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Autore: JenevieveEFP    18/12/2023    1 recensioni
La guerra è appena finita, Voldemort è stato sconfitto, Tonks e Lupin sono ancora vivi. Snape è stato salvato in extremis ma versa in condizioni critiche per le ferite inferte da Nagini. La sua mente provata dalla febbre e dal veleno, lo tormenterà con dolorosi sogni e ricordi perduti del suo passato. Harry intanto è pronto a svelare ai pochi membri rimasti dell'Ordine della Fenice la verità dietro il doloroso ruolo dell'odiato preside di Hogwarts, e a confrontarsi con Draco con la calma che solo la fine di un conflitto sa donare. La fine della guerra diventerà un nuovo inizio per tanti, ma una condanna dolorosa per alcuni che non erano pronti a sopravviverle. Le occasioni di incontro e scontro non mancheranno, specialmente quando gli studenti saranno richiamati ad Hogward per ripetere l'anno scolastico brutalmente interrotto e cercare di ricominciare a vivere e ricostruire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Remus Lupin, Severus Piton | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 18: “Proteggere”





«Era una bambina. Una del primo anno.» fu la prima cosa che disse Hermione, profondamente indignata, appena il gruppo si fu riunito davanti alla capanna di Hagrid al tramonto.
Davanti a lei c’era Harry, subito dopo Draco, ed Eli a chiudere la fila.
«Sai il suo nome?» chiese l’auror.
Harry intanto andò a bussare alla porta un paio di volte.
«No.» ammise Hermione, cercando Draco con uno sguardo interrogativo. «È bassa, molto magra. Mora coi capelli lisci e piuttosto lunghi.»
«Kelly Wells, mi pare. No, White. Qualcosa del genere.» spiegò Draco. «Non ho socializzato molto coi primini.» 
Vennero interrotti dall’aprirsi del grosso portone di legno, dietro cui si ergeva l’ancor più grosso padrone di casa. Dietro la barba ispida si aprì un sorrisone allegro. 
«Harry, Mione, signor Porter!» ammiccò ad Eli. Poi vide Draco e il suo sorriso si congelò. «Malfoy?» bofonchiò senza entusiasmo. «Che ti è successo?» accennò al suo volto prima di spostarsi e liberare il passaggio per tutti.
Il viso di Draco era ancora segnato in parte dai lividi dei bolidi incassati all’allenamento del pomeriggio, ma il suo passo era stabile.
«Professore.» lo salutò teso il ragazzo, con la faccia stranita di chi forse lo chiamava a quel modo per la prima volta in vita sua. «Un allenamento finito male.» tagliò corto entrando insieme agli altri.
Hermione, con la fronte aggrottata da un moto di perplessità, si rivolse proprio al biondo.
«Hai tenuto i lividi per rendere ancora più credibile la versione delle foto false?»
«Esatto.» confermò lui. «Almeno diamo un senso alle botte che ho incassato.»
Lei gli rivolse un piccolo sorriso mesto, quindi si andarono a sedere su panche e sgabelli attorno al tavolaccio da pranzo di Hagrid. Thor era accucciato pigramente accanto al caminetto, fece a tutti un uggiolio di saluto ma non si alzò.
«Siamo venuti a trovarti perché c’è una cosa che devo dirti, Hagrid.» premise un po’ esitante Harry.
Il mezzo gigante, che intanto si era messo all’opera per preparare il tè, si voltò verso il gruppo, squadrandoli apprensivo.
«Che è successo ancora?»
«Niente di grave in realtà.»
«Allora spiega, avanti.» lo spronò, nuovamente allegro.
«Beh, ecco … io e Draco stiamo insieme. Da qualche settimana.» affermò il moro con decisione.
Ad Hagrid scivolò di mano la teiera, che fece un gran fracasso sui fornelli e si rovesciò a terra. Disinteressato dal piccolo allagamento che ne conseguì, si voltò verso i due, il faccione sospeso fra shock e conseguente confusione.
«Eh? Cioè, insieme tipo che … insieme a coppia?» borbottò, mentre tutti lo guardavano un po’ tesi.
Hermione, combattuta fra l’attenzione alla scena e al disastro della teiera ripulì il secondo con un discreto tocco della bacchetta.
