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Autore: ClaudiaSwan    17/09/2009    10 recensioni
L’amore è sempre
pronto a resistere a qualsiasi tempesta… La morte è una tempesta abbastanza
forte da spazzarlo via? no… non per me… altrimenti non sarei qui…ma l’amore è
anche pronto sul serio a rinnovarsi e a far spazio a nuovo amore?

La certezza degli
occhi di Robert fissi su di me mi fa sperare di si. Che l’amore nuovo si
affianchi a quello vecchio senza coprirlo mai.

Robert.
Alessia.
Lui inglese, lei italiana. Lui attore sulla cresta dell’onda,
lei aspirante fotografa di successo. Lui tradito dalla sua ragazza, lei
innamorata di un angelo.
Lui che non ha idea di cosa sia veramente l’amore perché non
è mai stato veramente innamorato e lei che di questo sentimento sa tutto, anche
la parte più dolorosa.
Alessia e Robert vivono due vite completamente diverse,
hanno sogni completamente diversi, esperienze totalmente diverse. Eppure hanno
un punto in comune: Mattew Holsen, un nome che per tutti e due significa
tantissimo. E sarà proprio lui a metterli insieme, a far combaciare due anime
completamente differenti ma bisognose di sentimenti forti e veri, a mettere in
discussione le certezze più profonde e radicate in loro, a fargli scoprire che
sono due pezzi di un unico puzzle e che l’incidente stradale che li ha fatti
incontrare… non era altro che il destino che bussava alla loro porta cercando
di essere ascoltato.
Una storia in due pov, che amo e che cresco come un figlio. Ho
cercato di rendere Robert più possibile vicino a come penso sia nella realtà,
prendendo spesso spunto da fatti veri della sua vita ma prendendomi anche delle
piccolissime licenze poetiche. Questo è il mio Robert.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'ubi tu Gaius, ibi ego Gaia'
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Crawl





Dopo una giornata così, fatta di licenziamenti ancora prima di essere assunte e di incidenti stradali con sconosciuti o quasi, c’è da biasimarmi se appena arrivo a casa la prima cosa che guardo è il frigo? Io mi sento in colpa già solo a guardarlo, ma sono troppo a terra per pensare ai giri di corsa dell’isolato che dovrò fare per smaltire quello che mangerò da qui ai prossimi cinque minuti e per l’intera serata.
Tempo di togliermi i vestiti porta-sfiga e mettermi comoda che sono già sul divano con una scatola di muffin al cioccolato e una bottiglietta di the alla pesca. Svogliata e disperata, accendo la tv sperando che sulle reti italiane, vista l’ora, ci sia uno di quei programmi tipo Forum per vedere gente che si scanna e si fa a botte perché la signora del quinto piano ha un pesce rosso nonostante, bello grosso, appeso nell’atrio del palazzo, ci sia l’avviso “è vietato tenere animali in questo condominio”. Vedere che c’è gente più depressa di me per dei motivi idioti mi fa sentire quasi normale. Trovo il tanto desiderato programma e sprofondo nel divano.
Dopo un’ora e mezza di muffin il mio stomaco reclama altro e decido che imbottirmi di schifezze è il minore dei miei mali. Ordino una pizza gigantesca e inizio a gironzolare per casa.
Casa mia è un grande attico, più che attico una mansarda soppalcata da un lato. Adoro casa mia. Ultimo piano, finestre tanto grandi che fanno entrare un sacco di luce a qualunque ora del giorno, palchetto ovunque tranne che in bagno. In due pareti su quattro più le colonne avevo lasciato la pietra a vista che doveva aver messo il precedente inquilino e il resto l’avevo verniciato di un tenue color panna. È una casa spaziosa ma calorosa e accogliente. Forse troppo grande per una persona sola ormai…comunque, la adoro.
Dopo venti minuti di gironzolamenti e zapping, suona il campanello. Pizza! La prendo e me la porto di sopra in camera da letto. Se mi metto a fare qualcosa di manuale, magari la smetto di pensare a quanto questa sia stata una giornata da piazzare al primo posto nella hit parade delle mie giornate di merda.
Appoggio la pizza sul pavimento e mi armo di cacciavite, viti e staffe. Mi siedo sul pavimento e prendo il primo tronco facendo attenzione a non rompere i rami. Ci avevo messo una vita a segarli e scartavetrarli ad arte e rovinare la mia opera più bella e impegnativa, non era proprio il caso.
Prendo una fetta di pizza e le do un morso studiando con gli occhi i pezzi per la struttura del mio letto made by me.
