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Autore: JenevieveEFP    09/12/2023    2 recensioni
La guerra è appena finita, Voldemort è stato sconfitto, Tonks e Lupin sono ancora vivi. Snape è stato salvato in extremis ma versa in condizioni critiche per le ferite inferte da Nagini. La sua mente provata dalla febbre e dal veleno, lo tormenterà con dolorosi sogni e ricordi perduti del suo passato. Harry intanto è pronto a svelare ai pochi membri rimasti dell'Ordine della Fenice la verità dietro il doloroso ruolo dell'odiato preside di Hogwarts, e a confrontarsi con Draco con la calma che solo la fine di un conflitto sa donare. La fine della guerra diventerà un nuovo inizio per tanti, ma una condanna dolorosa per alcuni che non erano pronti a sopravviverle. Le occasioni di incontro e scontro non mancheranno, specialmente quando gli studenti saranno richiamati ad Hogward per ripetere l'anno scolastico brutalmente interrotto e cercare di ricominciare a vivere e ricostruire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Remus Lupin, Severus Piton | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Ecco finalmente il capitolo 17, un po' più lungo del normale per farmi perdonare il ritardo immane. Gli impegni ultimamente si stanno rosicchiando tutto il mio poco tempo libero, costringendomi a scrivere solo nel weekend, ma il progetto va avanti e la fanfic non verrà abbandonata, odio le cose incompiute!
A proposito di scrittura per chi fosse interessato al mio primo romanzo l'ho reso da poco disponibile su Kindle Unlimited e rimarrà con tale opzione attiva probabilmente fin dopo Natale! Ecco il link: https://www.amazon.it/dp/B0CH1NLLGL

 



Il giorno dopo Halloween Remus si era ritrasformato nel suo ufficio, dove era rimasto a riposare, stremato dagli effetti della pozione Antilupo. Tonks non aveva mai abbandonato la sua postazione di guardia fuori dalla porta e dietro le usuali spoglie di Eli Porter. Di tanto in tanto, lontano dalla sua vista, ronzava in zona la figura scura di Snape che aveva preso a fare qualche giro di ronda aggiuntivo al settimo piano nonostante camminasse ancora appoggiato al bastone.
Intanto in sala grande gli studenti erano arrivati incredibilmente in anticipo per la colazione, e nell’aria c’era un certo fermento dopo le foto circolate la sera prima. 
Harry e Draco arrivarono separati e in momenti diversi, il primo circondato dagli amici più intimi, il secondo da solo. Si guardarono in silenzio dalla distanza fra le tavolate, con un’occhiata tesa che non sfuggì praticamente a nessuno.
La preside teneva d’occhio la situazione con una preoccupazione sottile ma palese, mentre gli altri docenti iniziavano a mangiare tranquilli e ignari.
Harry e compagni presero posto senza problemi al tavolo di Grifondoro, dove comunque era calato un inusuale silenzio guardingo. Draco invece, arrivato al suo posto, già abbastanza marginale, si rese conto che qualcuno vi aveva versato sopra una tazza abbondante dello stesso liquido simile a sangue con cui gli avevano imbrattato il letto la notte prima. Storse il naso sotto gli sguardi fissi e ostili dei compagni, mentre Parkinson chiosava:
«Prova a cercare posto al tavolo di Grifondoro, Malfoy. Tanto ormai … »
Tutti risero, meno Draco che fece del suo meglio per mantenere un’espressione indifferente. Soffocò sul nascere il conato di vomito che gli risalì alla vista del sangue, finto ma disgustosamente credibile. Si spostò al fondo della tavolata dove, forte dei numerosi posti vuoti, andò a sedersi lontano da tutti. Il cibo non tardò ad arrivare insieme a posate e stoviglie immacolate, incantate dagli elfi domestici per servire i ragazzi ovunque si andassero a sedere, tuttavia non toccò niente.
Harry squadrò la scena dalla distanza con un cipiglio nervoso ed Hermione al suo fianco gli posò una mano sulla spalla fissandolo apprensiva.
«Harry, lo capisco che hai voglia di alzarti e intervenire, ma devi essere paziente.» gli mormorò. «Ci servono informazioni.»
«Paziente?» rispose sarcastico a voce bassa. Poi però la guardò in faccia, più serio. «Hai qualcosa in mente?»
«Esatto. E perché questo qualcosa prenda corpo ho bisogno che tu non intervenga, ora come ora.» spiegò cauta. «Lascerò un biglietto a Malfoy, alla terza ora abbiamo una lezione in comune. Dobbiamo andare tutti e tra da Tonks.»
Harry annuì, e si sforzò di smettere anche solo di guardare verso Draco, come a togliersi la tentazione.
Presto l’interesse della sala per la peculiare nuova coppia scemò, visto che i due ragazzi a stento guardavano uno verso l’altro. 