«Sì, in quel senso.» confermò Harry . «Avevamo tenuto la cosa per noi, ma qualcuno giorni fa ci ha fatto delle foto a nostra insaputa e le ha fatte circolare in giro. Non volevo che tu lo scoprissi così, per colpa di una foto rubata. Volevo essere io a dirtelo. Per quello la faccia di Draco è ridotta a quel modo: i suoi compagni gli danno il tormento da inizio anno, ma ancora di più da quando sono uscite le foto.» dichiarò con fermezza.
Hagrid si avvicinò meglio ad Harry e lo sbirciò più da vicino. Poi ruotò il testone verso Draco e serissimo gli chiese:
«Non ci hai fatto un qualche incantesimo, vero?»
Eli ed Harry non trattennero uno sbuffo divertito, Draco negò scuotendo nervosamente il capo, mentre Hermione intervenne in tono leggero.
«No, tranquillo, ho controllato. Harry non è vittima di alcun filtro o simili.»
«Davvero hai controllato?» mugugnò Harry, ancora col sorriso sulle labbra.
Hermione si schiarì colpevolmente la gola e distolse lo sguardo, quindi fu il turno di Eli.
«Hermione non ha visto tutto il tempo che avete trascorso assieme al San Mungo quando Snape era ricoverato.» spiegò con l’aria compiaciuta di chi la sa lunga. «Volta dopo volta l’avevo immaginato da un pezzo, come sarebbe finita.»
Draco sembrava nettamente in imbarazzo, piazzato lì con la compostezza rigida di una seduta in tribunale al banco degli accusati, era incapace di sorridere o anche solo aprire bocca.
L’altro che non sorrideva nemmeno un po’ era Hagrid.
«Mh.» grugnì il mezzo gigante. Fece il giro del tavolo, acchiappò uno sgabello e si mise a sedere proprio davanti al biondo.
L’espressione brutalmente seria dell’uomo fece scivolare lentamente via i sorrisi di tutti, e aumentare sensibilmente la tensione del suo interlocutore.
«Non mi sono mai piaciuti i Serpeverde. Non mi sono mai piaciuti i Malfoy. E non mi sono mai piaciuti i Mangiamorte.» iniziò a spiegare col suo vocione cupo. «Tu e tuo padre mi avete fatto del male, in passato. Tante altre ci avete provato e avete fallito.» fece una piccola pausa, in cui era facile scorgere sul suo viso irsuto un rancore dolente, ferito. Aveva poggiato una manona sul tavolo, il pugno grosso quasi quanto la testa del ragazzo che stava affrontando.
Draco era diventato se possibile ancora più pallido, gli occhi grigi slargati in allerta come quelli di una bestiola pronta a scappare.
«Però, mi fido ciecamente di Harry. Se a lui ci piaci significa che qualcosa di buono l’hai tirato fuori, alla fine.» borbottò distendendo un po’ l’espressione.
Draco tirò un impercettibile sospiro di sollievo, quindi abbassò un po’ la testa e parlò guardandolo a stento negli occhi.
«Mi dispiace per tutto ciò che ho fatto. E anche per ciò che ha fatto mio padre. La mia vita prima era come … danzare con una musica forte e gradevole, in una bella sala da ballo. Danzavo con gli altri, senza pensare o chiedermi alcunché, mi godevo la vita e la bella musica. Poi è come se la musica si fosse interrotta di botto. Mi sono ritrovato al buio, stordito, da solo e ho capito che era tutta un’illusione.»
Hagrid lo seguì un po’ confuso.
«Intendi, la guerra? Voldemort?» mormorò.
«Sì. Il suo ritorno. Lì la musica è sparita e la realtà mi è arrivata in faccia peggio dei bolidi dei miei compagni. Ho provato a comportarmi come mi avevano insegnato, mi sono fatto marchiare perché pensavo fosse l’unica strada per me, ho fatto delle cose orribili a cui non posso più rimediare. C’è voluto tanto tempo, troppo, ma alla fine ho capito. Quindi …  mi dispiace davvero, di tutto.» concluse contrito.
Harry posò una mano fra le scapole del ragazzo dandogli una carezza discreta, ma calorosa. Eli fissava il cugino con un’occhiata fissa, piacevolmente sorpreso, simile a quella di Hermione. Anche Hagrid ammorbidì un po’ l’espressione e distese il pugno.
