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Autore: Swan Song    15/12/2023    8 recensioni
Il vecchio Edmund Windsor ha invitato amici e parenti per festeggiare il suo centesimo compleanno al Windsor Chalet, una baita isolata tra le montagne.
In un giallo che si rispetti, tale riunione non può presagire nulla di buono.
Intrighi, segreti sepolti ed oscuri colpi di scena saranno dietro l'angolo: prepararsi ad immergersi in un'atmosfera misteriosa, dove la montagna nasconde più di quanto si possa immaginare.
Genere: Comico, Mistero, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'THE 1950s'
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Terzo Atto






Steve si sporse dalla finestra incriminata che aveva nuovamente aperto, immergendosi nel nulla più assoluto: dava sul bosco adiacente, e ci mancava poco che un pino la inghiottisse; aveva di sicuro bisogno di una spuntatina.
«Terzo piano.» disse «E’ assurda, ma dobbiamo tenerla come ipotesi, in quanto possibile. I cornicioni sono in pietra, con un po’ d’attenzione si riesce a camminarci sopra.»
Sua figlia concordò «Certo, si rischia di venire accoppati dai pini, ma..sì, è fattibile scendere di qui, soprattutto per una persona agile e magari allenata grazie allo sport.»
«Questo ufficio dà anche sul retro dello chalet, quindi si può agire indisturbati. Dubito che ti veda qualcuno, a parte qualche eventuale orso.»
Richiusero insieme la finestra.
La bufera continuava imperterrita e l’ultima cosa che volevano era ritrovarsi bagnati fradici di neve per colpa del vento.
«Se c’erano delle impronte sulla neve, ormai sono state cancellate.» proseguì il marine, poggiando le mani sui fianchi. Poi focalizzò lo sguardo sulla figlia e chiese «Che suggerisci?»
Susan ragionò «Ho raccolto tutte le informazioni che abbiamo in questo taccuino.»
«Come i veri detective.»
«Non voglio sapere se sei ironico o maledettamente serio, ma ci servirà, credimi. Ci sono così tanti orari da ricordare…»
Steve si indicò una tempia con l’indice «Sono un marine, sono allenato. Ho tutto qui, nella mia testa. Non mi serve riportarlo su carta.»
«Ma davvero?» lo sfidò sua figlia «Allora riassumi.»
Sheppard incrociò le braccia al petto «Edmund Windsor è stato assassinato in questo ufficio, alla sua scrivania, con quel pesante posacenere. Un colpo secco alla testa, mortale. Secondo la tua analisi, ciò è avvenuto tra le cinque e le sei di oggi pomeriggio, 24 dicembre.»
Erano ormai le nove cinquanta di sera, cominciavano ad essere stanchi.
«La mia analisi è giusta.» s’impuntò ancora la ragazza «Ti pregherei di non dubitarne più.»
Steve quella volta lasciò correre, fidandosi «L’ultimo ad averlo visto vivo è stato Billy, il ragazzo balbuziente che si occupa un po’ di tutto, qui nell’hotel. Secondo la deposizione della segretaria Aisha, il ragazzo è uscito per le quattro e mezza da questo ufficio, dalla porta. Non credo che la signorina menta, soprattutto se sostiene di averlo visto con i propri occhi.»
«Billy è venuto a prenderci alle funivie, mentre fuori dalla porta si è piazzata la cameriera Maggie.» proseguì Susan.
Steve annuì «Noi siamo arrivati in hotel per le cinque e quaranta, mentre la signora Windsor, moglie di Edmund, che è arrivata per prima, alle cinque e ventisei. Non c’è molto stacco tra lei e noi.»
«Sì...è vero che avrà finito prima il check-in, dato che quando siamo arrivati non l’abbiamo incontrata, ma dubito che sia corsa ad ammazzare il marito in tempo record alla veneranda età di novantun’anni. E soprattutto che si sia calata dalla finestra. Inoltre, per aver confermato che il suo bagno era allagato per colpa della segretaria, credo abbia seguito le giuste tempistiche.»
Steve annuì «Sì, lo credo anche io.» il suo sguardo cadde sulla porta «Un momento. Miss Aisha ha detto che Maggie le ha rivelato di essersi piazzata davanti alla porta come sempre, ma non l’ha vista arrivare, le due non si sono incrociate.»
«Corretto, lei poi si è recata a fare il bagno.»
