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Autore: JenevieveEFP    25/12/2023    1 recensioni
La guerra è appena finita, Voldemort è stato sconfitto, Tonks e Lupin sono ancora vivi. Snape è stato salvato in extremis ma versa in condizioni critiche per le ferite inferte da Nagini. La sua mente provata dalla febbre e dal veleno, lo tormenterà con dolorosi sogni e ricordi perduti del suo passato. Harry intanto è pronto a svelare ai pochi membri rimasti dell'Ordine della Fenice la verità dietro il doloroso ruolo dell'odiato preside di Hogwarts, e a confrontarsi con Draco con la calma che solo la fine di un conflitto sa donare. La fine della guerra diventerà un nuovo inizio per tanti, ma una condanna dolorosa per alcuni che non erano pronti a sopravviverle. Le occasioni di incontro e scontro non mancheranno, specialmente quando gli studenti saranno richiamati ad Hogward per ripetere l'anno scolastico brutalmente interrotto e cercare di ricominciare a vivere e ricostruire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Remus Lupin, Severus Piton | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Era ormai arrivato metà novembre e Draco aveva convinto faticosamente tutti a non intervenire nei confronti di Nott, Parkinson e Zabini, e di lasciare a lui l’ultimo tentativo di convincerli a collaborare. Giorno dopo giorno non era riuscito però ad avvicinarli, visto che i tre, come anche Kelly White, facevano di tutto per non rischiare di incrociarlo o restare da soli con lui. Fra studio e dolorosi allenamenti in vista del pieno della stagione di Quidditch, il suo tempo e le occasioni si erano ulteriormente ridotti.
L’ultimo incontro fra Serpeverde e Corvonero fu uno dei match peggiori della storia dei verde argento. Persero con uno scarto enorme, e la squadra non aveva più unione né motivazione. Draco si era beccato un bolide che nessuno dei suoi battitori s’era preso la briga di fermare, e con il cercatore di riserva, la partita era finita in meno di quindici minuti.
L’unica nota positiva di quell’infelice domenica fu che il biondo, di ritorno dall’infermeria, trovò finalmente la fortuita occasione che cercava da giorni. Blaise e Pansy stavano finendo di redigere una lunga e tediosa relazione di pozioni in sala comune e Nott era seduto poco più in là a ripassare.
Quando entrò e gli altri tre lo videro lo fissarono con astio e si alzarono, ma Draco fu più svelto. Trasse svelto la bacchetta e appellò i fogli con la relazione, che schizzarono via dalla scrivania sotto il naso di Pansy fino alle sue mani.
«Ma cosa … ?»  squittì indignata la ragazza.
Draco fece dietrofront e corse fuori dal dormitorio.
«Diamine, no! Ho appena finito di scriverla!» ruggì la ragazza lanciandosi all’inseguimento del biondo. Zabini si accodò e a seguire Nott, con un ringhio infastidito.
«Non seguirlo, lascialo perdere!» le ruggì dietro, ma la ragazza era già fuori.
Draco corse fino all’aula vuota di pozioni, spostandosi sul fondo. Gli altri tre lo raggiunsero e lui sigillò la porta alle loro spalle. Pansy appellò a sé i compiti che le erano stati sottratti, mentre gli altri due estraevano la bacchetta e la puntavano verso Draco, guardandosi intorno tesi.
«Non è una trappola.» spiegò il biondo, ansante nonostante la breve corsa. «Mettetele giù. Siamo soli.» sbuffò. «E finitela con questa idiozia del silenzio, parlatemi e chiariamoci!»
A rompere il trattamento del silenzio che andava avanti da settimane fu Pansy, che stringeva gelosamente le pergamene appena recuperate.
«Chiarire? Cosa c’è da chiarire, Malfoy? Ci hai piantati in asso, ed ora che stai subendo le conseguenze che ti meriti non ti va più e vuoi una tregua?»
«Lascialo perdere, andiamocene.» sibilò Nott.
