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Autore: Emma Speranza    23/11/2023    7 recensioni
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.
Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.
Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.
Dall'Epilogo:
​«Corri!»
Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.
Nulla li avrebbe salvati.
Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.
«Scusate, scusate!»
E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
Genere: Avventura, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Vari personaggi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 17
La famiglia de Montfort

 
 
Lydia guardò Lance allontanarsi verso la foresta. Aveva davanti due scelte: inseguirlo per cercare di parlargli, oppure aspettarlo a casa. Alla fine optò per una via di mezzo. Prima avrebbe controllato se i signori O’Brien e Caitlin si trovavano nel salotto, in caso positivo sarebbe scappata a cercare Lance evitandosi così ogni rimprovero; se invece la via fosse stata libera si sarebbe rifugiata nella sua camera.
Chiuse il cancello e percorse il vialetto verso casa. La priorità sarebbe stata controllare la situazione senza essere vista da nessuno. Socchiuse la porta d’ingresso e spiò nell’atrio. La parte di salotto che riusciva a vedere da lì sembrava deserta. Si arrischiò ad entrare nell’atrio in punta di piedi.
«Lo spettacolo è già finito.» Una voce nasale si levò da un divanetto nell’angolo della sala. Lydia riappoggiò i talloni a terra e si avvicinò prudente, temendo fosse una trappola. Katherine era mezza sdraiata sul divanetto, in pigiama e con una pila di fazzoletti appoggiata in grembo. «Caitlin è andata di sopra sbattendo tutte le porte possibili e Dorian l’ha inseguita.» Uno starnuto completò la frase.
Lydia si allontanò di un passo. «Tu stai meglio?»
Nei giorni precedenti Katherine era stata confinata nella sua camera con il divieto assoluto di uscire per paura di un contagio. Se i bambini si fossero ammalati sarebbe stata la fine, ci mancava solo un’epidemia per concludere alla grande la settimana. Katherine tirò su con il naso. «Almeno mi è passata la febbre.» Lydia decise comunque di starle lontana. «A parte la mia influenza, ti conviene scappare finché sei in tempo. Nelle loro urla ho capito che Caitlin è furiosa con te perché l’hai trovata e Dorian è furioso per te perché ti ha messa in pericolo.»
E l’opzione rinchiudersi in camera era archiviata. Poteva affrontare il gelo e andare nell’orto di Lance. «E ti conviene pensare in fretta ad una soluzione perché Rose è in cucina.» Se la signora O’Brien era in cucina, Caitlin e suo padre di sopra, Lance e Duncan fuori e Katherine sul divano significava che i bambini erano rimasti soli.
«Oh no.» gemette Lydia. Sarebbe toccato a lei prendersi cura di loro, ma se già non se la sentiva prima, ora che erano tutti sopraffatti dalla nostalgia era mille volte peggio.
Senza perdere altro tempo tentò di scappare.
«Lydia, sei tornata!» La signora O’Brien era stata troppo veloce. Se ne stava sull’uscio della cucina, le mani strette una all’altra ed un’espressione cupa sul volto.
Lydia sospirò e si tolse la giacca. Era inutile fuggire e doversi sorbire una predica al suo ritorno.
«Mi chiedevo se volevi bere un tè con me.» Lydia non riuscì a mascherare il suo stupore. «Solo se vuoi.»
«Ma certo!» tolse in fretta le scarpe, trasferì la piuma nella tasca della felpa e corse verso la cucina. Qualsiasi cosa pur di non andare dai bambini.
«Per questa volta ti sei salvata.» le sussurrò Katherine dal divanetto, senza farsi sentire dalla signora O’Brien, rientrata in cucina.
La tazza di tè era già posata sul tavolo, accanto ad un piatto ricolmo di biscotti. La signora O’Brien le rivolse un tiepido sorriso e versò il tè. Lydia si sfregò le mani per cercare di scaldarle. Non si era resa conto di quanto fossero calate le temperature negli ultimi giorni.
La signora O’Brien si sedette accanto a lei. «Mi dispiace.» disse mischiando lo zucchero appena versato nella sua tazza.
«Per cosa?» chiese cauta Lydia.
La signora O’Brien sembrava stanca. Delle occhiaie profonde le scavavano il viso. «Per Caitlin. Dorian ha detto che ti ha rivolto parole orribili quando vi ha trovate nel bosco. E non era tua responsabilità seguirla e cercare di riportarla a casa. Grazie per averlo fatto.»
«Non mi deve ringraziare…» Considerando come era stata trattata da Caitlin nel bosco, se Lydia avesse potuto usare una Giratempo, l’avrebbe lasciata andare per la sua strada.
«Caitlin non è cattiva.» continuò la signora O’Brien, come se le avesse letto nel pensiero. «È solo ferita. Ha sofferto molto ed è il suo modo di reagire.»
Lydia si dovette mordere la lingua per impedirsi di rispondere. Aver sofferto non significava avere il diritto di disprezzare gli altri. Ma poi si trovò a pensare che in fondo anche lei si era comportata così dopo l’incidente. Quante volte aveva ferito i suoi genitori senza neanche rendersene conto? E non aveva fatto un torto anche a Lance, non rispondendo più alle sue lettere?
«Lo vedo che non sei d’accordo con me.» La signora O’Brien le stava ancora sorridendo «E non posso darti torto. A volte Caitlin sembra avere il dono di far indispettire gli altri.»
