Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Non Molto    21/12/2023    1 recensioni
Freya Ackerman, chirurgo d'urgenza a servizio del Corpo di Ricerca e moglie del Capitano Levi, vi porta con lei in un viaggio colmo di avventura, amore, dedizione al proprio lavoro e legami fraterni.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII

“I Didn’t Know Any Better”

 

844, Quartier Generale del Corpo di Ricerca.

Si erano riuniti in uno dei tanti magazzini, i tre amici. Era un luogo tranquillo, al riparo da occhi invadenti: l’ideale per fare il punto della situazione. 

Levi non aveva rivelato ai due ragazzi che era praticamente certo che l’uomo che avevano l’ordine di uccidere era in realtà il fratello della propria moglie. Inoltre, il corvino era convinto che Farlan non fosse al corrente della parentela che legava Erwin Smith e Freya Ackerman: altrimenti avrebbe senza alcun dubbio obiettato e anzi, se Levi avesse provato comunque a uccidere Erwin, commettendo dunque un’enorme ingiustizia nei confronti di Freya, Farlan l’avrebbe pugnalato pur di fermarlo.

C’era una domanda che martellava nel cervello del giovane Ackerman: che fare?

La morte di Erwin Smith avrebbe provocato a Freya il più lacerante dei dolori. Era il torto più grande che Levi avrebbe mai potuto infliggerle, e per cui mai avrebbe ricevuto perdono. L’omicidio di Erwin Smith gli avrebbe portato via Freya, senza ombra di dubbio.

Però… qual era l’alternativa? Rinunciare a quella nuova opportunità di vita? In fin dei conti e in una certa ottica, Freya l’aveva abbandonato. Però… vendicarsi uccidendole il fratello era troppo anche per Levi. E poi… Erwin gli ricordava Oliver, lo zio che circa nove anni prima aveva avuto il coraggio e la forza di raggiungere la superficie per cercare una vita migliore. Erwin, così come Oliver, era speciale. E Levi avrebbe mai tolto la vita a Oliver? No, ovviamente. Però al contempo si chiedeva: Erwin Smith era davvero qualcuno di speciale? Levi non ne era certo, non ci aveva praticamente neanche mai parlato. Così come non aveva nemmeno mai incontrato Oliver, a dirla tutta. Eppure, Levi sentiva che quei due individui erano speciali. Però… era l’opzione corretta, impedire ai propri amici di cominciare una vita tranquilla in superficie per non toglierla a un uomo con cui, a conti fatti, Levi non aveva effettivamente mai interagito?

Isabel e Farlan erano l’unica certezza nella vita del corvino in quel momento, e lui non intendeva deluderli. Non loro, che avrebbero camminato anche tra le fiamme di un incendio pur di aiutarlo. Freya, che l’aveva abbandonato, ed Erwin, ch’era per certi versi una guardia e quindi per definizione nemico di Levi, avrebbero pagato lei col dolore e lui con la vita.

Inoltre chi gli garantiva che, una volta tornati nei Sotterranei dopo aver fallito, Lobov non li avrebbe fatti fuori? Levi in qualche modo l’avrebbe fatta franca, ma Farlan? E Isabel, che inorridiva all’idea di tenere in mano un’arma?

«Potremmo sfruttare la spedizione a nostro vantaggio» diceva Farlan. «Fuori dalle Mura Erwin e gli altri dovranno badare ai giganti, e noi non dovremo far altro che attendere il momento adeguato».

«Ho capito, bell’idea!» concordò Isabel.

«Levi, ti va bene?», l’amico si rivolse a lui.

«Certo» fece il corvino, con gli occhi vacui. Dopo aver pronunciato quelle parole però, un’immagine gli attanagliò la mente: i suoi amici brutalmente catturati dall’Armata Ricognitiva. Per via di quel ricordo che gli bruciava ancora vivido nel petto, Levi cambiò i piani. «Ma andrò io, voi non verrete» proferì con le braccia congiunte e lanciando ai due ragazzi un’occhiata truce.

«Come?!», i due amici erano attoniti.  

«Andrò io a ucciderlo, voi non romperete la formazione» ribadì Levi. 

«Fratello…» mormorò la ragazzina. «Perché?!» gli si rivoltò poi contro.

Il giovane Ackerman s’irrigidì. “Perché ho già perduto Freya e non sono abbastanza forte per perdere anche voi” avrebbe detto. «Non abbiamo mai visto un vero gigante, ed è la prima volta per noi fuori dalle Mura» ringhiò invece. «Probabilmente saremo impegnati a cercare di rimanere in vita. Ma, se me ne occupo io, m’inventerò qualcosa».

«Ma—» ribatté Isabel, ma Farlan la zittì dolcemente con un pacato gesto della mano. 

«Stai dicendo che non ne siamo all’altezza?» domandò.

“Sto dicendo che non voglio perdervi”. «Sì, più o meno quello».

«Come fai a dirlo?! Non potrai saperlo finché non ci avremo provato!» gli inveì contro Isabel. «Che hai?! Non è da te!».

