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Autore: Emma Speranza    30/11/2023    6 recensioni
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.
Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.
Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.
Dall'Epilogo:
​«Corri!»
Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.
Nulla li avrebbe salvati.
Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.
«Scusate, scusate!»
E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
Genere: Avventura, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Vari personaggi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 18
Cuor di Panna
 

Lydia Merlin stava escogitando qualcosa. E quando Lydia Merlin lo faceva, le persone attorno a lei dovevano cominciare ad avere paura. Il problema era che in casa O’Brien solo Lance era a conoscenza di quanto potesse diventare pericolosa. Per questo motivo, la mattina successiva alla tentata fuga di Caitlin, Lance continuava a lanciare occhiate indagatorie verso Lydia. Conosceva quella faccia. Non portava mai a nulla di buono.
E infatti Lydia aveva la mente altrove, le rotelle che giravano frenetiche in cerca di un’idea mentre con la forchetta spostava le sue uova strapazzate sul piatto.
«Tutto bene, Lydia?» chiese il signor O’Brien.
Lydia si riscosse. «Assolutamente sì.» ed iniziò a riempirsi la bocca delle uova strapazzate. Alcuni bambini tentarono di imitarla, provocando le ire della signora O’Brien.
«Non con la bocca piena Ewart! Simon, stai per soffocare! E poi non dire che non ti avevo avvertito.»
Lydia nel frattempo non si rese conto di nulla, troppo intenta a rimuginare su tutto quello che era accaduto e aveva scoperto negli ultimi giorni. Quella mattina Caitlin non si era fatta vedere a colazione, ma Lydia aveva sentito chiaramente i signori O’Brien fuori dalla sua stanza che cercavano di farla uscire. La signora O'Brien l’aveva persino pregata, promettendole in cambio tutto quello che desiderava, ma non doveva aver funzionato perché Caitlin non c’era e la signora O’Brien aveva un’espressione sconfitta dipinta sul volto.
La signora O’Brien sospirò ed allontanò il piatto. «Forza bambini, andiamo.»
«Mi occupo io di loro!»
L’intera tavolata si voltò a guardare Lydia, nel silenzio più assoluto.
E Lydia si chiese che cosa le era appena saltato in mente.
La verità era che il racconto della signora O’Brien del giorno precedente l’aveva colpita e per quanto avrebbe dovuto sentirsi ferita per come le avevano mentito facendole credere che fosse babbana, Lydia comprendeva i motivi che li avevano spinti a farlo e, anzi, si sentiva grata per il fatto che ora le avessero raccontato la verità. Soprattutto quando lei aveva fatto così poco per loro. Sì, aveva partecipato alle missioni e si era occupata delle pulizie, ma oltre a quello il suo contributo era stato minimo. Si era accorta delle difficoltà dei signori O’Brien negli ultimi giorni, con i bambini affetti dalla nostalgia delle loro famiglie, Lance sempre impegnato nelle sue pozioni e Katherine malata e quindi incapace di aiutarli. Eppure Lydia aveva fatto finta di niente, lasciando che fossero loro ad addossarsi le responsabilità. Ma ora, dopo che la signora O’Brien si era confidata con lei, che l’aveva considerata una parte di quella famiglia, il senso di colpa era difficile da sostenere. Voleva fare qualcosa per lei, alleviarle almeno il pensiero dei bambini per qualche ora.
«Cosa c’è?» chiese alla tavolata ancora intenta a fissarla ad occhi spalancati.
«Hai battuto la testa?» le chiese Duncan.
Lydia alzò gli occhi al cielo. «Voglio solo aiutare.»
«Da quando?» continuò Duncan, per nulla colpito.
«Smettila, Duncan.» intervenne Lance.
La signora O’Brien aveva perso le parole.
«Grazie.» disse semplicemente il signor O’Brien «Forza bambini, avete sentito Lydia? Oggi siete con lei, e mi raccomando, fate i bravi.»
Neanche il tempo di finire la raccomandazione che i bambini esplosero in urla di felicità, sbloccandosi temporaneamente da quell’apatia che avevano provato negli ultimi giorni. Le sedie grattarono sul pavimento, alcune caddero quando i bambini si alzarono con troppo entusiasmo. I signori O’Brien cercarono di calmarli, Duncan continuava a guardarla scettico e Lance approfittò della confusione per avvicinarsi a Lydia.
«Sei sicura di volerlo fare?»
Lydia si pulì la bocca con il tovagliolo. «Sicurissima.» In realtà no, non era convinta per nulla, ma sentiva che era la cosa giusta da fare.
«Posso venire con te, se vuoi.»
«Non devi finire la scorta di pozioni mediche per le altre Case Sicure?»
Lance dovette alzare la voce per farsi sentire sopra al frastuono dei bambini. «Posso farle un altro giorno!»
La sua forza di volontà stava già cominciando a cedere. Avrebbe voluto implorare Lance di rimanere con lei ed aiutarla, ma si costrinse a sorridere. «No che non puoi, ne hanno bisogno. Me la caverò, in qualche modo.»
Lance doveva aver percepito la sua insicurezza perché continuò a guardarla lievemente preoccupato. «Se hai bisogno di qualcosa chiamami.»
