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Autore: Ladyhawke83    21/11/2023    1 recensioni
Ehm, lo so, doveva essere una cosa breve, intensa, fatta bene... invece è diventata una minilong su questi due. In realtà non so se sono rimasta IC con i caratteri di Romualdo e Tarabas…
~Romualdo ansimò e fu in quel momento che Tarabas si voltò verso di lui e si rese conto realmente di quanto fosse ferito, bello, forte, indomito, ma pur sempre ferito e sanguinante.
Allo stregone tremò la voce: “state bene?”
Tarabas gli diede del voi, gli riconosceva il suo essere Re e nobile e perché sentiva di doverlo rispettare, in quanto era l’uomo tanto amato dalla sua Fantaghirò.
Non poteva odiarlo, l’onore glielo impediva, però non riusciva neanche a capirlo.
“No, non sto bene. Starò bene... Lasciatemi ora, devo tornare dai miei uomini…”
Romualdo fece per alzarsi, ma il peso dell’armatura, la fatica e il dolore lo fecero cedere e quasi svenire tra le braccia di Tarabas~
Genere: Angst, Fantasy, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Fantaghirò, Romualdo, Tarabas
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”

Prompt: 7 ottobre/ Vergogna

 

 

Riconosco i tuoi occhi

 

Romualdo si era svegliato di soprassalto, solo e nudo nel grande letto delle stanze regali, ansimava tenendosi il petto: aveva fatto un altra volta lo stesso incubo.

Aveva sognato di essere ancora Fyodor, il servitore gobbo e deforme di del Signore Oscuro. Romualdo aveva immaginato di parlare nuovamente con lei, con Fantaghirò, ma poi lei era morta, nel sogno, come nella realtà, Darken l’aveva uccisa pugnalandola alle spalle davanti agli occhi suoi, e a quelli di Tarabas. 

Aveva provato vergogna nel sogno, vergogna e paura, e proprio per questo si era risvegliato di colpo, con un senso di oppressione addosso.

Quando era vissuto nei panni Fyodor, Romualdo rammentava di aver provato vergogna quando Fantaghirò lo guardava, quando cercava di toccarlo, quando gli diceva che era un uomo buono, che i suoi occhi azzurri non potevano essere quelli di un mostro, lei voleva salvarlo, invece aveva trovato la sua fine. E lui? Lui era stato capace solo di fuggire e di nascondersi, da se stesso, dal dolore.

Lo aveva riportato indietro Tarabas, lo stregone aveva rischiato la sua vita per salvarlo, e Romualdo gliene era grato, ma non riusciva a non sentirsi in debito, a sentirsi sbagliato.

Lui era il Re, lui avrebbe dovuto essere forte, per tutti loro, ma la realtà è che la sua misera spada e il suo coraggio non erano nulla in confronto alla magia di Tarabas e ancor meno a quella di Darken.

Tarabas.

Romualdo scosse il capo e sospirò, si erano baciati giorni prima, lui e Tarabas, ed era stato proprio lui a prendere l’iniziativa in un momento di debolezza e smarrimento, ma adesso il giovane Re non sapeva come rapportarsi al tenebroso mago, non sapeva cosa dirgli, come spiegarsi, come dirgli quanto risuonasse strano, e sbagliato, tutto ciò.

Tarabas era fuori da due giorni, aveva deciso di perlustrare i confini del regno di Romualdo: ufficialmente per vedere fino a che punto si era spinto suo padre nella devastazione, ma in realtà Romualdo sospettava che si fosse allontanato in gran fretta, per non dover affrontare la questione fra loro, o forse anche perché non aveva il coraggio di dirgli che ne era rimasto turbato.

 

“Sono stato uno sciocco… cosa mi è preso… Lui è Tarabas, e io… sono solo io…”. 

Romualdo decise che non aveva senso starsene lì a rimuginare, la stanza, o gli arazzi appesi non gli avrebbero certo chiarito le idee su quello che avrebbe dovuto dire o fare, quindi decise di uscire. Il Re sapeva che da qualche parte nel Castello, o nella cittadella, avrebbe trovato qualcuno con cui confidarsi, o magari anche solo qualcuno con cui bere qualcosa per dimenticare.

