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Autore: Emma Speranza    14/12/2023    5 recensioni
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.
Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.
Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.
Dall'Epilogo:
​«Corri!»
Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.
Nulla li avrebbe salvati.
Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.
«Scusate, scusate!»
E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
Genere: Avventura, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Vari personaggi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 20
La sconfitta dei pedoni
 
 
Come immaginavano, il ritorno di Lydia, Lance e Duncan dalla battaglia fu poco eroico.
Appena varcarono i cancelli di casa furono assaliti (non c’era altro modo per descriverlo) dai signori O’Brien, e le loro urla e rimproveri li seguirono fino all’ingresso, dove si aggiunsero anche quelle di Katherine, anche se persero molto del loro effetto considerando che il volto della ragazza era ancora deformato dall’incantesimo Testabolla. «Si può sapere dove siete stati?!» urlava isterica, per poi correre ad abbracciarli tutti e tre «Sono così contenta che stiate bene!» colpendoli subito dopo con un giornale arrotolato «Ma siete stati degli stupidi a scomparire così! Avete presente quanto ci siamo preoccupati?!» chiese sottolineando ogni parola con un colpo di giornale. Lydia si difese scomparendo dietro a Lance e lasciando che fosse Duncan a spiegare alla sua fidanzata in preda a sbalzi d’umore tutta la vicenda. Se Lydia credeva che i signori O’Brien e Katherine rimanessero colpiti dal loro scontro con Mangiamorte e Dissennatori, fu profondamente delusa. I signori O’Brien erano completamente sbigottiti.
«È un miracolo che siate tornati!» esclamò la signora O’Brien, anche lei combattuta tra l’essere infuriata per la loro scomparsa o sollevata per il loro ritorno. Alla fine optò per una via di mezzo. «Siete in castigo.»
I tre ragazzi si lamentarono sonoramente. «Mi sto per sposare, non puoi mettermi in castigo!» esclamò esterrefatto Duncan.
«Se non può lei, posso io.» rispose Katherine, il giornale ancora minacciosamente stretto nel pugno. A questo Duncan ebbe il buon senso di non rispondere.
Lance e Lydia invece furono più difficili da zittire. «Abbiamo fatto quello che dovevamo fare.» diceva Lance, mentre Lydia borbottava «È tutta colpa di Paul, è sempre tutta colpa di Paul e… ETCIU!»
«Salute.» rispose Katherine.
«Grazie…» Neanche il tempo di rispondere che Lydia fu colpita da un altro starnuto, e un altro, e un altro ancora. Quando Lydia riuscì a riaprire gli occhi, scoprì di avere creato il vuoto attorno a lei. Persino Katherine si era allontanata, nonostante l’incantesimo attorno alla testa.
«Ti sei ammalata, cara?» chiese la signora O’Brien. Poi si voltò verso Katherine «Ecco, questo era il motivo per cui dovevi stare in isolamento.»
Lydia zittì la discussione sul nascere. «Sono solo finita in mare.» Nonostante l’incantesimo d’aria calda di Duncan, aveva i capelli ancora bagnati e si sentiva i vestiti umidi, senza contare il fatto che aveva abbandonato il maglione sulla spiaggia ed era rimasta a mezze maniche da allora. La sua risposta attirò altri sguardi straniti da parte di coloro che non avevano assistito alla scena. «Non importa, sappiate solo che non è influenza.»
La signora O’Brien fu inamovibile. «Non importa il perché ti sei buttata in mare.»
«Mi hanno lanciata!» tentò di protestare Lydia.
«Ma non possiamo sapere con certezza che non si tratti dell’influenza di Katherine… quindi sei in isolamento fino a guarigione completa.» sentenziò decisa.
«Benvenuta in prigione.» disse con tono tetro Katherine.
«Ma… no!» provò a balbettare Lydia.
