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Autore: Emma Speranza    21/12/2023    5 recensioni
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.
Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.
Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.
Dall'Epilogo:
​«Corri!»
Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.
Nulla li avrebbe salvati.
Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.
«Scusate, scusate!»
E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
Genere: Avventura, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Vari personaggi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 21
La torretta
 

L’isolamento di Lydia durò una settimana.
Quando finalmente tutti i suoi sintomi scomparvero e riuscì a portare avanti una conversazione senza rimanere completamente senza fiato a causa della tosse, la signora O’Brien ebbe pietà di lei e la lasciò uscire.
Tempo un’ora e Lydia aveva desiderato ardentemente poter tornare nella comodità della sua stanza.
Con l’arrivo di Keira, gli impegni di tutti si erano moltiplicati: essendo ancora sotto l’anno, qualcuno di loro doveva stare sempre insieme a lei, così da non lasciarla in balìa degli altri bambini, i quali non sembravano essersi accorti che Keira non era una bambola. Senza contare le lezioni, i pasti da preparare e la casa da rassettare. In più era successo l’inevitabile. L’epidemia di influenza iniziata da Katherine si era diffusa anche tra i bambini (Lydia continuava a sostenere che la sua invece fosse dovuta solo al tuffo in mare fuori stagione, anche se nessuno sembrava ascoltarla).
Quel giorno di fine novembre, il signor O’Brien si prese l’incarico di occuparsi dei bambini malati, Caitlin e la signora O’Brien di quelli sani, mentre Lance stava ancora cercando di recuperare le tre settimane di Pozioni che suo padre era riuscito a distruggere, e le ore in cui spariva in laboratorio si protraevano anche più di quanto avessero immaginato. Lydia invece era di turno per le pulizie ma subito dopo pranzo fu fermata da Duncan. «Stanza in fondo al corridoio del secondo piano.» le ordinò «Dobbiamo allenarci a contrastare i Dissennatori. Hai visto anche tu quanti sono stati liberati, e lo zio ci ha avvisati che cominciano ad essere avvistati anche in alcune strade babbane.»
E così Lydia si era trovata nella stanza completamente svuotata, in compagnia di Duncan e Katherine.
Katherine riuscì ad evocare il suo Patronus al primo colpo. Senza alcuna difficoltà la sua aquila cominciò a svolazzare per tutta la stanza, inondandola di luce azzurra. Lydia puntò la bacchetta verso il soffitto. Chiuse gli occhi e si concentrò sul momento a cui pensava sempre prima di dover invocare il Patronus. Un senso di calore le inondò lo stomaco e con un sorriso disse: «Expecto Patronum
Quando riaprì gli occhi scoprì di non essere riuscita a creare nulla. Nemmeno un filo di luce azzurra, neanche uno sbuffo. Niente di niente.
Si sistemò meglio, aggiustò la presa sulla bacchetta e la risollevò. «Expecto Patronum!» disse facendo attenzione a scandire bene le parole.
Nulla.
Anche Duncan aveva le sue difficoltà, ma almeno la punta della sua bacchetta si illuminava di azzurro. Lydia invece non sentiva nulla. Non capiva. Era vero che era fuori allenamento, ammetteva che l’ultima volta che aveva invocato il suo Patronus era stato durante l’esame dei M.A.G.O., ma non aveva mai avuto difficoltà ad impararlo. Sin dalla prima lezione aveva creato almeno uno scudo di energia, ed era stata l’unica del suo anno insieme a Lance a riuscire a produrne uno corporeo, a forma di lince. Aveva ricevuto una menzione per questo. Come poteva essere così difficile?
«Sei solo fuori allenamento.» le disse Katherine. Doveva aver notato il suo sguardo affranto. Lydia si passò una mano nei capelli come se nulla fosse.
«Expecto Patronum!» esclamò a voce alta. L’aquila di Katherine la stava fissando. La metteva in soggezione, magari era per quello che non riusciva nell’incantesimo. Sì, decise, era di sicuro per quello. Voltò le spalle all’aquila e a Katherine ma facendo così si trovò a fissare Duncan che con un gesto elegante della bacchetta invocava la sua volpe.