Lydia annuì e si alzò. I bambini continuavano a saltellare e parlare ad alta voce.
«Silenzio o vi trasformo tutti in rane!» urlò Lydia.
La minaccia funzionò perché il silenzio calò di nuovo sulla sala. Tranne una vocina eccitata che continuò a parlare senza neppure fermarsi a respirare.
«Davvero puoi trasformarci in rane?» chiese Henry «Io voglio essere trasformato in rana, voglio vedere quanto saltano in alto e sai che le rane mangiano le mosche? Voglio provare a mangiare una mosca, secondo te di cosa sanno? Magari sono come caramelle.» Non si accorse neppure delle facce disgustate degli altri bambini (e degli adulti presenti) «E poi voglio andare in uno stagno e incontrare altre rane. Dici che mi riconoscono? Posso fare amicizia con loro?»
Fu la signora O’Brien ad avere il coraggio di interrompere il monologo. «Lydia non diceva sul serio.» Poi si voltò verso Lydia. «Non dicevi sul serio, vero?»
Lydia non rispose, si limitò a salutare ed uscire dalla sala da pranzo con una ciurma di bambini al seguito. Ma la signora O’Brien poteva stare tranquilla. La trasformazione in rane l’avrebbe tenuta solo come piano di riserva.
 
Lydia rischiò di passare al piano di riserva prima di quanto immaginasse. Per esattezza appena misero piede al terzo piano e i bambini iniziarono a tormentarla.
«Cosa facciamo?»
«Giochiamo?»
«Facciamo i compiti?»
«Io non voglio fare i compiti!»
«Voglio giocare con le macchinine!»
«Io con le bambole!»
«Io voglio fare un disegno!»
«Possiamo cantare?»
Tutto ma non cantare. «Giochiamo a nascondino!»
La proposta di Lydia riuscì a convincere la maggior parte dei bambini, anche se alcuni di loro sbuffarono.
In ogni caso tutti accettarono di giocare, tranne Beatrix (che si mantenne a distanza, il gattino ancora vicino a lei e intento a leccarsi la pancia) e per evitare litigi, dovettero scrivere i nomi di tutti su dei foglietti così da poter estrarre chi avrebbe contato.
«Avete un contenitore dove mettere i foglietti?» chiese Lydia una volta finito di scrivere i nomi di tutti.
«Io ho questo.» disse Bethany (‘capelli ricci, orecchini a forma di unicorno’) porgendole il suo pupazzo a forma di orsetto.
«Emh… non so quanto possa aiutarci…» cercò di dire Lydia con gentilezza.
«Ma ha la cerniera!» rivelò Bethany, voltando il pupazzo a pancia in giù e rivelando la cerniera nascosta sulla sua schiena.
«Oh.»
E così svuotarono il peluche delle sue interiora e raggrupparono in un angolino dell’aula la sua imbottitura, sostituendola con i bigliettini.
«Chi estrae?»
«Io.» rispose velocemente Lydia per evitare ogni litigio. Si fece coraggio e infilò la mano all’interno del peluche.
Ad Hogwarts aveva dovuto dissezionare salamandre, purvincoli e troppi altri esseri da ricordare, per ricavare gli ingredienti delle pozioni, eppure usare un peluche in quel modo le fece altrettanto impressione. Quei bambini erano sadici.
Estrasse il primo biglietto che trovò e si schiarì la voce prima di leggere a gran voce: «Lizzie Porter.»
Si levarono altre proteste, in particolar modo da parte di Simon. «Volevo farlo io…» borbottò.
«Non si discute con le decisioni di Cuor di Panna.» ribatté decisa Bethany.
«Ma io non voglio contare…» si lamentò Lizzie.
Lydia dovette sopprimere un verso esasperato. «E va bene, cambiamo.» E infilò di nuovo la mano nelle interiora del peluche.
«Ti lasciamo cinque minuti da sola con i bambini e stai già insegnando loro come dissezionare qualcuno?» Con tutti i momenti in cui Duncan poteva comparire ovviamente doveva scegliere quello.
«Che ci fai qui?» sibilò Lydia, la mano ancora bloccata in Cuor di Panna.
Duncan sorrideva beffardo dalla porta dell’aula. «Volevo controllare che non ci fossero rane saltellanti in giro per il terzo piano.»
«Come vedi stiamo benissimo.» rispose Lydia.
Lo sguardo di Duncan scese verso la mano di Lydia. «Lo vedo.» Stava trattenendo una risata.
«E allora puoi tornare a farti gli affari tuoi.»
«Penso che resterò. Non ho nient’altro da fare.»
Lydia gemette disperata. «Vai da Katherine, sono sicura che ha bisogno della tua compagnia visto che è ancora rinchiusa in quarantena!»
Il sorriso di Duncan si incrinò. «Mi ha scacciato.» Questa volta fu il turno di Lydia di trattenere una risata. «Dice che sono troppo asfissiante.»
I bambini non erano altrettanto divertiti dalla conversazione. «Allora, giochiamo sì o no?» Daniel batté un piede per terra.
«E va bene.» Lydia estrasse un biglietto dal punto in cui avrebbe dovuto trovarsi lo stomaco di Cuor di Panna. «Matthew Riley!» Matthew alzò la testa stupito, un dito ancora infilato su per il naso.