Dopo il pranzo, Draco fu il primo ad arrivare in cima alla scalinata per il settimo piano. Durante il pasto, fresco di una scena simile a quella della colazione, aveva mangiato poco o niente. Stavolta il sangue gliel’avevano fatto trovare direttamente sul piatto e nel bicchiere ed era finito per spostarsi definitivamente a fondo tavola, isolato più che mai.
Quando si affacciò sul corridoio, trovò Tonks nelle solite vesti di Eli Porter seduto a guardia dell’ufficio di Lupin. Inizialmente esitò ma quando si rese conto d’essere stato individuato rivolse alla cugina un sorriso di pura circostanza e si avvicinò.
«Ehi. Che ci fai da queste parti?» chiese Porter, squadrandolo da capo a piedi.
«Har- Potter e Granger mi hanno chiesto di venire qui dopo pranzo. Chiesto di persona, niente bigliettini.» specificò serio. «Non so perché abbiano scelto proprio questo punto.» aggiunse, dubbioso.
«Puoi chiamarlo Harry, se ti viene naturale.» gli mormorò Eli con un occhiolino complice e un sorriso gentile che scemò subito quando aggiunse, più serio: «Mi dispiace per quello che è successo con la foto. Harry mi ha spiegato la situazione ieri notte.»
«Siamo stati stupidi e incauti.» ammise Draco cupo. «Specialmente dopo quello che è successo il mese scorso. Dovevamo aspettarcelo che qualcuno ci tenesse d’occhio.»
«Siete poco più che ragazzini, e state sperimentando l’amore.» concesse Eli dolcemente. «È normale perdere un po’ di lucidità.»
Draco annuì, vagamente in imbarazzo.
Harry ed Hermione non si fecero attendere molto, pochi minuti dopo li raggiunsero.
«Ehi, tutto bene?» li salutò Eli.
«Sì, nei limiti del possibile.» ammise Harry con un sorriso apertamente insoddisfatto.
Lui ed Hermione si fermarono di fronte a Draco e lo squadrarono da capo a piedi.
«Tu piuttosto, come stai? Ho visto cos’hanno fatto quegli str-»
Eli li interruppe, quindi gli fece cenno verso la porta dell’ufficio di Remus.
«Entriamo, staremo più tranquilli. Remus sta dormendo ed è così stremato che difficilmente si sveglierà per un paio di persone che chiacchierano. Se vi serve un po’ di solitudine poi posso uscire.»
«Oh, no.» mormorò Hermione. «Abbiamo bisogno proprio di te.»
Eli non nascose un cipiglio curioso, quindi fece strada nell’ufficio del licantropo.
Era tutto in ordine nella parte dell’ingresso, lì dove c’erano la scrivania, i libri e le poltrone. L’uomo era nella stanzetta adiacente, lì dove c’era la sua camera da letto la cui porta era chiusa.
Si accomodarono alla scrivania e Tonks riprese le sue forme normali dopo aver protetto l’uscio con i soliti incantesimi.
Harry non ebbe tempo di riprendere il discorso che Draco lo anticipò.
«Mi stanno facendo qualche scherzo idiota, ma niente di grave. Se avessero voluto mi avrebbero già avvelenato o peggio. Non preoccuparti, ok?»
«Facile a dirsi.» sbuffò il moro, quindi si voltò a cercare Hermione con un’occhiata eloquente. «Herm, che avevi in mente? Perché siamo qui?»
La ragazza non si fece pregare.
«Ho un’idea per stanare il misterioso fotografo. Ed anche una per consentirvi di annullare, o quasi, gli effetti della prima foto che è stata diffusa ieri notte.» annunciò soddisfatta. «E proprio per questa seconda strategia, che è una variante della prima, avrò bisogno del tuo aiuto.» concluse seria verso Tonks.
Nymphadora, che intanto era appena inciampata sull’orlo dei pantaloni troppo lunghi, approdò bruscamente alla scrivania su cui si mise seduta, gli occhi chiari fissi sul particolare terzetto.
«Di che si tratta?»
«Nel primo caso getteremo un’esca e lo faremo casata per casata in modo da non escludere nessun sospetto. Faremo girare la voce che Draco ed Harry si debbano incontrare in un punto specifico. Sceglieremo un luogo adeguato, che abbia una sola via d’ingresso e uscita ed io resterò appostata sotto il mantello dell’invisibilità. A questo punto è abbastanza probabile che la persona che vi ha fatto quella foto si presenti e riusciremo a beccarla. Se necessario ripeteremo l’operazione finché non la staneremo.»
«Come faremo a comunicare? Qualsiasi segnale sonoro potrebbe far scappare questa persona.» la interrogò Draco, accigliato.