Ecco, ora sì che si sentiva in soggezione. Era rimasta l’unica senza Patronus. E anche gli altri due ragazzi lo sapevano e la guardavano in attesa. Lydia si schiarì di nuovo la voce e chiuse gli occhi. Doveva concentrarsi sul suo ricordo felice, escludendo tutto il resto.
Eppure… C’era qualcosa di diverso, di strano. Il suo ricordo, si rese conto. Quando voleva evocare il suo Patronus pensava sempre alla festa che Lydia, Lance, Alice e Paul avevano organizzato per il termine del primo anno. Erano solo loro, che festeggiavano con succo di zucca e tramezzini in riva al Lago Nero, un momento che molti avrebbero potuto considerare troppo semplice ma che a lei dava una felicità senza confini. Perché le ricordava di come si era sentita quel giorno, circondata dai suoi amici, dopo aver superato i suoi primi esami ed essersi finalmente resa conto che non era solo un sogno, che lei era davvero una strega e che quella era la conclusione solo del primo di tanti anni della sua nuova vita.
Ma adesso… Provava ancora gioia a ripensare a quel pomeriggio, eppure era mischiato ad altro, ad un sentimento dolceamaro.
Alice si era consegnata al Ministero, Paul si era dimostrato uno stupido, il mondo a cui aveva capito di appartenere davvero quel giorno si era rivelato ben diverso da quello dei sogni. Magia, incantesimi e creature magiche erano intrecciate inesorabilmente con pregiudizi, segregazioni e assassini. Era tutto sbagliato.
Lydia deglutì. «Expecto Patronum.» Ma questa volta sapeva anche lei che non ci sarebbe riuscita.
«L’incantesimo Patronus è uno dei più complicati.» Il tono di Katherine si era fatto esitante. «Anche io ho dovuto studiare giorno e notte per evocarlo. Vedrai che con un po’ di allenamento tornerà da te.»
«Ce la faccio.» rispose brusca Lydia.
Persino Duncan evitò di commentare.
Doveva solo cambiare ricordo felice. Lydia cercò di ripensare ad un avvenimento, ad una giornata di pura gioia. Eppure la sua mente rimase vuota. C’era sempre qualcosa che ingrigiva i suoi ricordi. Hogwarts era legata alla guerra, i suoi genitori ad un’infanzia felice ma isolata. E le vacanze a casa di sua nonna… Lydia abbassò di scatto la bacchetta e prima che Katherine potesse continuare a cercare di motivarla, la porta si spalancò e Caitlin entrò nella stanza.
La volpe di Duncan scomparve all’istante, ma Katherine non fu abbastanza veloce e impiegò diversi secondi a dissolvere il suo Patronus in una pioggerellina di luce azzurra. «Oh...» disse semplicemente Caitlin.
«Devi dirci qualcosa?» chiese Duncan, sicuramente per distoglierla dal pensiero della magia a lei preclusa.
Il volto di Caitlin era indecifrabile. «Mi servirebbe qualcuno che tenga i bambini delle elementari per un’ora. Beatrix ha iniziato a vomitare quindi mamma è andata ad aiutare papà.»
Lydia afferrò l’occasione al volo. Con un balzo era già fuori dalla porta e con un «Ciao, a dopo!» corse verso il terzo piano.
