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Autore: Swan Song    08/12/2023    9 recensioni
Il vecchio Edmund Windsor ha invitato amici e parenti per festeggiare il suo centesimo compleanno al Windsor Chalet, una baita isolata tra le montagne.
In un giallo che si rispetti, tale riunione non può presagire nulla di buono.
Intrighi, segreti sepolti ed oscuri colpi di scena saranno dietro l'angolo: prepararsi ad immergersi in un'atmosfera misteriosa, dove la montagna nasconde più di quanto si possa immaginare.
Genere: Comico, Mistero, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'THE 1950s'
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Cari lettori, buon 8 dicembre.
Non ho scelto questa data a caso per pubblicare un giallo classico super natalizio: vi avviso già che la storia prenderà proprio il periodo di natale e ci farà compagnia fino all'8 gennaio.
Sono 10 capitoli in totale, l'aggiornamento avverrà di lunedì e di venerdì.
Prima di iniziare, qualche avviso:
- Chi già mi segue sa quanto io ami i misteri e i gialli, e questo sarà un giallo classico stile Agatha Christie. Per questo motivo, ci saranno parecchi personaggi imparentati con altri - quasi tutti - e potrebbe servire uno schema o un po' di tempo per memorizzare le varie parentele. Ma se siete fan della regina del crimine, credo siate abituati a questo format intricato.
- I riferimenti alla Christie saranno ovunque, anche ai suoi libri famosi, ma credo che non ci siano problemi...voglio dire, chi non li conosce? Se siete in questa sezione, li conoscete.
- Ringrazio e saluto Milly Sunshine, grande giallista che aspettava questo racconto da settimane; Jessica Locke, mia affezionata utente che ha intenzione di gettarsi a capofitto in questa nuova avventura; OrnyWinchester, che spero vivamente non scopra il colpevole già dal capitolo 1, visto che è bravissima a risolvere ogni mistero. <3
Il che, converrete, per un'autrice di gialli è terribile XD

Nella speranza che questa storia sia di vostro gradimento, buona lettura. ^^
 




Primo Atto






Aspen, Colorado, 1950.

La signora Windsor tornava sempre ad Aspen quando il marito compiva gli anni.
Questo gesto era visto dai più speranzosi come ammirevole – dato il carattere dell’anziano signor Windsor – mentre dai più diffidenti come lecchino. C’era chi sosteneva, addirittura, che Evelyn fosse innamorata più dell’albergo che di suo marito.
L’albergo...una isolata ma splendida baita costruita in braccio alla montagna alla fine dell’ottocento e tramandata di padre in figlio.
Nonostante l’avesse a cuore, Evelyn non aveva mai voluto intromettersi negli affari del marito, né diventare sua socia: l’albergo apparteneva in tutto e per tutto al vecchio Edmund, lasciatogli in proprietà dal padre Edward secondo il testamento, lasciatogli a sua volta in proprietà da suo padre Edgar.
In quella famiglia avevano parecchia fantasia con i nomi dei primogeniti, non c’era che dire.
Evelyn ed Edmund, però, avevano fatto un’eccezione, chiamando il loro primo figlio Liam e spezzando quella terribile catena della “E” una volta per tutte.
Idea di Evelyn? Bè, si sa che alla fine i mariti danno sempre ascolto alle mogli.
Dunque ad Evelyn non interessavano gli affari dell’hotel, voleva godere di ciò che l’hotel sapeva offrire: ecco perché le malelingue sostenevano che quando tornava, non lo faceva tanto per festeggiare il marito, piuttosto per farsi un bagno caldo nella vasca rigenerante del rinomato “Windsor Chalet”, rigorosamente con vista sulle montagne innevate.
Per il resto dell’anno, viaggiava. Viaggiava alla veneranda età di novantuno anni, sostenendo di sentirsi rinata alla fine di ogni viaggio. Precisamente, stava rientrando dall’Egitto.
Scaricò il peso sul bastone ed alzò lo sguardo sulla sua adorata Aspen, che nel periodo natalizio assumeva quel non so che di magico da credere di essere finiti dentro una fiaba.
La cittadina era circondata da maestose montagne ricoperte di una spessa coltre di neve bianca brillante.
La vista era semplicemente spettacolare.
Le strade erano illuminate da migliaia di luci scintillanti appese ai rami degli alberi e agli edifici, creando un’atmosfera festosa. Le abitazioni e i negozi erano decorati con ghirlande, fiocchi di neve e addobbi natalizi colorati, trasformando ogni angolo in una scena da cartolina. Le piste da sci erano coperte da una neve fresca e soffice, invitando gli appassionati di sport invernali a godersi una giornata di divertimento.
Le funivie si ergevano maestose nel paesaggio, offrendo agli scalatori una vista panoramica sulle montagne circostanti mentre salivano verso le vette.
Lungo i sentieri innevati, era possibile ascoltare il fruscio dei passi e il dolce suono del vento tra gli alberi.