«Monete incantate: ne avremo in tasca una a testa, se sfiorate con la bacchetta si scaldano o gelano a seconda dell’ordine impartito. Posso usarle per fornirvi indicazioni semplici come il fatto che la spia stia arrivando o di darvela a gambe, dobbiamo solo decidere i codici.»
«Mh.» annuì Draco compiaciuto. «Può funzionare. E quando la persona si avvicinerà per dare un’occhiata come intendi procedere?»
«Mi assicurerò che sia armata di fotocamera e non un curioso a caso, per prima cosa. A quel punto vi darò il segnale e la chiuderemo dai due lati: voi da una parte io dal fondo del corridoio. Poi beh, potremmo fare con calma una bella chiacchierata tutti insieme.» spiegò sarcastica.
«Forse meglio che tu vada diretta di Petrificus totalum.» suggerì Tonks, seria.
«Non hai tutti i torti.» convenne Harry. «Meglio andare sul sicuro, anche perché non sappiamo con chi abbiamo a che fare.»
Anche Hermione e Draco annuirono.
«E la variante del piano per cui servo io?» chiese Tonks.
«È un po’ più complicato, ma non impossibile. La prima parte è uguale: un incontro fra Harry e Draco che faccia gola al nostro spione. Ma in questo caso dovremmo lasciare che scatti la sua foto compromettente, limitandoci a vedere di chi si tratta prima di lasciarlo andare, libero di pubblicare anche questo secondo scatto. Il momento andrà orchestrato bene in maniera da far sì che dalla foto si possa capire l’ora e la data del giorno in cui è stata scattata, perché mentre Tonks con l’aspetto di Draco andrà all’incontro con Harry, il vero Draco dovrà essere in quel preciso momento da un’altra parte, possibilmente ben in vista a molti altri studenti di Hogwarts.»
Harry sgranò gli occhi e sorrise.
«In questo modo potremmo dichiarare che le foto sono tutte false?»
«Esatto.» confermò Hermione. «Dei falsi realizzati con qualcuno col vostro aspetto ottenuto magari grazie alla polisucco. Nella prima foto che vi hanno fatto Harry non aveva gli occhiali, questo è un altro dettaglio a cui possiamo appigliarci per sostenere tale versione. Questa scappatoia è utile qualora vogliate ovviamente negare la vostra… relazione?» esitò, squadrandoli un minimo imbarazzata.
Harry e Draco si guardarono spiazzati.
«Non ne abbiamo parlato.» ammise il moro, fissando il compagno con un dubbio incerto. «Non ne abbiamo avuto tempo.»
Draco ricambiò il suo sguardo con uno altrettanto esitante e così a proseguire fu ancora Harry.
«Se vuoi scegliere l’opzione foto false beh, non è un problema. Lo capisco se non ti senti ancora pronto ad esporti, davvero.»
Draco gli afferrò l’avambraccio, dandogli una carezza gentile col pollice, discreta in maniera che Tonks ed Hermione non vedessero.
«Io … penso di sì. Credo che sia più cauta. Scusa. Sono il solito vigliacco.» ammise con un sorriso contrito.
«Va bene così. Non è un problema, sono coraggioso io per entrambi.» Sbuffò Harry con un sorriso sbruffone un po’ forzato che riuscì perlomeno a strapparne uno genuino al biondo.
«Se delegittimando quella foto i tuoi compagni smettessero di darti il tormento sarebbe perfetto.» si unì Hermione, supportiva. «Non è vigliaccheria volersi proteggere e passare un anno scolastico più sereno. Avrete tempo più avanti per uscire allo scoperto.»
Draco annuì, e pure Tonks rincarò la dose.
«Quella persona va catturata ad ogni costo. Per quello prima vi ho suggerito di ricorrere subito ad un Petrificus, senza mezze misure. Potrebbe trattarsi di un semplice studente intento a spiarvi ma anche dello stesso che ha scoperto il mio segreto e orchestrato l’agguato ad Harry e Remus. È una pista promettente, sicuramente di più di quelle che ho battuto fino ad oggi.» poi si rivolse ad Hermione. «Hai già pensato a come mettere in atto il secondo piano nel dettaglio?»
La Grifondoro annuì.
«Sì. Potremmo farlo già oggi pomeriggio, volendo.»
Tonks rivolse una breve occhiata ansiosa alla porta chiusa della stanza da letto di Remus, esitò brevemente, ma alla fine annuì.
«Va bene, si può fare.» cercò Harry e Draco con lo sguardo, ed entrambi annuirono decisi. Riprese le forme di Eli e si avviò alla porta. «Torno subito, devo chiedere un favore ad una persona e poi sono tutta vostra. Intanto iniziate a discutere bene i dettagli.» suggerì con un sorriso gentile, prima di lasciarli soli a confabulare.