Solo quando si chiuse la porta dell’aula alle spalle venne colpita da due cose: prima dal pensiero che forse non era stata la mossa più intelligente da compiere, secondo da un aereoplanino di carta che le atterrò dritto in fronte. Simon si trovava in piedi su una sedia, completamente al centro dell’attenzione ed impegnato a mostrare a tutti i suoi compagni come piegare la carta. Lydia si massaggiò la fronte, non pensava che un pezzo di carta potesse far così male. «Ragazzi...» provò a chiamarli, ma loro erano troppo concentrati e non l’avevano neanche vista entrare. «Ehi!?» si mise di fronte alla scrivania che veniva usata come cattedra. Aveva ancora la bacchetta in mano e la alzò facendo lievitare tutti i fogli e i mezzi aereoplanini dell’aula ed attirando finalmente gli sguardi offesi dei bambini. «Sedetevi.» ordinò mentre i fogli si sistemavano in una pila sulla scrivania. Di solito i bambini non erano così obbedienti, ma anche loro erano ormai perfettamente in grado di capire quando Lydia stava passando una brutta giornata e, non volendo trascorrere il resto del giorno attaccati magicamente alla sedia, si sedettero senza lamentarsi. Lydia sorrise soddisfatta e si accomodò sulla scrivania. Ora doveva solo decidere cosa fare. Dai quaderni sui banchi dei bambini si capiva che l’ora prima avevano fatto matematica, Lydia aveva odiato quella materia quando andava alle elementari.
No, serviva qualcosa di diverso, qualcosa di... magico.
«Animali fantastici e dove trovarli!» sentenziò ad alta voce. La risposta da parte dei suoi alunni fu mista, alcuni batterono le mani entusiasti, altri la guardarono perplessi. Lydia si alzò e si diresse verso la libreria della classe, sapeva che quel libro era lì, lo aveva sistemato lei stessa, e infatti lo trovò vicino a quello sugli animali della savana. Tornò al suo posto, accomodata sulla scrivania. 
«Per quelli che mi stanno guardando come se avessi detto che il cielo è viola, penso che occorra una spiegazione. Questo» alzò il libro che aveva tra le mani «È un libro che studiamo ad Hogwarts.» questa volta tutti rimasero a bocca aperta «Al terzo anno si può scegliere di frequentare Cura delle Creature Magiche, in cui si studiano gli animali magici nel mondo.»
«Hai mai visto un animale fantastico?» chiese Simon senza neppure alzare la mano.
Lydia annuì «Certo! Il mio professore li portava durante le lezioni!» sorrise, ricordando il suo stravagante professore dei primi anni, Silvanus Kettleburn. Certo, aveva mandato un po' troppi dei suoi studenti in infermeria, compresa lei, ed aveva solo un braccio e mezza gamba, ma non si poteva negare la sua passione per la materia che insegnava. «E ho anche visto dei draghi al Torneo Tremaghi!» Per fortuna Henry non era presente oppure ora la sua lezione sarebbe diventata un racconto sulle avventure di Harry Potter. A proposito di Harry Potter; lui era riuscito a scacciare un centinaio di Dissennatori al terzo anno, e lei, diplomata da più di due anni, non riusciva a creare neanche una nebbiolina. Scosse la testa. «Ma ora parliamo di queste creature!» aprì il libro a caso.
«Parlaci dei d raghi!» esclamò Lizzie.
Simon si affrettò ad intervenire «Quelli sono dappertutto...»
Prima che iniziasse una guerra su quale creatura magica trattare, Lydia abbassò lo sguardo sul libro per leggere la prima cosa che le capitasse. Ovviamente fu ‘eseguii l'Incantesimo Patronus’. Mentre i bambini iniziavano a litigare sull’importanza dei draghi nelle favole, Lydia si sfregò gli occhi convinta che la sua vista si stesse prendendo gioco di lei. Eppure sulla pagina erano scritte quelle esatte parole: si trattava della testimonianza di un sopravvissuto all’attacco di un Lethifold. Sembrava che persino Newt Scamander volesse ricordarle che non era più in grado di richiamare la sua lince argentata.
«Tutto bene?» Presa dalla lettura e assordata dalle voci dei bambini, non si era resa conto che Lance era entrato nell’aula e si era seduto accanto a lei sulla scrivania. Lydia chiuse il libro con un tonfo.
«Tutto benissimo!» si schiarì la voce e ripeté in un tono normale «Tutto bene. Cosa ci fai qui? Pensavo che la tua reclusione in laboratorio durasse come minimo altre due settimane.»
Lance fece una smorfia. «Sto iniziando ad odiare quel laboratorio.»