«Che ci fai in giro a quest’ora? Non dovresti essere alla partita?» obiettò invece Zabini.
«No, non voglio chiarire per quello.» spiegò il biondo a Pansy, prima di rivolgere uno sbuffo noncurante a Blaise. «È finita poco fa, abbiamo perso.»
«Come diamine avete fatto a perdere in, quanto, quindici minuti?» sbuffò il moro.
«Al diavolo il Quidditch!» ruggì Pansy. «Spiegami per cosa vorresti chiarire. Sentiamo.»
Draco si avvicinò cauto ai tre. Aveva il passo un po’ malfermo e una pessima cera. I vestiti gli cadevano leggermente più larghi del mese prima.
«Qualcuno un mese fa ha cercato di far ammazzare Potter da Lupin, usando un particolare stratagemma per allontanare Eli Porter dalla sua postazione, alterando la pozione Antilupo per far finire Potter fra le sue grinfie. Un agguato ben studiato, per cui era necessario avere delle informazioni abbastanza riservate su noi e Porter. Subito dopo è venuta fuori la prima foto fra me ed Harry, ed è diventato palese che qualcuno ci spiasse.»
«E quindi?» sibilò Zabini.
«E quindi, significa che c’è qualcuno dentro la scuola che sta agendo nell’ombra, e indovina quale casata è entrata subito nel mirino del Ministero? Quando abbiamo scoperto chi c’era dietro le foto, chi ci aveva palesemente seguiti da giorni, indovina un po’ chi s’è preso addosso tutti i sospetti?» spiegò sarcastico.
Pansy inghiottì a vuoto, mentre a parlare fu Nott.
«Sai benissimo ormai che a fare le foto è stata White. Cosa diamine c’entrerebbe con questa storia dell’agguato a Potter e Lupin?»
«Tutto o niente, potenzialmente, ed è questo il problema. Per quanto mi riguarda non me ne importa un cavolo delle foto, o di quanto sangue finto mi metterete a mensa o sul letto, o delle botte che mi tirano quelli della squadra e del trattamento del silenzio.» fu il suo turno di lasciar trasparire una rabbia svogliata. «Sono pronto a prendermi le conseguenze delle mie azioni: sono stato un amico di merda e so che delle mie scuse non ve ne farete un bel niente, ma questo è il mio modo per farvele. Non mi interessa una tregua, voglio solo fare in modo che la faccenda dell’agguato venga risolta senza che nessuno di voi finisca ad Azkaban. Voglio proteggervi, diamine!» sbuffò esasperato.
Nonostante tutti e tre lo fissassero con astio, rimasero zitti per qualche attimo, intenti a riflettere.
«Perché dovremmo crederti? Ovvio che ti importa delle foto e del resto, o non avresti fatto quel casino giorni fa per delegittimarle.» obiettò cupo Nott.
«Non mi importa nel senso che non mi interessa che qualcuno prenda provvedimenti verso di voi.» Precisò Draco, stancamente. «Perché pensate ci sia io ora a farvi questi discorsi e non Porter o direttamente la preside?»
I tre si scambiarono un’occhiata tesa.
«Quindi cosa vuoi, Malfoy?» rincarò sempre Nott.
«Voglio che siate sinceri.» mormorò quello, fissandoli intensamente. «Che mi diciate se dietro l’agguato a Potter c’è uno di voi o qualcuno che conoscete. Se si tratta di uno studente possiamo cavarcela con una punizione scolastica e chiuderla in silenzio. Ho convinto tutti a risolverla così a patto che venga fuori il colpevole e che questa storia finisca qui.»
«E se non fosse stato nessuno di noi a fare quella roba? Ci hai pensato o anche tu dai per scontato che il colpevole sia davanti a te? Se non sapessimo nemmeno chi possa averlo fatto?» intervenne Zabini.
Draco lo fissò dritto negli occhi.