«Non dubito che Maggie si sia piazzata davanti alla porta, avremo modo di chiederglielo, mi domando però a che ora precisa sia arrivata. Perché se è arrivata dopo le sei...»
«L’assassino aveva già agito.» Susan sospirò pesantemente e portò indietro la testa «Ma se così fosse, se avesse agito proprio nell’attimo in cui la porta non era sorvegliata, torniamo al punto di partenza...l’assassino può essere uscito dalla porta.»
«Già, potrebbe essere stato così fortunato da beccare il momento in cui non era sorvegliata.»
«Ma, papà, quale assassino uscirebbe dalla porta, rischiando di essere visto? Non mi convince. Inoltre, se era al corrente, così come tutti qui, che i camerieri si mettono a origliare a destra e a manca, non sarebbe uscito dalla porta.»
«Vero anche questo.» Steve sospirò «Dobbiamo sentire Maggie e farci dire da lei esattamente a che ora si è piazzata davanti a quella porta.»
«Magari ha anche sentito qualcosa. Ci può essere sicuramente d’aiuto. Adesso è tardi, abbiamo lavorato sodo tutto il giorno e il mio cervello ha bisogno di spegnersi per qualche ora. E poi, sono certa che Edmund stia bene nella stanza dei prosciutti.»
«Concordo. Torniamo dagli altri e diciamo loro di riposare. Le indagini riprenderanno domattina, sempre che la polizia riesca a salire.»
Ma Susan, tant’è, fece ancora una deduzione «E se l’assassino fosse qualcuno che pensava di essere invitato dal vecchio e che, non avendo ricevuto alcun biglietto, ha deciso di vendicarsi?»
«Non male, questa. Non male!»
«Li hai affidati a Price, vero, quei mascalzoni?»
Steve sorrise «Non si sono mossi da quella sala, tranquilla.»
Effettivamente, era così. Quando tornarono, trovarono tutti piazzati nello stesso punto di dove l’avevano lasciati.
Adam era intento ad armeggiare con il giradischi, dal quale, poco dopo, cominciò ad uscire una rilassante melodia natalizia.
«Ma per favore!» tuonò suo fratello Liam, accendendo nuovamente la pipa «Ci manca quel coso!»
«Papà adorava questa musica, e lo sai! Adorava il Natale. Lo faccio per la sua memoria.»
«Ipocrita. Non ti è mai importato nulla di lui, e continua a non importarti!»
«Perché a te sì, vero? Il primogenito devoto!»
Colto che gli Windsor stavano nuovamente per litigare, Steve alzò gli occhi al cielo, esausto.
«Lo sai cosa penso? Penso che il grande annuncio che papà voleva farci riguardava proprio te, Liam!» proseguì Adam.
Gli sguardi di ciascun presente si focalizzarono proprio sul primogenito «Cosa intendi?»
«Intendo che, di sicuro, papà voleva metterti al corrente del fatto che sarai tu ad ereditare questo hotel una volta morto lui. Guarda un po’, è morto!»
«Non puoi accusarmi: ero in funivia con mia figlia, e quando sono salito in camera, sebbene solo, erano le sei passate.» Liam scrutò rapidamente ciascun ospite «Come per tutti, del resto. Solo mamma è arrivata per prima.»
E su quello, ormai, non ci pioveva.
«Bè...» disse Susan incrociando le braccia al petto «L’argomento “testamento” è di sicuro uno dei più utilizzati nei gialli e lei, signor Liam, è a tutti gli effetti il primogenito di Edmund.»
Suo padre Steve le sussurrò «Non avevi detto che dovevi far riposare il cervello?»
«Sì, vero, ora la smetto.»
Forse.
«Pensate fosse questo ciò che il vecchio voleva dirci?» domandò Harper, seduta nella poltrona accanto al camino «E’ probabile…tu che dici, mamma?»
«Che può essere, siccome io gli ho espressamente ricordato più volte quanto non volessi questo hotel sul groppone. Vi giuro, però, che non ho idea di che cosa Edmund volesse parlarci.» disse Evelyn.
«Per il testamento dovremo aspettare il notaio.» chiarì Steve, gettando poi un’occhiata fuori dalla finestra «Così come la polizia, se domani riuscirà ad arrivare.»
«Io ne dubito, signor Sheppard.» disse James Solo, sconsolato «Quindi dico di metterci tranquilli e mangiare qualcosa. Diamine, abbiamo saltato cena. Che dite?»