«Niente ma.» continuò la signora O’Brien. «Fila a farti un bagno caldo e poi a letto, ti porterò le tue pozioni e la cena.» Poi si voltò verso Lance, ignorando completamente le proteste (intervallate da starnuti) di Lydia.
Lance si mise le mani in tasca. «Potete anche punirmi. So di aver fatto la cosa giusta.»
Lo sguardo del signor O’Brien era tetro. «Di questo ne parleremo dopo. Sappi solo che hai lasciato le tue pozioni incustodite per ore…»
Fu abbastanza per far impallidire Lance. «Maledizione.» esclamò. Poi si voltò ed entro tre secondi era già scomparso sulle scale che portavano al laboratorio.
 
E così iniziò il periodo di punizione per Lydia, Duncan e Lance. Lydia fu costretta a rintanarsi nella sua camera; se le prime ore si era lamentata di quella decisione ed aveva bussato alla porta implorando gli altri di lasciarla libera, entro l’ora di cena era già sdraiata sul letto con le ossa doloranti e la febbre che si alzava, senza contare i dolori provenienti dalle ferite della battaglia. «Non è influenza.» continuava a ripetere, ma, nonostante questo, il divieto di uscire continuò e dovette passare i giorni successivi di assoluto riposo in solitudine. Ed era proprio questo particolare che Lydia non riusciva a sopportare. La solitudine e il silenzio non facevano altro che riportarle alla mente il combattimento sulla spiaggia, le parole di Mills e Diana, ma soprattutto i Dissennatori. La sua unica distrazione erano le brevi visite che le venivano concesse. Il signor O’Brien compariva alla porta ad intervalli regolari per sincerarsi delle sue condizioni di salute e le portava pozioni e cibo a sufficienza da sfamare un esercito, che la maggior parte delle volte tornava in cucina completamente intatto. Qualche volta Lance bussava alla porta, anche se la maggior parte del tempo era costretto a rimanere in laboratorio. «Papà ha cercato di salvare le pozioni quando siamo usciti.» le aveva spiegato il secondo giorno di malattia, la porta in mezzo a loro sigillata da un incantesimo del signor O’Brien, il quale non si fidava del fatto che il figlio avrebbe rispettato l’isolamento di Lydia «Ma non è mai stato molto abile in Pozioni e così la maggior parte sono andate in fumo entro mezz’ora. Tutto quel lavoro buttato via… Una era sul fuoco da tre settimane… Tre settimane! E non doveva neanche essere toccata! Come ha fatto papà a distruggerla è un mistero.»
L’unica che poteva davvero farle compagnia era Katherine. Visto che la signora O’Brien la considerava ancora infetta, poteva entrare in camera di Lydia, con la sua fedele bolla attorno al volto come protezione. I primi giorni si limitò ad aiutarla a buttare via tutti i fazzoletti e organizzarle le pozioni medicinali sul comodino, accanto alla piuma (Lydia ringraziò più volte Merlino di non averla avuta con sé sulla spiaggia e non averla così condannata a finire dispersa in mare); dal terzo in poi, quando la febbre di Lydia si decise ad abbassarsi, si presentò con una scacchiera magica. «Non so giocare a scacchi.» fu la reazione di Lydia.
«Non ci credo, non hai mai giocato a scacchi?» chiese Katherine, posando la scacchiera sul letto di Lydia.
«Ci ho ancora giocato, ma io e Lance non conoscevamo le regole e quindi abbiamo inventato un gioco nostro. Vince chi distrugge più pedine avversarie.» Alice e Paul avevano tentato in tutti i modi di insegnare loro le regole vere, ma Lydia e Lance si divertivano molto di più usando la loro versione.
Katherine iniziò a sistemare le pedine con un sorrisetto in volto. «Allora voglio imparare anche io il vostro gioco.» E così iniziarono a giocare. Le pedine erano furiose per essere trattate in quel modo, molte volte si rifiutavano di muoversi e occorrevano tutte le lusinghe, minacce e costrizioni da parte delle ragazze per continuare il gioco, rendendo il tutto ancora più esilarante. Nel giro di poche ore quella che era iniziata come una semplice partita per distrarsi si tradusse in un vero e proprio campionato.