«Va bene.» disse soltanto, rialzandosi con un piccolo sbuffo stanco.
«Oggi abbiamo teso una trappola a chi ci ha fatto la foto.» disse Harry dopo qualche attimo di silenzio generale.
«Ah sì? E chi era il colpevole?» si informò il padrone di casa, che riprese a fare il tè.
«Una bimba di Serpeverde del primo anno.» ammise mestamente Eli.
«Penso che dietro ci siano Zabini, Parkinson e Nott.» intervenne Draco molto piano.
«Eh? Non erano mica i tuoi migliori amici quei tre?»
«In estate ho troncato i rapporti. Non volevo più avere niente a che fare con chiunque fosse vicino ai vecchi ideali del Signore Oscuro. Poi me ne sono pentito, non per come mi stanno trattando ma perché in un certo senso mi mancano.»
Hagrid sbirciò il biondo con un briciolo di pietà oltre la tensione diffidente e rancorosa di prima.
«Beh è ovvio che ti mancano. Ci sei cresciuto assieme che eravate bambini, sono i tuoi amici più vecchi, no? Ci devi fare pace.»
«Non credo vogliano più avere niente a che fare con me, ormai. Specialmente Nott.» ammise amaramente il biondo.
«Abbiamo deciso di negare la nostra relazione in pubblico.» si inserì Harry. «Così da provare ad alleggerire un po’ il peso delle azioni ostili verso Draco. Almeno finché non finiremo l’anno scolastico o le cose non si saranno calmate, insomma.»
Hagrid fece una smorfia e un grugnito insoddisfatti, quindi posò le tazzine enormi e sbeccate davanti a ognuno di loro un po’ troppo bruscamente.
«Non sei mai stato coraggioso, Malfoy.» lo rimproverò guardandolo dritto in faccia. «Però non dovresti scappare, ma anzi lottare e rispondere quando è qualcosa che conta per te. Che senso ha che aspetti a dopo? Avrai sempre questo trattamento, la vita non è brutta e ingiusta solo a scuola. Devi imparare a difenderti e anche a proteggere.»
Draco sgranò gli occhi fissando quelli del docente con uno stupore genuino.
«Proteggere?» ripeté.
«Sì, chiaro, proteggere.» rincarò l’altro. «Te stesso, ma anche Harry. Quando si è in due bisogna pensare per due.» spiegò, mentre andava a controllare il bollitore.
«Penso abbia bisogno di un po’ di tempo, Hagrid.» provò a mediare Hermione.
Draco era ammutolito, pensieroso, ed Harry finì per cercargli una mano con la propria da sotto il tavolo. Si scambiarono una stretta docile, bisognosa di contatto.
«Per ora va bene così.» sottoscrisse Harry. «La questione urgente è interrogare quella ragazzina che ci ha fatto le foto e scoprire quanto più possibile.»
«Già.» intervenne Eli. «Può essere persino connessa a chi aveva teso l’agguato a Remus ed Harry il mese scorso. Il primo di noi che la troverà da sola la fermerà per chiederle conto di tutta questa faccenda.»
«Quindi pensate che possano c’entrare con l’agguato a Lupin ma state ancora qui ad aspettare con le mani in mano?» sbuffò il mezzo gigante. «Perché non interrogarla subito? E chi se ne frega se vi vedono fermarla. Anzi, meglio, che si prendono paura.»
«In mancanza di informazioni dobbiamo agire con cautela, anche per non rischiare di far cadere la copertura di Tonks con altre persone.» intervenne Hermione. «Se ci fosse un legame di qualche tipo fra quella ragazzina e chi ha ordito la trappola ad Harry e Lupin finiremmo per metterlo in allerta. Potrebbe diventare più difficile scoprirlo o potremmo causare una reazione violenta.». 
«Siete troppo cervellotici per me, non vi capisco.» sospirò rassegnato l’altro. «Però va bene, se secondo voi è il modo migliore di gestire la cosa mi fido. C’avete la testa per pensare che va meglio della mia sicuro.» si sforzò di fargli un sorriso, ma si capiva che fosse ancora e teso.
Dopo pochi minuti, fra chiacchiere e dubbi strategici, venne servito il tè insieme a dei biscotti stranamente edibili. Tutti li assaggiarono a parte Draco, che si limitò a sorseggiare la bevanda calda a cui aggiunse diversi cucchiaini di zucchero.
