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Autore: Elizabeth_3rd    12/11/2023    4 recensioni
[Tomarry - Sloooow burn - What if - Rewrite dal secondo libro in poi]
Per una serie casuale di eventi, Harry entra in possesso del diario di Tom Riddle prima che Ginny scopra di averlo ottenuto, e inizia a scrivere i suoi pensieri e i suoi sfoghi. Il Tom sedicenne, intrappolato nel diario da cinquant'anni senza sapere minimamente il tempo che è passato, pensa sia l'occasione perfetta per possedere l'ignaro ragazzino e concludere la sua missione di liberare Hogwarts dai nati babbani, ma qualcosa in Harry Potter lo colpisce più profondamente di quanto si sarebbe aspettato. Le loro due anime sembrano chiamarsi l'una all'altra, come se fossero connesse.
Insomma, praticamente il diario Tom diventa il confidente di Harry (e poi suo amico, e poi... ehhhh) e si affrontano tutti gli anni tranne il primo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Il trio protagonista, Tom O. Riddle | Coppie: Harry/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Halloween

 

Harry era un po’ diviso tra tre emozioni contrastanti.

Da un lato si sentiva un po’ in colpa per aver palesemente imbrogliato con il tema.

Da un altro era confuso perché non si era minimamente reso conto di aver scritto un tema così lungo e ben realizzato, e a malapena ricordava proprio di averlo scritto, oltre le prime righe.

E dall’ultimo lato, era super orgoglioso e felice perché la McGranitt gli aveva fatto i complimenti a fine lezione, dicendo che il suo tema era stato il secondo migliore della classe.

Lo aveva guardato con un cipiglio un po’ sospettoso, ma gli aveva anche sorriso, e questo era abbastanza per farlo sentire più orgoglioso che altro.

Solo che poi Hermione lo aveva guardato con sospetto, Ron ci era rimasto male perché Harry non aveva aiutato anche lui, ed entrambi, sapendo quanto Harry fosse indietro con il tema e come si fosse ridotto all’ultimo, lo avevano tartassato di domande su come fosse riuscito a far uscire ben trenta righe in così poco tempo.

E Harry non aveva saputo rispondere.

O meglio, non aveva voluto farlo.

Perché Tom era il suo piccolo segreto.

E poi già si immaginava la reazione di Hermione se le avesse rivelato di lui: “Harry, non puoi imbrogliare così! Non è giusto! E poi chi è questo Tom? Sicuro che puoi fidarti di un diario in questo modo? Forse è meglio se lo consegni a un professore”.

E se anche l’avesse detto solo a Ron, la reazione non sarebbe stata molto migliore: “Hai imbrogliato con un libro magico?! Perché non me lo hai detto prima! Possiamo copiare insieme! Me lo presti, Harry? Posso farmi aiutare anche io da Tom?”

Era di certo meno pericoloso che se avesse detto tutto a Hermione, ma Harry non voleva condividere Tom Riddle con lui.

Non aveva problemi a condividere le cose con i suoi amici, ma Tom Riddle era a parte.

Era il suo confidente, il suo amico, e il suo diario.

Non voleva che Ron iniziasse a parlare con lui.

E soprattutto non voleva sfruttarlo per farsi fare i compiti, si sarebbe sentito di approfittarsi di lui, e Harry non voleva farlo.

A volte si sentiva come se Tom fosse dipendente da Harry, e non gli piaceva la sensazione. Per questo gli faceva sempre delle domande, e cercava di essere il più accomodante possibile. Voleva stabilire un rapporto paritario, come due amici, e non come un ragazzo e il suo diario segreto.

A volte si immaginava come fosse solitario e triste, essere lì, tutto solo in un diario, senza poter fare nulla oltre a parlare con chi gli scriveva sopra. Sembrava una vita davvero infelice.

Pertanto non aveva la minima intenzione di chiedergli di fargli nuovamente i compiti.

…forse qualche leggero aiuto se Harry si fosse trovato disperato, ma niente di più.

Comunque, a prescindere dalle sue emozioni contrastanti, una volta rientrato in camera si precipitò immediatamente a prendere il quaderno dalla borsa.