«Ma come puoi avere fame in un momento del genere?!» tuonò sua moglie «Un po’ di rispetto per tuo suocero!»
«Volevo bene ad Edmund! E non provate ad accusarmi, non ho fatto niente. Avere fame non significa niente.»
«Significa che non ha le budella sottosopra, signor Solo.» disse Price, bevendo del brandy «Ma non prova nient’altro, è vero.»
Preoccupato, Nathan esclamò «Papà è innocente, non fate strane insinuazioni.»
«E tutto a posto, figliolo.»
Steve assottigliò lo sguardo «Lei è arrivato in elicottero, non in funivia.»
«E allora? Mi sono riunito a voi dalle funivie, no?»
«Questo è vero.»
«Che pensate? Che mi sia calato dall’elicottero su quella finestra, abbia ammazzato mio suocero e poi abbia raggiunto voi?»
Steve sorrise «Lo escluderei.»
«Ah, menomale. Anche perché sono praticamente arrivato a tempo a voi.»
«Una vera fortuna, per lei, essersi unito a noi prima di entrare in hotel.» proseguì Steve «Ha un alibi.»
«Certo che ho un alibi, tzè. E poi, cosa avrei ricavato dalla morte di mio suocero? Niente. Semmai, i soldi vanno a mia moglie. Va bene che in quanto consorte...»
«Caro, cosa insinui?» si preoccupò Harper.
«Niente, non insinuo niente. Piantiamola di stare tutti sulla difensiva, abbiamo alibi indistruttibili, tutti noi. Tu, cara, non solo eri in funivia con i nostri figli, ma anche con i qui presenti pseudo-detective!» disse James indicando gli Sheppard «Quindi...sei la più fortunata tra tutti noi.»
Steve non poté che confermare «La è. Averla vista con i miei occhi per tutto il viaggio, salvo non abbia ingaggiato un’attrice che si sia spacciata per lei, le crea un alibi di ferro.»
Harper ne fu lieta.
«Non dobbiamo escludere la teoria sicario, ovvero qualcuno mandato materialmente ad uccidere il signor Windsor da uno di voi, e quella dell’estraneo che si è vendicato per qualcosa, forse perché non è stato invitato, e che forse si trova ancora qui. Per questo, per la vostra sicurezza, chiedo a tutti voi di chiudervi nelle vostre camere durante la notte, senza gironzolare per lo chalet.»
Intanto, la musica natalizia continuava ad espandersi nell’aria, riempiendo la sala. Annuirono.
Dalla porta si palesò Roger, che sorreggeva un vassoio pieno di tè e pasticcini «Perdonate l’incursione, ma ho pensato a quest’ora aveste fame.»
James Solo alzò gli occhi al cielo «Ah, che tu sia benedetto, Roger! Qualcuno con del sale in zucca, finalmente! Appoggia pure il vassoio sul tavolo, abbiamo saltato cena!»
Il maggiordomo venne avanti.
«Massì, tutto sommato si può mangiare.» fece Chuck affiancando suo padre «Bisogna smaltire l’alcol!»
Nathan si strofinò il collo con una mano «Avrei un certo languorino anche io.»
«Bè, già che Roger è stato così gentile da prepararci qualcosa...» considerò Odette.
Insomma, stavano tutti morendo di fame, alla faccia dello stomaco chiuso.
Susan e Steve erano allibiti. Il marine ne approfittò e domandò: «Roger, lei dov’era tra le cinque e le sei di oggi pomeriggio? Non è un interrogatorio, ma una semplice domanda di rito.»
«Io, bè...che domande...sempre alla reception!»
«Era lì già dalle cinque, quindi da prima che arrivassimo noi?»
«Ero lì dalle tre, signore.»
«E conferma che la signora Evelyn Windsor è arrivata per prima alle cinque e ventisei circa?»
«Certo! E’ stato un piacere per me rivederla.»
«Quindi ha visto anche Billy uscire dal portone principale verso le quattro e mezza.»
«Confermo anche questo, signor Sheppard. Poi siete arrivati voi.»
Steve annuì «E’ sufficiente, può andare.»
Il maggiordomo abbassò il capo in riverenza «Buona cena, signori.»
«Cena...» disse Chuck con la bocca già piena di pasticcini «Se questa si può chiamare “cena”. Questo è il dolce.»
«Meglio di niente, fratello.» disse Nathan dandogli una pacca sulla spalla.