«Bene, Matthew conta fino a venti. La tana è la finestra in fondo al corridoio e il campo da gioco è il terzo piano. Vietato scendere da basso, vietato arrampicarsi sui mobili, vietato aprire le finestre.» iniziò ad elencare Lydia, mentre i bambini annuivano energicamente. «Vietato entrare negli armadi e stropicciare tutti i vestiti, vietato uscire sul balcone e soprattutto…» continuò voltandosi verso Matthew, gli occhi ridotti a due fessure. «Vietato scaccolarsi.» Le dita di Matthew si abbassarono di colpo. Lydia si voltò verso gli altri bambini e batté le mani. «Possiamo iniziare.» Ma nessuno si mosse, tutti intenti a guardare un punto alle spalle di Lydia. La ragazza si voltò e si accorse che Matthew aveva alzato la mano. «Cosa c’è adesso?» chiese esasperata.
Matthew abbassò la mano. «Io so contare solo fino a dieci.»
La risata di Duncan risuonò nell’aula. Lydia respirò profondamente per impedirsi di spedirgli una fattura volante. Aveva dimenticato che Matthew aveva solo tre anni. «Lizzie. Tu conti con lui.»
«Ma io non voglio contare!» arrivò subito la protesta di Lizzie.
Lydia la guardò minacciosa. «O conti con lui o ti trasformo davvero in una rana.» Questo bastò a convincerla e a far iniziare finalmente il gioco. All’uno pronunciato da Lizzie e Matthew, i bambini schizzarono in tutte le direzioni. Vedendo l’aula improvvisamente deserta, Lydia si chiese se l’idea di giocare proprio a nascondino fosse stata realmente brillante come pensava. Chissà cosa potevano combinare quei bambini dispersi per l’intero piano. Ma poi il suo sguardo si soffermò su Duncan e il suo stupido sorrisetto. «Tu non ti nascondi?» gli sibilò superandolo a grandi passi.
Duncan ridacchiò. «Oh no, io sono qui solo a controllare.» Lydia decise che la tecnica migliore sarebbe stato ignorarlo. Pur di non stare nella sua stessa stanza, Lydia decise di partecipare anche lei al gioco, senza troppo entusiasmo però. Aprì la porta di uno dei due dormitori e si sedette tra due letti.
«Pssst!»
Lydia ignorò il richiamo.
«Pssst!»
«Via!» urlò Matthew in lontananza.
«Pssst!» continuò la vocina, sempre più insistente.
«Che vuoi?» sbottò Lydia.
«Sono qui!»
Lydia si abbassò per evitare che Matthew o Lizzie la vedessero passando davanti alla porta.
«Sotto il letto!»
Lydia lanciò un’occhiata in direzione della porta. Forse avrebbe fatto meglio a chiuderla, ma avrebbe dato troppo nell’occhio.
«Sono sotto il letto!» ripeté la vocina.
Lydia sospirò. Di tutti i posti in cui avrebbe potuto nascondersi, doveva scegliere proprio quello accanto ad Henry?
«Ssst!» provò a zittirlo.
Il risultato fu l’opposto. «Abbiamo scelto lo stesso nascondiglio! Sono troppo contento, adesso possiamo stare sdraiati qui fino a quando non ci scopriranno!» Lydia non riusciva ancora a vederlo. O meglio, si rifiutava di guardare sotto il letto da cui proveniva la vocina. «E passeranno ore! Si sono tutti nascosti nelle aule, o negli armadi, so che avevi detto che è vietato ma loro lo hanno fatto lo stesso. Ho visto Simon che si infilava dentro il cassetto delle scarpe. Non so come ha fatto!» Dei passi risuonarono dal corridoio «Ha fatto come i gatti, sai, loro si possono cacciare ovunque e…»
«Puoi stare un attimo in silenzio?!» scoppiò Lydia, incapace di trattenersi oltre.
Un urlo di trionfo si levò dalla porta e Matthew si scaraventò nel dormitorio. «Trovata!» urlò puntando il dito contro Lydia.
«Ragazzi!» urlò a squarciagola. «Ho trovato Lydia, è la prima eliminata!»
«Scusa…» disse la vocina da sotto il letto. Matthew si chinò e sollevò il lenzuolo, spiando sotto la rete.
«Ho trovato anche Henry!»
Lizzie si precipitò di corsa nella stanza. «Ma che fai?!» chiese rivolta a Matthew «Devi correre alla tana, se no vincono loro!»
«Ops…» Detto questo, Matthew partì di corsa verso la finestra alla fine del corridoio, seguito a ruota da Henry, che sfrecciò da sotto il letto talmente velocemente che agli occhi di Lydia apparve solo come un’ombra sfuocata. Lydia si prese invece il suo tempo per arrivare alla tana. Non aveva intenzione di correre come una disperata. E infatti, prima ancora di uscire dal dormitorio, Matthew urlò trionfante. «Lydia! Henry!» Almeno neanche Henry era riuscito ad arrivare prima di lui.