Sbronzarsi, non lo faceva da molto, da quando aveva conosciuto la bella Fantaghirò sotto le mentite spoglie del Conte di Valdoca. Il solo pensare a lei aveva assorbito ogni azione, ogni interesse, ogni fibra del suo essere. Ubriacarsi poi non era più nemmeno una cosa da prendere in considerazione, quando aveva trovato un nuovo scopo, l’amore della sua vita.

Ma ora l’amore della sua vita, la sua dolce guerriera Fantaghirò, era stata portata via, uccisa senza colpa alcuna, e l’unica persona che poteva davvero comprendere il suo dolore, Tarabas, era anche quella che era fuggita da lui, in quegli ultimi giorni.

“Ehilà Romualdo! Non riesci a dormire? Lo sai, dovresti riposare, se tu sarai esausto, chi ci guiderà se quei mostri ci attaccano di nuovo?”.

La voce calda e sempre confortante di Ivaldo interruppe il suo rimuginare.

“Non riesco più a dormire Ivaldo…” 

“Per via della minaccia dei cavalieri e degli sgherri di Darken? O c’è dell’altro?” Chiese Ivaldo, intuendo già parte del problema del suo amico.

Ivaldo conosceva Romualdo da che erano solo bambini che giocavano a fare i cavalieri eroici con le spade di legno: lui, Cataldo e Romualdo, erano cresciuti assieme, come fratelli e compagni d’armi. 

Ivaldo sapeva bene intuire quando Romualdo aveva qualcosa che lo turbava nell’animo: glielo leggeva negli occhi e nella postura, leggermente più rigida e ingobbita del solito. Lo aveva capito ai tempi del Conte di Valdoca, e anche quando era finito sotto il sortilegio della Strega Nera. Adesso, Ivaldo, si rendeva perfettamente conto che ciò che turbava il suo giovane Re doveva avere a che fare coi sentimenti, piuttosto che con la guerra imminente contro Darken, ma non osava chiedere troppo oltre.

“Ti ricordi quando ero confuso, spaventato, vergognoso e folle d’amore per quello che credevo essere un cavaliere e invece era la mia Fantaghirò?” Le mani di Romualdo si mossero nervose a scompigliare la sua folta chioma castana, lo sguardo sfuggente.

“Sì certo, mi ricordo bene come stavi, ma mi ricordo anche che ti dissi, che non c’era problema alcuno per me. E se quello era il tuo vero amore, e il tuo destino io ti avrei appoggiato comunque, sia che fosse stato un uomo, il Conte di Valdoca, oppure una donna, la tua donna del lago…” Ivaldo aveva la voce tranquilla e gli occhi neri, vibranti e sinceri, mentre diceva queste parole a Romualdo.

Il Re però si agitò ancora di più.

Romualdo iniziò a camminare su e giù di fronte a Ivaldo per poi mettergli le mani sulle spalle e quasi gridare come un folle: “Mi sono innamorato di nuovo, e di nuovo mi sono sbagliato, e adesso come faccio Ivaldo, dimmi? Dimmi! È tutto sbagliato!”.

Romualdo non riusciva a calmare la propria agitazione, ma le mani forti di Ivaldo lo fecero rinsavire scuotendolo un poco.

“Ti sei innamorato? E Perché dovrebbe essere sbagliato? L’amore non è mai sbagliato. Me lo hai insegnato proprio tu…” 

Ivaldo fece un sorriso e diede un leggero colpo a Romualdo che voleva suonare più come un incoraggiamento a stare tranquillo.

 

“Io non posso più amare nessuno Ivaldo… Non posso ti dico. Fantaghirò è morta e io dovrei essere morto insieme a lei. Era il mio amore e la mia vita, mi sento uno schifo e mi vergogno di me stesso…”.  Romualdo guardò il suo amico Ivaldo e sperò che lui potesse sorreggerlo, perché lui, in balia di quei pensieri, si sentiva sprofondare in un baratro senza ritorno. Un baratro che aveva il colore verde smeraldo dello sguardo e la voce profonda e saggia di chi ha visto i fiumi sgretolare le montagne e nel tempo dell’eternità vissuta, lo può raccontare.

Il suo senza ritorno era Tarabas.