«Signori, vorrei davvero aspettare la mezzanotte con voi per augurarvi Buon Natale, ma temo che il sonno me lo impedisca.» disse poi Steve «E anche a voi conviene salire su e chiudervi nelle camere. Non dovete per forza dormire, solo...state lì dentro.»
«Certo, comandante.» concordò Harper, alzandosi «Ha ragione.»
Adam fece una smorfia e spense il giradischi «Non ci si può neppure divertire.»
«Finite di cenare e salite su.» concluse Sheppard «Price, controlla che tutti si chiudano in camera. Puoi farmi questo favore?»
Egli annuì «Certo, Steve.»
«Tzé, inaudito. Adesso mio genero mi deve controllare.» ringhiò come al solito Liam.
«E’ per il suo bene, signor Windsor. Di Price mi fido.» disse Steve.
«Sono io che non mi fido.» si lasciò scappare quello.
Chuck afferrò bicchiere e bottiglia, stringendoli al petto con tutta l’intenzione di portarseli in camera «Buonanotte dolce Susan, fai sogni d’oro.»
La ragazza ricambiò con una smorfia «Se credi che in questo modo io non sospetti di te, ti sbagli di grosso.»
Ma lui non si tolse quel sorriso mascalzone dalle labbra.
Nathan respirò a fondo e guardò la sua adorata Aisha «Non so se riusciremo a dormire.»
Invece, chi presto chi tardi, ci riuscirono, tutti perfettamente consapevoli di non aver ucciso nessuno.

Il silenzio avvolgeva ogni angolo dello chalet, quella mattina di Natale.
Le luci dell’albero e degli addobbi scintillavano, creando un’atmosfera incantata. Fuori si percepiva ancora il soffio del vento che sibilava tra gli alberi, mentre la morbida neve che cadeva si accumulava.
Aisha, che si era svegliata presto, aveva osservato attraverso la finestra la neve che continuava a cadere in grossi fiocchi, formando una bianca coperta sul paesaggio circostante. Le gocce di neve si fondevano lentamente con il vetro.
La segretaria si era mossa verso la cucina per controllare che le cameriere fossero già a lavoro, notando l’invitante odore di caffè appena fatto che si diffondeva nell’aria.
L’aroma del pandoro e del panettone, con la loro glassa bianca e le scaglie di cioccolato, le fece venire l’acquolina in bocca.
Dalla cucina si era spostata in sala, per verificare se la sua amica Maggie avesse già apparecchiato tavola per gli ospiti.
«Aaaaaah!!»
Susan Sheppard spalancò gli occhi di scatto e, con un balzo, si mise a sedere sul letto; il cuore iniziava a martellarle nel petto. Quello era stato un urlo, ne era certa. Cercò le ciabatte per raggiungere suo padre, ma Steve la precedette.
Lo ritrovò dall’altra parte della porta comunicante, che aveva aperto «Tesoro, tutto bene?»
Ella annuì «Io sì. Tu?»
Anche Steve annuì «Proveniva dal piano terra. Sbrighiamoci.»
Mentre si vestiva in fretta, Susan continuava a ripetere come un mantra «Fa’ che non sia quello che penso, fa’ che non sia quello che penso!»
Chuck e Nathan, più lontani in linea d’aria dal salotto – dato che la loro stanza dava sulla parte opposta al piano superiore – sentirono l’urlo ad un volume più basso, ma lo sentirono comunque: era impossibile non farlo, neppure se si dormiva profondamente.
Chuck si tolse la mascherina che usava per il sonno e si tirò su, scompigliandosi i capelli castani «Mmh, cos’era? Ero riuscito ad addormentarmi, diavolaccio!»
Nathan lo sapeva benissimo cos’era «Aisha.» sussurrò, terrorizzato che potesse esserle accaduto qualcosa, che potesse essere stata aggredita «Muoviti! Subito! Scendiamo.»
«In pigiama?» si lamentò il fratello.
Il minore, che quando si trattava della sua segretaria preferita non capiva più nulla, prese la porta senza nemmeno più rispondergli.
Chuck afferrò l’orologio posto sul comodino «Le sette? È oltraggioso alzarsi alle sette, soprattutto la mattina di Natale!»
Poi, accertatosi che sì, nessuno gli avrebbe mai risposto, sbuffò e si diresse all’armadio, molto lentamente e sbadigliando «Indosserò la mia pregiata vestaglia rosso amaranto.»