«Se fosse così mi augurerei soltanto che siate stati davvero sinceri con me, perché io sarei l’ultima spiaggia che vi resta, in caso contrario.»
«Ci stai chiedendo di fidarci di te, ma non tu non ti fidi palesemente di noi.» sbuffò Pansy che iniziò a muoversi verso l’uscita. «Per me direi che abbiamo chiarito a sufficienza.»
«No Pansy. Io non vi sto chiedendo, vi sto dimostrando che potete fidarvi di me. Non volete che venga fuori una cosa simile? Almeno confessatelo a me. Solo a me. A chiudere questa faccenda ci penserò io. Vi prego, se sapete qualcosa ditemelo.» concluse, teso e dolente.
Ci fu un lunghissimo attimo di silenzio e immobilità generale, e a romperlo fu Nott.
«Sai cosa ho sentito dire a due ragazzini Grifondoro l’altro giorno?» spiegò rigido. «Nessuno può fidarsi di un Serpeverde. Mai.»
Sollevò verso Draco un’occhiata meno aggressiva di prima, più tendente all’infelice e anticipò persino Pansy in favore dell’uscita. La ragazza lo seguì poco dopo, sguardo basso e una stessa infelicità di fondo a piegarle le spalle. 
L’unico che si attardò fu Zabini. Andò a fermarsi di fronte al biondo e lo squadrò da capo a piedi con una smorfia diffidente e un po’ rigida, le braccia incrociate al petto.
«Se non mangi qualcosa non ti reggerai sulla scopa, al prossimo match.» mormorò ostentando un tono casuale, disinteressato.
Draco lo guardò un po’ stupito, poi fece spallucce.
«A fine partita ho detto al capitano e a Severus che intendevo smettere.» ammise. «Non mi divertivo più e sono stanco di prendere mazzate ad ogni allenamento.»
«Fantastico.» sbuffò sarcastico il moro. «Le chance di vittoria di Serpeverde sono definitivamente crollate.»
Fece per allontanarsi, ma Draco lo fermò.
«Blaise. Hai mandato tu la foto di me e Potter a mio padre?»
L’altro si voltò, un sopracciglio inarcato.
«Non ho mandato proprio un bel niente. Credo sia stato Nott.»
«Mh. Immaginavo.»
«Come l’ha presa la tua famiglia?» indagò dunque.
«Male.»
Blaise non si tenne un bocca un sorriso compiaciuto.
«Quanto?»
«Probabilmente non mi faranno rimettere piede in casa.»
L’altro rise, in faccia una smorfia scettica.
«Tua madre non reggerà due mesi senza vederti, te la caverai con niente e tutto finirà bene. Come sempre per te.»
«Quindi secondo te io me la sto cavando con niente, Blaise? Me la sto cavando bene?» ringhiò quasi. «E se già ho questi problemi qui a scuola, pensi che fuori mi andrà meglio stando al fianco di Harry? Pensi al mondo piacerà vedere che un eroe sta con un reietto come me?»
Blaise tornò a fronteggiarlo, allungò una mano verso il suo viso e quello chiuse di scatto gli occhi, in allerta. Non gli arrivò nessuno schiaffo però, solo una mezza carezza su una guancia.
«Avresti potuto avere molto di meglio di Potter. Guarda come ti sei ridotto: guance incavate, occhiaie, ansie, problemi su problemi da risolvere.»
Draco schiuse gli occhi, stordito e sorpreso da quel tocco.
«Di meglio? Tipo? Tu mi hai rifiutato.» gli ricordò con un sorriso amaro.
Blaise ritrasse la mano, ricambiando l’espressione con una simile.
«Non parlavo di me, lo sai chi mi piace davvero.»
«Pansy, già. Resta il fatto che per ciò che provo da mesi, il meglio per me è proprio Potter.»
«Potter non ti darà degli eredi purosangue con cui mandare avanti il nome dei Malfoy.»
