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Autore: Ciuscream    07/12/2023    6 recensioni
Ha un cuore impaurito da quando ha memoria ma non è il suo quello che sente rimbombare nel palmo. È quello di Harry Potter, fievole ma coriaceo sotto quella corazza di pelle, molto più in basso della sua cicatrice. Conficca le unghie nella sua carne bianca e, nello spazio di secondi brevissimi, milioni di pensieri, miliardi di paure, ricordi veloci e spietati, si susseguono in fila.
[Questa storia partecipa al terzo turno della Challenge "Chi l'ha Dixit?" indetta sul forum Ferisce la penna]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Pavida
"Fade into you
Strange you never knew
Fade into you
I think it's strange you never knew!"

Fade into you, Mazzy Star



 

Bellatrix è alta e sottile. La sua ombra è uno spillo – Narcissa ci rintana dentro, la usa come scudo da una vita che non sa come sbrogliare. Andromeda è di un’altra pasta, le pare che per lei non abbia spazio. Quando se ne va, però, quando l’abbandona, a Narcissa sembra che l’ombra in cui si rifiugia si assottigli ancora, evapori, che il suo cantone al riparo dal mondo sia ormai della grandezza di un filo.

Bellatrix è alta e sottile. E bella, di un’intelligenza feroce, portata e devota all’arte della bacchetta. Narcissa sa che non ha più modo di proteggerla, ché Hogwarts prima, i Mangiamorte poi, se la sono portata via in modo più sfacciato, più doloroso, di quello di Meda.
Narcissa impara allora che per sopravvivere, senza il riparo della sua schiena, serve che lei si trasformi in altro da quello che ha sempre cercato di diventare, altro da una pallida imitazione, altro da lei.
Non forte, non spietata ma capace, metodica, silenziosa, abitudinaria, ligia. La figlia inquadrata, che conosce il senso di un dovere che non segue regole tutte sue.
Eppure, nel silenzio interrotto solo dal suono del respiro di Lucius, si chiede se lei sia, delle tre, soltanto la figlia pavida.
Tante volte ha immaginato Meda, con la solitudine e la stanchezza ad aggrapparle la gola, senza una famiglia a cui tornare, senza una schiena dietro cui rifugiarsi. Ha immaginato Bella resistere fra le mura strette di Azkaban, nella spietatezza del freddo, sotto lo sguardo vigile dei Dissennatori, sotto la minaccia delle loro premure.
Si stringe appena di più tra le lenzuola, ci si avvolge dentro, le sente fredde come mai prima: l’ha sempre saputo che la loro ombra alta e sottile poteva resistere a tutto. Non la sua, però. Lei sarebbe morta molto prima, lei sarebbe sfumata al primo accenno di terrore.

Tu-tum. Tu-tum.
Ha un cuore impaurito da quando ha memoria.
Tu-tum. Tu-tum.


Ha un cuore impaurito da quando ha memoria ma non è il suo quello che sente rimbombare nel palmo. È quello di Harry Potter, fievole ma coriaceo sotto quella corazza di pelle, molto più in basso della sua cicatrice. Conficca le unghie nella sua carne bianca e, nello spazio di secondi brevissimi, milioni di pensieri, miliardi di paure, ricordi veloci e spietati, si susseguono in fila. Sente le grida di Bellatrix. Non sa dire se siano vicine o lontane – lontane da lei ma a fianco dell’uomo, del mostro, per cui ha messo a servizio il suo corpo, la sua ombra, la sua devozione.
Pavida. Non pensava sarebbe stata in grado di tradire, con una posta in gioco tanto alta, con un terrore che allaga tutto – dalle orecchie ovattate ai piedi pesanti. Tutto tranne la voce. Quella è chiara e precisa, dimentica del calore sul palmo lasciato da una vita che ancora scorre, che ancora forse scorre in suo figlio. Pavida?

«È morto.»

Narcissa è alta e sottile, la sua ombra è uno spillo.
Arrivo, Draco. Nasconditici dentro.



 

Note: il prompt? Non pervenuto. Questa storia... chiamiamola un esperimento? Forse, probabilmente non riuscito, dato che nessuna delle mie compagne mi ha riconosciuta (o forse riuscito troppo???). Fatto sta che pubblico questa robetta per nulla convinta ma almeno è qualcosa nella desolazione del mio mondo di scrittura/lettura fanfictionistica (?) dell'ultimo periodo. A chi ha letto, grazie. Davvero.

 
   
 
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