Aiutata da Ron, Luna e Ginny, Hermione si era curata di far arrivare con discrezione ai Serpeverde il pettegolezzo che Harry e Draco si sarebbero incontrati alle cinque, subito dopo l’allenamento pomeridiano di Serpeverde, nella piccola aula che precede la torre di Astronomia.
L’allenamento fu uno dei più sgradevoli della vita di Draco. Snape non era presente, quindi i compagni erano stati ancora più liberi di dargli il tormento. Nella partita simulata che avevano fatto, persino quelli che dovevano essere i battitori dalla sua parte avevano passato il tempo a cercare di disarcionarlo coi bolidi. Dopo i rivoltanti scherzetti a base di sangue finto, erano passati ad una nuova strategia: nessuno gli parlava più. Non gli davano direttive, non rispondevano a domande dirette e nemmeno gli rivolgevano insulti e sfottò, in un trattamento del silenzio sfiancante.
Alla fine di quello strazio, che il biondo affrontò a denti stretti e senza lamentele, negli spogliatoi se la prese molto comoda. Aveva un brutto livido allo zigomo sinistro, il braccio destro dolente fin dalla base della spalla e una caviglia gonfia. I compagni lo sbirciavano con astio e curiosità, come in attesa di capirne le mosse, ma lui si attardò al punto da ritrovarsi in compagnia dei primi giocatori di Tassorosso che stavano arrivando in vista del loro turno di allenamento. I ragazzi giallo-nero lo guardarono curiosi, ma l’unico che si fece avanti fu il capitano. Un ragazzone alto e robusto, dai cortissimi capelli castani, che giocava nel ruolo di battitore.
«Qualcosa mi dice che non sei ridotto così per uno sfortunato incidente.» spiegò con un sarcasmo mesto, gli occhi scuri ingentiliti da un po’ di pietà.
Draco fece del suo meglio per raddrizzare orgogliosamente la schiena e non fare smorfie di dolore mentre finiva di indossare la mantella.
«Allenamento speciale.» spiegò altrettanto sarcastico. «Nulla che Madam Pomfrey non possa risolvere in venti minuti, comunque.»
Il capitano Tassorosso lo squadrò meglio da capo a piedi, poi guardò verso la porta degli spogliatoi da cui l’ultimo dei Serpeverde era appena uscito.
«Posso accompagnarti fino all’infermeria, se vuoi.» propose a bassa voce.
Draco lo fissò sorpreso, ma dopo una breve esitazione annuì, per quanto a disagio.
«Mh, ok. Grazie.» bofonchiò.
«Ragazzi, mi assento per una decina di minuti, intanto voi iniziate a scaldarvi.» annunciò il ragazzone ai compagni, prima di precedere Draco verso l’uscita.
Quando i due raggiunsero l’infermeria erano ormai le cinque e venti. Tonks intanto aveva cambiato forma e trasfigurato i propri indumenti per vestire alla perfezione i panni del biondo con largo anticipo. La metamorfomagus aveva dunque raggiunto Harry nella piccola aula che fungeva da supporto alla torre di Astronomia. Era una stanza ordinata, che ospitava tutti gli strumenti necessari alle osservazioni, misurazioni, calcoli e disegno delle mappe celesti.
Hermione era appostata sotto il mantello dell’invisibilità da un lato del corridoio, l’unico passaggio obbligato per raggiungere la torre. Alle cinque e venti, lanciò il segnale agli altri due, sfiorando la propria moneta incantata con la bacchetta. La giovane Kelly gli era appena sfilata davanti intenta ad avanzare con un’ansia guardinga. Sotto i drappi abbondanti della tunica custodiva gelosamente la macchina fotografica.
Appena Harry e Tonks ricevettero il segnale si scambiarono uno sguardo d’intesa e iniziarono la loro recita.
«Non ce la faccio più a vederti così, di nascosto da tutti.» spiegò Harry, ostentando un’aria nervosa.
«Non possiamo fare altrimenti, Harry.» sibilò il falso Draco, in piedi mezzo passo di fronte a lui.
La porta della stanza era stata chiusa con un incantesimo semplice, che infatti la bambina fu in grado di rompere facilmente dopo aver origliato un po’. Schiuse con estrema cautela l’uscio una volta sbloccata la serratura, finché non ebbe uno spiraglio utile ad avere una visuale parziale su entrambi, attorniati dagli strumenti di Astronomia.
«Ma ormai lo sanno tutti che stiamo insieme. Perché non venire ufficialmente allo scoperto?» obiettò il moro.
«È solo una foto, non hanno molto altro. Posso ancora inventarmi qualcosa per negare o giustificarmi. Dire che era stata una follia del momento.»
Kelly si guardò cauta attorno, quindi si accucciò meglio davanti alla porta schiusa.