E per raggiungere la baita occorreva proprio munirsi di funivia, che fungeva da tramite tra la cittadina e il nulla.
La signora Windsor alzò lo sguardo al cielo; aveva ripreso a nevicare, e tirava una brutta aria da bufera. Poco male, lei era arrivata, tutto ciò che doveva fare ora era prendere il mezzo di trasporto e raggiungere suo marito.
Quando gli autisti che l’avevano condotta fino a lì si offrirono di portarla in elicottero, lei quasi tirò una bastonata a ciascuno di loro «Giammai!» berciò «Sono sempre salita in funivia, dunque non capisco perché quest’anno debba essere diverso! Ho il mio bastone come compagno fedele, non ho bisogno di voi.»
Profondamente offesi per essere stati considerati meno di un bastone, i due uomini si congedarono con una specie di inchino, manco lei fosse stata la regina «Come preferisce, signora Windsor. Magari, l’accompagno fino a...»
«No!» ribatté ella in tono burbero, entrando nella funivia «Adoro viaggiare sola. Inoltre, nulla è paragonabile ad una salita in una funivia completamente deserta.»
I due cedettero, alzando le spalle. Sui volti avevano stampata l’espressione “Se si ammazza, cavoli suoi”.
Sapevano, tuttavia, che una volta raggiunta la cima sarebbe stata accolta da Billy, il ragazzo tuttofare dell’hotel, quindi si tranquillizzarono.
«Buon Natale, signora Windsor.» la prese in giro uno dei due, prima di girare i tacchi e sparire insieme al suo socio.
Evelyn Windsor sorrise come la mascalzona che era, accomodandosi in uno dei posti a sedere della cabina. Quindi, rilassati i muscoli, si perse a contemplare il meraviglioso panorama montano.
Erano le cinque di pomeriggio, si stava facendo buio.
Non vedeva suo marito Edmund da mesi, e non sapeva se fosse una cosa positiva o meno: da un lato lo detestava, dall’altro non avrebbe resistito tutti quegli anni di matrimonio, se non l’avesse amato almeno un pochino.
C’erano stati dei momenti dove aveva sperato tirasse le cuoia, sebbene dell’eredità dell’hotel non le importasse un fico secco.
E invece il caro Edmund stava per compiere cento anni.

Il treno delle cinque giunse al binario 3 allo scoccare dell’ora, preciso come uno svizzero.
Il maggiore Price non riuscì a trattenere uno dei suoi sorrisi giocherelloni, guardando fuori dal finestrino «Cara, ci siamo!»
Gli era mancata Aspen, doveva ammetterlo. Lui e Odette non la visitavano spesso, proprio come gli altri parenti del signor Windsor, ma era sempre un piacere tornarci.
Se Price ripensava a com’era entrato in contatto con una delle famiglie più ricche ed influenti dell’intero stato, gli veniva da ridere.
Lui e il suo collega, Steve Sheppard, si trovavano ad una cena di beneficenza per le forze armate, e lì avevano incontrato quel mascalzone di Edmund Windsor, il quale aveva parlato tutto il tempo di quanto fosse schifosamente bello essere ricchi, omettendo invece l’importanza della beneficenza, motivo principale della cena.
E dire che, prima di prendere in mano l’hotel, era stato anche lui un maggiore!
Destino volle che a suddetta cena fosse presente anche l’unica nipote femmina di Edmund, figlia del suo primogenito Liam, e per Price era stato colpo di fulmine. Anche per Odette lo era stato, a dire il vero, e di fatti i due si erano fidanzati poco dopo.
La cosa sorprendente era non tanto il fatto che Price avesse dieci anni in più della ragazza, ma che fosse un pari di Edmund, come se avessero lavorato insieme. Questo aveva fatto sì che quasi nessuno della numerosa famiglia approvasse la loro relazione.
Ma i due erano felici, Odette amava il carattere solare del maggiore, così differente dallo stereotipo del soldato tutto d’un pezzo.
Quindi non solo non si era lamentata di prendere il treno, ma aveva adorato tutto il viaggio.
«Oh Jonathan, è stato fantastico! E’ molto meglio che arrivarci in macchina. Ti godi il panorama, è meraviglioso. Ah, probabilmente mi sto ripetendo. Scusa. Ma tornare a casa mi fa sempre un doppio effetto: provo malinconia e, allo stesso tempo, gioia.»
Jonathan le sorrise e si alzò per primo, facendole un galante baciamano «Bè, se tu sei pronta a tornare nella fossa dei leoni, lo sono anche io. Ti sosterrò sempre, tesoro.» disse afferrando entrambe le valige.
«Ah, non so come fai a restare così calmo. Già mi immagino tutte le battutine dei parenti riguardo noi due. Già mi vedo la nonna! Santo Iddio.»
«Scommetto che ha preso la funivia da sola. È una zuccona, la cara Evelyn.»
«Certo che l’ha presa da sola. A me ha sempre detto che può correre il rischio che le succeda qualcosa, a novant’anni.»
Ancora, Price sorrise «Vieni, scendiamo.»