Il signor O’Brien fu il primo ad aggiungersi. Quando passò a recapitare le pozioni del giorno e trovò le ragazze piegate dalla risate dopo che le pedine avevano iniziato una sommossa contro di loro, lanciando i pezzi delle loro compagne sacrificate, il signor O’Brien dichiarò che sembrava un gioco interessante e chiese di poter fare una partita. Per evitare di incorrere nelle furie della signora O’Brien per aver violato l’isolamento, Katherine trasformò la porta di Lydia in una barriera trasparente. Il signor O’Brien prese una sedia e si accomodò in corridoio, mentre Lydia e Katherine sistemarono gli scacchi su un tavolino e lo posarono proprio a metà della barriera, così che una parte fosse nella camera mentre l’altra nel corridoio. La partita attirò l’attenzione degli altri abitanti della casa, facendo accendere in loro il desiderio di partecipare, e così Katherine trasformò il tutto in un torneo, con dei turni di gioco e rivincite varie. I bambini erano i più entusiasti ma di solito le partite con loro erano brevi: volevano solo far esplodere le pedine una dietro l’altra e godersi la distruzione. Per quanto riguardava gli adulti, la signora O’Brien era la più agguerrita, mentre le partite con il marito e Duncan duravano all’infinito visto che insistevano a ragionare prima di compiere qualsiasi mossa. Persino Caitlin accettò di giocare, nonostante il suo disgusto per ogni oggetto magico. Le partite contro Lance invece erano quelle in cui Lydia e Katherine dovevano armarsi più di pazienza. Lance faceva la sua mossa, poi doveva correre in laboratorio per recuperare tutto il lavoro perso durante la loro assenza, per poi tornare di corsa, compiere la mossa successiva e di nuovo via, scomparso nel seminterrato. Una volta era sparito per più di due ore e sembrava svanito completamente nel nulla, per poi tornare come se nulla fosse, spostare il suo cavallo in A7 e andarsene di nuovo per un’altra ora.
Il pomeriggio successivo una di queste pause si stava protraendo all’infinito. Katherine non c’era e Lydia odiava ogni istante in cui rimaneva da sola. La sua mente tornava inesorabilmente alla battaglia della spiaggia, ai Dissennatori, a… Scosse la testa. Non era il momento di perdersi in certi pensieri. Come se fosse così semplice riuscire a distrarsi. Guardò di nuovo l’orologio. Erano già passati venticinque minuti dall’ultima comparsa di Lance. Anche le pedine non erano particolarmente contente di quella pausa così lunga. I cavalli scuotevano la criniera mentre il re nero agitava la corona in aria. Lydia teneva le dita ben distanti. Aveva appena fatto distruggere la regina nera da un fante e il re sembrava sul piede di guerra. Dei passi sulle scale le fecero distogliere lo sguardo dalla scacchiera. «Finalmente sei tornato! La tua regina è andata, solo tre pedine e sei fuori… Oh.» disse semplicemente quando si accorse che non era Lance ad essersi avvicinato alla sua porta-vetro, ma Katherine.
La ragazza sorrideva. «Cosa dici se facciamo noi una partita?»
Lydia si spostò di lato giusto in tempo per non essere colpita dalla corona del re nero. «Sto finendo una partita con Lance.» Avevano una sola scacchiera, la signora O’Brien aveva proposto loro di usare quella d’oro zecchino rinchiusa nei sotterranei e appartenente alla sua famiglia da generazioni. Aveva detto che per lei non sarebbe esistita gioia maggiore che vedere quelle pedine completamente distrutte, ma il signor O’Brien l’aveva fermata e così il torneo si era dovuto giocare con una sola scacchiera e delle pedine sempre più decadenti.
«Allora possiamo giocare a Spara Schiocco.»