«Non la conosco bene.» Era vero. Per quanto vivesse lì ormai da mesi, non aveva ancora avuto l’occasione di conoscere a fondo gli altri abitanti della casa che non fossero Lance e Henry. In ogni caso non avrebbe mai ammesso i suoi pensieri su Caitlin con sua madre.
«Penso che siano in pochi a conoscerla davvero.»
Lydia non seppe come replicare, così sorseggiò il suo tè temporeggiando.
«Ma penso anche che se voi due vi concedeste questa possibilità potreste andare molto d’accordo. Avete caratteri simili.» Lydia si chiese se era un modo velato per dirle che anche lei era scorbutica e prepotente. Non avrebbe avuto tutti i torti. E invece la signora O’Brien proseguì con altri aggettivi. «Siete entrambe coraggiose e decise, e affrontate il mondo a testa alta.» Lydia non ne era tanto sicura. Lei non sapeva affrontare il mondo, anzi, al contrario sentiva che ogni giorno doveva lottare per non farsi schiacciare. «Solo che questo suo carattere la porta spesso a scontrarsi con noi, o con Lance.»
Lydia trattenne il sarcasmo. «Lo avevo notato.» O almeno ci provò.
La signora O’Brien non parve farci caso. «Nella vostra amicizia Lance ti ha spiegato come mai il loro rapporto è così teso?»
«Non mi ha mai parlato di lei.» sbottò Lydia. Le dispiacque confessarlo alla signora O’Brien, di sicuro sarebbe rimasta ferita a scoprire che suo figlio non aveva mai parlato di sua sorella gemella con una delle sue migliori amiche.
«E perché avrebbe dovuto?» La stupì invece la signora O’Brien. Il dolore nella sua voce era palpabile.
«Caitlin era una bambina così serena quando era piccola. Amava i suoi fratelli sopra ogni altra cosa, e amava i nostri racconti sulla magia. Quando è arrivata quella lettera… lo abbiamo capito subito, sai? Io e Dorian, abbiamo capito ma non sapevamo come dirglielo. Ci ha presi alla sprovvista. Piccoli segni di magia hanno accompagnato tutta l’infanzia dei gemelli. Quando Caitlin era arrabbiata, tutte le luci di casa sfarfallavano. Abbiamo dato per scontato che fosse la sua magia a farlo, ma con il senno di poi era Lance. Era sempre scosso quando succedeva, e le luci reagivano alle sue emozioni, non a quelle di Caitlin. Se solo lo avessimo capito prima…l’avremmo preparata, avremmo trovato un modo per non farle subire una delusione del genere.» La signora O’Brien scosse la testa. «E invece siamo stati ciechi, non lo abbiamo visto e la nostra bambina ha dovuto pagare per la nostra inconsapevolezza. Quando è arrivata una sola lettera Caitlin pensava fosse sua, non ha nemmeno preso in considerazione l’idea che fosse Lance il mago e quando l’ha scoperto… la vita serena che eravamo riusciti a costruirci dopo la prima guerra magica si è sgretolata in quel momento. La vita che Caitlin aveva sempre sognato le è scivolata dalle mani.»
Lydia posò la tazza ormai vuota. «Anche per Lance deve essere stato difficile.»
«Lo è stato, non lo nego. Ma almeno lui ha avuto la fortuna di poter frequentare Hogwarts, ed incontrare tutti voi. Mi parlava tanto di te nelle sue lettere, lo sai?»
Lydia distolse lo sguardo, imbarazzata.
«Ma lui non ha parlato di noi con te e, come ti dicevo, aveva i suoi motivi.» La signora O’Brien sospirò, le sue spalle erano curve. «Caitlin ha accusato Lance di averle rubato la magia. Pensavo che con il tempo avrebbe capito. E invece…»
«È rimasta della sua idea.»
La signora O’Brien annuì. «Paradossalmente da quando ci siamo dovuti rifugiare la situazione è migliorata. Si sono alleati come ai vecchi tempi contro me e loro padre, dicevano che era ingiusto che dovessero rinunciare alla loro vita per una guerra che non era ancora iniziata. Come abbiamo recentemente scoperto dopo la vostra disavventura a… - come la chiamano? - Pandizenzero, si erano persino messi d’accordo su come scappare al nostro controllo per poterle far continuare l’università. È l’unica cosa buona che ha portato questa guerra. C’è ancora molta strada da percorrere, ma sono sicura che questo sia solo l’inizio. A volte li vedo, sai, quando parlottano tra di loro, li vedo come erano da bambini, sempre in cerca della prossima marachella da combinare.»
Lydia prese coraggio. «C’è solo una cosa che non capisco.»
«Dimmi.» la incoraggiò la signora O’Brien.
«Prima, nel bosco, Caitlin mi ha detto…» Prese fiato e parlò prima di cambiare idea «Mi ha detto che mi avete mentito, su di lei, e sull’essere una babbana.»
Lo sguardo della signora O’Brien era addolorato. «Mi dispiace tanto, Lydia. È stato Dorian a mentirti ma ammetto che è stata tutta colpa mia.»
Lydia rimase a bocca aperta. «Mi sta dicendo che lei è una…»
«Strega.»
«Ma… come mai…?» Lydia si ritrovò senza parole.