Fantaghirò è morta ed è un dolore immenso per tutti noi, ma la vita non si ferma qui. Tu sei qui, sei vivo. E noi abbiamo bisogno di te”. Gli disse Ivaldo, ed era sincero.

Poi lo prese per un braccio e lo trascinò per la strada acciottolata e silenziosa della cittadella, in direzione della locanda 

Tu hai bisogno di bere, amico mio, bere molto, cantare e rilassarti. Al tuo cuore innamorato e colmo di senso di colpa penseremo domani al mattino!”.

“Ivaldo, non posso… non posso permettermi di non pensare… tutto quello che sta succedendo è colpa mia e di…” 

“Tarabas… quel mago non mi ha mai convinto…” Ivaldo completò il pensiero di Romualdo, convinto di ciò che stava per dire il suo amico.

“No, non Tarabas, ma Darken, lui ci ha feriti tutti, lui ha tolto tanto a molti di noi…” lo corresse Romualdo con tristezza nella voce.

“Ma quel Tarabas è pur sempre figlio di quel maledetto Darken è cattivo sangue non mente…”. Disse ad un tratto Cataldo, che aveva raggiunto i due amici e ascoltato le loro ultime parole.

“Vieni Romualdo. Se non vorrai bere, va bene, ma almeno parliamone, si vede che hai un macigno sul cuore, e noi che ci stiamo a fare se non ti aiutiamo ad alleggerire i tuoi pesi?” Cataldo lo prese per le spalle e lo trascinò insieme a Ivaldo verso la locanda “Pietra torna-indietro”, Cataldo quando si metteva in testa una cosa, non c’era verso di fargli cambiare idea.

 

***

Tarabas aveva visto, e sentito, ogni cosa, nascosto nell’ombra del torrione del castello, aveva scorto Romualdo e i suoi compagni, ma non aveva avuto il coraggio di palesarsi al giovane Re.

Sangue cattivo  

Tarabas si chiese se davvero lui avesse sangue cattivo, come suo padre. 

Che colpa ne aveva lui di essere nato da simili genitori?

Eppure gli amici di Romualdo lo temevano e detestavano e, quasi sicuramente, anche Romualdo doveva pensarla così.

Rientrando nel castello, nell’ala che gli era stata assegnata, lontana dagli alloggi di Romualdo, Tarabas se lo ritrovò davanti, ubriaco e perso nel dolore e nel ricordo di lei, ancora.

“Non siete forse nel posto sbagliato, mio Re?” Gli domandò Tarabas evitando di toccarlo.

“Ogni posto è un posto sbagliato Tarabas, per uno come me…”

Il Re strascicava le parole, dondolava goffamente sui suoi stessi talloni e puzzava di bevande troppo alcoliche.

“La situazione è grave, mio Re. Devo andare. Non posso più restare qui con voi”. Gli disse Tarabas serissimo.

“E dove dovreste andare?” Chiese Romualdo, gli occhi lucidi, la bocca morbida, le labbra rosee e l’atteggiamento spavaldo.

“Mi consegnerò a mio padre, come avrei già dovuto fare tempo fa. In cambio chiederò la pace per i vostri regni e che nessuno più vi minacci”.

Tarabas faticava a dirgli quelle parole, stava dicendo addio a Romualdo e lui era ubriaco e incapace di capire.

 

“La pace, la pace… è una cosa sopravvalutata. Il mio cuore non sarà mai più in pace, Tarabas. Non lo sarà se restate, non lo sarà se andate via…” disse Romualdo cercando di mantenersi fermo. Il Re guardava lo stregone negli occhi, seppur i suoi fossero annebbiato dalla sbronza.

“Cosa devo fare, ditemelo voi. Io non lo so più…”.

Tarabas fremeva, soffriva, e non sapeva quale fosse la cosa giusta da fare.

“Ultimamente compio solo scelte sbagliate: sono un Re di due regni che contano su di me e io non riesco nemmeno a mantenermi sobrio”.

Romualdo sentiva gravargli addosso il peso della corona e delle responsabilità da troppo tempo, da quando Fantaghirò era morta lui non riusciva più a sopportare tutto.