«Se non volete farvi da parte è meglio che la piantiamo di parlarne!» abbaiò Levi. «Rimanderemo a un’altra volta» borbottò poi, voltandosi e prendendo a camminare in direzione della porta del magazzino. 

«Levi!».

«Aspetta, fratello!».

Mentre udiva latrare i due amici alle proprie spalle, Levi decise che avrebbe tolto la vita a Erwin Smith. Ormai era fatta, il fratello di Freya doveva morire. Altrimenti sarebbero morti loro, o peggio, sarebbero marciti

 

844, Territori al di fuori del Wall Maria.

Levi galoppava a ritmo incalzante da parecchi minuti, ormai. Tentava di ripararsi col cappuccio del mantello dalla pioggia torrenziale che lo colpiva in volto, e non aveva la benché minima idea di dove andare, né per raggiungere Erwin — e dunque ucciderlo — né per ricongiungersi ai propri amici. 

Improvvisamente il giovane Ackerman fermò il cavallo, tirando le redini in modo fulmineo ed energico, per impedirgli di cadere in un precipizio che l’equino neanche aveva notato.

Mentre tentava di raccapezzarsi e di individuare un punto di riferimento, Levi guardò a terra. Vide innumerevoli corpi martoriati, pezzi di indumenti lacerati e pozze vermiglie che tingevano l’erba fradicia. “No”, pensò. “No…”.

«Che diavolo…?» mormorò a fior di labbra.

Dietro di lui un fumogeno fendette l’aria, e Levi voltò repentinamente il capo. Polvere nera, un uomo agonizzante lo guardò e con le ultime forze che gli rimanevano indicò la nebbia. «I-il gigante» gorgogliò per avvertirlo, e poi capitolò a terra.

Nell’erba Levi notò le grandi orme della creatura che doveva aver ammazzato i commilitoni, e lanciò il cavallo al galoppo per andare a cercare i propri amici, pregando di non trovarli morti.

L’animale avanzava affondando gli zoccoli nel prato fradicio, tra braccia, gambe e altri frammenti di corpi. La nebbia era fitta, troppo fitta, era difficile capire… E a un tratto, Levi ruzzolò a terra. Per fortuna reagì velocemente e rotolò di lato, evitando il corpo dell’equino che per poco non gli cadde su una gamba.

Il cavallo si rialzò, il giovane no. Lui era pietrificato, ghiacciato: a pochi centimetri dal proprio volto c’era un capo mozzato. Gli occhi erano vitrei, il verde che li caratterizzava era ora privo di vivacità. Isabel, Isabel, Isabel, Isabel

In quel momento la condizione traumatica in cui Levi era cristallizzato non permetteva al cervello del ragazzo di elaborare i rumori provenienti dall’ambiente, il corvino non udiva nulla. Fu dopo qualche minuto che cominciò ad avvertire un ringhio lugubre nelle vicinanze.

Non fece però neanche in tempo a rinvenire completamente dal torpore, che il cadavere di Farlan Church gli piombò ai piedi. Gli mancava metà cavità toracica. Dal ventre dell’amico pendeva un lungo organo a forma di tubo: Freya gliene aveva parlato come parte integrante dell’apparato digerente, che permetteva al corpo di tramutare in energia il cibo… L’aorta era lì vicino, l’aveva imparato da Freya parecchio tempo addietro. L’arteria principale, una volta lacerata avrebbe fatto zampillare litri di liquido vermiglio in un fiotto potente e irrefrenabile. Eppure… quello di Farlan fluiva piano. Lentamente, senza alcuna fretta. Ma a Levi non parve anomalo. L’amico era sempre così pacato, calmo… in grado di infondere serenità in qualunque situazione. Avrebbe potuto espandersi con velocità differente il sangue di una persona simile? No, non avrebbe potuto…

E, un attimo dopo, Levi non c’era più. Si era volatilizzato. Il gigante, l’artefice di quel macello, si divincolò fulmineamente con un ringhio, come se fosse appena stato ferito. E, in effetti, così era. Il giovane Ackerman gli era piombato addosso nell’identico e letale modo in cui, qualche mese prima, Erwin Smith lo aveva combattuto prima di catturarlo. Come un proiettile continuava a infrangersi contro al titano, a lacerargli la pelle con fendenti mortali. “Avevi fame, lurida bestia? È per questo, che hai ucciso i miei amici? È per questo, che hai gli occhi rossi? Rossi, come il loro sangue? Anch’io ho fame, gigante. Me l’hai fatta venire tu. E anch’io ho gli occhi rossi, proprio come te. Me li ha fatti venire il sangue dei miei amici”. 

Tu hai ringhiato, ora ringhio io. Mi senti? Sto gridando. Sto cercando di farti capire l’odio che provo nei tuoi confronti, e come faccio, se non così? Perché è così, che devi morire. Con il mio astio che ti invade i sensi, che ti occlude i timpani, gli occhi, proprio come sta facendo adesso il tuo sangue con i pori della mia pelle”.