«Cos’è, lo era davvero? Una follia del momento?» sbuffò Harry, realisticamente infastidito.
«No, ovvio che no.» lo rassicurò apprensivo il biondo, che gli si fece più vicino.
Hermione si mosse piano qualche metro alle spalle di Kelly, le mani ancora su bacchetta e gettone. Quando vide meglio in faccia la bambina aggrottò la fronte con una smorfia contrariata.
«Quindi vuoi continuare a vederci così, come due criminali che devono nascondersi?» sospirò il moro.
Draco gli afferrò un braccio e poi una mano, stringendola fra le proprie.
«Per un po’, Harry. Abbi pazienza.» si allungò verso l’altro e si scambiarono un bacio a stampo, ben diverso da quelli che Harry e il Draco originale si concedevano.
Kelly si mise in posizione, aprì un po’ di più la porta con estrema lentezza, quindi iniziò a scattare. Anche il meccanismo era perfettamente silenzioso, incantato a posta per quel mestiere.
Hermione diede due tocchi di bacchetta al gettone e sia Harry che Draco sgranarono leggermente gli occhi. Harry abbassò così tanto la voce da risultare a stento udibile dal biondo, parlandogli quasi sulle labbra.
«Diamogli qualcosa di interessante.»
Draco annuì, e col un sorriso un po’ imbarazzato di chi è a metà fra il nervoso e la ridarella alzò le mani alla cravatta di Harry e cominciò a sfilargliela. Passò dunque ai bottoni della camicia, mentre il moro si lasciava scivolare giù dalle spalle la tunica nera.
Kelly continuò a scattare a ritmo regolare, il fiato trattenuto e gli occhi sgranati.
Draco afferrò con decisione la camicia di Harry e gliela abbassò con uno strattone, scoprendone le spalle e parte del petto. Gli avvicinò il viso al collo e ci posò sopra le labbra, offrendo all’obiettivo della piccola Serpeverde una posa decisamente inequivocabile.
Kelly fece un piccolo sussulto, un ultimo scatto e indietreggiò di botto. Hermione si scansò per evitare il rischio di venire investita nel corridoio angusto. La bambina aveva un sorriso soddisfatto ma era anche decisamente paonazza. Riconservò frettolosamente la macchina fotografica senza più osare guardare i due dentro l’aula, quindi scappò via di corsa con una mano sulla bocca ed una a tenere la fotocamera.
Hermione la seguì in parte e quando fu sicura che quella era andata via diede un altro paio di segnali col gettone. Harry e Draco si separarono scoppiando a ridere, imbarazzati, quindi Tonks recuperò le forme di Eli e ritrasfigurò i vestiti di conseguenza.
«Facci l’abitudine Harry, se vorrai diventare Auror come dici queste cose possono capitare, in certe missioni.» spiegò fra serio e faceto.
Il moro sbuffò divertito mentre si rivestiva, infreddolito.
«Spero in qualche missione più movimentata, in realtà.»
«Non mancheranno manco quelle.» sospirò l’altro, muovendosi verso la porta. «Ti precedo. Ci vediamo alla capanna di Hagrid.»
Harry lo scrutò interrogativo.
«Non all’ufficio di Lupin?»
«No, ho lasciato qualcun altro di guardia, non preoccuparti. E poi è il caso che tu dica ad Hagrid che sta succedendo con Draco, non credi?» suggerì facendogli l’occhiolino.
Harry perse un po’ il sorriso, ma annuì.
«Già. Non so come la prenderà. Ma non voglio lo venga a sapere da una delle foto lasciate in giro.»
Eli annuì e dopo avergli rifilato una pacca d’incoraggiamento uscì: Harry ed Hermione l’avrebbero raggiunto con cautela poco più tardi alla capanna del professore di Cura delle Creature Magiche.








L’ufficio di Lupin era invaso dalla luce rossastra del tramonto che filtrava dalle finestre, ma Severus Snape era seduto alla scrivania a braccia incrociate, indifferente al piccolo spettacolo naturale. Il bastone era incastrato lì accanto a portata di mano, mentre una piccola boccetta dal contenuto arancione era poggiata fra le scartoffie davanti a lui. Dondolò nervosamente una gamba, sciolse l’intreccio delle braccia e spostò la pozione da un lato, con uno sbuffo infastidito.
«Dannata Tonks. Una dannata trappola.» sibilò fra i denti.
Più osservava la pozione arancione più la sua gamba sana dondolava nevrotica. Acchiappò un mazzetto di fogli disordinati e iniziò a scorrere fra le pagine. Erano compiti da correggere, alcuni già in parte corretti, più qualche foglio per gli appunti. Carezzò con l’indice la grafia pulita ed elegante di Remus, scorrendo fra le righe in cui il docente aveva segnato gli appunti per una lezione speciale di Natale per il primo anno. Non riuscì a trattenere un minuscolo sorriso, così mise da parte anche quei fogli con un gesto secco.