Il brutto dell’essere stata scovata subito era che avrebbe dovuto passare il resto del tempo in compagnia di Duncan, ancora appoggiato allo stipite della porta dell’aula per assistere alla scena. «Complimenti.» rise «Hai battuto un nuovo record. Meno di due minuti prima di essere scoperta.»
«Almeno io ho giocato.» ribatté Lydia velenosa «Tu invece cosa stai facendo?»
Duncan sollevò le spalle tranquillo. «Sorveglianza.»
Lydia avrebbe voluto buttarlo giù dalla finestra. Con un incantesimo rimbalzante sul giardino, certo, ma quanta soddisfazione le avrebbe dato farlo precipitare nel vuoto dal terzo piano.
Henry nel frattempo non doveva aver capito di aver perso. Era ancora più entusiasta di prima e saltellava da una parte all’altra, unendosi alla ricerca di Matthew e Lizzie. «Lo sai che Simon è riuscito a infilarsi nel cassetto delle scarpe? E ho sentito Christine mentre si arrampicava sopra all’armadio della nostra stanza! E non crederete mai a chi si è nascosto nella cesta dei panni sporchi.» Lydia si chiese come avesse fatto Henry a vedere dove si nascondevano tutti nei brevi venti secondi di conta. Fatto sta che con i preziosi suggerimenti di Henry, Matthew e Lizzie fecero tana a quasi tutti i partecipanti. E anche Emily, l’ultima rimasta in competizione, fu facilmente scoperta quando Henry si mise a sussurrare freneticamente ad una tenda.
La partita era finita ma le proteste erano raddoppiate.
«Non è giusto!» disse Emily.
«Henry è uno spione!» continuò Simon.
«E la partita è durata pochissimo!»
«Voglio giocare di nuovo!»
«Ma senza Henry.»
«Sì, senza Henry!»
Lydia dovette accontentare la maggioranza dei voti che volevano Henry eliminato a vita dal gioco. Henry non si dimostrò particolarmente offeso. Anzi, andò nell’aula delle elementari e un minuto dopo stava trascinando affannosamente un tavolo per posarlo accanto a Duncan, ancora fisso davanti alla porta. «Ho voglia di disegnare!»
Lydia si rivolse a Duncan. «Se fa ancora la spia ti do il permesso di Silenziarlo.»
Duncan si mise sull’attenti. «Signorsì, signora.»
«Anche tu dovresti essere eliminata.» Lydia impiegò diversi secondi per capire che Elinor Garcia si stava rivolgendo a lei.
«Come, scusa?» chiese stupefatta.
Elinor prese coraggio. «Ho detto che dovresti essere eliminata anche tu! Ti sei fatta scoprire subito e invece il gioco è più bello quando dura tanto.»
Simon si grattò il mento pensieroso. «È vero. È una vera schiappa.»
Gli occhi di Lydia si strinsero. «Io non sono una schiappa.»
Lizzie fece un piccolo passo in avanti. «Un po’ sì. Ci abbiamo messo un minuto a trovarti, e non ti eri nascosta neanche un po’.»
Henry ricomparve dall’aula e sparse sul suo tavolino tutti i pastelli a cera che era riuscito a recuperare. «Neanche io sono stato scoperto così velocemente. Sei proprio una frana, Lydia.» disse sinceramente prima di concentrarsi sul suo nuovo disegno.
Lydia spalancò la bocca. «Ma sei stato tu a farmi scoprire!»
Un verso strozzato si levò da Duncan, una mano davanti alla bocca per impedirsi di scoppiare di nuovo a ridere. «Mi dispiace, Lydia, ma i bambini sono la bocca della verità.» E nel tentativo di sopprimere le risate si trovò piegato in due e ad emettere strani versi dal naso.
Lydia sollevò le braccia esasperata. «Ma tu non hai una vita!?»
Simon si avvicinò a Lydia e le posò una mano su un braccio. «Mi dispiace, Lydia.» disse con voce solenne «Ma come membro anziano di questo comitato-»
«Quale comitato!?» ribatté Lydia, non riuscendo a credere a come la situazione si stava inesorabilmente rivoltando contro di lei.
«Ehi, non sei il più grande qui. Ci sono anche io!» disse nello stesso momento Lizzie, scocciata.
«E anche io!» brontolò Leonard Davis, anche lui di otto anni.
Simon parlò sopra alle loro voci. «- Sono costretto a dichiararti eliminata a vita dal gioco di nascon…»
Lydia gli tappò la bocca con la mano prima che potesse finire la frase. Simon scalciò per liberarsi, senza successo. «Datemi una seconda possibilità. Non sono una perdente!»
Vedendo che Simon non riusciva ad avere la meglio su di lei, e neppure a liberarsi, gli altri bambini furono più che propensi a lasciarla giocare di nuovo con loro. E così venne estratto un altro fogliettino dalle interiora di Cuor di Panna. Questa volta sarebbe toccato ad Emily contare.
Al via i bambini scattarono ancora in tutte le direzioni, e questa volta Lydia li seguì di corsa. Prendendosi prima due secondi per lanciare un incantesimo di scossa contro Duncan, ancora intento a ridere come un disperato.