- Se continui a mangiare muffin e pizza dubito di poterti ammirare di nuovo sulle pagine di un giornale -
- Zitto Matt, ho avuto una giornataccia- mugugno non alzando gli occhi dal primo tronco. Forse dovevo prendere anche dello spago grosso. Ci sarebbe stato bene e avrebbe reso la struttura più solida.
- Lo so- dice sedendosi sul mio letto e andando a sbattere con gli stinchi, come sempre, contro il bordo sporgente della struttura.
- Perché non ti sei fatto vivo, allora? Avevo bisogno di te- gli rispondo addentando un altro morso di pizza e continuando a pensare a spago e viti.
- Non avevi bisogno di me, te la sei cavata benissimo da sola- dice sdraiandosi sul materasso con le gambe a penzoloni.
- Si, come no - sbuffo. Talmente bene che me l’ero data letteralmente a gambe dallo studio di Gary Marshall, avevo mandato a ‘fanculo mezza New York e fatto un incidente stradale. Senza contare che la mattina non ero riuscita a scattare nemmeno una foto. A parte questo, direi che andava tutto alla grande. Ma per favore! Lo guardo esasperata e mi alzo dal pavimento. È ora di trapano e chiodi. Meno male che il soppalco su cui avevo sistemato la camera da letto era spazioso, altrimenti non saprei dire proprio come avrei fatto a posizionare quello che restava di due alberelli alla distanza giusta per inchiodarli insieme con tre rami lunghi e sottili.
- Ma non sei mai stanca di rivoluzionare di continuo questa casa? Mi hai rotto le scatole per un sacco di tempo per questo letto senza testiera, che sembra più un futon che un letto, e ora che ci fai? Lo rovini bucandolo ovunque e inchiodandoci rami secchi?- . Matt proprio non capisce. Ho bisogno di tenermi occupata, sempre. Devo spiegarglielo io?
- Non ho avuto il posto, ergo non posso comprarmi quel letto fantastico che ho visto sulla East. Quindi me lo faccio da sola - dico dando la prima martellata per fissare la prima sbarra. Ci avevo messo mesi a raccogliere e preparare tutto il materiale, sperando però di doverlo utilizzare per altre creazioni e non per il letto. Quello sarebbe stato il mio regalo di assunzione.
- E questo ti da il diritto di sradicare alberi dalle strade?- mi chiede dal letto.
- Non li ho sradicati io, e lo sai. Li hanno sradicati altri. Li ho solo scartavetrati e tagliati secondo le mie necessità - rispondo battendo il martello sul chiodo fino a quando non entra. Ne pianto ancora uno per essere sicura della solidità e poi passo all’altro legno, da piazzare un po’ più sotto.
Fare questi lavori di bricolage mi aiuta. Mi distrae. Mi aiuta a non pensare e a scaricare le mie energie. Molte cose nella nostra casa…cioè nella mia casa, le ho fatte io.
Checché Matt ne dica, non sto inchiodando solo rami secchi. Sto realizzando il mio letto da fiaba. Il mio letto a baldacchino da principessa dei boschi. Avevo anche comprato in un vecchio e polveroso negozio di tessuti il tulle e la garza bianca per le tende da appenderci una volta finito.
- Ma anziché stare qui a giocare a fare Geppetto, che ne diresti di uscire Ale, magari con un ragazzo? O almeno con degli amici - dice Matt togliendomi il martello di mano. Ma quando si era alzato? Alzo la testa e lo guardo. Quegli occhi neri erano tutto il mio mondo. Quei capelli mossi un po’ lunghi che gli scendevano sulla fronte facevano da cornice ad una vera e propria opera d’arte: il suo viso. Quegli occhi profondi, quel naso così dritto e perfetto, e quelle labbra…Dio sarei morta su quelle labbra, così piene e ben disegnate. L’amore della mia vita mi chiede di uscire con un ragazzo. Senza che me ne rendessi conto lo trovai seduto di fianco a me, ad abbracciarmi e asciugarmi le lacrime con le dita.
- Scusami Ale, scusa, scusa, scusa, scusa- sussurra al mio orecchio cullandomi, mentre i miei singhiozzi si fanno più forti.