«Oh piantala, come se me ne fosse mai fregato qualcosa. Pensa a Pansy. Potrei dirti che anche tu potresti avere di meglio e conoscendo i gusti di tua madre direi una ragazza almeno dieci volte più ricca. Eppure non credo te ne freghi niente: tu vuoi lei, come io voglio Potter. Fine.» chiarì deciso.
Blaise fece una smorfia poco convinta, ma non obiettò e iniziò anzi a muoversi verso l’uscita.
«Dirò agli altri di smetterla col sangue, almeno a tavola: è un peccato vederti sfiorire così.» concesse stizzito, prima di filare fuori senza salutarlo.
Draco scosse il capo e sbuffò nervoso. Rimasto solo si mise a sedere sulla prima sedia libera con un sospiro sfiancato, l’espressione mogia e sconfitta.





Il pomeriggio successivo, mentre il grosso degli studenti era fuori per una delle prime visite ad Hogsmeade, la McGonagall convocò nel suo ufficio tutte le parti interessate alle indagini.
Draco ed Harry si trovarono lungo il corridoio poco lontano dall’ufficio della preside. Lì il moro gli si avvicinò e approfittò della solitudine per rubargli un bacio al volo.
«Credo che presto potrai farlo senza guardarti intorno come un ladro.» lo informò Draco, con un sarcasmo debole.
«Mh?»
«Ho scritto a papà ieri. Gli ho confermato che la foto era vera. Mi sono sentito come … libero da un macigno, sai? Penso non me ne importi più niente delle reazioni negative dei miei compagni. Anzi, a volte penso solo di meritarmele.» confessò pianissimo.
Harry sorrise sulle prime, ma verso il finale strinse le labbra.
«Ok, forse un pizzico di bullismo te lo meritavi dopo tutti questi anni a fare lo stronzetto.» ironizzò, fra serio e faceto. «Ma questo non è un pizzico, e non te lo meriti manco un po’. Pensi non mi sia accorto che non mangi bene da settimane? Sulla scopa non riuscivi manco a stare dritto ieri, forse ormai sei più leggero di lei.»
Draco sbuffò con una smorfia fra offeso e divertito e gli rifilò una gomitata fra le costole.
«Ouch.»
«Adesso andrà meglio. Zabini ha detto che la pianteranno col sangue. Il Quidditch onestamente non mi interessa più. Non sono più in condizione di batterti con una squadra simile. Non c’è più gusto.»
«Ah ecco. Confermi che giocavi praticamente solo per me allora.» lo provocò il moro facendogli il solletico a un fianco.
«Pensavo fosse scontato.» ridacchiò Draco.
Harry gli allacciò un braccio intorno alle spalle e se lo strinse un po’ più vicino mentre percorrevano gli ultimi metri. Draco lo acchiappò per la veste all’altezza del fianco e proseguì, poco più serio.
«Stamane mi è arrivata una lettera da mamma. Diceva di non dar troppo peso alle parole di papà, che gli passerà, anche se è meglio che non torni per Natale.» poi cercò lo sguardo dell’altro con una smorfia strana, quasi imbarazzata. «Ah e … mi ha anche detto di scordarmi di andare da solo con te alla casa in campagna.»
Harry non riuscì a restare serio sul finale.
«Dannazione. I nostri gloriosi piani di intimità.»
«Ci toccherà farlo qui a scuola o in una lurida camera d’albergo ad Hogsmeade.» sbuffò il Serpeverde, arricciando il naso sull’ultima ipotesi.
Si scambiarono un sorriso frustrato e si lasciarono andare appena arrivarono alla porta. Dopo aver bussato, la voce della preside li invitò ad avanzare.
L’ultimo ad arrivare pochi minuti dopo fu Snape e una volta riuniti tutti, la porta venne protetta con gli usuali incantesimi.