Lo ammetteva, nella partita precedente non aveva preso sul serio la sfida. Ma nessuno poteva osare dire che Lydia Merlin era una perdente. Nessuno. Nemmeno un bambino. L’orgoglio era sempre stato il suo punto debole, specialmente se schiacciato senza pietà da dei semplici bambinetti, alcuni dei quali indossavano ancora il pannolino. No. Questa volta avrebbe dimostrato loro chi era la vera campionessa di nascondino. E se per farlo doveva barare, allora lo avrebbe fatto.
Barare era una parola grossa, si disse per alleviare la coscienza. In fondo nella lista di divieti che aveva stabilito ad inizio gioco non aveva inserito ‘Niente Magia’. Come prima cosa si rifugiò nel dormitorio in cui era stata scoperta nella partita precedente, di sicuro Emily non avrebbe pensato che sarebbe stata tanto stupida da nascondersi nello stesso posto. Controllò che la stanza fosse vuota. Fortunatamente nessuno l’aveva scelta come rifugio. Il suo piano era semplice ma geniale. Doveva Disilludersi e trovare un posto dove si sarebbe potuta camuffare il meglio possibile. Fu uno di quei momenti in cui constatò che avrebbe pagato oro pur di avere un Mantello dell’Invisibilità. Con quello sarebbe diventata la campionessa indiscussa di nascondino. Lydia scosse la testa. Doveva concentrarsi. Come la professoressa McGranitt le aveva ripetuto fino allo sfinimento durante le sue lezioni, la concentrazione era uno dei principi fondamentali della Trasfigurazione. Lydia prese fiato. La formula dell’incantesimo ben stampata in mente. Sollevò la bacchetta e la appoggiò sulla sua fronte. E la porta si spalancò ed entrò un Henry urlante: «Guarda che bello, Lydia! Ho disegnato una zebra!»
In seguito Lydia si domandò come avesse fatto Henry a disegnare una zebra e rincorrerla prima dello scadere dei venti secondi. In ogni caso Lydia si ritrovò davanti alla faccia il disegno di quella che doveva essere una zebra, con la mente però ancora concentrata sul suo incantesimo di Disillusione. E così avvenne il disastro.
Capì subito che qualcosa era andato storto, prima ancora che Henry spalancasse la bocca strabiliato.
Lydia fece l’unica cosa che le venne in mente. Corse verso il bagno dei bambini. Henry non perse tempo e si mise sulla sua scia, agitando freneticamente il disegno del misfatto.
«Lo voglio anche io, ti prego, ti prego, ti prego!» urlava contentissimo.
Lydia raggiunse lo specchio sopra al lavandino e tutti i suoi peggiori timori trovarono la loro conferma. Era completamente a strisce bianche e nere. Tutto. Capelli, occhi, viso, braccia, gambe. Sollevò il maglione e scoprì che anche la sua pancia era stata vittima della stessa sorte.
«Voglio diventare anche io una zebra! Ti prego…» Lydia non aveva parole, ma Henry ne aveva a sufficienza per tutti e due. «Oppure un leone! Puoi farmi crescere i capelli come una criniera? Argh!» fu il suo tentativo fallito di riprodurre il ruggito del leone. Lydia cercò di estromettere dalla propria percezione la voce di Henry. «E poi la coda! A te è cresciuta la coda? Ah… no… puoi farti crescere la coda?» Stabilendo che era impossibile ignorarlo, Lydia lo sollevò di peso e lo buttò fuori dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle. Henry cominciò a protestare e picchiare sulla porta.
Lydia tornò a guardarsi allo specchio. Come aveva potuto compiere un errore del genere? Lo sapeva come. Aveva ragione la professoressa McGranitt, Lydia aveva la concentrazione di un cammello in letargo. Non sapeva neanche da dove proveniva una citazione del genere, quella volta l’aveva esasperata oltre ogni dire. E probabilmente le avrebbe ripetuto la stessa frase se avesse potuto vederla ora. Lydia cercò di contenere il panico. Si prese il tempo per respirare profondamente. Niente, non era successo niente. L’aveva vista solo Henry, ma in fondo nessuno ascoltava più quello che raccontava quel bambino. Avrebbe potuto dire che si trattava sicuramente di un sogno, o di un’allucinazione dovuta ad una fuga di vapori dal laboratorio di Lance. Sì, su quello non doveva preoccuparsi. Ora doveva solo tranquillizzarsi abbastanza da riuscire a togliere l’incantesimo. Con un ultimo respiro profondo, Lydia si puntò al volto la bacchetta. «Finite incantatem.» pronunciò con calma.
Riaprì gli occhi. Le righe erano ancora presenti.
Si schiarì la voce. «Finite incantatem
Nulla. Sembrava ancora appena uscita da un film in bianco e nero.
«Fi-ni-te In-can-ta-tem.» sillabò, agitando la bacchetta con forza.
«Finite Incantatem.» La sua voce stava diventando sempre più isterica.
«FINITE INCANTATEM! FINITE!» La potenza dell’incantesimo lanciato le fece venire il mal di testa, ma il suo corpo continuava a rimanere completamente a strisce.
E se non esisteva un contro incantesimo? E se fosse stata costretta a vivere così il resto della sua vita? I suoi capelli rossi erano andati, gli occhi blu avevano perso ogni colore. La sua cicatrice spiccava ancora di più, rendendole il viso spettrale. No. Non poteva vivere così.