Quando venne il momento dei saluti decisero di andarsene a piccoli gruppi per evitare di farsi vedere tutti insieme in zona. La prima fu Hermione, con la promessa di dar loro un segnale di via libera coi gettoni.
Poi toccò ad Eli ed Harry, perché il primo insistette per muoversi insieme.
Rimasti da soli nella capanna, Draco ed Hagrid passarono qualche minuto in completo silenzio, reciprocamente in imbarazzo, facendo di tutto per non guardarsi. Quando arrivò il segnale dal gettone il biondo si alzò, salutò a bassa voce, ma non appena fu sull’uscio venne fermato dal vocione del padrone di casa.
«Malfoy.»
«Sì?»
«Senti. Le cose brutte che facciamo non sempre le possiamo cambiare. Ci devi mettere una pezza o una pietra sopra o non tiri avanti.» consigliò, più conciliante di prima. «E non dimenticarti mai che sono sempre un professore di questa scuola.» concluse impettito, scoccandogli un’occhiata intensa.
«Uh? S-sì, professore.» mugugnò il ragazzo, annuendo contrito.
Hagrid sbuffò, finì di abbandonare le tazze da tè sul lavello e gli si accostò con un sorriso teso ma divertito.
«Non intendevo nel senso che mi devi rispetto. Intendevo tipo “sono un professore anche io eh”. Posso aiutare, se qualcuno ti da problemi. Ci devo badare anche io a voi studenti, non siete mica soli. Quindi se hai bisogno di una mano o uno sguardo chiedi.» gli ricordò dandogli una pacca sulla schiena così forte che sembrava quasi volerlo sbattere fuori di casa più che rassicurare.
Draco incespicò un passo oltre l’uscio, quindi annuì ancora.
«Sì, me ne ricorderò. Grazie e … buona serata?» mugugnò confuso, prima di allontanarsi.
Hagrid si guardò perplesso la manona con cui l’aveva appena colpito.
«Diamine, era più robusto da ragazzino.»





Quando Eli ed Harry ebbero messo abbastanza distanza fra la capanna di Hagrid e la destinazione comune della scuola, il primo si guardò attentamente intorno e, una volta appurato che fossero soli, parlò a bassa voce.
«Ti dispiace che non sia ancora pronto a uscire allo scoperto, vero? Durante la nostra recita pomeridiana eri decisamente troppo convincente.»
«Un po’ sì.» ammise il moro. «Ma non è un problema, davvero. So che lo fa perché ha paura dei compagni, non perché si vergogna di me o cose simili.» 
«Sicuro?»
«Sì. E dovreste avere un po’ di fiducia in lui. Non possiamo pretendere che un ragazzo che è stato vigliacco per tutta la vita si tramuti improvvisamente in un leone. Ha già fatto passi da gigante. Va bene così, davvero. È un casino ma va bene.»
Eli alzò le mani in segno di resa.
«Va bene, va bene. Mi fido.»
Superato il portone del castello, Eli indicò ad Harry il corridoio per la sala grande.
«Credo sia meglio che tu vada a cena.»
«Mh? Volevo venire a trovare Remus, in realtà.»
«Penso sia più utile che tu sia presente in sala grande, sia mai che decidano di far circolare le foto stasera. Poi Remus sarà stanco morto, meglio se passi domani.»
Harry fece una smorfia un po’ confusa, ma annuì.
«Hai ragione. Allora buonanotte e a domani.»
«A domani, notte Harry.»
Si separarono, ed Eli imboccò il tragitto verso le scale e il settimo piano. Arrivato di fronte alla porta dell’ufficio di Remus esitò. Bussò due volte e rimase in attesa. Non gli arrivò risposta, ma dopo qualche attimo la porta venne aperta e si ritrovò davanti il viso arcigno e indignato di Snape.
«Cia-» fece per salutarlo ma quello gli fece immediatamente cenno di tacere.
Senza dire una parola lo superò e se ne andò zoppicante col bastone appresso.
Eli lo fissò allibito, ma non lo bloccò.
«Oh Harry, se sapessi quanto sono ancora più incasinati questi due.» sospirò a mezza voce, esasperato.
Una volta dentro, a porta chiusa e incanti di protezione applicati, recuperò le sue sembianze.