Salutarono gli altri viaggiatori, specie quelli con cui avevano scambiato due chiacchiere, e si ritrovarono immersi nella consueta atmosfera di Aspen «Perché quell’hotel è così isolato, mi chiedo ogni volta.» borbottò Price con le valige in mano, mentre Odette lo seguiva chiudendosi maggiormente il cappotto per il freddo «La cittadina è così ricca di negozi ed attività natalizie. Lassù non c’è niente. Se a qualcuno manca un farmaco, bisogna scendere perché non c’è neppure una farmacia! Guarda, c’è il pattinaggio su ghiaccio!»
«Possiamo scendere lo stesso qui, come ogni volta. La funivia non ci mette molto.»
«Sì, sì, lo so...solo, lo trovo assurdo. Bisognerebbe andare a piedi! Ma ogni volta mi lamento di cose che non cambieranno mai, perdonami.»
Odette sospirò «L’hotel di mio nonno sta là da generazioni, Jonathan. Se il fondatore ha deciso di costruirlo nel nulla più assoluto, avrà avuto i suoi buoni motivi. Credo che questo mio antenato fosse fissato con il silenzio.»
«Forse è stato circondato da così tante persone per un periodo della sua vita, da bramare la solitudine.» concordò il marito «Per di qua, vero?»
Odette annuì «Sì, le funivie sono lì a destra.»
C’era aria di tempesta, il maggiore se lo sentiva. Ma quando percepì una voce conosciuta alle sue spalle, colse che la tempesta sarebbe stata l’ultima dei suoi problemi.
«Eccovi qui, voi due. Lo sapevo che vi avrei beccati, l’ho sognato questa notte.»
Odette si voltò molto, molto lentamente «Papà...» ricambiò in un sussurro accompagnato da un sospiro. Sapeva che l’incubo sarebbe iniziato, ma non pensava così presto, sperava almeno di raggiungere l’hotel, prima.
Liam Windsor, primogenito di Edmund ed Evelyn, venne avanti stringendo la pipa tra i denti, e di conseguenza assomigliando ad un mastino che ringhiava ad ogni parola che pronunciava «Figlia adorata…Price.»
Naturalmente “Price” lo disse con il tono di una vipera, nemmeno così tanto velato.
Non lo chiamava mai per nome, si rivolgeva a lui sempre con il cognome, per mantenere le distanze; inoltre, gli dava ancora del Lei.
«Come procede il felice matrimonio?» chiese, accendendosi la pipa in tutta tranquillità ed emettendo fumo. A Price parve che glielo avesse sputato tutto in faccia.
«Papà, non ricominciare.» parlò Odette «Il matrimonio va a gonfie vele, che a te piaccia o no.»
«Sai benissimo che non mi piace.»
«Era un modo di dire. Tu sei vecchio e io ho trent’anni. Non sono più una bambina, so fare le mie scelte.»
«Vecchio, tzè.» borbottò Liam, quasi soffocando nel suo stesso fumo «Se io sono vecchio a settant’anni, tuo nonno che sta per compierne cento cos’è?»
Odette scosse le spalle e salì sulla funivia «Un grande uomo.»
«Ma se non ha mai approvato questo matrimonio, proprio come me!»
«Bè, mi sta più simpatico lo stesso.»
Price si era del tutto ammutolito.
«Che fai, sali con noi o aspetti la prossima?» lo sfidò Odette, già arrabbiata e sulla difensiva «Puoi sempre fare come la nonna e prenderne una vuota, tutta per te!»
Ma Liam non le avrebbe mai dato quella soddisfazione: salì in quella precisa funivia, gettando un’occhiata all’orologio da polso «Cinque e sedici. Siamo in orario, direi.»
«A che ora è la festa, più?» chiese Price, tanto per fare conversazione «Devo aver perso il biglietto d’invito, oltre che la memoria!»
«Alle otto precise nella sala adibita al compleanno.» rispose Odette accarezzandogli il braccio, perché Liam gli rivolgeva la parola meno che poteva.
E poi dicevano che erano solo suocera e nuora a non sopportarsi.
«Sarà meraviglioso! Il nonno però ha detto che deve fare un annuncio importante riguardo l’hotel.»
La funivia prese a muoversi, lentamente, ma Liam quasi non se ne accorse «Tu come lo sai? Sono il suo primo figlio e non ne so nulla!»
Odette gongolò «Perché io lo sento al telefono, a differenza vostra. Va bene, non sarò la nipote perfetta che viene a trovarlo ogni mese, ma mi tengo in contatto con lui molto più di quanto facciate tutti voi!
E lui, nonostante non approvi il mio matrimonio con Jonathan, sa parlare anche di altro! Mi vuole bene, non è così burbero con me. Di sicuro, sono la sua preferita.»
Liam trattenne uno sbuffo ed alzò gli occhi al cielo «Tzé. Un annuncio. Ci manca solo che decida di lasciare l’hotel a te, e siamo a posto.»
«Non lo voglio quell’hotel, non so che farmene.»