«FINITE INCANTATEM!»
Il panico ormai era impossibile da frenare.
Era un incubo. Sì, doveva trattarsi solo di un incubo.
Ma la dura realtà si presentò sotto forma della voce di Emily. «Trovata! Ho trovato Lydia! È chiusa in bagno!»
«Sì! È qui dentro!» confermò entusiasta Henry, inconsapevole dei danni che aveva causato.
La maniglia del bagno di abbassò e Lydia reagì per istinto. «Colloportus
Emily batté sulla porta. «Forza, esci! Ti ho beccata! Dobbiamo eliminarti a vita dal gioco! Simon ha detto che deve esserci una cerimonia, vero Simon?» Lydia non sentì la risposta di Simon, ma i passi di corsa sul pavimento le confermarono che i bambini aveva considerato la sua cattura come il termine della partita, e dai mormorii che sentiva al di là del muro capiva che erano tutti esaltati all’idea di poter assistere alla sua eliminazione.
«Ha detto di sì!» le spiegò Emily.
Poi subentrò la voce di Simon. «Dobbiamo stracciare il suo foglietto. E poi bruciarlo. E poi dovremmo farlo anche con Voi-Sapete-Chi!»
«Cosa c’entra lui?» chiese perplesso Daniel.
«Perché anche Voi-Sapete-Chi non può giocare con noi!»
Qualcuno batté sulla porta. «Forza Lydia.» disse Bethany «Dobbiamo eliminarti, insieme a Tu-Sai-Chi!»
«Non può, è diventata una zebra.»
«E i Mangiamorte. Anche loro non possono giocare con noi.» aggiunse Matthew, confermando la teoria di Lydia. Nessuno ascoltava Henry.
Ma al peggio non c’era fine. Una risata le confermò che anche Duncan si era avvicinato alla porta per godersi lo spettacolo. «Dai, Lydia!» la canzonò «Voglio proprio assistere alla cerimonia di esilio tuo e del Signore Oscuro dai giochi.»
Lydia, ormai succube del panico, improvvisò.  «Non posso! Sto vomitando!»
«Bleah!» fu la reazione schifata della maggior parte dei bambini.
Duncan non fu altrettanto impressionabile. «Non ci crede nessuno. Esci da lì, Lydia. Ammetti la sconfitta.»
«Mai!» fu la pronta risposta di Lydia. Lì si accorse di avere qualche problema di orgoglio.
«È una zebra!»
«Lo sapete che le strisce delle zebre tengono alla larga gli insetti?» si intromise Mike Spencer.
«E questo cosa c’entra?» chiese Lizzie.
«Non lo so.» rispose Mike «È Henry che ha parlato di zebre!»
Lydia voleva sotterrarsi. Guardò lugubre il lavandino. Era tutto perduto. Come poteva uscirne viva e con la reputazione integra?
«Perché Lydia è una zebra!»
Chiuse gli occhi aspettando il colpo di grazia.
«Smettila, Henry! Non stiamo giocando a scatoline chiuse…» rispose Simon.
«E comunque sei stato eliminato a vita anche da lì.» aggiunse Emily.
Lydia tirò un sospiro di sollievo.
Finché Duncan non picchiettò sulla porta. «Comunque Lydia ti conviene uscire. Ewart è corso da basso appena ha sentito la parola vomitare. I miei genitori non saranno tanto contenti di trovarti chiusa in bagno.» Dalla sua voce si capiva che stava sorridendo.
Bastardo.
«Cosa succede?» Non era la voce dei signori O’Brien.
Era peggio. Molto peggio.
«Lieto di vederti, Cait. Ti stavi perdendo un grande spettacolo.»
Cosa ci faceva lì Caitlin? Non si era chiusa in camera giurando di non uscirne mai più? Presa dalla rabbia, Lydia espresse i suoi pensieri ad alta voce. «Pensavo che avessi deciso di startene chiusa per l’eternità in camera tua.»
«Mi stavo annoiando.» rispose tranquillamente Caitlin «E stavo andando a rubare qualcosa per colazione ma ho incontrato Ewart sulle scale. Questo sembra molto più interessante.
Lydia ne aveva abbastanza. «Andate via tutti!»
Ma ovviamente tutti la ignorarono.
«Cosa hai fatto ai capelli?» chiese Caitlin. Per un attimo Lydia temette che riuscisse a vedere attraverso la porta.
«Niente.» L’ilarità nella voce di Duncan era improvvisamente svanita.
Prima che Lydia riuscisse a comprendere cosa stesse accadendo, una nuova voce si aggiunse al gruppo. «Cosa succede? Chi sta vomitando?» E tanti saluti al concedere una giornata di riposo alla signora O’Brien.
«Lydia.» rispose Lizzie.
«È una zebra!» concluse Henry.
La signora O’Brien si rivolse brevemente ad Henry. «Sì, hai disegnato proprio una bella zebra, perché non vai a finirla? Lydia, posso entrare?»
«No.» rispose secca Lydia.
La signora O’Brien dovette rimanerci male. «Come, scusa?»
Lydia guardò il proprio riflesso allo specchio. «Potrebbe essere… emh… contagioso.»