«Mi dispiace tanto, Lydia. Se sei arrabbiata con noi ti capisco, non è stato giusto da parte nostra mentirti.» La signora O’Brien sembrava realmente dispiaciuta.
Lydia riuscì finalmente a dare forma ai suoi pensieri. «Ma non l’ho mai vista compiere una magia!»
La signora O’Brien allontanò la tazza di tè e prese un biscotto. «È una storia lunga, se hai tempo vorrei che tu la conoscessi. Te lo meriti dopo aver vissuto così tanto tra queste mura.»
Lydia annuì. E pensare che solo pochi minuti prima avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi rifugiare in camera.
La signora O’Brien sgranocchiò il suo biscotto ed iniziò a raccontare.
«Se non ti dispiace sarebbe meglio partire dall’inizio. Abbi pazienza e ti spiegherò tutto.» Le rivolse un sorriso. «Non sono babbana, e neanche una Mezzosangue. Sono nata in una delle famiglie Purosangue più antiche della Gran Bretagna. La famiglia de Montfort.» Era il cognome usato dal signor O’Brien nei suoi dipinti «Una di quelle famiglie che nei secoli passati ha avuto Cacciatori di babbani, Ammazzadraghi, Ministri della Magia nel suo albero genealogico. Con il tempo il nostro prestigio è stato superato da altre famiglie, come i Malfoy e i Lestrange, ma, nonostante questo, i miei nonni avevano conservato intatte le loro ricchezze e il sogno di poter tornare ai vertici del potere. Per renderlo possibile vagliarono con attenzione le possibili spose per loro figlio Humphrey, mio padre, e scelsero la candidata il cui sangue era il più puro. Nemmeno un goccio di sangue babbano o Mezzosangue aveva intaccato la sua dinastia, e questo bastò ai miei nonni per organizzare il matrimonio. I miei genitori accettarono. Non si sposarono per amore, non sono così ingenua da pensarlo, ma con il tempo riuscirono ad instaurare almeno un rapporto di fiducia e collaborazione. Il loro obiettivo? Creare l’erede ideale per le loro famiglie e per la continuazione della stirpe. Ma subito dopo il matrimonio sono arrivate le prime delusioni. I primi aborti, i lunghi periodi senza concepire e quel sogno che pensavano semplice da realizzare si rivelò più difficile del previsto. Pensavano però che potesse essere un problema facile da risolvere con le risorse che avevano. Usarono una parte della loro ricchezza per contattare i Guaritori e i Pozionisti più illustri al mondo, riuscirono persino a interpellare Juanito Andres Vallejo e Nahid Ahmed.» Lydia ricordava di aver letto quei nomi su uno dei libri scolastici di Pozioni. Lance avrebbe saputo dirle esattamente chi erano e che pozioni avevano inventato. «Ma nonostante tutto questo i risultati non arrivavano. Nessuna gravidanza portata a termine. E intanto passavano gli anni. I miei genitori si sono sposati a diciassette anni e a trentaquattro non erano ancora riusciti a generare l’erede che le loro famiglie bramavano.»
«Accusarono mia madre, sai? La accusarono di non essere abbastanza, di essere rotta ed inutile. Mio padre non fece nulla per difenderla e così mia madre iniziò a credere a quelle parole. Piangeva giorno e notte, e mio padre, invece di stare al suo fianco, iniziò a progettare con la sua famiglia una via di fuga, un modo per separarsi legalmente senza intaccare il nome della famiglia. Avevano già trovato un’altra ragazza che sembrava perfetta a ricoprire il ruolo di signora de Montfort, una giovane strega particolarmente brillante che aveva appena compiuto diciassette anni. Ma mia madre non si arrendeva. Iniziò a lottare con tutte le sue forze per mantenere il titolo; sapeva che se fosse successo, se si fosse separata dal marito, sarebbe stata esiliata dalla sua stessa famiglia, per non essere stata all’altezza delle aspettative. Scoprirai che nelle famiglie Purosangue basta poco per essere cancellati dall’albero genealogico.»
Lydia lo aveva già sentito raccontare. «E cosa successe?» Nonostante il disgusto che provava per quello che avevano fatto, Lydia non riuscì a trattenere la curiosità.