Lydia non voleva giocare a Spara Schiocco. Voleva solo finire la sfida contro Lance in santa pace. «Dopo.» sentenziò «Prima aspetto Lance per finire questa partita.»
«Ah.» rispose Katherine. E Lydia si accorse che il sorriso sul suo volto era meno sincero del solito, gli angoli della bocca erano tirati.
Un sospetto nacque in lei. «Cosa succede?»
Katherine aprì la porta e si diresse verso la finestra della camera. «Niente. Se vuoi possiamo ripassare qualche incantesimo! Ne conosco alcuni che potrebbero tornarci utili.»
Lydia si alzò dal tavolino. «Cosa succede?» chiese di nuovo guardando Katherine negli occhi.
Katherine esplose senza altre costrizioni. «Duncan e Lance sono usciti per una missione!» disse velocemente, come se volesse togliersi un peso dal cuore.
E scaricarlo direttamente sul cuore di Lydia. «Come una missione? Che missione? Erano qui venti minuti fa!»
Katherine le si avvicinò. «Nulla di grave, una famiglia ha chiesto il nostro aiuto per la loro figlia. Lo zio Anthony ha già controllato e non ci sono trappole. Dovrebbero tornare entro mezz’ora.»
Ma mezz’ora era troppo tempo da attendere per Lydia. Non era abituata, si rese conto, di solito era sempre lei ad uscire insieme a Lance, non aveva mai dovuto sopportare prima di essere in casa mentre lui era in giro a rischiare la vita. E non gli piaceva. «Potevo accompagnarli.» rispose tetra.
Katherine la guardò scettica. «Hai ancora qualche linea di febbre.»
«Non è vero.» E invece era vero, senza contare il mal di testa che la assillava costantemente e il raffreddore che si stava tramutando in una tosse che la lasciava senza fiato. Katherine si lasciò sprofondare sul letto. «E poi vedila come una punizione per essere usciti l’altro giorno senza dirci nulla.» Lydia incrociò le braccia al petto, rifiutandosi di rispondere. Stupido raffreddore, stupida febbre e stupida tosse. «Comunque se vuoi possiamo parlarne.» continuò Katherine.
«Di cosa?» sbottò Lydia, il pensiero ancora rivolto alla missione mancata e non vedendo così il sorrisetto appena comparso sulle labbra di Katherine.
«Del fatto che sei preoccupata per Lance e non riesci a stare senza di lui.» Il re nero si trovò a volare nell’aria verso Katherine, facendo scoppiare la sua bolla ed atterrandole dritto in fronte. «Ohi!» si lamentò lei massaggiandosi la testa.
Lydia non perse tempo. «Signora O’Brien!» urlò rivolta verso il corridoio «Katherine è in camera mia senza bolla!»
La signora O’Brien aveva il dono di sentire tutto nonostante passasse la maggior parte del suo tempo in mezzo a bambini urlanti, e infatti la sua risposta non tardò ad arrivare. «Katherine!» la sua voce si diffuse nella tromba delle scale ed arrivò fino a loro «Esci subito da lì!»
Questa volta fu Lydia a mostrare un sorrisetto di vittoria mentre salutava con la mano Katherine, intenta a massaggiarsi la fronte e promettere un’amara vendetta.
Se il lanciare il re e negare l’evidenza l’aveva distratta per un breve istante, ora che si trovava sola tutti i pensieri che cercava di ignorare tornarono prepotentemente nella sua testa. Mills, Diana, Paul, i Mangiamorte, i genitori dei bambini caduti nelle loro grinfie, i Dissennatori, Lance che si trovava chissà dove… Lydia sprofondò il volto nelle mani.