Guardò la porta della camera di Remus, la pozione messa in disparte, i compiti mezzo corretti. Prese tempo. Prima accese il caminetto, poi si armò di calamaio e penna e continuò le correzioni, rimise in ordine la scrivania, esaminò i cassetti facendo sparire ogni cartaccia di cioccolata, finché non ebbe davvero più niente da fare. Era passata a stento mezz’ora.
Con un sospiro teso afferrò la pozione, artigliò il bastone e si alzò. Il suo passo verso la stanza di Remus era ancora un po’ incerto, ma per quanto ritardasse alla fine arrivò alla meta. Bussò un paio di volte, ma non ottenne risposta. Teso, finì per aprire la porta e sbirciare.
La stanza privata di Remus non aveva molti oggetti. C’era la sua fedele valigia espandibile aperta, con dentro tutti i suoi pochi averi essenziali, come se fosse un ospite in un albergo, sempre pronto ad andarsene in ogni momento.
Una singola lampada ad olio illuminava l’ambiente dal comodino, le tende erano completamente tirate e l’uomo era sdraiato sotto le coperte sul letto ampio da un lato della stanza.
«Lupin?» lo chiamò avvicinandosi con l’espressione più dura che possedesse.
L’altro non rispose.
Andò a poggiare la pozione sul comodino accanto alla lampada, quindi si chinò un po’ storto sulla figura distesa. Era raggomitolato a tal punto da lasciare scoperti solo i capelli e parte della fronte.
Con la mano ora libera andò a toccargli una spalla e scuoterlo leggermente.
«Lupin?» riprovò più forte.
Il licantropo prese un respiro più profondo, tirò su la testa e scoprì il viso pallido. Aprì lentamente gli occhi, come se fosse troppo esausto anche solo per tornare sveglio. In quel lento lasso di tempo Severus rimase imbambolato a fissarlo, chino su di lui e poggiato storto sul bastone, la mano sinistra ancora sulla sua spalla.
Appena Remus riuscì a recuperare abbastanza lucidità da capire chi aveva davanti fece un piccolo debole scatto che lo portò a girarsi e stendersi a pancia in su. Il movimento levò così l’appoggio a Severus che finì per inciampare sul bordo del letto e finirgli addosso con un verso di infastidita sorpresa.
Remus sgranò gli occhi, improvvisamente desto e allungò le braccia in avanti, un po’ per ripararsi un po’ per acchiappare l’altro. Debole com’era finì solo per posargli le mani sul petto e rallentarne la caduta verso il proprio.
Severus si diede subito una spinta goffa e scivolò indietro, seduto storto accanto all’altro, la mano sana premuta all’altezza del cuore di Remus.
Fu solo allora che si rese conto, al netto delle coperte scostate nei movimenti goffi di entrambi, che Remus era nudo. Ritrasse di scatto la mano ma non poté fermare l’impennata di sangue che gli colorò le guance, il battito troppo forte del cuore che comandò ai polmoni un respiro più intenso, tremulo.
Ci fu un istante di reciproco imbarazzo in cui Severus si rialzò in piedi recuperando la consueta serietà arcigna e Remus si tirò su le coperte manco una dama pudica.
«Tonks mi ha chiesto di darle il cambio e portarti una pozione rinvigorente.» bofonchiò Snape appena ebbe recuperato l’autocontrollo necessario a parlare con calma. Additò la pozione sul comodino, quindi si concesse un’occhiata al viso dell’altro.
Remus lo fissava con una confusione fiacca, ma annuì.
«Dov’è andata?» chiese debolmente.
«Ti ha raccontato di Malfoy e Potter?»
Remus si accigliò, una vena d’ansia palese gli attraversò il viso.
«No. È successo qualcosa?»
«Sì, ma stanno bene.» chiarì subito il pozionista, che tornò presto ad indicargli la pozione. «Pensa a bere quella piuttosto, o stasera non avrai manco la forza di mangiare.».
Remus, che faticava anche solo a tenere gli occhi aperti, gli rivolse un sorriso tenue.
«Grazie, ma temo di non riuscire ad alzarmi. Più tardi, quando tornerà Dora.» ammise mesto.
Severus lo fissò teso e incerto per qualche attimo, quindi gli allungò una mano distogliendo lo sguardo.
«Questo è il massimo che posso fare.» bofonchiò.
Il sorriso di Remus si aprì un po’ di più, quindi afferrò quella mano col poco di forze che aveva e si fece aiutare a mettersi in parte seduto. Severus lo lasciò andare subito, piazzandogli piuttosto qualche cuscino dietro la schiena.