“Io provo qualcosa, Tarabas… qualcosa per voi di cui mi vergogno, ma è qualcosa che cresce in me e non so più contenerlo… forse avete ragione voi, dovreste andare via, ma non da vostro padre. Non da Darken… vi farebbe del male e io non lo voglio”.

Il giovane Re si appoggiò a Tarabas per restare in piedi, lo guardava, ma lo stregone restava in penombra, non parlava, respirando a fatica.

 

“Romualdo… Tutti temono me e la mia magia, non sono altro che un ramo dello stesso velenifero albero che è mio padre… se voi volete che mi allontani da voi lo farò, ma non chiedetemi di più… Mi dispiace, per tutto…”.

 

Lo stregone si abbassò su Romualdo e lo baciò piano, e come per il primo bacio che si erano dati, il Re si sentì strano, ma anche felice. Si vergognava, ma sentendo l’energia di Tarabas e assaporando la sua delicatezza nel baciarlo, desiderò di fermare quell’attimo, desiderò di non essere Re per un attimo, di non essere obbligato a prendere decisioni.

“Tarabas, io…” Romualdo stava per dire qualcosa, quando il mago gli cadde praticamente addosso, svenuto.

“Tarabas! Tarabas cosa vi succede?” Romualdo cercò di svegliarlo, ma nulla sembrava in grado di ridestare lo stregone dormiente.

“Tu, sciocco umano! Non avrai pensato che ti avrei lasciato mettere mio figlio Tarabas contro di me?” La voce di Darken risuonò tra le pareti della stanza, mentre una strana luce violetta ne proiettava il viso malvagio davanti a Romualdo.

“Cosa gli avete fatto?” Domandò Romualdo prendendo la propria lama in pugno, ben sapendo che non sarebbe servita a niente contro la magia di Darken.

“Non ho fatto nulla, semmai chiedetevi cosa avete fatto voi a lui. Lui non può essere amato e non può amare, ve ne siete dimenticato?” Le parole di Darken suonavano canzonatorie.

“Ma la maledizione su di lui è stata spezzata grazie a Fantaghirò, Tarabas ora non è più una minaccia, il suo cuore è buono”. 

Romualdo era confuso, la spada in pugno, ma un lieve tremore nelle dita.

“Ma è mio figlio. E il male non può provare amore. Perciò è caduto in questo sonno perenne”.

“Tarabas prova ancora amore? Ma Fantaghirò è morta…” Romualdo sentì un dolore sordo nel petto nel nominare lei, poi però guardò Tarabas che giaceva come morto e si sentì ancor peggio.

“Siete così stupido da non capire che il destinatario di tanto amore siete voi? Tarabas è venuto da me e mi ha detto di voler salvare voi e la vostra gente a qualsiasi costo… io gli ho proposto uno scambio e non ha accettato… perché? Perché ama voi, Re Romualdo, e piuttosto che consegnare voi, ha subìto la mia magia…”.

“Voi mentite! E se anche fosse vero, allora risvegliatelo!”. Gridò Romualdo, minacciando l’immagine evanescente di Darken con la propria lama.

“Oh, io non posso risvegliarlo. A meno che voi non lo portiate qui nel mio regno, o che Tarabas stesso smetta di provare quella … sciocca emozione umana!” Darken fece una smorfia di ribrezzo e orrore come ogni volta che doveva pronunciare la parola “amore”, concetto che lo disgustava.

“Io lo salverò! Come Fantaghirò ha fatto con me, usando il bacio impossibile…” disse deciso Romualdo.

Darken emise una sinistra risata e poi, prima di scomparire, pronunciò le sue ultime parole.

“Se pensate di riuscire, vi aspetterò. Ma guardatevi le spalle, giovane Re, il vostro regno non è più al sicuro senza la magia di Tarabas…”.

 

***

 

[2227 words]

 

Note dell’autrice: un nuovo capitolo, un nuovo prompt per il writober. La vergogna per Romualdo e il ritorno di Darken come nemico.

Spero vi piaccia e di aver scritto qualcosa che ha senso nell’universo di Fantaghirò. Insomma, spero che questo “What if…?” sia IC e coerente quanto basta.

Buona lettura!

Ladyhawke83 

 

 

 

 

   
 
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