«Tu? Odiare Pozioni? Forse sei tu quello che non sta bene.» lo schernì Lydia, pentendosi immediatamente quando Lance riprese a guardarla preoccupato. «A proposito, hai un orologio nuovo?» chiese di getto, sperando di distrarlo.
«Sei sicura che sia tutto a posto?»
Lydia voltò le pagine del libro di scatto, un leggero crack rivelò che stava rischiando di strapparle. «Tutto a posto, tutto benissimo, mai stata meglio.» rispose decisa.
Lance non le credeva, ma, come i bambini, anche lui non sembrava intenzionato a passare il resto della giornata attaccato alla scrivania. «Ho sentito tutto questo rumore e sono venuto a controllare. Animali Fantastici!» aggiunse leggendo la copertina del libro che Lydia teneva ancora tra le mani. Lo prese e lo sfogliò. «Ti ricordi quando il professor Kettleburn ha rischiato di incendiare Hogwarts con le uova di Ashwinder?» rise leggendo la breve descrizione dell’animale.
«Mi ricordo che per un mese il corridoio davanti al suo ufficio ha puzzato di fumo.» confermò Lydia storcendo il naso ripensando a quel tanfo insopportabile. Ad un certo punto avevano deciso di rinunciare a quella scorciatoia e fare un quarto d’ora di strada in più piuttosto che passare da lì e puzzare come una ciminiera per tutte le lezioni successive. «Invece ti ricordi quando abbiamo dovuto cercare i Moke che ci aveva portato?»
«Quello era Hagrid. Le sue lezioni erano un disastro, ma come si fa a non volergli bene?»
«Quando ci hanno visti arrivare si sono ristretti così tanto che non si vedevano più da nessuna parte! Abbiamo dovuto passare il resto della giornata a cercarli, per poi scoprire che gli ultimi due in libertà erano stati per tutto il tempo nel cappuccio di Paul.»
«Racconta!» urlò Simon, con gli occhi spalancati dallo stupore. Solo con il suo intervento Lydia e Lance si resero conto che i bambini nel frattempo si erano calmati e avevano iniziato ad ascoltare le loro storie. Per Lydia fu naturale accontentarli ed iniziare a raccontare. «Dovete sapere che i Moke sono simili ad una lucertola ma hanno un’abilità: si restringono quando vogliono, o quando vedono un estraneo! Hagrid voleva mostrarceli ma abbiamo fatto in tempo a vederli solo da lontano perché, quando ci siamo avvicinati, non c'erano più! Si erano rimpiccioliti e si erano nascosti nel prato e indovinate a chi è toccato rimanere lì a cercarli? Solo perché ci dispiaceva lasciare Hagrid da solo a sistemare quel disastro...»
«Chi è Hagrid?» chiese Leonard, incantato.
Questa fu solo la prima di una lunga serie di domande che li accompagnò per il resto dell’ora, fino a quando la signora O’Brien tornò e riprese il controllo della classe, lasciando liberi Lance e Lydia.
«Non è andata così male.» dichiarò Lydia appena usciti dalla stanza.
Lance si stiracchiò. «Ti va se andiamo un attimo in giardino a prendere un po’ d’aria? Mi manca l’aria fresca.» disse guardando sognante le finestre.
«Non devi tornare in laboratorio?»
«Katherine mi ha detto di fare pure con calma. E ho intenzione di sfruttare ogni secondo libero.»
Si avviarono insieme verso il giardino, recuperando giacche e sciarpe dall’armadio. Una volta pronti per affrontare l’aria gelida, iniziarono a camminare verso una piccola torretta all’angolo est del giardino, parzialmente coperta da alcuni alberi. «Non pensavo che stare in laboratorio ti pesasse così tanto…» riprese il discorso Lydia.
Lance si sistemò la berretta sulle orecchie. «Non lo pensavo possibile neanche io ma… è diverso. Un conto è preparare pozioni per passione, un altro dover fare scorte su scorte di ogni possibile pozione curativa di questo mondo.» In assenza di guanti, le sue mani sprofondarono nelle tasche della giacca per non congelarsi.
«Ormai sei a buon punto, no?» tentò di consolarlo Lydia.