“Tom! Il tema è andato benissimo!!” scrisse, emozionato e felice di condividere la bella notizia con il responsabile del suo successo.

“Mi fa piacere averti aiutato” arrivò immediatamente la risposta di Tom.

“Non ero sicuro che andasse troppo bene, a malapena mi ricordo di averlo scritto. Mi sembra di aver imbrogliato” aggiunse poi Harry, ammettendo i suoi dubbi con l’unica persona a conoscenza della genesi del suo tema.

“Suvvia, Harry, non hai fatto niente di male. Hai solo chiesto un po’ di aiuto ad uno studente più grande, mi è capitato molte volte di aiutare altri studenti quando ero a scuola” lo rassicurò Tom.

Era bravo a dire sempre le cose giuste, e faceva sempre sentire meglio Harry.

“Sì, sicuramente hai ragione. Ma cercherò di non chiedere troppo il tuo aiuto prossimamente” in ogni caso, non voleva approfittarsene, e non voleva far pensare a Tom che fosse un incapace che aveva bisogno che qualcuno gli facesse i compiti.

Era vero che preferiva giocare a Quidditch piuttosto che studiare, ma gli piaceva frequentare le lezioni di Hogwarts, e imparare incantesimi.

“Se anche dovessi farlo, a me non crea alcun disturbo. Sono felice di aiutarti” lo rassicurò Tom.

Sembrava davvero che non gli avesse pesato, per fortuna.

“Sei un vero amico, Tom” Harry sorrise al diario, anche se sapeva che lui non poteva guardarlo, probabilmente.

“Allora… è stato il tema migliore della classe?” chiese poi il diario, ed era raro che fosse il primo a fare una domanda.

Sicuramente un secchione come lui era curioso circa il risultato del tema che aveva aiutato a scrivere.

“Al secondo posto dopo Hermione! Un record! La McGranitt era davvero sorpresa” raccontò con entusiasmo. Aveva riletto il tema di sfuggita prima di consegnarlo, ed era veramente un bel tema, persino Harry se ne rendeva conto. 

“Congratulazioni! E congratulazioni anche a Hermione per il tema migliore” rispose Tom.

Harry sorrise pensando alla sua amica.

“È normale per lei, è la migliore di tutta la scuola. Se fossi andato meglio di lei mi sarei sentito parecchio in colpa, devo ammetterlo” scrisse.

E poi probabilmente Hermione non gli avrebbe parlato per almeno una settimana, orgogliosa com’era.

“Sembra imbattibile”

“Lo è davvero! Nessuno è più bravo di lei, impossibile fare di meglio” Harry si vantò della sua amica, e allo stesso tempo cercò di rassicurare Tom che sebbene Hermione fosse andata meglio, non significava che il tema di Tom non fosse fantastico comunque. Aveva l’impressione che il suo amico di penna fosse piuttosto orgoglioso, come persona.

“Ed è anche una nata babbana, giusto?” chiese lui, e Harry sentì un leggero nodo formarsi nello stomaco.

Non avevano molto parlato di Hermione e della purezza di sangue, ma Harry aveva notato che spesso avevano sfiorato l’argomento, e Tom sembrava sempre piuttosto interessato a sentire la sua opinione, senza però chiederla esplicitamente.

Onestamente Harry non riusciva a comprendere perché alcuni maghi fossero così ossessionati dall’avere parenti maghi anch’essi, gli sembrava completamente irrilevante.

E il commento di Tom non gli piaceva particolarmente.

“Sì… quindi? Perché dovrebbe cambiare qualcosa?” si mise leggermente sulla difensiva, un po’ preoccupato all’idea che il suo amico nel diario potesse avere la stessa visione di Malfoy.

Sarebbe rimasto davvero deluso.

“Trovo solo che sia ammirevole che non conoscendo nulla del mondo magico fino agli undici anni, sia riuscita comunque ad integrarsi con tale facilità. Sai, anche io ho scoperto di essere un mago pochi mesi prima di arrivare a Hogwarts” arrivò la risposta di Tom, che sciolse il leggero nodo che gli si era formato nello stomaco.