«Proprio come tua nonna. Le donne non hanno fiuto per gli affari.»
«Non lo voglio perché non mi interessa, ma sarei capacissima di mandarlo avanti!»
Cadde il silenzio. A Liam dispiaceva di non essere in buoni rapporti con la figlia, ma da quando sua moglie, madre della ragazza, era mancata, era stato il delirio. Era Ada ad occuparsi di tutto, lui non era in grado di fare il padre.
Per il resto del viaggio, la cabina parve totalmente deserta.

Ma per una che sembrava deserta, ce n’era un’altra affollatissima.
«Di sicuro il nonno ha chiuso l’hotel per gli ospiti normali.» tuonò un ragazzo vestito di tutto punto e con lo stesso sorriso mascalzone di Edmund Windsor; sembravano due fotocopie, quando ghignavano «Esclusiva per la famiglia!» proseguì con scherno.
«Cosa lo dici a fare?» gli chiese suo fratello minore, decisamente più calmo e razionale «Tutti gli anni fa così, lo sanno anche queste funivie.»
L’altro, che spesso battibeccava con lui proprio per la diversità di caratteri, indicò le due persone sedute davanti «Lo dico per i nostri nuovi ospiti, che di sicuro non lo sanno. Non li ho mai visti da queste parti. Voi siete?»
I due, un uomo sulla quarantina con i capelli scuri e dall’alta statura e una ragazza che gli somigliava, sollevarono gli sguardi.
«Steve Sheppard.» si presentò il primo «Mia figlia Susan.»
Colui che aveva posto la domanda ricambiò la stretta di mano «Chuck Solo.» si soffermò su tale Susan, ammirato «E’ un vero piacere, signorina.»
Lei, abituata alle avances di chiunque nonostante il padre marine, ricambiò con una smorfia, ritraendo la mano. Ma quel Chuck continuò a ridersela come un bambino «Perché siete qui?» li interrogò ancora, svaccandosi sul sedile e poggiando la schiena contro quella parete, facendo imbarazzare suo fratello.
«Sono un amico del caro Edmund, così come il maggiore Price, che di sicuro conoscerai.» rispose Steve.
Chuck sollevò la gamba destra e la poggiò sul ginocchio di quella sinistra, totalmente rilassato «Certo che lo conosco, è il marito di mia cugina. E a discapito di ciò che pensano tutti, a me la loro relazione non dà fastidio. Che si facciano i cavolacci propri. E’ adulta e può fare quello che vuole, scegliere chi vuole.»
Steve immagazzinò tutte le informazioni come farebbe un bravo detective «Cugina...sei un nipote di Edmund anche tu?»
A confermare con un accenno di capo fu il fratello «Entrambi lo siamo. Uhm, siamo fratelli.» alzò lo sguardo sulla donna presente in cabina che non aveva ancora aperto bocca «Nostra madre, Harper Windsor, terzogenita di Edmund.»
La donna, con una certa eleganza, stese il braccio per le presentazioni «Piacere. Ho sentito parlare di lei, comandante Sheppard, anche se non credo di averla mai vista di persona.»
«E’ così. Questo è il primo compleanno per me, avendo conosciuto suo padre meno di un anno fa. Ero insieme a Jonathan, e...» ragionò «Diamine, in effetti lui e Odette hanno fatto le cose in grande stile, si sono proprio dati una mossa.»
«E’ così.» confermò la donna «Ma al cuor non si comanda, giusto?»
«Dov’è suo marito?» chiese Susan con curiosità. Amava i gialli e ogni volta – per colpa o merito di essi – si immaginava le situazioni più assurde.
Harper parve coglierlo, perché la guardò con un brillio negli occhi e un sorriso sulle labbra «Non l’ho ucciso, se è questo che pensi. Ci raggiungerà in elicottero, odia le funivie.»
Ed ecco la spiegazione. Semplice, senza alcuna stranezza.
Susan si morse l’interno delle labbra, un poco delusa. Ma non poteva pretendere che ovunque andasse ci scappasse il morto. In effetti, non era mai successo.
«Allo stesso modo, signorina, potrei chiederti dov’è tua madre, dato che il qui presente Steve si è dichiarato tuo padre.»
Susan si scambiò uno sguardo proprio con Steve «E’ a casa. Veniamo da Washington.»
Ancora un sorriso furbo sulle labbra di Harper «Visto? Nessun omicidio di coniuge. Possiamo stare tranquilli.»
Il figlio minore sorrise con lei «Io sono Nathan, comunque. Piacere.»
Gli Sheppard strinsero la mano anche a lui.
«Un traguardo notevole cento anni, vero?» parlò ancora il marine, sorpreso «Edmund è arzillo, nonostante l’età.»
Harper annuì «Credo sarà una grande festa. Mio padre non ha mai badato a spese quando si è trattato di celebrazioni.»
«Siete tre fratelli, giusto? Ho conosciuto quello di mezzo, Adam mi pare si chiami.»
«Sì, Adam...il nostro libertino.» confermò Harper «L’unico senza figli, anche se sono abbastanza certa che di illegittimi ne abbia per così!»