«Magari… E invece stanotte sono bloccato di nuovo lì perché la pozione Anti-Traccia è nella sua fase più delicata e non possiamo permetterci di perdere un’altra sfornata, senza considerare che Silas e Cyril mi hanno chiesto di preparare delle scorte di pozioni curative anche per loro.»
Lydia aggrottò la fronte. «Perché? Non stanno bene?» Durante la sua settimana di isolamento non le sembrava di aver sentito notizie riguardanti i due cugini.
«Loro stanno benissimo.» Lance si guardò attorno, per accertarsi che fossero realmente soli. «Non sono per loro.» continuò poi in un sussurro. «Mi hanno raccontato che la situazione nel mondo magico è un delirio. Le pozioni sono introvabili, hanno cacciato troppi pozionisti e adesso le farmacie si trovano senza qualcuno che le produca, ed alcune sono troppo complicate per essere preparate da chiunque. Senza contare il fatto che il costo delle materie prime è alle stelle. Mi hanno detto che alcuni paesi esteri hanno bloccato il traffico con la Gran Bretagna a causa della guerra, tagliandoci completamente fuori. Per fortuna noi abbiamo l’orto e quello frutta bene, ma altri non sono così fortunati. E ormai quasi nessuno si fida ad avventurarsi a Diagon Alley per comprare i pochi ingredienti ancora disponibili, e i gufi vengono aggrediti per poter rubare la merce. Come dicevo, un vero e proprio delirio.»
«Mi dispiace per loro…» disse Lydia «Ma un po’ godo al pensiero che i Purosangue si sono ritrovati altrettanto nei guai con la loro stupida guerra.»
Avevano raggiunto la torretta. Lance afferrò la maniglia della porta d’ingresso e diede diversi strattoni per riuscire ad aprirla. «Il problema è che loro hanno i soldi per potersi permettere Pozionisti privati e trasporti internazionali dai Paesi che non hanno approvato il blocco delle merci. Anzi, qualcuno sostiene che alcune famiglie Purosangue hanno comprato i prigionieri Pozionisti per usarli come schiavi. Alla fine ci sta andando di mezzo ancora la gente normale che si trova a non poter guarire i loro figli.» Si chinò per riuscire a passare sotto la bassa architrave e Lydia lo seguì. Il cambio di temperatura fu notevole. Nella torretta era diffuso un calore reso possibile grazie ai perpetui fuochi fatati appesi su tutte le pareti. Il fieno scricchiolò sotto le loro scarpe.
«Hermes?» chiamò Lance «Hermes, ti ho portato i biscotti.»
Si sentì un fruscio sopra alle loro teste. Hermes planò sfiorandoli e atterrò su un pezzo di legno posizionato apposta per lui da Duncan. «Ciao bello!» lo salutò Lance, grattandogli il mento «Come stai oggi?»
Quando erano tornati dalla battaglia sulla spiaggia, avevano ritrovato il gufo di Paul affidato alle cure di Katherine. Il lungo squarcio che gli era stato inferto dai Mangiamorte aveva impiegato diverso tempo e parecchi balsami per iniziare finalmente a guarire, ma già il fatto che riuscisse a planare mostrava grandi segnali di miglioramento. «Tra poco potrai tornare a volare.» gli promise Lance.