Non fece molto caso all’ufficio dalla scrivania riordinata meticolosamente, puntò dritta alla porta della stanza di Remus, a cui bussò più forte.
«Rem?»
«Avanti.» gli rispose la voce mogia del licantropo.
Tonks trovò Lupin seduto a letto, il pigiama indossato, cuscini a reggergli la schiena e le coperte sulle gambe. Stava leggendo un libro, ma a giudicare dall’espressione non era molto concentrato né intrattenuto. Quando alzò lo sguardo su di lei non nascose una nota di accusa dolente.
«Perché mi hai mandato proprio lui, Dora?» le chiese, cupo.
La ragazza andò a sedersi sul letto accanto all’amico ed emise un sospiro stanco.
«Scusa. Lo so. Ma è stato più forte di me. Avete litigato ancora?»
«No, non proprio.» sbuffò l’altro.
«Vi siete baciati?» insinuò lei fra serio e faceto.
«Dora.» la rimproverò Remus. «Mi ha aggiornato sulla faccenda di Harry e Draco. Gli ho chiesto cosa ne pensasse del loro rapporto e la discussione stava per degenerare sulle solite note omofobe. Così l’ho bloccato e mandato subito via. Non ho molta pazienza oggi.» ammise teso.
«Ti ha dato la pozione ricostituente? Stai meglio no?»
«Sì, l’ho presa ore fa. Molto meglio.» ammise mogio. «Bastava quella e potevi portarmela tu o chiunque in realtà. Non è necessario che resti a farmi da guardia, né tu né nessun altro. Come vedi non è successo niente.»
Tonks inarcò un sopracciglio.
«Quante ore fa hai scacciato Snape?»
«Che c’entra?»
«Rispondimi, per favore.»
«Poco dopo che ho assunto la pozione, perché?»
Tonks emise uno sbuffo divertito, quasi deliziato.
«Che c’è?»
«Era ancora qui.»
«Eh?»
«Snape. Era qui, nel tuo ufficio. Come ho bussato non ha parlato, mi ha aperto la porta, fatto cenno di tacere e se n’è andato come un ladro. L’hai cacciato ore fa ed è rimasto a farti da guardia, in silenzio, per ore.» spiegò con un entusiasmo vivace.
Remus rimase interdetto, piacevolmente sorpreso.
«Non hai più scuse, Rem. Non c’è nessuna spiegazione che possa giustificare il suo essere rimasto qui se non il fatto che ci tenga a te.»
Il licantropo abbassò lo sguardo, tormentando fra le dita le pagine del libro.
«Com’è andata col vostro piano?» cambiò bruscamente discorso.
Tonks gli mise un broncio infantile ma non insistette.
«Bene. Abbiamo beccato il colpevole: è una bimbetta del primo anno di Serpeverde. Malfoy dice che dovrebbe chiamarsi Kelly.»
«Kelly White?»
«Sì, qualcosa del genere. Ha scattato le foto ed è scappata subito.»
Remus si accigliò.
«Perché l’avete lasciata andare?»
«Una piccola strategia di Hermione. In sostanza abbiamo fatto in modo che Draco fosse in un altro posto davanti a dei testimoni, mentre io sotto le sue spoglie mi trovavo con Harry nell’aula della torre di Astronomia. Avevamo dietro alcuni strumenti che rendono immediato capire data e ora precisa, quindi, quando verosimilmente questa seconda foto verrà pubblicata, Harry e Draco potranno dichiarare che sia un falso e delegittimare anche la prima.»
«Ingegnoso. Hanno deciso di fingere di non avere una relazione, dunque?»
«Sì. Per proteggere Draco. I suoi cari compari Serpeverde lo stanno strapazzando un po’ troppo. Dall’allenamento del pomeriggio ne è uscito martoriato manco l’avessero usato per il tiro a segno.» sbuffò infastidita.
«Mh, sì. Snape mi ha accennato qualcosa.» sospirò Remus massaggiandosi con due dita la radice del naso. «Quindi aspetterete che venga pubblicata anche questa foto prima di andare da Kelly?»
«Esatto. Poco fa siamo andati a trovare Hagrid. Harry gli ha detto di Draco. Non ne era molto felice, ma l’ha accettato.»
«Comprensibile.» convenne l’altro. «Conoscendo Hagrid non mi sarei aspettato di meno.»
«E tu? Cosa pensi di loro?»