“Sei un nato babbano?” chiese Harry, curioso.

Se era nato babbano anche lui, sicuramente non aveva pregiudizi. Forse si rispecchiava un po’ in Hermione dato che erano entrambi due secchioni.

Probabilmente se un giorno si fossero conosciuti sarebbero andati molto d’accordo… o si sarebbe creata una piccola rivalità.

Non che Harry avesse intenzione di farli incontrare.

Era così perso nei suoi pensieri che non notò la lunga esitazione che ebbe Tom prima di rispondere alla sua domanda.

“Padre babbano, madre strega” rispose infine, con pochi dettagli.

Wow, un po’ come Harry!

I suoi genitori erano entrambi maghi, ma sua madre era nata babbana, quindi spesso le persone lo definivano un mezzosangue.

Stava giusto per scriverlo a Tom, quando si interruppe.

Era un argomento che ancora aveva difficoltà a trattare con il diario.

Alla fine decise di mantenersi vago anche lui.

“Padre mago, madre nata babbana… ti devo lasciare, Tom. Devo andare a fare i compiti di pozioni e penso che se ti chiedessi aiuto Piton se ne accorgerebbe” decise di chiudere il diario e la conversazione, prima che Tom gli chiedesse altri dettagli.

E non si accorse della particolarità di ciò che Tom gli aveva detto.

Perché se sua madre era una strega, e il padre un babbano… come mai aveva scoperto di essere un mago solo a undici anni? Sua madre non glielo aveva detto?

Per fortuna di Tom, Harry non si fece mai questa domanda, e non la fece a lui.

Perché sarebbe stato piuttosto difficile per il diario rispondere.

 

Tom era così soddisfatto di sé stesso che persino l’argomento scottante e la consapevolezza che una sanguesporco fosse stata migliore di lui in un tema, facendolo arrivare secondo (onta inaccettabile) non erano riusciti a turbare la sua… non gioia, ma diciamo orgoglio e soddisfazione per quanto era riuscito ad ottenere dopo aver posseduto Harry durante quella serata.

E non era solo uno splendido tema (per quanto mediocre secondo i canoni di Tom, che aveva comunque cercato di non dare il massimo ma, hey, non riusciva a fare niente di non eccezionale, dopotutto), ma una finestra sul mondo.

Perché infatti, da quando Tom era riuscito a trovare quella crepa a forma di saetta nell’oscurità che lo circondava da quando era finito lì dentro, ogni volta che Harry aveva il diario vicino, e Tom si concentrava con forza, riusciva a guardarsi un po’ intorno, vedendo il mondo dagli occhi di Harry.

Era un po’ diverso dal controllo, ed era come sbirciare dal buco di una serratura, ma era comunque molto più di quanto avesse visto fino a quel momento, ed era un punto di svolta nella sua missione.

Pertanto era riuscito a vedere un po’ Hogwarts, e non sembrava molto cambiata da quando lui era studente.

Considerando che non era molto cambiata da quando era stata fondata, Tom considerava piuttosto normale che in soli cinquant’anni non ci fossero state modifiche degne di nota.

Anche se gli aveva fatto una certa impressione vedere quanto fosse invecchiata Minerva McGranitt.

Tom non l’aveva conosciuta tanto bene, le aveva solo rovinato la vita al primo anno, ma comunque era difficile associare quella donna austera con la giovane giocatrice di Quidditch di Grifondoro.

E si era reso conto una volta per tutte del tempo che era effettivamente passato.

Non aveva potuto ascoltare niente, per il momento aveva sbloccato solo la vista, anche un po’ appannata, ma era già qualcosa.

E quando poteva si sintonizzava per qualche minuto per controllare la situazione, annoiato e curioso, dato che comunque non aveva altro da fare.

Così poteva ottenere ancora maggiori informazioni senza chiedere necessariamente a Harry.

E aveva visto Ron, o almeno colui che credeva essere Ron, spesso in compagnia di Harry, con i capelli color carota e tante lentiggini.