«Fu la mia balia a raccontarmelo, anni dopo. Durante un ricevimento, un’amica confidò a mia madre che anche lei aveva avuto le stesse difficoltà. Le raccontò di uno stregone nel Madagascar, possedeva conoscenze ignote ai Pozionisti più abili di tutto il mondo, ed era riuscito a imbottigliare l’essenza stessa della fertilità. Mia madre lo prese come un segno del destino. Non rivelò a nessuno, tranne alla mia balia che a quei tempi era la sua dama di compagnia, le informazioni che aveva raccolto. Il giorno dopo venne convocata dalla famiglia di mio padre. Le proposero un accordo, un accordo per annullare il matrimonio, per renderlo possibile però occorreva il consenso di mia madre. Le promisero una tenuta in campagna, lontana dagli occhi della società, con ricchezze abbastanza consistenti da farle vivere un’esistenza agiata per il resto della sua vita. Mia madre disse che avrebbe accettato solo se loro le avessero concesso un’ultima opportunità; disse che aveva bisogno di un viaggio spirituale per purificare la sua magia e il suo sangue. I miei nonni valutarono che avevano aspettato fino a quel momento, se concederle altro tempo avrebbe impedito uno scandalo, ne valeva la pena. E così la lasciarono partire, anzi, le organizzarono alcune tappe nei luoghi che erano più conosciuti per quel genere di pratiche. Sapendo quanto la purezza del sangue abbia valore per alcuni maghi non ti stupirà sapere che esistevano dei veri e propri viaggi verso la ricerca del proprio fulcro magico, né che sono pratiche tutt’ora frequentare dai più fanatici.» No, non la stupiva per niente. «E mia madre partì, in compagnia solo della sua dama. Il viaggio fu lungo e pericoloso, mia madre fu sottoposta a trattamenti a volte anche disumani.» La signora O’Brien rabbrividì e Lydia capì che le avrebbe raccontato solo una parte degli orrori che sua madre aveva dovuto sopportare. «Attraversò diversi Paesi per raggiungere la sua destinazione, ed in ognuno di essi fu costretta a sottoporsi a pratiche di ogni genere. Salassi con Dewlortes, piccoli lombrichi repellenti che succhiano il sangue delle loro vittime, intrugli con Essenza di Belladonna e Aconito, camminate su carboni ardenti o fino a raggiungere le vette di montagne invalicabili. In Tanzania la costrinsero a bere un decotto con uova di Acromantula. La mia balia la implorò di fermarsi, di tornare a casa, ma mia madre non la ascoltò. Aveva passato gli ultimi anni a sentirsi inutile, sbagliata e rotta. Aveva intenzione di dimostrare a sé stessa e agli altri che si erano sbagliati su di lei. E così proseguirono il loro viaggio e finalmente giunsero in Madagascar. La mia balia non mi rivelò il nome dello stregone, forse non era così importante o forse aveva paura che in un futuro avrei provato a cercarlo. Disse solo che era un uomo di poche parole, che leggeva il Destino nelle ossa di drago e viveva di ciò che gli donavano la Natura e la magia. Ascoltò in silenzio la storia di mia madre, lei lo implorò di darle la pozione, gli mostrò il forziere pieno di dobloni d’oro che si era trascinata sulla spalle per tutto il viaggio. Lui rifiutò i soldi, ma avvertì mia madre del grande pericolo a cui stava andando incontro; sì, forse la pozione le avrebbe dato ciò che più desiderava ma il costo sarebbe stato alto. La mia balia tentò di nuovo di far ragionare mia madre, le disse che non ne valeva la pena, che avrebbero potuto costruirsi una nuova felicità nella tenuta offerta dalla famiglia di mio padre. Ma lei non la ascoltò, anzi, la minacciò e le disse che se non approvava la sua decisione poteva anche andarsene, che poteva fare a meno di lei. La mia balia mi raccontò che in quel momento non riconosceva più mia madre. Una bramosia si era impossessata di lei da quando aveva messo gli occhi sulla pozione. Lo stregone le disse che era il cuore di drago in essa contenuta ad attrarla e a farle questo effetto. Intrapresero il viaggio di ritorno, mia madre stringeva la pozione tra le mani come se fosse già quel figlio che tanto desiderava. Quando tornarono in Inghilterra, mio padre e la sua famiglia le concessero quell’ultima possibilità che lei aveva richiesto. Sei mesi dopo avrebbero convalidato l’annullamento e il loro matrimonio si sarebbe concluso. Mia madre prese la pozione ed entro poche settimane scoprì di essere incinta di me. I miei nonni erano felicissimi, organizzarono feste e ricevimenti per celebrare il lieto evento, e mio padre proclamava a tutti quanto fosse orgoglioso di sua moglie, come se non avesse cercato di lasciarla per una donna più giovane. La gravidanza proseguì ma ad ogni mese che passava mia madre era sempre più debole. Non so quale sia stata la causa precisa, se la pozione stessa o i rituali per purificare il sangue, so solo che pochi giorni dopo la mia nascita, mia madre morì.» Gli occhi della signora O’Brien si velarono di lacrime. «La balia mi disse che morì felice. Aveva compiuto il suo dovere e moriva come Jane de Montfort, genitrice di una nuova stirpe de Montfort. Nessuno aveva avuto il coraggio di dirle che io ero femmina.»
Lydia sentiva un nodo alla gola. «Deve essere stato difficile crescere senza sua madre.»
La signora O’Brien alzò le spalle. «Avevo la mia balia. È stata come una madre per me negli anni della mia infanzia. Mio padre mi ignorava. Dopo tutta l’attesa e le aspettative non ero l’erede che aveva sempre sognato, nonostante abitassimo nella stessa casa lo vedevo poco. Questo non significava che ero libera di fare quello che volevo, no. Per lui ero comunque una risorsa preziosa: se non ero io l’erede che aveva desiderato, allora lo sarebbe stato il mio primogenito.»
«Suo padre non ha mai tentato di… avere un altro figlio?» chiese Lydia, sperando di non suonare troppo invadente.
 «Ci ha provato. Un mese dopo la mia nascita aveva già iniziato una relazione con la ragazza che aveva pensato di prendere in sposa per rimpiazzare mia madre. Non ci fu nessun matrimonio, sia perché mio padre avrebbe dovuto essere nel periodo di lutto, sia perché non voleva trovarsi di nuovo nella stessa situazione che aveva dovuto affrontare con mia madre. Per dieci anni passò da una donna all’altra, promettendo che avrebbe sposato chi di loro gli avrebbe dato un figlio.»