Remus mise da parte il libro, quindi scivolò meglio sotto le coperte scostando alcuni cuscini.
«Penso che non è affar mio giudicare la loro relazione, quindi non penso proprio nulla.» ammise fiacco.
«Ottima risposta.» sorrise Tonks, dandogli una mano a sistemarsi.
«Ti lascio dormire, torno di là.»
«Torna nella tua stanza, e dormi anche tu.» mugugnò Lupin. «Davvero, state investendo tutti troppo tempo per il mio problema.»
«Piantala Rem. Finché non sei in forze preferisco non lasciarti da solo. Stiamo investendo tutti il tempo che sentiamo di volerti dare. Il tempo che meriti. Vogliamo proteggerti.» sentenziò.
«Grazie, Dora. Buona notte.» cedette Remus, mentre l’altra usciva.
«Notte.»







La mattina del due novembre a colazione, le copie dell’ultima foto scattata ad Harry e Draco attesero gli studenti appese alla bacheca nel corridoio poco prima della sala grande. Si formò infatti un discreto gruppo di studenti animato da chiacchiere vivaci, smorfie schifate, guance arrossate e sorrisi maliziosi. La foto era la più compromettente, quella in cui Harry era finito a petto nudo e Draco gli baciava il collo. Diversi studenti arraffarono gli scatti, che sparirono prima che i professori potessero rendersi conto di quell’insolito assembramento.
Harry, Hermione, Ron, Ginny e Luna, gli ultimi messi a parte del piano la sera prima, assisterono alla scena ostentando fastidio e indolenza
Draco arrivò poco più tardi, quando ormai tutti si stavano spostando alla sala grande. Il suo ingresso venne accolto da un rumoroso fischio d’apprezzamento dal tavolo di Grifondoro, e diverse risatine, fischi meno lieti o occhiatacce specialmente da quello di Serpeverde.
Il biondo guardò in basso ostentando confusione e fastidio, ma non provò nemmeno a raggiungere il suo solito posto, andando a sedersi direttamente in fondo alla tavolata.
I docenti seduti al tavolo in fondo si scambiarono qualche commento perplesso.
«Che diamine sta succedendo?» borbottò la preside.
«Lasciamoli fare, ma teniamoli d’occhio.» suggerì un debole Remus Lupin appena approdato al suo posto.
«Un piano di Granger per mettere una pezza alla questione della foto e indagare sul colpevole.» le spiegò a bassa voce Snape che le sedeva accanto.
La preside osservò i colleghi e poi gli studenti con un cipiglio severo, ma si sforzò di lasciar correre come suggerito.
Al tavolo di Serpeverde intanto, un ragazzetto del terzo anno alzò di poco la voce per farsi sentire dai compagni e da Draco appostato in fondo.
«Malfoy, oggi fa particolarmente freddo. Perché non vai a scaldare un po’ il tuo fidanzatino?»
Mentre tutti risero, Draco gli scoccò un’occhiata gelida.
«Di che cosa stai parlando, di grazia?»
«Ah già, sei arrivato in ritardo.» gli fece quello. Pescò una delle foto arraffate dalla bacheca e gliela lanciò facendola finire a terra poco più in là.
I Serpeverde si zittirono. Tutti fissavano Draco avidamente e presto anche gli studenti alle altre tavolate fecero lo stesso quando capirono cosa stava succedendo. Il biondo recuperò la foto con un elegante cenno della bacchetta, ma non la toccò nemmeno, facendola fluttuare davanti ai propri occhi con aria disgustata.
La studiò piuttosto a lungo, e alla fine si rivolse all’intera tavolata.
«Mh. Nella prima foto vi eravate impegnati di più. Qui siete stati disattenti.» dichiarò, mellifluo.
«Che diamine significa?» mugugnò il ragazzino.
«Questo non sono io. E quello non è Potter, così come non ero io nella prima foto che avete fatto girare l’altro giorno.» dichiarò fra l’annoiato e il tediato.
«Pensi di cavartela così facilmente?» intervenne Zabini.
«Cavarmela?» sorrise Draco, mostrando bene il volto segnato dai lividi. «Eppure sei un ragazzo intelligente, Zabini. Possibile che non ti renda conto di un falso? Nella foto di giorni fa il presunto Potter non aveva neppure gli occhiali. In questa invece si può leggere abbastanza tranquillamente data e ora da quello strumento astronomico in alto a destra.» inclinò la bacchetta e così ruotò la foto a beneficio degli occhi dei compagni.