«Non troppo lontano.» aggiunse Lydia, guadagnandosi un’occhiata storta da parte del volatile. «Che c’è?» sbottò «Non vogliamo che il tuo padrone faccia un’altra delle sue idiozie.» Rubò un biscotto dalle mani di Lance e lo porse al gufo, per farsi perdonare. Tutti gli adulti di casa O’Brien (Caitlin compresa) erano stati d’accordo su questo punto. Hermes non poteva tornare a casa. Il rischio era troppo grande. Era già la seconda volta che Paul lo mandava a casa O’Brien, e la settimana prima era stato un miracolo che i Mangiamorte non fossero riusciti a seguirlo fino a lì. La signora O’Brien aveva proposto di cancellare la memoria del gufo, ma Katherine aveva insistito che incantesimi del genere sugli animali rischiavano di essere troppo forti e dannosi per le loro sinapsi. Anche le protezioni che impedivano agli altri gufi di avvicinarsi alla casa sembravano non funzionare su di lui. Il signor O’Brien aveva sostenuto che era perché Hermes era un gufo troppo intelligente. Anni fa aveva visto la casa e nessun incantesimo Stordente poteva convincerlo che quell’edificio non esistesse. E così l’unica soluzione possibile era stato inserirlo tra i componenti della famiglia e farlo restare nella torretta attrezzata a voliera, in compagnia dei gufi dei signori O’Brien, di Duncan e di Lance, che in quel momento dovevano essere a caccia perché di loro non c’era traccia, pensò Lydia osservando la finestrella che si apriva in cima alla torretta. Paul era stato avvisato, aveva garantito il signor O’Brien, ma Lydia non sapeva come aveva reagito a quel rapimento, né aveva intenzione di scoprirlo. Non le mai interessato granché di cosa provasse Paul Kenston, e di sicuro non le interessava adesso che aveva rischiato di farli uccidere tutti. E il gufo avrebbe dovuto essere felice di non trovarsi più con un padrone che aveva rischiato di farlo uccidere.
Hermes sollevò l’ala grigia per mostrare a Lance la ferita. Il ragazzo la esaminò facendo attenzione a non toccare i punti. «Sta guarendo bene, bravo piccolino.» Gli diede un biscotto come ricompensa. «Hai mai notato quanto assomiglia al gufo di tuo papà?» chiese Lance con un sorriso.
Lydia sentì la solita stretta al cuore che provava ogni volta che ripensava ai suoi genitori. «Sì. A volte li confondevo quando arrivavano tutti i gufi con la posta della mattina. Ma poi ho scoperto che il gufo di mio papà ha un carattere migliore.» Hermes schioccò il becco in segno di protesta. «Vedi? Era questo che intendevo. Werbley non mi ha mai trattata così.»
Lance rise e ricominciò a grattare l’ala sana di Hermes per farlo calmare.
«Ti ricordi quando Werbley è caduto nella marmellata?» ridacchiò Lance.
Lydia si unì alla sua risata. «Me lo ricordo fin troppo bene. Hai presente quanto tempo ho impiegato a pulirlo? Non riusciva più a volare e si appiccicava ovunque! Quel giorno sono dovuta andare a lezione con le sue piume attaccate su tutta la divisa.»
«E sei stata sbattuta fuori dalla lezione di Pozioni per quello.»
Lydia rabbrividì. «Anche quello me lo ricordo fin troppo bene. Piton era furioso.»
«Quando mai non lo era?»
«E la professoressa McGranitt ha pensato che fosse uno scherzo e mi ha tolto dieci punti. Dieci!» ricordò inorridita.
«E a me venti perché continuavo a ridere. Però l’ho vista veramente infuriata solo quando mi hai tra…»
«Non finire neanche la frase!» lo bloccò Lydia all’istante. «Sto cercando di eliminare quella scena dalla mia memoria.»
Lance scoppiò a ridere.
«Smettila!» Lydia gli diede un pizzicotto.
«Dai, è stata una scena memorabile, non puoi negarlo.»
Lydia alzò gli occhi al cielo. «E allora voglio ricordarti di quando hai chiesto alla Piovra Gigante di andare al Ballo del Ceppo con te!»
«Era disperato! La mamma mi tormentava, ogni giorno mi mandava una lettera chiedendomi se avevo invitato qualcuno e io non so mentire, però dopo averlo chiesto alla Piovra Gigante ho potuto risponderle sinceramente di averci provato.»
Fu il turno di Lydia di scoppiare in una grossa risata. «Sono ancora convinta che ti abbia risposto di sì. Quel tentacolo era molto lusingato.»
«Per l’amor di Merlino!»
«Poverina, chissà quanto è rimasta delusa quando non sei andato a prenderla la sera del Ballo.» continuò divertita Lydia «Magari è ancora lì ad aspettarti, indossando il suo più bell’abito da sera.»