Forse Katherine aveva ragione. Forse Lydia era davvero preoccupata per Lance, ma questo non significava che non riusciva a stare senza di lui. Assolutamente no. Era solo preoccupata per un amico che rischiava di incontrare i Mangiamorte. Tutte le volte che si erano scontrati contro di loro erano riusciti a fuggire per miracolo, prima o poi la loro fortuna si sarebbe consumata. E se quel prima o poi fosse capitato quel giorno? Lydia sollevò il volto dalle mani e il suo sguardo cadde sulla piuma adagiata sul comodino. E se Lance si trovava già nelle mani di Mills? Per tutti i troll, cosa gli avrebbe fatto? Lo avrebbe torturato? L’immagine di Lance insanguinato le balenò nella mente, facendola rabbrividire. Doveva uscire. Doveva costringere i signori O’Brien o Katherine a dirle dove si trovava ed andare ad aiutarlo. Un po’ di febbre e un’emicrania non l’avrebbero di certo fermata. Sì, doveva andare. Lydia distolse lo sguardo dalla piuma, pronta a scattare, quando le si presentò davanti agli occhi un’immagine che le fece temere per un attimo di essere in preda alle allucinazioni.
Seduta di fronte a lei in corridoio c’era Beatrix Harris che la fissava, con i suoi occhioni e il suo gattino ben stretto tra le braccia.
«Ciao.» disse semplicemente Lydia, incapace di trovare altre parole.
Beatrix non rispose. Nulla di strano. Da quando Duncan e Lydia erano tornati a casa con lei, non aveva ancora pronunciato alcuna parola, tanto da portarli a sospettare che fosse sordomuta. Il signor O’Brien aveva iniziato a comunicare con lei attraverso la lingua dei segni, ma anche questa soluzione non aveva generato nessuna reazione. Quello che più stupiva Lydia era vederla lì in corridoio, da sola, di fronte a lei. Beatrix di solito cercava di evitare ogni contatto con loro adulti. L’unico a cui si avvicinava spesso era Duncan. Per il resto del tempo tentava di confondersi in mezzo agli altri bambini. Beatrix posò il gattino sul tavolo, vicino alla scacchiera e poi fece un cenno della mano verso le pedine. Lydia guardò prima il gatto, poi la scacchiera. «Vuoi giocare?» chiese esitante.
Beatrix annuì. Anche quello era molto strano. Nei giorni precedenti, durante le partite contro gli altri bambini, Beatrix era sempre rimasta in disparte, senza mai partecipare.
«Io…» esitò Lydia. Io devo andare a cercare Lance, era quello che voleva dire. Eppure in fondo al cuore lo sapeva che nessuno le avrebbe mai detto dove si era diretto, proprio per evitare che facesse una delle sue solite sciocchezze. Doveva aspettare. E preferiva farlo in compagnia di Beatrix e del suo gatto piuttosto che da sola e con i suoi incubi.
Senza aggiungere altro, sistemò tutte le pedine al loro posto e lasciò che fosse Beatrix a fare la prima mossa. I primi a cadere furono i pedoni, poi gli alfieri dovettero scappare per non subire la stessa fine. La partita era giocata nel completo silenzio, interrotto solamente dagli ordini di Lydia alle sue pedine. Beatrix le muoveva lei stessa come negli scacchi babbani, subendosi così diverse aggressioni alle dita. Il gattino restava seduto a fissare con le pupille dilatate ogni movimento sulla scacchiera. A volte tentava di allungare una zampa per fare cadere la torre più vicina a lui, ma ogni volta Beatrix gli abbassava la zampa facendolo desistere. All’ennesimo tentativo fallito, il gattino si decise a sdraiarsi. «È proprio un bravo micio.» disse Lydia facendogli una carezza sul dorso. Il gattino apprezzò ed incominciò a fare le fusa.
«Si chiama Lizzi.» Lydia alzò gli occhi di scatto, la mano ancora sospesa a mezz’aria sopra il gatto. Beatrix spostò il suo cavallo in A5. «È stato mio papà a darle il nome. Mamma voleva chiamarla Grace.»
«Lizzi.» Lydia riprese ad accarezzare il gattino «Mi piace come nome.»