Liam incrociò sua madre nel corridoio, perciò l’aiutò a scendere tenendola a braccetto «Vieni, mamma.»
«Quello era un urlo, era proprio un urlo!» disse lei, curiosa più che preoccupata.
Harper e James uscirono dalla loro camera a tempo ad Odette e Jonathan Price.
Le due coppie si scambiarono degli sguardi allusivi «Avete sentito?» chiese Odette stringendosi al braccio del marito.
«Eccome, ci ha svegliati entrambi!» confermò Harper.
Presero le scale a tempo.
Adam uscì quando si accertò che il corridoio fosse libero, per non beccarsi i suoi parenti già di prima mattina; avrebbero dovuto ringraziarlo che si era degnato di alzarsi, quando avrebbe potuto girarsi sull’altro fianco e continuare a dormire.
Fischiettando, si diresse alle scale.
Manco si trovassero in un film, giunsero tutti sulla soglia della porta, esattamente come la prima volta.
Cambiava stanza, ma il concetto era lo stesso. E, tristemente, anche ciò che c’era al proprio interno.
La prima cosa che videro, fu Aisha con le mani premute sulle labbra, di nuovo. Gli occhi spalancati, le ginocchia che le cedevano, tutto così identico alla scorsa volta, che a Price parve di essere caduto in un dejà vu.
Nathan, accorso al suo fianco, si assicurava che fosse incolume.
Steve e Susan si fecero largo tra i ricconi, fino a giungere alla verità: dentro la sala da pranzo, accanto all’albero di Natale splendidamente addobbato, stava una donna di una certa età sdraiata a pancia in giù.
Accanto al corpo giaceva un pezzo di legno, uno di quelli da aggiungere nel caminetto. Era insanguinato. Un colpo alla testa, letale.
«Mi faccia indovinare.» sospirò il marine «Lei è Maggie.»
Aisha scoppiò a piangere, poggiando la testa sul petto di Nathan, che l’accolse in un tenero abbraccio, appoggiando a sua volta il mento sulla nuca di lei.
Lei non rispose, ma gli Sheppard non avevano bisogno lo facesse.
«Maggie soffriva d’insonnia.» disse Evelyn Windsor «Una volta me l’ha raccontato. Quando si stufava di stare a letto, si alzava e veniva qui ad apparecchiare tavola, anticipatamente.»
Steve non perse tempo «Deve averlo fatto anche questa volta, per noi. Per accoglierci la mattina di Natale. Susan...»
La figlia colse all’istante, dirigendosi dal cadavere, analizzandolo «Stesso calore di Edmund...stessa rigidità...vuoi vedere che...»
«Cosa?» domandò Price, curioso «Susan, illuminaci!»
Lei alzò lo sguardo «Mi sembra incredibile dirlo, ma...temo l’ora della sua morte si aggiri tra le cinque e le sei.»
«Un’altra volta?!»
Ella annuì «Solo che questa volta si tratta delle cinque e le sei del mattino.»
Gli Windsor si scambiarono occhiate preoccupate. Chuck, infilando le mani nella vestaglia, sollevò lo sguardo su una delle finestre: continuava a nevicare.
«E’ stata messa a tacere.» disse Steve, sicuro «L’assassino sapeva che l’avremmo interrogata e ci ha anticipati. Diamine, avrei dovuto farlo ieri sera! Lei sapeva. Sapeva qualcosa di importante, qualcosa che avrebbe rivelato di sicuro al primo interrogatorio.»
Susan respirò a fondo «Concordo.»
Adam Windsor cominciò ad avere strani presentimenti su quella vicenda.
In ogni caso, gli sembrò educato dirlo «Bè...buon Natale, branco di bastardi.»







Angolo Autrice:

Gentili lettori, buon venerdì :)
Se siete arrivati fino a qui, grazie di cuore. Dedico questo capitolo alle mie lettrici fidate, e ringrazio in particolar modo chi ha aggiunto la storia tra le seguite: controllo sempre e non mi dimentico di voi, anzi, mi fate felice. <3
Non vedo l'ora di leggere le vostre congetture!

A lunedì con il prossimo atto: ho deciso appositamente di nominare i capitoli come se fosse un'opera teatrale, credo che per questo tipo di storie ci stia bene.

Un saluto,

SwanXSong
  
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