Come poteva mai chiedermi una cosa del genere? Come? Come avrei potuto anche solo pensare di uscire e divertirmi senza di lui? Quella giornata era già stata un inferno da sola senza che ci si mettesse pure lui con le sue solite frasi. È meglio se esci, Ale. Prima o poi dovrò andare via, Ale. Perché ti ostini a restare un’infelice, Ale ? Sempre le stesse frasi, che finivano ogni volta per toccarmi nello stesso modo e ogni volta a portarmi alle lacrime. E ogni volta era lui a consolarmi. Lui a ferirmi, lui a ridarmi il sorriso, lui a farmi sentire viva, lui a restarmi accanto quando nessuno era riuscito a farlo. Lui che io non lasciavo mai andare via. Lui per cui io sarei morta volentieri pur di dargli la vita.
- Dai tesoro mio, calmati- mi sussurra all’orecchio.
Annuisco con la testa accettando un fazzoletto. “sono qui per te” dice affondando le sue lunghe dita affusolate nei miei capelli.
- Non alla Grey’s Anatomy, vero?- dico tra i singhiozzi, cercando si fare la spiritosa.
- No, amore. Non alla Grey’s Anatomy- mi risponde paziente con un largo e tenero sorriso sulle labbra.
- Lo vuoi finire questo letto? Ti aiuto?- dice ridandomi il martello, per cambiare discorso. Annuisco asciugandomi quel che resta delle lacrime con il dorso della mano e gli sorrido.
Passammo tutta la sera a montare tutti i pezzi del nostro…mio letto, ridendo e scherzando, non pensando più alle lacrime di prima, né alla mia brutta giornata.
A lavoro finito ci appoggiamo alla ringhiera del soppalco e guardiamo con aria critica la nostra opera.
- È venuto bene, no? beh mancano le tende, ma le taglierò domani in negozio per ammazzare il tempo- dico beandomi della genialata dei doppi bastoni per le tende che mi era venuta.
- Mmm…di che colore sono?- chiede lui incrociando le braccia al petto.
- Bianco panna, te l’ho già detto. Ma mi ascolti? - chiedo stupita.
Lui si ricordava sempre tutto. Ero io la smemorata cronica del nostro duo. Ma il suo sorriso amaro mi fa ricordare la triste realtà. Più tempo passa, più dimentica. Sento il mio cuore ritirarsi, farsi sempre più piccolo fino a scomparire. Ancora poco e l’avrei perso. Poco tempo. Troppo poco.
- Abbiamo ancora tempo, amore- dice cercando di tirarmi su e venendo a circondarmi con le sue braccia. Ma io so che non è così, so che mente. Abbiamo avuto già fin troppo tempo, più di quanto agli altri ne viene concesso.
- Dai, andiamo a letto tesoro- dice cullandomi nel suo abbraccio.
Mi avvicino per dargli un bacio, ma lui si scosta. - Sai che non posso-
- Ti prego, ne ho bisogno- lo supplico.
- Perderemo giorni…-
- Lo so…-
- E allora non chiedermelo-
- Ti prego-
Sospira. E mi bacia, come solo lui sa fare, con tutte le emozioni che solo lui sa darmi, con il tocco leggero che solo lui ha, con tutta la passione e la dolcezza che ha. Le sue labbra fredde e morbide accarezzano le mie, la sua lingua le disegna, le bagna e le fa fremere di desiderio. Il mio cuore inizia a correre all’impazzata, il sangue scorre sempre più veloce dentro le mie vene. Ah se solo potessi strapparmi in cuore e raccogliere tutto quel sangue e donarli a lui.
Le sue mani scivolano leggere tra i miei capelli, tenendo la mia testa vicino alla sua. Le mie si aggrappano alle sue spalle, con la paura che lui possa scomparire da un momento all’altro.
Lo stavo perdendo, e più lo baciavo, più lo sentivo scivolare via. Lo volevo tenere con me, lo volevo stringere fino a farlo entrare nel mio corpo per dagli un posto in cui abitare, un posto dove poter essere vivo.
- Matt…- sussurro bisognosa.
- Ale…no - sussurra senza interrompere il bacio. Ha capito. Capisce sempre dove voglio arrivare.
- Per favore - lo prego ancora. Ho un disperato bisogno di sentirlo dentro di me, di farlo entrare e dagli il mio corpo, di dargli vita.
- Se ne andranno via mesi, amor mio- sussurra sulle mie labbra, fronte contro fronte.
- Lo so, ma io…voglio…-
- Sai quanto mi costa dirti di no?- sussurra ancora. Un rumore più forte di un sussurro avrebbe rovinato tutto.
- Ha senso avere tutto questo tempo senza poterti avere? Voglio poterti sentire in ogni modo possibile prima che tu muoia- dico stringendomi a lui, arricciando la sua maglietta preferita sotto le mie dita.