«E cosa successe?»
Il sorriso della signora O’Brien aveva un accenno vendicativo che Lydia non si sarebbe mai aspettata di vedere. «Mio padre fu obbligato ad ammettere l’amara verità. Non era mia madre a non poter avere figli, era lui. Anche se ovviamente tutti hanno continuato ad accusare mia madre.»
«Mi dispiace per quello che ha dovuto passare.» disse sinceramente Lydia.
La signora O’Brien guardava fuori dalla finestra, persa nei ricordi. «Almeno non sono cresciuta da sola. C’era la mia balia, l’amica più fedele di mia madre con me. Ma poi ricevetti la mia lettera di ammissione ad Hogwarts. Mi accompagnò lei al binario nove e tre quarti il primo settembre del mio primo anno. Fu il suo ultimo incarico. Venne licenziata quel giorno stesso e non la vidi mai più.»
La mente di Lydia stava cercando di processare tutte le informazioni. «Lei ha frequentato Hogwarts?»
La signora O’Brien sorrise. «Sono una Serpeverde, orgogliosa della mia Casa.»
La signora O’Brien era una strega. E una Serpeverde. A Lydia sembrò che il mondo si fosse capovolto.
«Mio padre fu per la prima volta fiero di me. Come regalo mi donò la bacchetta di sua madre, che le era stata donata a sua volta dalla mia bisnonna e così via per generazioni. Il dono più prezioso che una figlia o una moglie della famiglia de Montfort potesse ricevere. Per lui ero sulla retta via, nella stessa Casa in cui erano stati Smistati sia mio padre che mia madre prima di me. Nella Casa in cui, secondo lui, avrei stretto dei legami con le più pure famiglie purosangue.»
«E l’ha fatto? Ha fatto amicizia con loro?»
La signora O’Brien ridacchiò. «Ho fatto l’esatto contrario. Avevo già conosciuto quei ragazzi nei ricevimenti privati dell’alta società e mi stavano antipatici dal primo all’ultimo; alcuni non erano male, ma senza la spina dorsale per esprimere le loro opinioni. E così strinsi amicizia con altri ragazzi, tutti quelli che la mia famiglia sarebbe inorridita se fosse venuta a saperlo. E ovviamente vennero a saperlo. Non so chi fece la spia, ma a metà del primo anno ricevetti una lettera da parte di mio padre in cui mi ordinava di troncare subito le amicizie che stavo intrecciando o mi avrebbe ritirata da Hogwarts.»
«E lei lo fece?»
«Assolutamente no. Continuai a tenere i miei amici e minacciai mio padre. Se mi avesse ritirata da Hogwarts avrei detto a tutti che era a causa sua che mia madre non aveva avuto altri figli, ma soprattutto che la sua morte era avvenuta in circostanze misteriose. Sai quanti danni può fare una chiacchera rivolta alla persona giusta? Sarebbe bastato dirlo ad un mio compagno di Serpeverde e la storia avrebbe cominciato a girare prima ad Hogwarts e poi nei circoli più rispettabili della società magica. Alcuni Purosangue sono spietati e assassini, ma preferiscono agire nell’ombra, senza che la società venga a saperlo, per poter mantenere quella finzione di essere gente per bene. Lo avrebbero isolato all’istante e addio alle ambizioni di rendere di nuovo grande il cognome di famiglia. E così mi lasciò frequentare Hogwarts e io feci qualcosa di anche peggiore.» Lydia non riuscì a immaginare cosa. «Creai un club per i diritti dei babbani e dei Nati Babbani. Il professor Silente fu particolarmente entusiasta del mio progetto e mi fornì il suo pieno appoggio. Ed iniziò la mia piccola rivoluzione. Incominciai i miei primi comizi proprio nella Sala Grande. Ritrovai pochi consensi, la maggior parte degli studenti mi ignorava, altri mi prendevano in giro ed altri ancora mi insultavano. Uno di questi era proprio Dorian.»
«Suo marito?» chiese stupita Lydia.
«Proprio io.» disse una voce alle sue spalle facendola sobbalzare. Il signor O’Brien era appoggiato alla porta della cucina, le braccia incrociate al petto ed un sorriso che gli distendeva il volto.
«Da quanto tempo…?» Lydia non si era accorta del suo arrivo, talmente era concentrata sulla storia della signora O’Brien.
Il signor O’Brien si avvicinò a loro e si sedette accanto alla moglie. «Abbastanza. Non volevo disturbarvi.» Prese la tazza vuota della moglie e si versò il tè ormai freddo.
«Caitlin?» chiese la signora O’Brien, la preoccupazione tornata sul suo volto.
«È in camera sua. Non uscirà tanto presto.» Il signor O’Brien recuperò la bacchetta dalla tasca e picchiettò la punta sul bordo della tazza. La bevanda cominciò a bollire, una nuvoletta di vapore si sollevò prendendo la forma di un piccolo drago. «I ragazzi adoravano gli animali del tè.» ricordò con un sorriso. «Ma non stavate parlando di questo, giusto?» continuò «Piuttosto del mio essere uno stupido durante l’adolescenza. Prego, continuate pure.» Il tono scherzoso spezzò la tensione che si era creata in cucina durante il racconto.