E Hermione, probabilmente, con un cespuglio crespo al posto dei capelli e l’urgente bisogno di farsi dare una ritoccata ai denti… okay, non era brutta o altro, ma a Tom bruciava che fosse stata più brava di lui nel tema, anche se PALESEMENTE lui l’avrebbe battuta, se avessero giocato ad armi pari! 

Comunque, aveva visto anche altri professori, e Malfoy, probabilmente.

Somigliava un po’ ad Abraxas, in effetti. Gli stessi capelli biondi e la stessa espressione saccente.

L’unico che non era riuscito mai a vedere, dato che non era mai passato davanti ad uno specchio e Tom osservava il mondo dalla sua soggettiva, era proprio Harry stesso.

Cosa che gli era dispiaciuta, un pochino.

Perché era curioso di sapere come fosse il ragazzo che gli scriveva ormai ogni giorno da settimane.

E in tutto questo, Tom si era anche reso conto che era arrivato Halloween.

E in quella che supponeva sarebbe stata la notte di Halloween, si preparò a sintonizzarsi per assistere al grande banchetto, che quando lui era a Hogwarts era sempre stato incredibile.

…cioè, più o meno accettabile.

Ma quando aprì la piccola crepa, rimase sorpreso nel notare che Harry era in una stanza piuttosto inquietante e piena di fantasmi.

Non era la sala grande, chiaramente.

Ma dov’era, Harry?

E perché non aveva detto a Tom che sarebbe andato in un posto pieno di fantasmi a Halloween?!

Bah! Diario segreto e confidente speciale, e poi si dimenticava questi importanti dettagli che…

Il pensiero irritato di Tom si spense quando notò, in un angolo, una visione familiare.

Tom non si sarebbe mai aspettato che tra tanti fantasmi, molti dei quali aveva personalmente conosciuto durante i suoi anni a Hogwarts, l’unico che gli sarebbe saltato all’occhio sarebbe stato quello della sua prima, e al momento unica, vittima.

Principalmente perché non aveva mai pensato che Mirtilla Warren sarebbe ritornata come fantasma.

Non si era ancora palesata quando Tom aveva creato il diario, ma forse avrebbe dovuto pensarci.

Perché la presenza di Mirtilla come fantasma a Hogwarts poteva rivelarsi davvero pericolosa per il suo piano. E se avesse visto qualcosa?! Se si fosse ricordata cosa l’avesse uccisa? Sicuramente non chi, perché altrimenti l’avrebbe detto subito… forse… ma comunque poteva essere pericolosa.

-Mirtilla…- era così sorpreso, e così bisognoso di informazioni, che si ritrovò inavvertitamente a passare al controllo di Harry, e gli fece sussurrare quella parola, come se per un momento la sua anima avesse agganciato quella di Harry in un tentativo disperato di restare a galla nel mondo reale.

Riuscì, per la prima volta da quando era un diario, a sentire.

Un suono da lontano, attutito e non del tutto chiaro, ma fu comunque così inaspettato e improvviso da sembrare un tuono.

Anche se la voce di Harry, sentita dall’interno, aveva un timbro stranamente gradevole, per quanto giovane.

Fu solo la prima cosa che notò, prima di essere inondato da suoni di ogni tipo, dai fantasmi che parlavano, al vento tra le fessure dei muri, i passi di Harry e dei suoi amici che si allontanavano da Mirtilla, e tutto… tutto il resto.

Tom era quasi sopraffatto dal suono che sentiva per la prima volta da sicuramente tantissimo tempo.

-Sì, Mirtilla Malcontenta, abita nel bagno delle ragazze al secondo piano- spiegò Hermione, prendendo il sussurro di Harry come una domanda.

Abitava in quel bagno?! Ma perché?! E ora come faceva Tom a liberare il basilisco se c’era quella stupida ragazza fantasma a controllare l’entrata e fare da guardia il giorno e la notte?!

-Abita in un bagno?- chiese Ron, confuso al riguardo.

Appunto, era un pessimo luogo dove abitare! Non era meglio infestare il cortile, la torre dell’orologio, o i dormitori? L’aula di divinazione era molto confortevole, poteva stabilirsi lì. Perché vivere in un bagno?!