Risero. La signora Harper sembrava simpatica e alla buona, una che faceva facilmente amicizia.
«Io ho i miei due ragazzi, Chuck e Nathan...» proseguì, guardandoli entrambi con ammirazione «E mio fratello Liam ha Odette. Eccoci qui, gli Windsor al completo. Il fratello di Edmund è morto da parecchio, quindi...»
Susan alzò le sopracciglia, un tantino spaventata «Gli unici non imparentati con voi siamo io e mio padre.»
Chuck focalizzò ancora una volta lo sguardo su di lei «Perché, hai paura che accada qualcosa?»

Billy era un ragazzo sui trentacinque anni che era davvero tuttofare: si occupava di accogliere gli ospiti, di portare le loro valige fino in camera, di andarli a prendere alla funivia nonostante i parenti sapessero a memoria la strada, si occupava dei fiori durante l’estate, di spalare durante l’inverno, di riparare i tubi quando c’era qualche problema idraulico. Gli mancava spolverare, rifare i letti e servire i pasti, per il resto serviva l’hotel in ogni maniera possibile ed immaginabile.
Gli piaceva talmente tanto la baita, da aver provato più volte ad occupare il posto di receptionist, ma il signor Windsor glielo aveva sempre impedito: Billy era balbuziente e c’era chi diceva soffrisse di una rara malattia chiamata “autismo”, quindi veniva preso per ritardato.
Edmund, secondo la sua umile opinione, era stato fin compassionevole ad assumerlo come tuttofare, perché “Se non ti prendo io, chi mai potrebbe offrirti un lavoro?”
Queste erano state le sue parole.
Ma da lì ad elevarlo a ruolo di receptionist, anche no.
«S-signori, b-benvenuti.» disse, accogliendo i vari ospiti che erano arrivati in funivia.
Chuck Solo aveva ragione: in quel periodo dell’anno, quando Edmund festeggiava il compleanno, l’accesso alla baita era chiuso per il resto del mondo: solo amici e parenti avrebbero potuto godersela.
Di solito, i festeggiamenti avvenivano proprio la sera del 24 Dicembre, perché il vecchio compiva gli anni il 25, a Natale.
Una maledizione e un bene nello stesso momento per i parenti.
Quell’anno, niente sarebbe stato diverso, se non il fatto che Edmund avrebbe compiuto esattamente cento anni.
Come riuscisse a tirare le redini dell’albergo a quell’età era un mistero, anche se le solite malelingue sopracitate dicevano che in realtà fosse la sua segretaria, la signorina Aisha, a fare tutto; soprattutto tenere la contabilità.
«Billy.» lo accolse Nathan con un caloroso sorriso e una pacca sulla spalla «Tutto bene?»
Billy ricambiò il sorriso, i capelli lunghi e scuri gli cascarono ogni dove «T-tutto b-bene, N-Nate. T-tu c-come t-te la p-passi?»
Prima che il ragazzo potesse rispondere, Liam alzò gli occhi al cielo «Dio, quanto odio sentirlo parlare, è stressante. Lavora di più e parla meno, giovanotto!»
Nathan guardò male suo zio «Io sto alla grande...» rispose, per poi sussurrare a Billy «Non starlo a sentire. È il solito bastardo.»
«Concordo, mio padre è proprio un bastardo. A volte, anzi, spesso, vorrei essere sorella di Nathan e Chuck. Come te la passi, cugino?» disse Odette, avvicinandosi a lui.
Nathan le sorrise e i due si abbracciarono «Sto bene, sono appena tornato da un viaggio con mio fratello. Parigi.»
«Ci sono stata con Jonathan, splendida città.»
«Sì, è indubbio, ma sono stufo di viaggi…andrò controcorrente, ma vorrei rendermi utile! Mio fratello vuole solo godersi la vita senza fare nulla, io vorrei amministrare qualcosa, fare qualcosa!» controbatté Nathan senza farsi sentire «Mi annoio.»
Odette sorrise «Credo tu sia il primo che si lamenta di una vita agiata.»
«Mi sta troppo stretta.»
«Io invece l’apprezzo. Ma credo che per noi donne sia diverso...non potendo disporre direttamente di denaro, lo bramiamo più di ogni altra cosa. Non mi interessa l’hotel, ma le banconote, quelle sì! Quelle le posso sfogliare, sentirle tra le mie dita, l’hotel no.»
Nathan scosse la testa negativamente «Sei incredibile, sai?»
«Sono buona e dolce. Qualche difetto devo pur averlo anche io, no?»
«Sai se il nonno ha intenzione di fare qualche annuncio, questa sera? Di solito a lui piacciono questi giochetti. Convocarci per qualche festa e intanto approfittarne per parlare di affari.»