Chiunque avesse preso una foto dalla bacheca e non l’avesse già in mano si affrettò a sfilarla dalle tasche e controllare.
«Se non erro, risulta la data di ieri e le cinque del pomeriggio. Peccato che a quell’ora fossi da Madam Pomfrey in infermeria, dopo gli ultimi allenamenti.» si indicò la faccia pesta.
Zabini serrò la mascella, Nott fece una smorfia acida e Parkinson strinse nervosamente i pugni mentre la sala esplodeva in un brusio vivace.
«È vero.» si levò la voce del capitano della squadra di Tassorosso. «L’ho accompagnato personalmente ieri, siamo rimasti un quarto d’ora buono ed erano già le cinque passate.»
«In effetti non ha nessun livido qui.» si unì la voce di un’altra ragazza di Grifondoro.
«Non poteva essere prima delle cinque?» disse un altro.
«Nah, prima delle cinque era ad allenamento, no?»
«E allora magari si è rotto quell’affare lì di astronomia?»
«Lo strumento è impeccabile, non dire scemenze!»
«Anche l’Harry di questa foto non ha gli occhiali.» squittì divertita Luna.
Tutta una serie di chiacchiere, considerazioni e teorie vennero esposte, mentre Draco faceva volare la foto direttamente nel camino più vicino. Riconservò la bacchetta, ma quando fu il momento di impugnare le posate e mangiare non toccò nulla, fissando il cibo con aria disgustata.
Anche i professori si scambiarono qualche commento perplesso, e in quel piccolo marasma la preside sbuffò inviperita verso Remus e Severus.
«Ditemi, tutto ciò significa che il piano di Hermione è andato a buon fine?»
«Direi che è andato a gonfie vele.» sorrise stanco ma serafico Remus.
«Già. Anche se un richiamo all’ordine non guasterebbe.» convenne il pozionista, che fissava gli studenti con una certa schifata indignazione.
Dopo circa dieci minuti di chiacchiere vivaci il richiamo non fu necessario perché i ragazzi esaurirono velocemente interesse per il gossip sfumato. In tanti buttarono la foto fra le fiamme come aveva fatto Draco, pochi altri la tennero.
A fine colazione Nott comandò con discrezione a Pansy, Blaise e Kelly di ritrovarsi dopo le lezioni mattutine nella solita aula deserta dei sotterranei, raccomandando alla più piccola di non andare mai in giro da sola. La bambina, proprio come Draco in fondo al tavolo, non aveva toccato cibo e a stento rispondeva quando interpellata.
Quando arrivò il momento dell’incontro si chiusero dentro la stanza prescelta e dopo averla sigillata Pansy rifilò un calcio rabbioso ad una povera seggiola di passaggio.
Kelly sussultò e si andò a mettere spalle al muro, due passi di distanza dagli altri tre.
«Inutile che ti arrabbi. Vi avevo avvertiti.» sibilò Theodore, fermo a braccia incrociate.
Aveva i capelli corti e spettinati più che mai, gli occhi scurissimi affossati da occhiaie pesanti su un viso pallido, che gli davano un’aria un cupa da corvo. Fra altezza e magrezza sembrava quasi una versione giovane di Snape.
Pansy gli scoccò un’occhiata di fuoco, ma agitata com’era non riuscì a dire niente, così intervenne Zabini, titubante.
«A questo punto potremmo rivelare che il Draco della seconda foto è Tonks. Almeno ai Serpeverde.» propose accigliato.
«No!» ruggì Theodore, alzando così tanto la voce da far irrigidire gli altri tre. «Assolutamente. Ci esporremmo a un rischio enorme facendo uscire una bomba simile.»
L’unica che trovò il coraggio di aprire bocca fu Pansy.
«Quindi gli lascerai fare il loro giochino e mandare a rotoli tutto il lavoro che abbiamo fatto? Kelly ha rischiato di finire nei casini per niente?»
«Precisamente.» berciò Nott. «E non parlare di lei come se te ne importasse qualcosa, è carne da macello e sei stata tu a sceglierla per essere tale.»