«Tu ed Horace eravate molto ispirati sta volta, eh? La pozione era perfetta, non mi aveva mai buttato giù così intensamente.» scherzò mentre Severus gli passava la boccetta di ricostituente.
«Tende ad avere effetti peggiori in inverno. Le difese naturali del corpo crollano in fretta. O forse stai solo diventando vecchio.»
Remus bevve un sorso di pozione, ma staccò subito le labbra perché gli scappò uno sbuffo divertito.
«Ehi. Tu sei più vecchio di me. Anche se di pochi mesi.» lo accusò scherzoso, sebbene l’umore fosse sempre relativamente fiacco. Guardava l’altro in viso di rado, carico di una vergogna che proprio non riusciva a scollarsi di dosso in quel periodo del mese.
La fronte di Snape si aggrottò.
«Tu sai quando compio gli anni?»
«Ho un vago ricordo, sì. Nove gennaio? O dieci?»
«Nove. Come fai a saperlo?»
«Nove, ecco.» mormorò andando a prendere tempo nel bere l’ultimo sorso della pozione prima di rispondergli. «Forse eravamo al sesto anno, o al quinto. Sirius aveva scoperto del tuo compleanno, non ricordo come. Fatto sta che stava pianificando di farti uno scherzo dei suoi.»
La fronte di Snape non si distese affatto, anzi sembrò ancora più perplesso.
«Non ricordo odiosi scherzi di compleanno a scuola.»
«Perché l’avevo convinto a passare una serata con me piuttosto che dare noia a te in un giorno simile.» ammise il licantropo col sorriso imbarazzato e distante di chi richiama un vecchio ricordo gradevole.
Severus strinse i denti e la presa sul bastone, emettendo a stento un mugugno a dar segno di aver capito.
«Mh.»
Remus gli porse la boccetta vuota insieme ad un basso “grazie”, quindi si lasciò andare con la schiena sui cuscini.
«Prima di andare, puoi raccontarmi cos’è successo a Draco ed Harry?» chiese chiudendo gli occhi.
Severus si guardò intorno, quindi fece comparire una sedia e prese posto accanto al letto.
«A quanto pare si frequentano.» spiegò a denti stretti.
Remus, nonostante fosse esausto riaprì di scatto gli occhi andando a studiare l’espressione severa del pozionista.
«E la cosa è di dominio pubblico?»
«Già. Quei due sciocchi si sono fatti beccare da qualcuno armato di una macchina fotografica, che ha provveduto a scattare loro una foto mentre si scambiavano un bacio. La foto è stata fatta circolare in svariate copie ieri sera.»
Remus strinse le labbra, quindi sciolse un sospiro lento.
«Immagino la posizione sociale di Draco sia ulteriormente peggiorata. Sta bene?»
«Gli hanno fatto un brutto scherzo, ma nessuna aggressione. Non che mi abbia riferito, perlomeno. Sembra voler proteggere ostinatamente i suoi vecchi amici, nonostante tutto.» spiegò senza troppo biasimo nel tono.
«Pensi possa esserci una correlazione fra chi ha spiato loro e chi ha scoperto il segreto di Tonks?»
«Sì, è una possibilità concreta e se tutto andrà bene lo scopriremo presto: Tonks con l’aiuto di Potter e Granger è andata a tendere una potenziale trappola all’autore dello scatto. Per questo mi ha chiesto di darle il cambio qui.»
Remus annuì, quindi gli chiese, serissimo:
«Immagino che tu sia ostile alla relazione fra Draco ed Harry.»
Snape sbuffò.
«Fai spesso domande di cui conosci già la risposta, Lupin?» confermò.
«Perché mai sei ostile? Se hanno deciso di avvicinarsi è perché evidentemente si trovano bene insieme, pensano ne valga la pena.»
«Dove vuoi andare a parare con queste domande?» sibilò il pozionista, nervoso.
«Da nessuna parte, voglio solo capire.» sospirò stanco e spazientito Lupin. «Perché sei ostile alla loro relazione?»
«Perché sono due uomini, per prima cosa e po-.»
Remus lo interruppe.
«Chi te l’ha messa in testa questa idiozia che l’omosessualità sia un problema?» sbottò secco.
Severus strinse nervosamente le labbra, quindi voltò il capo da un lato ostentando un’espressione carica di disprezzo.
«Lasciamo perdere. Riposati.» decretò alzandosi in piedi e recuperando frettolosamente il bastone.
«Di tutte le cose che potevi assorbire della cultura babbana hai preso proprio la più sciocca, Snape.» lo accusò Remus, deluso.
Severus gli scoccò un’occhiata cupa.
«A ben pensarci, Lupin, non è affar tuo cosa io pensi delle pessime scelte del mio figlioccio.»