Odette gli diede un colpetto sulla spalla «Sì, ne ha intenzione. Ma fossi in te, non sarei molto speranzoso. Non darà mai l’hotel a te. C’è mio padre, prima. Poi c’è Adam che – per quanto deficiente - è sempre suo figlio – ed infine tua madre. In sostanza, ci sono tre figli. Poi c’è Chuck, che è comunque tuo fratello maggiore. Aaah, caro Nate, la strada è lunga e piena di ostacoli, prima di arrivare a te.»
Egli sospirò, affranto. Però decise di rendersi utile lo stesso, aiutando Billy con le valige.
«L-lascia, N-Nate. N-non è il t-tuo c-compito.»
«Non mi spezzerò la schiena a portare due valige, no?» ribatté «Come sta mio nonno?»
«E’ d-dentro i-il s-suo ufficio. S-sai quanto a-ami stare lì per delle o-ore.»
«Sì, lo so. Ha ordinato a tutti di non disturbarlo, vero?»
Billy annuì «H-ha messo il solito cartello n-non disturbare f-fuori dalla porta. S-sai quanto s-si arrabbia, s-se qualcuno entra senza il suo p-permesso.»
«Se lo so? Una volta per poco non mi tira il suo pregiato posacenere che pesa due chili!» ricordò Nathan «Tutti hanno il terrore, nessuno osa entrare quando c’è quel cartello fuori dalla porta. Penso proprio che si paleserà verso l’ora di cena, alle otto.»
Billy annuì in conferma.
«Cugino...» Odette andò a salutare anche Chuck, che ricambiò squadrandola da capo a piedi, afferrandola per una mano e facendole fare una giravolta «Cugina...sei meravigliosa in Dior.»
«Non ne sbagli una, maestro di stile.»
«Sono il migliore in ogni campo.» si vantò questi.
«E’ il migliore a non fare nulla.» si lasciò scappare suo padre, James Solo, colui che odiava le funivie ed era giunto in elicottero.
Esattamente come per il maggiore Price, non era stato facile per lui entrare in quella famiglia di vipere, una di quelle adatte agli scandali da prima pagina dei migliori quotidiani di gossip, copertina inclusa.
Ma lui ormai c’era dentro da anni, aveva imparato ad affinare la tecnica della sopravvivenza, Price, invece…
«Caro, eccoti qui.» lo raggiunse sua moglie Harper. Non dimostrava mai più i suoi sessantun’anni, li portava divinamente. Lei, suo marito e i due figli sembravano dei divi di Hollywood, bellissimi come degli attori.
«Cara...ben ritrovata. Tira una brutta aria, vero?»
«Maggiore Price...» disse invece Steve una volta che si fu riunito a lui.
«Sheppard! Che piacere incontrarti! E questa deve essere la tua figlioletta Susan!»
«Sono io, maggiore.» confermò lei, stendendo il braccio per stringergli la mano «Molto, molto piacere.»
«Aspetta, che ti presento mia moglie Odette. Ma dove si è cacciata? Odette! Ah, sta salutando i parenti.»
«La mamma?» chiese poi Harper guardandosi in giro.
«Sicuro è arrivata per prima ed è già alla baita, alla faccia che è sola in funivia e rischia di sentirsi male.» rispose una voce alle sue spalle.
Si girarono tutti, notando che anche l’ultimo ospite era arrivato: Adam Windsor, il libertino.
Anche se ogni volta si sorprendevano che non si stancasse di esserlo a sessantasei anni. E lui era ben lieto di sorprenderli, presentando ogni volta una fidanzata diversa, rigorosamente di non più di venticinque anni.
Aveva sentito che a Hollywood andava di moda così. Una addirittura l’aveva lasciata al compimento del venticinquesimo anno d’età, la mattina stessa.
Però quell’anno si era presentato da solo.
«Famiglia...» disse con sorriso malandrino «Una bella rimpatriata, non vedevo l’ora!»
«E’ già ubriaco?» sussurrò Harper a suo fratello Liam.
«Se non peggio.» confermò questi con disprezzo.
«L-la s-signora Windsor è già arrivata.» li mise al corrente Billy, riferendosi proprio alla moglie di Edmund «C-ci siete t-tutti. V-venite, p-prego.»
«Non lo sopporto già più.» ringhiò nuovamente Liam, procedendo con le mani infilate nelle tasche del cappotto.
«Certo che vengo!» disse invece Harper «Si gela, qui!»
«Ho bisogno di un bagno caldo, sono distrutto.» diceva invece Chuck toccandosi la fronte con teatralità «Sicuro ho la febbre.»
Più lo osservava, più Susan notava quanto fosse maledettamente viziato. Molto meglio suo fratello Nathan, che non sembrava neppure appartenere a quel mondo.
«Stiamo per entrare nel circo, eh?» le sussurrò suo padre Steve all’orecchio.
«Perlomeno i cugini sembrano andare d’accordo.» fu l’unica cosa che ebbe da dire lei a riguardo.
Dopo un breve tragitto, giunsero allo chalet.
Gli Sheppard alzarono gli sguardi, incantati.
Era immerso in un paesaggio incantevole, circondato da alti alberi innevati, ed era una combinazione di legno rustico, pietra naturale ed ampie finestre che offrivano una vista mozzafiato sulla natura circostante.