-Sì, è sempre fuori uso perché ha crisi di nervi e allaga tutto. Cerco sempre di evitarlo, se posso- raccontò Hermione, a bassa voce per evitare che il fantasma alle loro spalle la sentisse.

Tom le lanciò un’occhiata di sbieco. 

Era identica a quando Tom l’aveva vista per l’ultima volta, solo più evanescente e pallida.

Tsk, aveva fatto bene a farla fuori. Dava fastidio nella morte come quando era in vita! Una vera piaga! 

Aveva un nodo allo stomaco… perché aveva un nodo allo stomaco?!

Tom non aveva uno stomaco da annodarsi.

-Si sa perché infesta proprio quel bagno?- provò a chiedere Tom, servendosi della voce di Harry, e sperando di non mostrare il suo nervosismo.

Hermione alzò le spalle.

-Non so, nessuno parla mai di Mirtilla Malcontenta- 

-Deve essere triste essere morti e non avere nessuno che pensa a te, poi sembra così giovane- osservò Harry, e questa volta era proprio Harry a parlare.

Tom riusciva ancora a controllarlo, ma era un controllo a metà, e Harry era ancora abbastanza cosciente di quanto capitava, ma ignaro che ciò che Tom gli faceva dire non venisse interamente da lui.

E a Tom arrivò qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di provare.

Empatia… pena… tristezza.

Dal legame che gli permetteva di vedere e sentire ciò che Harry vedeva e sentiva, gli venne trasmessa l’emozione che stava provando in quel momento.

Riusciva a vedere l’oscurità del bagno, che fungeva da sua tomba, oscuro, freddo e vuoto come un sottoscala, tutti che lo odiavano e lo evitavano, o che ridevano di lui.

Nessuno che si ricordava, nessuno a cui importava.

Il futuro che gli veniva strappato via. Restare per sempre un sedicenne in un luogo oscuro, senza poter mai essere più di questo.

Vedeva Mirtilla, in un angolo, ignorata anche dai fantasmi intorno a lei, e gli sembrava di vedere sé stesso.

Un frammento di un’anima intrappolato in un diario da cinquant’anni, abbandonato in un libro di trasfigurazione. Dipendente da altri per avere un minimo di consapevolezza di sé stesso.

Per certi versi, Mirtilla, la sua vittima, stava messa persino meglio di lui, perché lei almeno poteva muoversi, interagire con gli altri, vedere e sentire senza bisogno di un tramite.

Eppure, Tom non la invidiava.

La compativa.

E si sentiva strano come se… come se… come se si sentisse in col…

NO!

Assolutamente no!

Ma cosa gli stava succedendo?! 

Cos’era quell’improvvisa e inspiegabile debolezza?!

Lord Voldemort non era così! Non compativa le persone! Non si sentiva inutile! E di certo non si sentiva in colpa! 

Il senso di colpa, l’empatia, la pena, non erano emozioni contemplate nella vita di Lord Voldemort! 

E Lord Voldemort non era neanche un tipo che esitava, e Tom stava esitando troppo, era ormai chiaro.

Si scriveva con Harry da settimane, e lo aveva controllato già una volta senza conseguenze.

Aveva stretto un legame così forte che era riuscito a sbloccare la vista e adesso anche l’udito, attraverso Harry. Certo, con il collegamento si stavano insinuando in lui anche una serie di inaspettate e sgradite emozioni, ma Tom non era un sentimentale, ed era molto pratico, poteva seppellire e ignorare, anzi, cancellare completamente tali emozioni e rispedirle al mittente.

Voldemort non esitava. 

Voldemort non provava emozioni.

Voldemort non aveva rimorsi.

E se Tom voleva finalmente uscire dall’ombra delle disgustose origini babbane di suo padre, doveva assolutamente diventare Lord Voldemort, e abbandonare ogni traccia di Tom.

Doveva aprire la camera dei segreti, e doveva farlo subito! 

Uccidere Mirtilla era stata la cosa giusta da fare, e lo avrebbe dimostrato continuando il lavoro!

-Potete aspettarmi un secondo? Devo andare un attimo in bagno- fece dire a Harry, stringendo il controllo, che per un po’ gli era sfuggito dalle mani, su di lui come una corda attorno al suo collo.