«Oh no!» esclamò la signora O’Brien «Ti sei presa l’influenza? Avevo detto a Katherine di non uscire dalla sua stanza, quella benedetta ragazza non mi ascolta mai.»
«Ehi!» protestò Duncan «Cosa c’entra Kate ora?»
«Già, cosa c’entro io?»
La situazione stava decisamente degenerando.
«Katherine! Torna subito nella tua stanza!» arrivò istantaneamente il rimprovero della signora O’Brien.
Seguito dall’ovvia lamentela di Katherine. «Ma sto bene! Ho sentito Ewart urlare sulle scale e volevo venire a vedere. Sembra interessante!»
«La smettete?» sbottò inviperita Lydia.
«Appena esci dal bagno.» rispose Duncan.
«Forse.» aggiunse Caitlin.
«A me scappa la pipì.» disse Mike.
E poi rumori di passi di corsa e un frastuono finale, come di una padella che si schiantava contro un muro. «Cosa sta succedendo? Ewart stava urlando qualcosa su qualcuno che sta morendo!»
«Lance! Dovresti essere in laboratorio!»
«Ma ho portato il laboratorio con me!» Adesso Lydia aveva proprio voglia di aprire la porta per vedere cosa stava succedendo. Ma una rapida occhiata alle sue sembianze bianco e nere la fermarono. No, doveva concentrarsi ed uscire da quel casino. Puntò decisa la bacchetta contro il proprio viso. «Finite incantatem.» sussurrò per non farsi sentire dai curiosi fuori dalla porta. Ma come risultato il nero divenne ancora più intenso, facendo risaltare maggiormente la cicatrice e donandole definitivamente l’aspetto di un mostro. «Stupida cicatrice.» sbottò.
«Ti fa male la cicatrice, cara?» La preoccupazione nella voce della signora O’Brien era sincera. Lydia provò a tranquillizzarla ma fu interrotta da Caitlin.
«Sei diventata Harry Potter ora?»
Duncan si unì subito allo scherzo. «Uh, le fa male la cicatrice, il Signore Oscuro è vicino… scappate!» Caitlin rise con lui ma la loro ilarità non durò a lungo. I bambini, ignorando che si trattasse di una burla, credettero davvero alle parole di Duncan ed iniziarono ad urlare terrorizzati e, dal rumore dei passi sul pavimento, a correre all’impazzata in tutte le direzioni. «No, fermi! Scherzavano!» provò a fermarli la signora O’Brien. «Cosa vi dice il cervello?!» Dai tonfi e i lamenti che si sentirono, Duncan e Caitlin furono colpiti da qualcosa.
«Ehi, il mio mestolo!» fu la protesta invece di Lance. Lydia approfittò del momento di panico totale per avvicinarsi alla porta, togliere l’incantesimo e aprirla di uno spiraglio largo solo qualche millimetro. La scena era surreale proprio come l’aveva immaginata. I bambini correvano all’impazzata, Duncan e Caitlin si massaggiavano la testa, e il primo aveva tutti i capelli dritti in testa, frutto dell’incantesimo di Scossa che gli aveva lanciato prima Lydia. Katherine se ne stava a qualche passo di distanza, cercando di afferrare i bambini e allo stesso tempo di smettere di ridere, la signora O’Brien teneva ancora in mano un mestolo e lo agitava cercando di riportare la calma. E in tutto questo Lance era appiattito contro un muro, stringendosi al petto un pentolone contenente una pozione rosso fuoco. «Mamma! Devo mischiarla o si condensa!»
«Immobilus!» La scena si cristallizzò. Tutti, tranne Lydia, si trovarono congelati nella posizione in cui si trovavano. Il signor O’Brien svoltò l’angolo del corridoio. «Non vi posso lasciare soli un minuto.» sospirò. «Bambini, qui siete al sicuro, non c’è nessun Mangiamorte e neppure Voi-Sapete-Chi, ma se non la smettete di urlare vi faccio mangiare rape sanguinarie per cena.» Lydia intravide gli sguardi di terrore o disgusto dei bambini. «Rose cara, restituisci il mestolo a Lance. Lance, torna nel laboratorio. Katherine, non hai ancora finito la quarantena quindi torna in camera tua o gira con un incantesimo Bolla d’aria, la scelta è tua. Duncan, Caitlin… con voi non so neanche da dove cominciare…» E poi il signor O’Brien si voltò verso il bagno, ma Lydia fu talmente veloce che chiuse la porta prima che potesse accorgersi che li stava spiando.
Il signor O’Brien riportò tutti in vita. Tra varie proteste e borbottii, ognuno di loro eseguì gli ordini.
«Lydia, è ora di uscire dal bagno. Se non ti senti bene possiamo chiedere a Lance una Pozione Rigenerante.»
«Mi scappa la pipì!» ripeté Mike «Me la sto facendo addosso.»
«Puoi andare nel bagno da basso.» rispose Katherine, la voce distorta. Doveva aver ascoltato il consiglio del signor O’Brien e usato un incantesimo Bolla d’Aria.
«È una zebra!» disse ancora Henry.