«No, infatti, hai ragione.» ammise l’altro, sfilandosi a fatica i cuscini da dietro la schiena. L’improvviso moto di stizza e amarezza gli infusero un briciolo di energie. «Vai pure, avrai di meglio da fare. Non serve che tu mi faccia da guardia, il plenilunio è passato, non sono più una minaccia per almeno un mese.» lo scacciò con un sarcasmo secco piuttosto raro.
Severus rimase un po’ interdetto, al punto che non disse niente e si limitò ad andare via, chiudendosi la porta della stanza alle spalle. Una volta rimasto solo nello studio esitò, ma alla fine si andò a sedere di nuovo alla scrivania. Si passò una mano sul viso, poi fra i capelli ancora corti, quindi sospirò stancamente e tornò al suo ruolo di guardiano silenzioso.




Subito dopo cena, Pansy, Blaise, Theodore e Kelly si ritrovarono in una delle aule vuote nel seminterrato. Nott sigillò la porta con qualche incantesimo, mentre Pansy e Blaise spronarono la bambina a parlare. Quella tirò fuori un piccolo mazzolino di foto sviluppate poco prima e gliele offrì con un sorrisone a metà fra orgoglioso e imbarazzato.
Pansy squittì entusiasta.
«Blaise, guarda questa, è perfetta! Potter a petto nudo, Draco che gli bacia il collo.» guardò Kelly e le concesse un’occhiata soddisfatta. «Ottimo lavoro. Però, per il futuro: non restare oltre se vedi che iniziano a spogliarsi così.» le spiegò con tanto di occhiolino.
«No. No. Eew.» mugugnò quella, paonazza.
«Questa gli varrà come minimo una punizione.» considerò Blaise, compiaciuto.
«Cinquanta copie di questa dovrebbero bastare. Le diffonderemo domani a colazione.» spiegò Pansy che, armata di bacchetta, cominciò subito a duplicare le foto.
Nott si affacciò a sbirciare oltre le teste dei compagni e fece una smorfia schifata.
«Questa storia non mi piace.» berciò aspro.
«Ovvio, sono Malfoy e Potter.» rise Zabini.
«No intendo la facilità con cui si sono fatti beccare di nuovo dopo la prima volta. C’è qualcosa che non quadra, avanti, usate il cervello.» li redarguì aspramente. «Prima gira la voce di un loro appuntamento, come se gli amici di Potter potessero tradirlo così facilmente o come se Malfoy avesse qualcuno a cui confidare cose simili. Poi la porta della stanza dentro cui sono andati era guardacaso alla portata di un banale Alohomora da primo anno.»
«Se fosse stata una trappola l’avrebbero già bloccata, no?» obiettò Pansy.
Kelly smise subito di sorridere e incassò un po’ la testa fra le spalle.
«E in merito all’informazione nessun tradimento. Una dei corvonero aveva sentito per sbaglio Potter dare appuntamento a Malfoy in un corridoio isolato, dove pensavano evidentemente di essere soli. Lei l’ha detto ad un amico, che l’ha detto ad un altro e così via. Lo sai come corrono in fretta queste cose.»
Nott tuttavia non sembrava affatto convinto. Sfilò una delle foto dalle mani di Pansy e la analizzò con la fronte aggrottata e la mascella stretta.
«Non diffondetele, c’è qualcosa che non va.» concluse secco, abbandonando lo scatto fra le braccia di Blaise.
«Cosa può capitare? Ormai ce le abbiamo, chi se ne importa se era una trappola, evidentemente non è andata a buon fine.» insisté Pansy.
Kelly sembrava sempre più agitata, Blaise pensieroso.
Nott le rivolse un’occhiataccia nervosa, quindi si avvicinò alla bimba e le mormorò cupo poche parole.
«Fai sparire quella roba. Nascondi la macchina e ogni copia delle foto che hai ancora con te. Se ti beccano non osare fare i nostri nomi o la tua vita in questa scuola è finita.»
La bambina si irrigidì, gli occhi lucidi puntati in quelli scuri e rabbiosi di Theodore. Inghiottì a vuoto e annuì tremante.
Pansy le pose una mano sulla spalla.
«Tranquilla, non succederà un bel niente. Domani rideremo di tutta questa storia, vedrai.»
Nott si raddrizzò con uno sbuffo secco, quindi allungò una mano a Pansy.
«Hai ancora una copia della prima foto?»
«Sì, perché?»
«Dammela.»
«Che hai in mente?»
«Vedrai.»
Pansy lo fissò perplessa ma non chiese oltre. Si alzò in piedi e indicò la porta.
«Andiamo ai dormitori, le ultime copie le ho conservate lì.»
Così si allontanarono, tallonati da Kelly che, col suo fardello fotografico nascosto sotto la tunica, sembrava sinceramente sul punto di vomitare.
   
 
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