La tua testa salta, vola via, lontano, sono stato io. Dimmi, titano, c’è una porzione di pelle che non ho ancora lacerato? Sì, proprio lassù, all’altezza della nuca. Ma se ti colpisco lì, metto fine al tuo dolore. Al tuo, non al mio. Eppure, lo faccio. Sono clemente, dici? No, sono solo troppo arrabbiato”.

Il giovane balzò dal corpo della creatura che, ormai priva di vita, crollava a terra. Quando i piedi di Levi attecchirono sull’erba egli realizzò un dettaglio che fino a quel momento non aveva notato. Una novità che gli fece momentaneamente dimenticare il dolore e l’odio. Freya. La sua, Freya. Sua moglie, Freya Ackerman. Era… viva, non la vedeva da dieci anni… 

Aveva legato i capelli, ch’erano ancora lunghi, dritti e argentei. La pioggia li bagnava. I lineamenti delicati della ragazza erano deturpati dall’orrore. Con gli occhi lampeggianti di terrore e incredulità, guardava il cadavere di Farlan. Lentamente girò il volto in direzione di Levi. Lui, arrendevole, aveva abbandonato le armi a terra. Armi che lei aveva inventato, ad appena quattordici anni.

L’euforia colmò l’animo del giovane, che avvertì la voglia irrefrenabile di raggiungerla e abbracciarla. Ma, come quand’era ragazzino, non lo fece. Data la situazione traumatica, Levi temeva che correrle incontro e stringerla a sé avrebbe potuto farle più male che bene, provocarle ulteriori paura e shock. 

«L-Levi…» mormorò lei, e il giovane Ackerman gioì. Nella voce di lei, aveva percepito una nota di gratitudine e conforto.

I due furono però interrotti dal rumore di zoccoli in avvicinamento. 

«Freya», la voce profonda di Erwin echeggiò dietro di loro. Le interiora di Levi tremarono appena, alla conferma della verità che ormai aveva data per certa più e più volte. Era lui, Erwin era suo fratello.

I coniugi Ackerman si voltarono in direzione del capitano Smith. In quelle poche settimane, Levi non aveva mai captato segni di cedimento da parte di Erwin. Tutto d’un pezzo, non vacillava mai. Eppure quando guardò gli occhi di ghiaccio di Freya, terrorizzati e imploranti, Levi vide il volto del biondo fremere d’affetto e d’empatia.

«Erwin…» esalò la ragazza.

L’uomo però si raccapezzò in un batter d’occhio, e si concentrò sul corvino. «Quindi, sei l’unico ancora in piedi. Patetico» tuonò.

Nell’udire quelle parole di scherno, Levi avvertì un moto di collera pervaderlo. “Potrai anche avere l’aspetto di una creatura divina, ma è il diavolo, quello che hai in corpo” pensò, ringhiando in direzione del capitano. Dopodiché gli si lanciò contro, brandendo la lama per ferirlo alla gola. L’avrebbe ammazzato lì e ora. La rabbia era talmente accecante da fargli dimenticare che Freya era proprio lì, accanto a loro. 

Erwin intercettò l’acciaio con le mani forti, afferrando la spada nel palmo. 

«Io ti uccido!» latrò Levi. «Sono qui per questo!».

Il biondo guardò prima Freya e poi Levi. Con la mano libera tirò fuori dal mantello una piccola pergamena, e la gettò a terra. Il corvino reagì diminuendo la forza con cui impugnava la lama. 

«Questi documenti che certificano i crimini di Lobov sono dei falsi» proferì Erwin. «Quelli originali hanno raggiunto Daris Zackley più o meno un’ora fa. Per Lobov è la fine».

«Sapevi tutto fin dal principio» sibilò Levi, tornando a spingere con la spada contro la mano di Erwin. «Sapevi che volevamo ucciderti, e ora tu—», ma non fece in tempo a finire di parlare. Le gambe lo fecero balzare come un felino sulla preda, con l’intento di mettere finalmente a tacere Erwin, una volta per tutte. Il giovane percepì due braccia forti immobilizzarlo e, senza aver bisogno di guardarne il volto, riconobbe quell’uomo dal suo fare energico. Il soldato senza paura. Si dimenò, tentando di divincolarsi con tutte le sue forze. Fu però una voce, a far congelare d’improvviso la foga omicida che animava le membra di Levi. «Uccidere?», Freya gli si avvicinò lentamente, fino a fronteggiarlo. Le parole che aveva appena pronunciato erano pregne di sdegno, e i suoi occhi di ghiaccio fiammeggiavano di collera. «È per questo, che sei salito in superficie? Per uccidere un uomo? Mio fratello, per di più?! Dio mio Levi, che cosa sei diventato?!» cominciò a gridare, fuori di sé. «Allontanati immediatamente da Erwin» ordinò infine, con la voce che le tremava. «Mi hai portato via Farlan, non mi porterai via anche mio fratello».

A quel punto le ginocchia di Levi cedettero, e lui cadde ai piedi dei fratelli Chastonay. Il dolore che percepiva e che lo pervadeva era talmente lacerante che il giovane pregò ardentemente di morire nel giro di pochi minuti.

   
 
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