daichi apre piano gli occhi e si porta una mano al volto, sospirando sollevato al sentire la stoffa della maschera sotto il suo tocco.
È solo un istante, poi impreca rendendosi conto che è da solo e che quindi Poisonous deve essere andato a cercare il Gatto che non è proprio nelle condizioni adatte per una lotta con un avversario del genere.
Si mette in piedi e non esita a corre verso il bordo del tetto anche se la sua testa pare sul punto di esplodere e, a quel movimento veloce, la nausea torna a farsi sentire con prepotenza.
Il giovane eroe ignora il malessere, troppo preoccupato per Sugawara, e si butta dentro ad una botola che porta al piano di sotto dell’impalcatura, per poi cercarne un’altra e continuare così la sua discesa.
Deve fare in fretta, non ha tempo da perdere, deve raggiungere il Gatto e il loro nemico comune prima che quest’ultimo faccia del male al ladro.
Li trova quasi a metà strada e ciò che vede gli fa sgranare gli occhi.
Poisonous ha squarciato il telo protettivo dell’impalcatura e stringe il collo del Gatto che, inerme, è sospeso nel vuoto fuori dalla pedana.
Nell’esatto momento in cui il giovane eroe atterra sul ponteggio, il criminale molla la sua vittima che cade di sotto, sparendo dalla vista.
Daichi lancia un urlo, senza esitare si scaglia contro Poisonous e con un pugno ben assestato lo manda a tappeto prima di incatenarlo al pavimento con le proprie ragnatele.
Si sporge poi veloce oltre il varco del tessuto: Sugawara è in caduta libera ed è ormai troppo distante da lui.
Senza pensarci, lancia un’ulteriore ragnatela e con gli occhi sgranati osserva quel filo sintetico tendersi veloce verso l’altro.
Il cuore gli batte furioso nel petto. Riuscirà a prenderlo?
Tutto sembra andare a rallentatore. Deve prenderlo, non può fallire.
Il Gatto non sta neanche provando a rallentare la caduta. La ragnatela deve raggiungerlo.
Il corpo immobile del ladro è sempre più vicino alla strada. Manca poco.
Il giovane eroe trattiene il fiato. Una litania di “ti prego” gli rimbomba in testa.
Infine la ragnatela raggiunge il petto di Sugawara e si tende, arrestando brusca la sua discesa.
Daichi crolla in ginocchio e sospira: ci è riuscito, lui ce l’ha…
Ce l’ha fatta davvero? Perché il Gatto non si muove?
Un brivido lo coglie e la bocca gli si secca.
Lancia una veloce occhiata a Poisonous per assicurarsi che sia ancora imprigionato e lega l’estremità della tela all’impalcatura prima di gettarsi veloce di sotto.
Atterra a pochi passi dall’altro che, ancora immobile, è appeso al filo ad un metro da terra.
Il capo argenteo è piegato all’indietro e il suo corpo è rigido.
Il petto sotto la tela…
Daichi sgrana gli occhi e si toglie la maschera, gettandola a terra.
«G-Gatto!»
Scatta in avanti e lo prende tra le braccia, crollando in ginocchio per il peso morto dell’altro.
Una mano guantata di nero scivola inerme al suolo.
«Sugawara!»
Tremando, Daichi gli carezza il volto abbandonato all’indietro e così pallido da sembrare spettrale.
Non ottiene alcuna reazione.
«Hey!»
Gli lascia un paio di leggeri buffetti sulla guancia ma quelle splendide iridi ambrate non fanno capolino dalle palpebre chiuse.
La vista gli si appanna e all’improvviso respirare non è più così semplice.
«Sugawara!»
Il suo cuore rimbomba forte nel petto; unico battito in quel vicolo semibuio.
Lacrime amare gli scivolano lungo le gode, cadendo sul volto del Gatto.
Un singhiozzo riempie il silenzio lasciato da quei richiami disperati.
Daichi si china in avanti sconfitto, posa la fronte su quella di Sugawara e stringe piano a sé quel corpo privo di vita, risultato della sua scelta sbagliata, prova del suo fallimento più grande.
 
 

NdA:
Eccoci alla fine di questo capitolo brutto brutto!
Sono curiosa di scoprire quanta gente abbia “sbloccato” questo finale alternativo.
Spero che sia piaciuto anche se, ammetto, io tifo per il primo dei due xD
Grazie a chi ha partecipato a questo esperimento di fic interattiva.
Ogni commento è ben accetto, ora fuggo!
Ciao,
Aiko
   
 
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