La facciata era decorata con luci scintillanti e ghirlande natalizie che lo rendevano ancora più magico. Un vialetto illuminato con piccole lanterne conduceva alla calda ed accogliente entrata principale.
All’interno, infatti, li accolse un fascino invernale autentico, con soffitti alti e dettagli tradizionali.
La sala con un grande camino creava un’atmosfera calda ed invitante, perfetta per rilassarsi dopo una giornata sulla neve.
L’arredamento era caratterizzato da morbidi tappeti colorati, divani comodi e poltrone confortevoli, per garantire il massimo comfort.
La sala da pranzo era elegantemente decorata con un grande albero di Natale ornato di luci scintillanti, palline e ghirlande profumate.
Lì, gli ospiti avrebbero potuto gustare prelibatezze culinarie tradizionali natalizie, come zuppe calde, arrosti succulenti e deliziosi dolci stagionali.
Il gruppo si recò alla reception dopo aver salutato Billy il tuttofare, poi si diresse al piano di sopra.
Le camere erano spaziose ed arredate con gusto, con letti comodi e coperte soffici.
Ciascuna camera disponeva di un bagno privato moderno e ben attrezzato, dove ci si poteva rilassare in una vasca o sotto una doccia.
C’era anche un centro benessere, che offriva una vasta gamma di trattamenti come massaggi, saune e bagni a vapore.
Per le attività invernali, lo chalet disponeva di una comoda sala da sci dove gli ospiti potevano depositare l’attrezzatura e organizzare le proprie giornate sulla neve.
Essendo l’hotel isolato da tutto e da tutti, per le piste occorreva prendere nuovamente la funivia e dirigersi nella zona est.
In ogni caso, lo staff era sempre disponibile per fornire informazioni su escursioni, lezioni di sci ed altre attività invernali.
Il comandante Sheppard si guardò intorno con viva curiosità «Mmh, guarda qui. Camere comunicanti.»
Susan ne era parecchio felice «Mi fa piacere. Del resto, ho bisogno dei miei spazi, sono grande, ormai.»
Steve alzò entrambe le sopracciglia «Se pensi che avere ventidue anni significhi essere “grande”...»
«Sei troppo protettivo, come al solito. E poi non dormo con te da quanto? Dai sei anni?»
«Sette.» precisò lui, così testardo da voler sempre l’ultima parola.
«Sarebbe imbarazzante.»
«Lo sarebbe.» Steve concordò su quel punto, poggiando le mani ai fianchi «In ogni caso, sono lieto di averti nella camera proprio accanto. Mi basta aprire questa porta.»
«Per controllarmi.»
«Per proteggerti.»
«A volte non ci sono differenze.»
Steve sorrise e cominciò a disfare la propria valigia «Sei curiosa per stasera?»
Susan fece per chiudere quella porta comunicante, quando il padre la bloccò «Ah, ah. Lascia.» le ordinò.
La ragazza sbuffò e roteò gli occhi «Essere un marine non deve significare per forza comandare tutto e tutti!»
«Con Price di solito riesco.»
«Di sicuro sarà lui quello sottomesso della coppia.»
Steve la guardò male, lei proseguì «Sono tua figlia, non una tua recluta.»
«Riprendiamo il discorso della cena, che dici?» fece Steve roteando il dito indice e disponendo ogni capo in maniera perfetta nell’armadio.
«Sì, riprendiamolo.» ribatté Susan, testarda quanto lui «Sono proprio curiosa di conoscere questo famoso signor Windsor. E’ così burbero come dicono?»
Il padre alzò le sopracciglia apposta, facendola ridere «E’ pure peggio. C’è chi dice sia senza cuore.»
«E tu sei suo amico?!»

Scesero ad un quarto alle otto in punto, ritrovandosi tutti dinnanzi la porta della sala del ricevimento, tutti vestiti con abiti pregiati: gli Sheppard non vollero mai conoscerne il prezzo.
Adam, il libertino, attaccò a parlare per primo, perdendosi in monologhi di cui era – naturalmente – il solo ascoltatore.
Odette stringeva il braccio di Price, cercando di mantenere la calma; chissà quante ne avrebbe sentite durante la cena!
Suo padre Liam li guardava di soppiatto, ringhiando.
Per ammazzare gli istinti omicidi verso Price, decise di accendersi un sigaro. Si vociferava fumasse di tutto.
«Tutte le volte fa così.» si lamentò invece James Solo, guardando dapprima l’orologio e poi sua moglie Harper «Si fa attendere, deve fare il divo che scende dalle scale! Ma per favore.»
«Adoro quando lo fa!» trillò Odette portando una mano al cuore dall’emozione, puntando lo sguardo proprio sulla scalinata.
Chuck Solo, che aveva deciso di concedersi un drink pre-cena, alzò il pesante bicchiere di brandy verso Susan, come brindisi.
Lei si pentì di aver alzato lo sguardo su di lui, cambiando immediatamente direzione.