-Ti accompagno? Non voglio restare qui se posso evitarlo- provò a proporsi Ron, avvicinandosi a lui. Tom lo tenne a distanza.

-Non vorrei che Sir Nicholas ci rimanesse male, e non possiamo lasciare sola Hermione. Ci metterò pochi minuti, torno subito- evitò che Ron gli mettesse i bastoni tra le ruote, e praticamente corse via diretto verso il bagno che celava l’ingresso alla camera, approfittando che Mirtilla fosse alla festa per fare i suoi comodi senza che lei lo notasse.

-Sir Nicholas?- Hermione lo guardò un po’ accigliata, ma né lei né Ron fecero nulla per fermarlo.

Nessuna esitazione.

Nessun rimorso.

Voldemort era a Hogwarts, e avrebbe completato la missione affidatagli dal suo importante e illustre antenato.

Quella sera il castello si sarebbe tinto di rosso.

Metaforicamente, dato che lo sguardo del basilisco uccideva istantaneamente senza bisogno di spargimenti di sangue, ma dettagli.

…a meno che non prendesse un po’ di vernice e lasciasse un vero segno rosso… era un’idea interessante.

 

Harry era un po’ intontito, in quel momento.

Si sentiva come se non fosse del tutto cosciente, e aveva davvero bisogno di dormire.

Forse complice anche l’atmosfera lugubre della festa, e le luci soffuse, ma era come se ogni ricordo di ciò che gli stava accadendo quella sera gli scivolasse via appena smetteva di vivere il momento, lasciandogli solo una vaga consapevolezza delle azioni che aveva compiuto. 

Non che stesse facendo molto: aveva raggiunto la festa, parlato con Ron, Hermione e qualche fantasma. Era andato in bagno, e ora cercava una scusa per congedarsi e tornare alla Sala Grande con la speranza che fosse rimasto qualcosa nel banchetto per riempire il buco che sentiva nello stomaco.

-Giuro che se Nick prova ad invitarmi ad un’altra festa, mi do malato piuttosto!- si stava lamentando Ron, sbuffando, mentre Harry aspettava che Nick si liberasse per chiedergli il permesso di andarsene.

Aveva le palpebre pesanti, anche se si sentiva stranamente più sveglio rispetto a poco prima.

Forse la prospettiva di un pasto e di andarsene da lì lo stavano svegliando.

Non trattenne però un profondo sbadiglio.

-Tutto bene, Harry?- chiese Hermione, guardandolo corrucciata.

Da quando era andato bene al tema di Trasfigurazione, Hermione tendeva ad osservarlo spesso con un cipiglio sospettoso, anche se Harry non ne capiva il motivo.

Ignorò l’occhiata per concentrarsi sulle sue parole.

-Sono solo un po’ stanco, e ho fame- alzò le spalle.

-A chi lo dici! Mangerei la gatta di Gazza se me la trovassi davanti!- gli diede man forte Ron, con lo stomaco che brontolava facendo più rumore dei trapani di zio Vernon.

-Ron!- si lamentò Hermione, trovando la sua battuta di cattivo gusto, o forse dovrei dire di gatt-ivo gusto.

…scusate tutti.

-Secondo me non serve neanche chiederlo. Ha visto che siamo qui, hai parlato con Sir coso della caccia senza testa, possiamo tranquillamente andare e non credo che ci rimarrà male- Ron provò a convincerlo a tagliare la corda e basta. Harry era un ragazzino educato, e non gli sembrava proprio l’ideale andare via senza avvertire, ma doveva ammettere che si stava davvero stancando di stare lì.

-In effetti… non credo che si offenderà. Andiamo in Sala Grande?- Harry indicò la porta, e si rivolse ai due amici che aveva trascinato lì rovinando loro la festa di Halloween.

Entrambi annuirono con forza.

Persino Hermione, che aveva trovato affascinante l’idea di partecipare a quella festa, non vedeva l’ora di abbandonarla e riempirsi lo stomaco.