«Ti prometto che la prossima volta che andrò ad Hogwarts le chiederò di ballare con me.» Le loro risate si spensero lentamente nella torretta.
 «Comunque non ho ancora capito perché i tuoi cugini hanno bisogno di pozioni curative.» continuò Lydia, ritornando al presente. Hermes finì di mangiare il biscotto e si fermò a fissarla. Lydia lo prese come un permesso per toccarlo, così allungò un dito ed iniziò a grattarlo sulla nuca. Hermes non disse niente ma non gli beccò neanche via il dito. Lydia lo prese come un buon segno.
«Hanno iniziato un traffico clandestino di pozioni.» disse Lance con una tranquillità che mal si addiceva alla frase appena pronunciata.
«Cosa?!» Presa dallo stupore, Lydia si bloccò ma Hermes non approvò e tentò di morderla. Lydia ritirò la mano di scatto.
«Un traffico di pozioni.» continuò tranquillamente Lance «Per tutte le persone che non si possono permettere le pozioni vendute nei negozi ufficiali. Per le malattie normali si rivolgono alle farmacie babbane, ma se si viene punti da uno stormo di Stinx o morsi da un Awtren, oppure si prende il Morbo di Vertell, allora le medicine babbane non valgono a niente. I miei cugini si sono accorti della situazione e mi hanno chiesto di aiutarli. Io preparo le pozioni, Duncan gliele consegna e loro le rivendono a prezzi ragionevoli a tutti coloro che ne hanno bisogno, anche se sospetto che molte volte non le facciano neanche pagare. Papà non ne sa niente.» si affrettò ad aggiungere Lance «E neanche mamma… E neppure Caitlin. Se parlassimo di pozioni con lei correrebbe subito a fare la spia.»
«E tuo zio?»
«Neanche lui.»
Non essendo più al centro dell’attenzione, Hermes emise un fischio risentito e saltellò di nuovo verso l’angolo più alto della torretta. «Tuo zio non rischia dei guai con il Ministero se li scoprono?»
Lance lasciò alcuni biscotti in una ciotola appoggiata su una mensola. «I miei cugini hanno la fama di essere degli irresponsabili. Lo sanno tutti al Ministero, da anni. Non penso che farebbe così tanta differenza se venissero a conoscenza del loro mercato. Penserebbero che stanno cercando di arricchirsi con le Pozioni. Hai visto anche tu Diagon Alley. Ormai pullula di mercati neri più o meno discutibili.» Il pensiero di Lydia tornò alla strega che vendeva ciondoli per smascherare i Nati Babbani. Hermes fischiò di nuovo. Lance sollevò lo sguardo. «Meglio andarcene. Sta meditando vendetta.»
Lydia fu la prima a correre fuori. Le mancava solamente di essere centrata dal gufo di Paul per concludere quella disastrosa giornata. Il suo volto si deformò in una smorfia ripensando a quella mattinata, cercò la piuma nella tasca nel tentativo di tranquillizzarsi.
«Riuscirai ad evocare il Patronus.»
Lydia lo guardò male. «Chi ha fatto la spia, Katherine o Duncan?»
«Katherine.» rispose tranquillamente Lance «Ti ha vista giù di morale ed è scesa a chiamarmi.»
 «Non ce n’era bisogno.» Lydia cominciò a camminare velocemente verso la porta d’ingresso. Lance la inseguì senza fatica.
«Hai ragione, forse non ce n’era bisogno.» Lydia rallentò per riuscire a voltarsi sospettosa verso di lui. «Volevo solo dirti che se vuoi parlarne io ci sono. E se non vuoi parlarne io ci sono comunque.» aggiunse prima che lei potesse ribattere. Lydia lo guardò, pensierosa. Non ebbe bisogno di aggiungere altro. La porta d’ingresso di aprì e comparve il volto di Katherine. «Oh, grazie al cielo sei qui, Lance. Il Distillato Soporifero ha iniziato a ribollire e non riesco a farlo ragionare.»