«È proprio così.» continuò la signora O’Brien, dando una leggera gomitata al marito «Quando l’ho incontrato era un vero bastardo. Su quello non ti abbiamo mentito, Dorian è cresciuto anche lui in una famiglia Purosangue ed è entrato ad Hogwarts pensando che tutto quello che gli avevano raccontato sulla purezza del sangue fosse vero.»
«È stata lei a fargli cambiare idea?»
«Su questo non posso prendermi il merito.»
Fu il signor O’Brien a continuare il racconto, tra un sorso di tè e l’altro. «Come ho già accennato ero uno stupido, e non avevo intenzione di cambiare idea. Con i miei amici mi divertivo a fare scherzi a quelli che consideravo diversi da noi, e quando Rose ha iniziato a fare i suoi comizi ero sempre in prima fila per denigrarla. Ci odiavamo, non c’è altro modo per dirlo.» Si scambiarono un’occhiata piena d’amore. «Ne abbiamo fatta di strada da allora. Ma no, non è stata lei ad aprirmi gli occhi. È successo durante l’inverno del mio quinto o sesto anno, non ricordo bene.»
«Quinto.» tossicchiò la signora O’Brien.
«Era un inverno gelido, le temperature erano costantemente sotto zero e il Lago Nero era completamente ghiacciato. Un vero e proprio capolavoro.» Anche Lydia ricordava gli inverni ad Hogwarts, lo spettacolo del Lago Nero ghiacciato ripagava i costanti spifferi gelidi in tutti i corridoi della scuola. «Un pomeriggio io e i miei cosiddetti amici abbiamo deciso che sarebbe stata una grande idea pattinare sul ghiaccio. E sarebbe stata davvero una bella idea se qualcuno non avesse pensato bene di farmi uno scherzo. Uno di loro ruppe il ghiaccio su cui stavo pattinando facendomi sprofondare nell’acqua. Ti posso assicurare che non è piacevole trovarsi all’improvviso nell’acqua gelida del lago, uno strato di ghiaccio che ti impedisce di tornare a galla e respirare.» Lydia evitò di commentare che sapeva benissimo cosa si provava, era sicura che Lance non avesse mai raccontato quella storia ai suoi genitori. «E i miei amici? Loro si resero conto di cosa avevano combinato e scapparono. Non so se lo fecero per cercare aiuto o per evitare di essere scoperti. Non l’ho mai voluto sapere. E sai invece chi si tuffò a salvarmi? Un Sanguemarcio. Un mio compagno di classe che aveva assistito alla scena e non aveva esitato un attimo a salvarmi la vita, nonostante fossero ormai cinque anni che gli rendevo la vita scolastica un inferno. Quando sono tornato in superficie e ho capito cosa era successo è stato come risvegliarsi da un lungo sonno. E ho iniziato a mettere in discussione tutto ciò che pensavo e che ero.»
«E qualche tempo dopo si presentò di nuovo in prima fila ad un mio comizio.» proseguì la signora O’Brien «Ero pronta alle sue buffonate, e invece lui mi ascoltò in silenzio. Alla fine venne da me e mi disse che quello che stavo facendo era importante e di non smettere. Capì che era sincero e quello fu l’inizio della nostra relazione.»
«Non sapevo in cosa mi stavo cacciando.» scherzò il signor O’Brien, attirandosi un’altra gomitata scherzosa.
La signora O’Brien ricominciò a raccontare. «Avevo trovato alleati, ma non si poteva dire che mio padre fosse uno di loro. Lui disdegnava il mio impegno, ma sperava anche che con la fine della scuola e la conseguente fine dell’influenza del professor Silente su di me, avrei concluso anche quel capitolo sovversivo della mia vita.»
«E invece non lo fece.» provò ad indovinare Lydia.
La signora O’Brien annuì. «Anzi, la fine della scuola mi permise di allargare i miei orizzonti. Ci volle impegno e dedizione ma riuscii ad avviare la mia associazione per i diritti babbani e dei Nati Babbani. Il giorno dell’inaugurazione si presentò mio padre e mi rinnegò davanti a tutti. Vidi lo sdegno ma anche la soddisfazione nei suoi occhi mentre mi diseredava. Ma a me non importava. Non avevo bisogno di lui, né delle sue ricchezze, e fu quasi un sollievo per me essere libera dalla mia famiglia.»
Il signor O’Brien prese un biscotto. «Non posso dire lo stesso. I miei genitori presero ispirazione proprio dal padre di Rose per decidere di fare lo stesso con me ed eliminarmi dal loro albero genealogico. Ero scappato di casa durante l’estate prima del mio settimo anno, non sopportando le loro punizioni per il mio pensiero diverso, ma nonostante questo li consideravo ancora la mia famiglia. Fu un periodo molto duro per me.»
«Ma è lì che hai dipinto i tuoi quadri migliori.»
«Stai forse insinuando che non sono più bravo come una volta?»