- Ale, io sono già…morto - dice guardandomi triste, allontanandosi dalle mie labbra.
Sentirglielo dire, ogni volta mi faceva precipitare in un baratro senza fine. Sentivo il mio corpo svuotarsi, le ginocchia molli…era terribile accettare la realtà. Lo è anche adesso.
- Ale…tesoro…non ho più molto tempo…se…se io ti dico si…ne resterà davvero poco…- dice stringendomi sempre di più a sé.
- Ti prego…- lo imploro ignorando il dolore che mi provoca questa scelta. Averlo un’ultima volta, sarebbe valso molto di più di mesi e mesi a vederlo scomparire lentamente.
Sospira, mi accarezza. - Amore…voglio una promessa in cambio-
- Tutto quello che vuoi-
Ormai piango senza freni. Le lacrime scivolano veloci sulle mie guance, una dietro l’altra, senza sosta, annebbiandomi la vista, privandomi dei suoi occhi neri.
- Voglio che tu trovi qualcuno Ale. Sono passati più di otto mesi. Non chiudere fuori il mondo, non smettere di vivere. Non posso andarmene sapendoti sola e triste…ho bisogno di sapere che hai qualcuno, fosse anche solo un’amica…- dice. È serio, le sue parole non mi lasciano spazio di compromesso. Prendere o lasciare. Gli rispondo con un bacio. Non voglio dirgli di si con le parole. Fa già abbastanza male dirle nella mente.
Sospira. Le sue mani mi riavvicinano al suo corpo, scivolano sui miei fianchi, mi accarezzano fredde e leggere. Scivolano sotto la maglietta e la sollevano, la sfilano, la lanciano sul pavimento. Le mie tracciano il contorno del suo viso, come se non lo conoscessero già a memoria. Si stringono nei suoi capelli, accarezzano il suo collo, scendono sulle sue spalle e sempre più giù a sfilare la maglietta che mi nasconde la grazia del suo corpo d’angelo. Il mio angelo.
Mi stende dolce sul nostro letto e sfila i miei pantaloncini. È delicato, è passionale, è forte, è deciso, è tenero. Le sue labbra morbide abbandonano le mie per andare a caccia sul mio collo e portarmi via sospiri, uno dopo l’altro. Lo sento. Lui è sicuramente frutto della mia immaginazione, ma lo sento. Sento la sua mano dietro la mia schiena che tiene legati i nostri bacini, quella che abbassa la spallina del mio reggiseno e scende a intrecciarsi alla mia. Sento le scie bollenti che la sua lingua lascia sulla mia pelle. Sento il suo corpo muoversi sul mio. Sento.
Fare l’amore con lui quella notte era la cosa più bella che mi fosse capitata da quando lo avevo perso. Quando entrò dentro di me, lo trattenni il più possibile fermo. Non potevo sopportare che lui mi lasciasse, non ancora. Ma quando si mosse, credo di poter dire di aver visto ad occhi aperti il paradiso. E lui non poteva che farne parte. Il mio corpo rispondeva al suo tocco, esattamente come lo facevano i tasti del suo pianoforte mentre suonava per me. Solo lui poteva suonare, solo lui conosceva lo spartito.
- Amore…- sussurra sulle mie labbra quando la magia finisce.
- Ti prego no…- sussurro capendo che era il momento di salutarsi per quella sera.
- Devo, o non avrò più forze per stare con te - dice scivolando al mio fianco sotto al lenzuolo.
- Ma gli angeli non restano perché hanno delle faccende in sospeso?- gli chiedo sperando in un si. Gliel’avrei resa impossibile, così lui sarebbe rimasto per sempre con me.
- Hanno un tempo limite per farlo, amore mio - dice baciandomi la fronte.
- Qual è la tua?-
- Non posso dirtelo, o non riuscirò mai a risolverla-
Sorride, sa che ha azzeccato il mio intento.
- Tornerò, non temere. Fino a che potrò io tornerò sempre da te, e ti aiuterò a mantenere la tua promessa -
Sto per replicare, ma il suo indice freddo si posa sulle mie labbra, impedendomi di protestare.
- Dormi bene, cuore mio -  sussurra mentre già il suo corpo inizia a dissolversi.
- Aspetta-
Ma lui se n’è già andato. Allungo la mano sul materasso e tutto ciò che trovo è solo il vuoto e tante, tante lunghe piume bianche. Succedeva sempre quando si indeboliva troppo. È  il segnale. Non c’è più tempo.





Ale e Matt





   
 
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