Lydia era convinta che questo breve scambio sarebbe stato il primo e l’ultimo, e invece Beatrix la sorprese di nuovo. «Tu hai un gatto?»
Lydia cominciò ad accarezzare il mento di Lizzi e la gattina si strofinò sulla sua mano, le fusa che aumentavano di volume. «Io no. Ma la mia amica Alice ne ha uno. Era il suo animale ad Hogwarts ma non so come mai inseguiva sempre me. Era come se fosse anche mio.» ricordò con il solito peso sul cuore che provava quando ripensava ad Alice.
«Dove è adesso il gatto?» chiese Beatrix, guardandola con i suoi occhioni giganteschi.
Lydia spostò il suo alfiere in D7. «È in Italia. Con la famiglia della mia amica.»
«E dove è la tua amica?» Lydia fissò il cavallo di Beatrix che si avvicinava minaccioso al suo alfiere. Il cavallo si sollevò nitrendo sulle zampe posteriori e schiacciò l’alfiere sotto i suoi zoccoli.
La voce di Lydia si spezzò. «Non lo so.» Sentì le lacrime bruciarle gli occhi.
Dove era Alice? Dove era Lance? Perché non era ancora tornato? E se... e se avesse perso anche lui? Cosa avrebbe fatto? Inspirò a fatica. Non voleva perdere Lance. Non poteva perdere Lance.
«Ehi! Dovevamo finire la nostra partita!»
E Lydia ricominciò a respirare. La vista di Lance in mezzo al corridoio, con addosso i travestimenti e gli effetti della Pozione Polisucco che stavano svanendo, fu la più bella che Lydia avesse mai visto. Senza pensare all’isolamento, alla febbre o a nient’altro, Lydia spalancò la porta di vetro e si gettò ad abbracciare Lance. Lo strinse forte, il volto immerso nel suo collo, per accertarsi che fosse vero. Lance esitò per un istante, poi Lydia lo sentì rilassarsi e stringerla a sua volta. «Okay, per questa volta ti perdono, ma mi devi una rivincita.» Lydia sentì il sorriso nelle sue parole.
«Tanto stavo vincendo io.» rispose sorridendo a sua volta.
E poi il loro momento si guastò al suono di un «Oh!» troppo prolungato da parte di Katherine e un «Sono tornato anche io, se ti interessa.» pronunciato da Duncan. Lydia si staccò all’istante da Lance, pronta a rispondere a tono a Duncan, solo per essere fermata di nuovo da Beatrix. La bambina corse alle gambe di Duncan e lo strinse forte. Persino Duncan la guardò incredulo e con una certa esitazione le diede qualche pacca consolatoria sulla schiena, senza sapere bene cosa dire, o cosa stesse succedendo in generale. La sua esitazione non era dovuta solo dalla reazione inattesa di Beatrix, ma anche a causa della minuscola bambina che stringeva tra le braccia.
«Lei è Keira.» la presentò Lance, notando la direzione dello sguardo di Lydia. «Ha otto mesi.» Si avvicinò alla bimba e le fece un buffetto sulla guancia. Keira trillò una risata. «Suo papà vuole cercare di attraversare i confini ma è troppo pericoloso per una bambina così piccola…»
«Tutti i confini sono sorvegliati a vista.» continuò Duncan «Hanno delle spie persino negli aeroporti babbani e le Passaporte internazionali sono quasi impossibili da trovare.»
«Nel mercato nero vengono vendute a prezzi esorbitanti, e anche lì è un rischio. Ci ha raccontato di un suo amico che è stato truffato e si è trovato con un semplicissimo innaffiatoio rotto, mentre un altro è andato a ritirare il suo ordine e non è più tornato.» disse tetro Lance «Il papà di Keira sospetta che si trattasse di una trappola…» Keira nel frattempo allungò una mano e indicò con un verso il gattino, che rimaneva imperterrito ad osservare la scena dal tavolino.