Lance emise un gemito e Lydia vide il suo volto rilassato scomparire. «È un egocentrico. Appena non gli dai abbastanza attenzione inizia a protestare… Arrivo subito…» disse con un sospiro. Ed entrò in casa come se stesse andando ad un funerale. Katherine corse di nuovo giù dalle scale diretta verso il laboratorio.
Lydia allungò una mano per fermarlo. «Grazie.» disse semplicemente quando lui si voltò a guardarla. Grazie per essere corso da lei, per averla distratta e averla fatta ridere. Lance capì e gli rivolse un piccolo sorriso, si avvicinò a lei e le strinse la mano.
«Lance!» urlò Katherine dal seminterrato «Lance! Sta iniziando a vomitare!»
Lance sgranò gli occhi. «Abbassa il fuoco prima che sia troppo tardi!» Lasciò la mano di Lydia e corse verso il laboratorio, lasciandola da sola nell’atrio.
La sua mano non le era mai sembrata così fredda.
 
 


Curiosità: I nomi dei gufi di Lance e Paul sono ispirati dalla mitologia greca, un piccolo tributo a 'Epic the Musical'. Io adoro quel musical e nel periodo in cui stavo facendo la prima revisione dei capitoli lo ascoltavo a ripetizione <3 

Note: Grazie di cuore a chi sta leggendo questa storia <3 
E tantissimi auguri a tutti voi di un felice e sereno Natale <3 

Come mio regalo per voi vi dono una piccola anticipazione del capitolo 23 di "Piume di Cenere", intitolato 'La stella di Ecate' e ambientato proprio durante il periodo natalizio:


Lydia si avvicinò in punta di piedi all’angolo del salotto occupato da Katherine, Caitlin e Duncan.
«Buon Natale!» esclamò Katherine. Duncan si limitò ad un grugnito, ma probabilmente la sua reazione era dovuta in gran parte al cerchietto con le corna da renna che era stato costretto ad indossare.
Caitlin, mezza sdraiata sul pavimento e già circondata da incarti di regali, le lanciò un biscotto al cioccolato. «Buon Natale, non vedo l’ora che sia sera, che tutti loro siano rinchiusi nelle loro stanza e che finisca questa giornata infernale. Ma li sentite? Come fanno a produrre dei suoni tanto fastidiosi?»
Katherine aggiustò il cerchietto di Duncan. «Oh Cait, puoi smettere di mentire con noi. Lo sappiamo tutti che in realtà i bambini ti stanno simpatici.»
«Solo Simon e David.» borbottò Caitlin. «E te l’avevo detto in confidenza. Non c’è bisogno di sventolare ai quattro venti le mie debolezze.» Lydia ridacchiò e spinse Katherine per farsi spazio sul divano.
«Le corna ti donano, Duncan.»
«Non una parola, Merlin.»
«Non ti preoccupare, Lydia. Gli ho già fatto una foto.» Lo sguardo feroce di Duncan non ebbe l’effetto desiderato sulla sorella, soprattutto perché sul cerchietto erano presenti cinque campanellini che risuonavano ad ogni suo movimento. Lydia e Caitlin dovettero mordersi il labbro per non scoppiare a ridere.
«Joy to the world!» La porta del seminterrato si aprì di colpo rivelando un Lance dalle braccia spalancate ed un enorme sorriso a distendergli il volto. «The Lord is come; Let Earth receive her King!» continuò a cantare. Superò a grandi passi lo spazio che lo separava dai ragazzi e, appena li raggiunse, li stritolò tutti insieme in un grande abbraccio. «Buon Natale a tutti voi!»
«Non respiro!» boccheggiò Katherine, rimasta incastrata da qualche parte tra il braccio di Lance e la spalla di Lydia.
«Tieni giù le mani!» si ribellò invece Caitlin.
«Dlin dlin!» protestarono le corna di Duncan.



Tantissimi auguri di buon Natale e un abbraccio a tutti voi! <3

Emma Speranza


 
'Piume di Cenere' è disponibile anche su Wattpad
Per informazioni o anticipazioni visitate la pagina Instagram ufficiale: @piumedicenere
 
  
   
 
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