Il signor O’Brien si avvicinò alla porta. «Tornate tutti alle vostre occupazioni. Qui ci penso io.» E gli altri lo ascoltarono.
Nell’allontanarsi, Simon dichiarò: «Domani alle nove in punto ci troviamo per organizzare la squalifica di Lydia.»
Quando il silenzio si impadronì del corridoio, Lydia sentì dei tocchi leggeri sulla porta. «Sono andati tutti. Puoi aprire ora.»
Lydia non voleva ammetterlo, ma aveva bisogno dell’aiuto del signor O’Brien. E così aprì di nuovo la porta.
Il signor O’Brien non dimostrò nessuno stupore nel vederla in bianco e nero. «Anche a me capitava sempre di sbagliare Trasfigurazione. Era la rabbia della professoressa McGranitt.»
«Aveva già capito.» constatò Lydia appoggiandosi al lavandino.
«Ho capito da tempo che Henry può essere un po’ logorroico ma dice sempre la verità. Occorre solo avere la pazienza di ascoltarla.» E come se nulla fosse, con un colpo di bacchetta riportò Lydia alle sue sembianze originarie. Lydia non aveva mai amato così tanto i suoi capelli rossi. Persino la cicatrice nella forma originale le era mancata, nonostante il suo rossore perenne.
«Grazie.» disse sinceramente.
«Puoi andare a riposare, se vuoi. Dirò a tutti che hai vomitato, qualcosa sul mangiare troppe caramelle o torte al mattino, se mi permetti. Potrebbe essere una buona lezione per i bambini.» scherzò il signor O’Brien.
E dopo aver ringraziato ancora una volta, Lydia uscì dal bagno, dovendo però passare in mezzo al gruppo dei bambini per riuscire a raggiungere le scale. Caitlin era scomparsa. Rimanevano Duncan e Katherine, i lineamenti del volto di quest’ultima deformati dalla bolla attorno alla sua testa e i capelli che le fluttuavano attorno al volto come se si trovasse sott’acqua. Vedendo Lydia, i bambini fecero tutti un passo indietro e alcuni di loro usarono le maniche dei maglioni per coprirsi bocca e naso. Meglio, preferiva essere considerata contagiosa che ricevere domande indiscrete su ciò che era appena successo. Fece un cenno di saluto e superò il gruppetto, cercando di non saltellare e di mantenere un’espressione contrita. Ce l’aveva quasi fatta. Vedeva l’inizio della scala che l’avrebbe portata in salvo. Sentiva quasi l’odore della libertà. Ma poi Henry si piazzò in mezzo alla sua strada, un nuovo disegno sollevato sopra la testa.
«Lydia! Ho fatto un altro disegno! Adesso ti puoi trasformare anche in una giraffa!»
Lydia vide la scena scorrere al rallentatore. Lo sguardo dubbioso di Duncan, la scintilla di comprensione negli occhi sfuocati di Katherine e la sua dignità andare in frantumi.
«Non so come gli sia venuta in mente un’idea del genere.» tentò di salvarsi Lydia «La trasfigurazione umana è molto pericolosa e…»
SBAM!
La bacchetta di Lydia era già puntata alla finestra, l’adrenalina le vibrava nelle vene. Anche Katherine era in posizione d’attacco, mentre Duncan si era inginocchiato per uscire dalla possibile traiettoria di un attacco e aveva costretto Henry a rifugiarsi dietro alla sua schiena.
Un’ombra si era schiantata sulla finestra accanto a loro. Neanche il tempo di capire cosa fosse che la videro perdere la presa e cadere verso il basso. Lydia si lanciò verso la finestra ma l’oggetto era già fuori dalla sua visuale.
«Cosa diavolo era?» domandò Duncan.
Lydia non perse tempo a rispondere e corse verso le scale. Sentì dei passi alle sue spalle, Duncan la stava inseguendo. Scesero le tre rampe di scale saltando i gradini, spalancarono la porta d’ingresso e superarono l’angolo della casa per raggiungere il punto del giardino che si trovava esattamente sotto la finestra del terzo piano. Lance era già sul posto, inginocchiato a terra.
Duncan superò Lydia. «Spostati da lì, Lance! Potrebbe essere una trappola!»
Lance si voltò. Aveva un foglietto stropicciato in mano. Ai suoi piedi era posata l’ombra. Lydia lo riconobbe all’istante. Era un gufo. Bubolava sofferente, un profondo squarcio all’inizio dell’ala.
Lance sollevò lo sguardo. Un lampo di terrore si insinuò nei suoi occhi. Il biglietto nella sua mano era ridotto ad un brandello.
«È di Paul. I Mangiamorte lo hanno scoperto.»
 
 


Curiosità: Il gioco di scatoline chiuse è un piccolo omaggio a tutti i bambini che ho incontrato in questi anni di lavoro e che hanno ispirato i bimbi di casa O'Brien. I bambini hanno la magia di riempire ogni singolo giorno di gioia e felicità. <3 

Note: Grazie di cuore a tutti voi che state leggendo questa storia <3
Un abbraccio a tutti e a giovedì prossimo!
Emma Speranza

Ps: Perdonatemi per il cliffhanger finale, giuro che settimana prossima mi faccio perdonare!

 
 
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