«Ragazzi!» La signora O’Brien saltò gli ultimi scalini che la separavano da loro e poi corse ad abbracciare i suoi figli. «Che sollievo sapervi a casa, come è andata?»
«Tutto tranquillo.» cominciò a raccontare Duncan, ma venne immediatamente fermato da un grido della signora O’Brien.
«Cosa ci fai fuori dalla tua stanza?!» Lydia si sentì improvvisamente al centro dell’attenzione. E non le piacque per niente, soprattutto il sorrisetto di Katherine e il fatto che lei sapeva cosa l’aveva spinta ad uscire dalla sua prigione. O meglio, chi. Per fortuna la signora O’Brien non lasciò a nessuno di loro il tempo di reagire. «Torna subito dentro e non azzardarti ad uscire fino a nuovo ordine. Voi invece, con me. Mi racconterete tutto una volta lontani da qui.» E con un’ultima occhiata accusatoria rivolta a Lydia, cominciò a spingere Duncan e Katherine, i più vicini a lei, verso le scale. «E togli la giacca a quella bambina, in casa fa caldo, sta già sudando!» La signora O’Brien tolse velocemente il cappottino dalla bimba, senza aspettare l’intervento di Duncan. Lydia vide un biglietto di carta cadere dall’interno della giacca e svolazzare lento verso terra. Si chinò a raccoglierlo e neanche il tempo di sollevarlo che erano scomparsi tutti dal corridoio, Beatrix e gattino compresi.
«Cosa è?» chiese Lance alle sue spalle, l’unico rimasto. Lydia abbassò di nuovo lo sguardo verso il bigliettino. Con delicatezza lo srotolò, rivelando una grafia sottile. Senza leggerne il contenuto passò direttamente alla firma. «È firmato Augustus.»
«È il nome del papà di Keira.» rispose Lance «Ma lo abbiamo incontrato, ci ha dato tutte le carte e le indicazioni, perché ha messo un biglietto sulla bambina?»
«Magari è per lei.» suggerì Lydia. Il suo sguardo corse di nuovo verso l’inizio della lettera. «Cara famiglia Sullivans (o qualsiasi sia il vostro vero nome)…»
«È il cognome che abbiamo usato come copertura.»
Lydia seguì Lance nella sua camera e chiuse la porta di vetro, per poi farla tornare normale con un semplice contro incantesimo, in caso la signora O’Brien, o Katherine, decidessero di ritornare a controllarla. Lance si era già seduto sul suo letto. «In ogni caso è per noi.»
Lydia si accomodò al suo fianco e starnutì. «Sei sicuro di voler stare qui dentro? Con me e i miei batteri?»
Lance si limitò a passarle un fazzoletto e ad accomodarsi meglio.
La lettera tra le mani di Lydia era spiegazzata e la grafia in alcune parti era confusa, come se fosse stata scritta velocemente. Lydia iniziò a leggere ad alta voce.
«Cara famiglia Sullivans (o qualsiasi sia il vostro vero nome), per prima cosa vi ringrazio per il lavoro che farete per prendervi cura della mia piccola Keira. Seconda cosa… mi dispiace. Vi devo mentire, lo devo fare o cerchereste di fermarmi, ne sono sicuro.» Lydia scambiò uno sguardo preoccupato con Lance, e poi riprese a leggere «Cerchereste di farmi riflettere, di farmi pensare a Keira, ma io l’ho già fatto e sono sicuro della mia decisione. Dovete sapere che io e mia moglie avevamo capito da tempo cosa stava per accadere. Io provengo da una famiglia di babbani e lei viene considerata traditrice del suo sangue per avermi sposato. Così avevamo progettato di andarcene dal Paese mesi fa, quando Keira era ancora neonata. Avevamo già fatto le valigie, pronti a ricominciare la nostra vita da un’altra parte. Poi Keira ha iniziato ad avere problemi di salute, nulla di troppo grave, ma abbastanza da impedirle di usare sia mezzi babbani sia mezzi magici per andarcene. Una settimana dopo la guerra è iniziata e noi eravamo bloccati qui. Ci siamo nascosti, è l’unica cosa che siamo riusciti a fare. E pensavamo di esserci nascosti bene. Ma una settimana fa siamo stati scoperti. Io ero fuori, Keira piangeva e non riuscivamo a farla calmare. Sono uscito con lei per farle fare un giro intorno al quartiere con il passeggino. Ha funzionato, Keira ha smesso di piangere, ma quando sono tornato alla porta di casa ho visto alcuni Mangiamorte che trascinavano via la mia Allison. La mia amata Allison.»