Nathan era ansioso, si guardava in giro, ma non sembrava attendere il vecchio. Stava cercando qualcun altro.
La consorte di Windsor, la novantenne Evelyn, sbuffò. Per quanto si atteggiasse da giovane, era stanca, le facevano male le gambe e voleva sedersi «Vecchio ubriacone, sei in ritardo, quest’anno.»
Attendevano tutti la cena per parlare, o per conoscere meglio chi ancora non conoscevano, quindi dopo un po’ restarono in silenzio.
Steve portò le mani dietro la schiena dritta, petto in fuori e testa alta.
Ma dalle scale non si palesava nessuno.
Fu così che, alle otto e venti precise, Liam strillò «Signorina Lopez!»
Aisha Lopez, la segretaria, giunse subito al richiamo «Mi ha chiamato, signore?»
Come la vide, Nathan sorrise raggiante, e ciò fece intendere a Susan – grande appassionata di gialli e amante dei dettagli – che era proprio lei che il ragazzo stava cercando. Che ci fosse qualcosa tra il riccone e la segretaria?
«Precisamente.» rispose Liam, che a settant’anni aveva la pazienza che rasentava il meno uno «Mio padre dov’è?»
La segretaria si lisciò le pieghe della divisa «L’ho lasciato nello studio, come da sue precise indicazioni. A dire il vero, l’ultimo ad averci parlato è stato Billy, prima di venirvi a prendere. Non ho più osato disturbare, lei sa quanto il signor Windsor odi che...»
«Sì, lo so, ma è in ritardo. Già è increscioso che non abbia accolto tutti noi al nostro arrivo, ma questo è un suo classico. Ma non è mai arrivato in ritardo alla cena. Lo vada a chiamare!» tuonò «Subito!»
La povera Aisha cominciò a tremare visibilmente «I-io...l’ultima volta che sono entrata quando c’era il Non Disturbare fuori, mi ha insultata per due ore e ha continuato per una settimana intera!»
«Bè, lavora qui, no? E’ una sua sottoposta!» rammentò Liam, guardandola con un certo disprezzo «E’ suo preciso compito entrare in quella stanza per andarlo ad avvisare!»
«E io sono suo nipote.» intervenne Nathan, in soccorso della ragazza «E’ anche mio dovere. Vieni, Aisha, ti accompagno. Busseremo, prima, così non ci insulterà.»
Lei annuì «Ti ringrazio.»
Steve e Susan si scambiarono uno sguardo complice, identico, dato che condividevano lo stesso sangue.
«Non improvvisatevi detective.» sussurrò il maggiore Price avvicinandosi e sporgendosi con il collo «Tu sei un marine e tu studi medicina, mi ha detto tuo padre.»
«Bè?» rimbeccò Susan «Uno non può avere altre passioni?»
«Concordo con mia figlia. Sembra proprio che tra quei due ci sia qualcosa.»
«E non sono affari vostri.» rammentò Jonathan.
Trascorsero altri interminabili minuti, e alla fine, uno dopo l’altro, deciso di raggiungere lo studio del riccone.
«Non è possibile!» ovviamente lamentandosi per tutto il percorso «Io lo strozzo con le mie mani!»
«Dovevo rifiutare l’invito, quest’anno.»
«Sì, anche io.»
«Non parlate così del nonno, è una grande persona!»
L’urlo che giunse subito dopo, bloccandoli tutti, fu a dir poco disumano.
Quando giunsero sulla scena, videro la segretaria Aisha con le mani premute sulla bocca, gli occhi spalancati e il viso bianco come un lenzuolo.
Nathan, accanto a lei, la sorreggeva per le spalle e guardava dinnanzi a sé altrettanto sconvolto.
Pian piano si avvicinarono tutti, spiando dalla porta ora spalancata.
Susan non poteva crederci. Sembrava che il suo desiderio si fosse finalmente avverato, perché dentro lo studio giaceva il cadavere di Edmund Windsor, piegato sulla scrivania con una ferita profonda alla nuca.
Poco più in là, sul tappeto pregiato color blu tenebra, c’era la probabile arma del delitto: il famoso posacenere da due chili, insanguinato.





Angolo Autrice:

Well, eccoci qui. Se siete arrivati fino alla fine, grazie di cuore, mi fate felice. 
Amo leggere le congetture, quindi fatemi sapere la vostra, risponderò a tutti con piacere.
Una specificazione "simpatica": Adam che lascia le fidanzate al compimento del venticinquesimo anno di età perché "Ad Hollywood funziona così" è un riferimento a Leonardo di Caprio, che si dice faccia la stessa cosa XD
Naturalmente non è una presa in giro, e magari sono solo cavolate di gossip, ma mi è venuto subito in mente e l'ho trovato adatto al personaggio di Adam. XD
E niente, Chuck me lo vedo come il Chuck di "Gossip Girl", perché a chi non piace? LOL.

Bene gente, per oggi è tutto, prossimo aggiornamento lunedì! :)
Ps: è la mia prima storia non rossa, sono commossa.

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