Uscirono dalla sala senza dare troppo nell’occhio, e iniziarono a percorrere i corridoi tetri della scuola, illuminati dalle tenue luci delle candele.

-Speriamo che ci siano ancora le tortine di zucca- Ron iniziò a pregustare la cena.

-E magari anche la torta di mele- aggiunse Hermione.

A Harry bastava mettere qualsiasi cosa nello stomaco, e non vedeva soprattutto l’ora di andare a dormire, anche se mentre lasciava l’atmosfera cupa della sala della festa, iniziava a sentirsi più sveglio e presente.

Finché una voce inaspettata e inquietante, che sembrava provenire dai muri, non attirò completamente la sua attenzione, portandolo sull’attenti.

-Sangue… uccidere… squartare… tanto tempo…- Harry si fermò di scatto, con un enorme brivido che gli attraversava la schiena.

Ron e Hermione si girarono verso di lui, sorpresi che si fosse fermato così all’improvviso.

-Andiamo, Harry, o finiranno tutto!- provò ad incoraggiarlo Ron, avvicinandosi pronto a trascinarlo nel caso Harry non lo avesse seguito.

Harry però non lo stava proprio ascoltando, e si avvicinò al muro, cercando di capire da dove venisse quella inquietante voce che sembrava quasi, leggermente, familiare.

Come se l’avesse sentita in un sogno… e molto di recente.

-Finalmente… tornato… pronto a uccidere…- continuava la voce, e sembrava spostarsi.

-La sentite anche voi?- chiese a Ron e Hermione, che si guardarono a vicenda confusi.

-Sentito cosa?- provò a chiedere Hermione, un po’ incerta.

-Una voce… nei muri… e penso… penso che voglia uccidere qualcuno!- il panico si sostituì alla confusione, e Harry iniziò a correre nella direzione dove aveva sentito la voce, pronto a fermare qualunque minaccia gli fosse comparsa davanti.

Ron e Hermione iniziarono a seguirlo, sempre più preoccupati, fino a ritrovarsi davanti ad un corridoio deserto e allagato.

-Harry, non c’è nessuno, andiamo a…- Ron provò a prendergli un braccio per farlo desistere, ma fu interrotto da un’esclamazione strozzata di Hermione, che attirò l’attenzione dei due ragazzi, che si girarono a vedere ciò che stava indicando.

Sul muro, scritto di rosso acceso, c’era un messaggio inquietante, e per terra, immobile come una statua, c’era Mrs Purr, la gatta di Gazza.

“La camera dei segreti è stata aperta. Temete, nemici dell’erede”.

Harry, Ron e Hermione non ebbero il tempo neanche di emettere un fiato, prima che i corridoi iniziassero a riempirsi di gente che usciva dal banchetto di Halloween ormai concluso, portando anche il caos nella scuola, e sempre maggiore confusione nella mente confusa e dolorante di Harry.

C’era qualcosa che proprio non andava, a Hogwarts.

E Harry sentiva di doverne assolutamente parlare con Tom.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Non volevo copiare parola per parola il capitolo del libro, anche se me lo sono riletto per essere sicura che fosse coerente. Harry in questa storia è più empatico rispetto alla saga originale, e sta trasmettendo questa sua forte empatia anche ad un molto reticente Tom.

Anche se il giovane Voldemort ne ha ancora di strada da fare prima di redimersi. E quando sembra fare un piccolo passo… ecco che gli prende il panico e apre la camera dei segreti.

Le cose sembrano essere andate allo stesso modo, per fortuna, con nessuna morte.

Anche se stavolta Harry è più coinvolto, speriamo che Tom non abbia lasciato prove.

Scusate se ho aggiornato così tardi, volevo farlo prima ma ho avuto dei giorni davvero intensissimi e dei problemi al computer quindi non riuscivo a scrivere. Poi volevo che questo capitolo uscisse bene, è anche abbastanza lunghino. Il prossimo dovrebbe arrivare presto, perché ne ho già scritta una parte che devo solo trascrivere e concludere. Penso tra due giorni.

Si vedranno le conseguenze delle azioni di questo capitolo, e soprattutto lo stato mentale di Tom.

   
 
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