«Proprio quello.» E senza rivolgere un altro sguardo verso il marito, la signora O’Brien continuò a raccontare. «Io e il mio team lavorammo strenuamente in un ambiente sempre più pericoloso. L’ascesa di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sembrava inarrestabile e coloro che si opponevano a lui sparivano nel nulla.» Un’ombra di dolore le oscurò il viso. «Anche alcuni dei miei collaboratori subirono la stessa sorte. Ma nonostante questo, nonostante il cugino di Dorian ci odiasse e avesse promesso di vendicarsi contro di noi, fu solo quando scoprimmo di aspettare Duncan che ci trovammo a temere per la prima volta per le nostre vite. Dovevamo compiere una scelta. O continuare a combattere, o proteggere a tutti i costi la vita di nostro figlio. Fu una decisione difficile ma quando stringemmo per la prima volta Duncan tra le nostre braccia capimmo all’istante quale fosse quella giusta. Sparimmo nel nulla, volevamo far credere di essere morti, così da poter ricominciare a vivere nel mondo dei babbani, e far crescere la nostra famiglia. Fu un azzardo continuare ad utilizzare il mio cognome, ma fu anche una mia vendetta personale contro mio padre. Aveva fatto di tutto per eliminare prima mia madre e poi me dalla famiglia de Montfort. Ora avrei usato il suo cognome per la mia copertura babbana. Funzionò. Dorian iniziò a vendere i suoi dipinti mentre io venni assunta in un’associazione benefica. Furono anni pieni di gioia e spensieratezza. »
«Fino all’arrivo della lettera.» concluse il signor O’Brien.
«Prima quella di Duncan, quando ci trovammo a decidere se tornare nel mondo della magia. Il Signore Oscuro era stato sconfitto, il cugino di Dorian era rinchiuso ad Azkaban e a noi non sembrava giusto negare ai nostri figli la magia. E così accettammo. Forse avremmo preso una decisione diversa se avessimo sospettato il destino che ci attendeva.» La signora O’Brien sospirò «Come ti dicevo, quando Lance ricevette la sua lettera e scoprimmo che Caitlin era una Magonò, ci crollò il mondo addosso. E anche a lei. La mia povera bambina era spezzata. Viveva in una famiglia di maghi ma era condannata a vivere senza magia. Così presi la decisione più importante di tutta la mia vita. Se la mia bambina era costretta a vivere senza magia allora l’avrei fatto anche io.»
Lydia non riusciva a credere alle proprie orecchie. «Lei ha rinunciato alla magia?» Aveva sentito dei sussurri su persone che avevano rinunciato alle loro bacchette per amore, ma non pensava che esistessero realmente. Che l’amore di qualcuno potesse essere così grande.
«È stata dura, non lo nego, ci sono state occasioni in cui avrei desiderato usare il mio potere. E così ho eliminato la tentazione.» Lydia sentì un peso al cuore quando capì cosa intendeva dire. «Ho spezzato la mia bacchetta e ho bruciato le due metà. Non l’ho mai detto a Caitlin, non volevo che si sentisse in colpa per la mia scelta. L’ho fatto e non me ne sono mai pentita.»
Le informazioni vorticavano nella mente di Lydia. «C’è una cosa che non capisco.» si rese conto «Se entrambi siete stati diseredati dalle vostre famiglia, a chi appartiene questa casa?»
Le labbra della signora O’Brien si tirarono in un ghigno. «Questa è la tenuta di campagna che mio padre voleva donare a mia madre in cambio dell’annullamento del matrimonio.»
E Lydia finalmente ricordò dove aveva già visto il cognome de Montfort prima di vederlo sulla firma dei quadri del signor O’Brien. «Il vaso!» esclamò ad alta voce. Su un angolo della ceramica era stampato quel nome. Lydia non poteva confondersi, lo aveva aggiustato troppe volte!
«Mio padre aveva già trasferito alcune delle proprietà di mia madre in questa casa prima che lei rimanesse incinta.» le spiegò la signora O’Brien «Uno di questi era proprio il suo vaso di famiglia. Ammetto che godo ogni volta che i bambini lo distruggono. E ammetto anche che una sera l’ho buttato a terra io stessa.» continuò con una risata. «Qualche anno fa mio padre mi ha contattata. Una lunga lettera in cui mi spiegava di essere afflitto da una malattia incurabile, che gli mancava poco da vivere e desiderava vedermi un’ultima volta. Ho accettato il suo invito. I miei figli avevano già cominciato a frequentare Hogwarts, Duncan era appena diventato maggiorenne. E mio padre si è dimostrato per la prima volta nella sua vita fiero di me. Ha detto che alla fine mi ero resa più utile di mia madre, che avevo compiuto il mio dovere di generare un successore e ha nominato Duncan come erede della famiglia de Montfort. In realtà penso che neanche Duncan fosse stata la sua scelta ideale. Semplicemente non voleva che tutti gli averi della sua famiglia finissero nelle mani del Ministero.»
«Io le avevo detto di non accettare ma…» disse il signor O’Brien.
«Ma quella fortuna mi appartiene di diritto.» completò la moglie «Perché rinunciarvi solo per orgoglio? E almeno ho assicurato anche il futuro di Duncan.»
«Quindi questa casa appartiene a Duncan?» chiese incredula Lydia.
«Questa casa e tutte le altre sparse per il paese che usiamo come rifugi.» confermò la signora O’Brien «Usate per salvare i figli dei Nati Babbani che tanto detestava… mio padre si starà rivoltando nella tomba.» proseguì con soddisfazione «E sai quale è stato il momento migliore?»
Lydia scosse la testa.