Kelly si portò le mani al viso e soffocò un singhiozzo spaventato, le spalle minute premute contro la parete manco sperasse di sparirci attraverso.
«Il tuo piano è stato un fallimento che ha rischiato anzi di far diventare Draco il martire degno della pietà e compassione di tutti e non il lurido traditore voltagabbana che è.» continuò il moro avvicinandosi per fronteggiare Pansy a muso duro. «Noi non possiamo proprio un bel niente contro Potter e la sua cerchia. Hai scelto di metterti contro un obiettivo più grande di te: accetta la sconfitta e non fare altre stronzate impulsive del genere.» concluse, la mascella contratta e il tono indurito da una furia mal contenuta.
Pansy era paonazza per rabbia e indignazione, ma il timore che le rese gli occhi lucidi la tenne ben ferma e zitta. Zabini invece si spostò lentamente, frapponendosi fra i due, una mano leggermente protesa indietro verso la ragazza.
«Va bene, va bene. Calmo Theo. Lasceremo perdere Malfoy e questa storia, promesso.»
L’espressione sul viso di Theodore cambiò come il vento. Dalla rabbia fiorì un sorriso sinistro.
«Non ho detto di lasciare in pace Malfoy, solo di non coinvolgere Potter né le altre casate, che tanto sono tutte sue alleate. Non possiamo fidarci di nessuno né far uscire niente di ciò che sappiamo e abbiamo fatto.»
«Quindi, cosa proponi di fare?» mugugnò Pansy.
«L’idea di Zabini andava bene, ma senza dettagli su Tonks e con discrezione. Alimentate la teoria che la seconda foto era appunto un falso, ma realizzato proprio da Potter e compagni per cercare di pararsi il culo per la prima. Quanto a Draco, continuate a dargli il tormento col sangue e col silenzio: non ha mai retto né il primo né la solitudine, alla lunga crollerà.» spiegò impietoso. «E dite a quei deficienti del Quidditch di smettere di colpirlo in faccia. Ogni livido visibile è un amico in più che si farà fra le altre casate.»
«Va bene.» annuì Zabini.
Pansy tirò su col naso e annuì a sua volta, un minimo più tranquilla.
Nott li aggirò per raggiungere Kelly, che alla sua vista prese a tremolare. Pansy fece un passo verso i due ma Zabini la bloccò facendole segno di no col capo.
«White, ascoltami bene: devi stare molto attenta.» le spiegò severo. «Bocca chiusa su questa faccenda, non parlarne nemmeno con gli amici e se ti beccano dì che non sai nulla né ricordi di aver fatto alcuna foto, che non sai nemmeno come si fanno, le foto. Non bere né mangiare cose di cui non sei sicura e che ti vengono offerte, potrebbero metterci dentro del Veritaserum per interrogarti. E soprattutto non girare mai da sola nei corridoi o fuori. Stai sempre con qualcuno del primo anno, e non farti vedere troppo in giro con Pansy quando siete fuori dalla nostra sala comune.»
La bambina annuì, muta.
«Ripetimi ciò che ti ho detto, voglio essere certo che tu abbia capito.»
Quella tirò su col naso, inghiottì a vuoto e parlò pianissimo, ancora più piccola di fronte a quel ragazzone alto e magro.
«D-devo stare zitta. Non mangiare cose sospette. Non gi-girare da sola, né troppo attorno a Pansy quando gli altri possono vederci. E non devo fidarmi di nessuno delle altre casate.»
Nott ammorbidì di poco l’espressione, concedendole una smorfia simile a un sorriso.
«Bene. Almeno ad una il cervello funziona ancora.» decretò, avviandosi verso la porta. «Vado per primo. Kelly subito dopo: fatti una corsa sino al dormitorio e cerca qualcuno dei nostri con cui raggiungere la sala grande per il pranzo.» poi si rivolse a Blaise e Pansy. «Voi due per ultimi, guardatele le spalle.» si raccomandò.
Prima che il ragazzo finisse di sciogliere tutti gli incantesimi e sbloccare la porta, Kelly gli chiese titubante, quasi inudibile.
«S-se non c’è nessuno in dormitorio come faccio?»
Nott la squadrò apatico.
«Salti il pranzo e ci resti finché non arriverà qualcuno che non siamo noi tre.»
La bimba fece una piccola smorfia dolente, ma non osò contestare.



 

   
 
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