La voce di Lydia si spezzò. Non riusciva a leggere bene le parole successive. Solo quando Lance le prese la lettera dalle mani capì che era perché stava tremando. Lance le si avvicinò, le loro spalle si toccavano. E poi iniziò a leggere con voce lenta. «La mia amata Allison. L’hanno presa e io non sono riuscito a muovermi. Avevo Keira, come potevo lasciarla da sola? Si sono Smaterializzati e si sono portati via il mio amore. E io non ho fatto niente per fermarli. Ero distrutto. E nella disperazione mi sono ricordato di una famiglia di cui ci aveva parlato un amico. Ci aveva detto che c’era una famiglia che prendeva i bambini e li portava in salvo. Aveva proposto che affidassimo loro Keira, ma io e Allison pensavamo che il posto più sicuro al mondo fosse al nostro fianco. Ma ora Allison non c’è più. Io devo andare da lei, capite? È tutta la mia vita. Siamo sempre stati insieme, tranne quel dannato pomeriggio. Devo trovarla, devo portarla a casa.» Anche la voce di Lance vacillò. Lydia vide una lacrima solitaria solcargli il viso. «Ho passato notti intere a pensarci, ma non ho trovato altra soluzione. Devo andare da lei. E l’unico modo per farlo è consegnarmi al Ministero. E lo posso fare solo sapendo che voi terrete la nostra Keira al sicuro. Vi prego, proteggetela dal male di questo mondo. E ditele che io sono andato a cercare la mamma. Che le voglio tanto bene. E che un giorno saremo di nuovo insieme. Ti voglio bene, piccola mia. E grazie a voi per averla salvata. Augustus.
»
 
La voce di Lance si spense e rimase solo il silenzio.
Un silenzio carico di angoscia.
Era quello che la guerra faceva. Portava la sua morte, la sua distruzione in ogni parte. Distruggeva e separava famiglie, amici, amori. E Lydia non sapeva se sarebbero mai stati capaci di ricomporne i pezzi.
 
 



 
Curiosità: E con questo capitolo abbiamo ufficialmente raggiunto la metà della storia! Ebbene sì, in tuto "Piume di Cenere" conta quaranta capitoli, suddivisi in tre parti e in diversi epiloghi xD
Seconda curiosità: Il nome del gatto di Beatrix è una piccola dedica a mio papà. Quando abbiamo adottato una delle nostre gatte, eravamo indecisi sul nome e tra Lizzi, il nome proposto da mio papà, e Grace, quello proposto invece da mia mamma, nella vita reale ha vinto il secondo, ma mi piace pensare che in qualche universo alternativo esisti un gattino chiamato Lizzi <3

Note: Ho deciso di lasciare nella sua forma originaria la lettera di Augustus, senza sottoporla a revisione in quanto scritta velocemente da un uomo disperato... 

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e grazie a tutti voi che state leggendo la storia di Lydia, Lance e la famiglia O'Brien <3
Grazie di cuore <3
Un abbraccio,
Emma Speranza


 
'Piume di Cenere' è disponibile anche su Wattpad
Per informazioni o anticipazioni visitate la pagina Instagram ufficiale: @piumedicenere
 
  
   
 
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