«Quando ci siamo rivisti e lui ha iniziato a blaterare sul perfetto erede che Duncan sarebbe potuto diventare con la giusta motivazione, o sul fatto che fosse sempre utile avere un figlio di riserva come Lance, non ha mai neanche una volta nominato Caitlin. Non so se perché effettivamente non sapesse di lei, abbiamo tenuto la sua esistenza segreta da gran parte della società magica per evitarle pettegolezzi e altro dolore, oppure proprio per quello che era. Ma io gliel’ho detto.» La signora O’Brien era tornata a guardare fuori dalla finestra, completamente persa nei suoi ricordi. «Era sdraiato sul suo letto di morte e gliel’ho sussurrato all’orecchio. Le ho detto che aveva una nipote, che era una Magonò e che per l’amore che provavo per lei avevo spezzato la mia bacchetta. Quella stessa bacchetta che la mia famiglia aveva conservato per generazioni. Avresti dovuto vedere l’espressione del suo viso.»
«Cara, stai facendo uscire di nuovo la tua vena sadica.» la riprese gentilmente il signor O’Brien. Ma a Lydia non importava. Era come se un velo si fosse alzato e avesse visto per la prima volta i veri volti dei signori O’Brien. E le piacevano.
«Oh, giusto.» la signora O’Brien si raddrizzò sulla sedia e tornò a guardare Lydia. «Ovviamente Caitlin non è a conoscenza neppure di questo.» Lydia annuì, avrebbe mantenuto il segreto «Ma nonostante questo gesto abbia dato sollievo alla mia anima, non è stato lo stesso per la mia famiglia. Il lascito di mio padre non ha contribuito a migliorare la situazione. Lance non era geloso delle ricchezze ereditate da Duncan, anzi, era sollevato che non fossero toccate a lui, ma Caitlin non fu altrettanto contenta. Per lei avrebbe significato poter finalmente diventare indipendente e separarsi da noi, dalla nostra magia.» Le spalle della signora O’Brien si curvarono, la tristezza tornò a scolpire i suoi lineamenti. Il signor O’Brien le posò una mano su una gamba. «Ho scoperto così che avere la mia piccola vittoria su mio padre non era poi così importante per me. L’unica cosa che vorrei davvero sarebbe poter tornare a vedere la mia famiglia in pace, come negli anni passati nel mondo babbano. Vorrei poter sentire di nuovo le risate spensierate dei miei figli.»
Il signor O’Brien le strinse la mano e la moglie si riscosse. «Tutto questo per chiederti di non giudicare Caitlin. So quanto possa essere difficile, ma sotto il suo cuore di pietra si nasconde un’anima che ha solo bisogno di comprensione e di amore.» La signora O’Brien la guardava implorante e Lydia si ritrovò ad annuire.
Il signor O’Brien estrasse il suo orologio da taschino. «Per tutti i troll!» esclamò «Devo iniziare a cucinare l’arrosto se oggi volete pranzare!»
Lydia scattò sull’attenti e si alzò dal tavolo. Ma prima di uscire dalla stanza si voltò un’ultima volta verso la signora O’Brien. «La ringrazio.» le disse «Per avermi raccontato tutto.»
La signora O’Brien le rivolse un dolce sorriso. «Tu e i bambini fate parte della nostra famiglia ormai. Meritavi la verità.»
Non sapendo cosa rispondere e sentendosi in colpa, Lydia uscì dalla stanza.
 

 
12 Ottobre 1988
Ciao Caitlin,
Come va?
Qui tutto bene, più o meno. Si avvicina la prima partita di Quidditch, Grifondoro contro Corvonero. E i Grifondoro si stanno comportando malissimo. Non li sopporto più.
Scusa, avevo promesso di non parlare più della scuola. È per quello che non mi rispondi mai? Perché non vuoi sentire parlare di Hogwarts? Va bene lo stesso, Caitlin, possiamo parlare di tante altre cose belle. Come delle caramelle. Mi mancano le caramelle del mercato… pensi che se glielo chiedo la mamma me ne invia un pacchetto? O potresti prenderle tu come facevamo sempre prima della lettera.
Mi mancano le nostre giornate passate insieme.
Ti ho scritto quasi tutti i giorni, ho chiesto a mamma se le mie lettere ti sono arrivate e mi ha risposto che sei tanto impegnata con la scuola. Lo capisco. Ma ti prego, puoi rispondere almeno a questa?
Ti prego, Cait…
Mi manchi.
 
Lance (tuo fratello)




Curiosità: E' stato da questo capitolo che ho iniziato a considerare 'Piume di Cenere' una 'storia di storie'. Ogni personaggio che appare vuole raccontare la sua storia e chi sono io per impedirlo? xD Quindi aspettatevi tante altre storie nei prossimi capitoli, spero possano piacervi <3
Altra curiosità: La data della lettera finale di Lance è legata agli eventi accaduti nel flashback del capitolo 15. Come vi avevo anticipato c'era un motivo per cui Lance si era comportato in modo molto diverso dal suo carattere (causando così la rabbia di Lydia e il relativo pugno) ed è proprio legato alla lettera ma soprattutto al fatto che Caitlin non ha risposto neanche a questa. E' questo il momento in cui Lance ha smesso di provare in tutti i modi di farsi perdonare da sua sorella ed ha iniziato a vivere la sua vita, anche grazie alla nuova amicizia con Lydia. 

Note: Grazie di cuore per le recensioni, per le letture e tutto il vostro supporto!
Un abbraccio, e alla prossima settimana <3

Emma Speranza

 
 
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Per informazioni o anticipazioni visitate la pagina Instagram ufficiale: @piumedicenere
 
  
   
 
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