Alla scrivania era seduta la McGonagall, mentre sulle due sedie davanti alla donna c’erano Lupin e Tonks, la seconda nelle sue sembianze reali. Snape si era accomodato ad una seggiola poco più in là, mentre Draco, Harry ed Hermione avevano preferito stare in piedi.
«Malfoy raccontaci com’è andata, per favore.» lo invitò cortese la preside.
«Parkinson, Nott e Zabini hanno confermato sostanzialmente la versione di Kelly White: dicono di averle fatto scattare le foto a me ed Harry e di averle diffuse, ma che non c’entrano niente con l’agguato di fine settembre.»
Tonks sbuffò, ma non lo interruppe.
«Non ho rivelato loro l’identità di Tonks, e gli ho spiegato più che bene il rischio che corrono eventualmente a mentire su una cosa simile. Gli ho offerto la prospettiva di cavarsela con una semplice punizione scolastica come avevamo detto, qualora ci avessero consegnato il colpevole o eventualmente confessato. Gli ho spiegato bene che io ero l’ultimo approccio gentile alla faccenda, che dopo di me ci sarebbe potuto essere ben di peggio.»
«E hanno continuato a dichiarare di non saperne nulla?» commentò Tonks, scettica.
«Sì.» confermò Draco, serissimo.
«Tu che ne pensi?» lo interrogò dunque la preside. «Ti sembravano sinceri?»
«Sì, ma ovviamente non posso escludere che mentissero.» ammise controvoglia. «Però … sembravano meno ostili. Zabini si è anche fermato a parlare un po’ con me, da solo, e mi ha detto che avrebbe fatto finire alcuni brutti scherzi che gli altri mi stavano facendo.» spiegò lanciando un’occhiata speranzosa a tutti.
«Non è abbastanza, Draco.» fu proprio Nymphadora a obiettare con urgenza. «Non possiamo far finta che non sia accaduto niente. Che fosse qualcosa al pari di quei brutti scherzi che ti hanno fatto nelle ultime settimane.»
«All’ultimo plenilunio non è successo niente.» provò a dargli supporto Harry, anche se non sembrava troppo convinto.
«Magari era solo un caso o per via delle misure di sicurezza rafforzate.» obiettò Snape.
«Senti Draco, lo capisco che sono i tuoi vecchi amici e ci tieni a loro.» parlò Tonks con una smorfia contrita. «Ma non possiamo correre il rischio di lasciarli andare solo sulla fiducia. Dobbiamo interrogarli ancora, e riferire al Ministero per avere l’autorizzazione ad usare ogni mezzo, incluso il Veritaserum. Se sono innocenti verrà fuori e non gli accadrà nulla.»
Draco cercò una mano di Harry con discrezione fra le volute delle relative vesti. Fra le sue dita c’era un’urgenza nervosa e il moro gliele strinse e carezzò lentamente.
«Tonks ha ragione.» rincarò con sufficienza Snape. «Questa storia non può venire ignorata solo perché sembra tutto tranquillo.»
«Però se fossero davvero loro i colpevoli, con un avviso simile penso starebbero buoni.» spiegò Hermione. «Forse potremmo provare a battere altre piste.»
«No. Non abbiamo altre piste sensate e non possiamo far finta di nulla e andare avanti.» sbottò Tonks, i cui capelli si erano tinti di uno sgradevole verdognolo. «Se un colpevole non verrà trovato, Remus dovrà lasciare il lavoro.»
«Cosa?!» sbottò Harry. «E perché mai?»
«Perché significherebbe che la mia presenza qui è eccessivamente rischiosa per gli studenti, oltre che per me.» gli spiegò il diretto interessato. «Te la sei cavata, al nostro ultimo incontro, ma avrei potuto ferirti in maniera più grave o … »
«No!» sbottò ancora il Grifondoro, che nella foga del momento lasciò andare la mano di Draco. «No, no. Non ha senso, sarebbe come piegarsi al capriccio del colpevole, punendo te.»
«Tenerlo lì senza avere disarmato il colpevole significherebbe esporre tutti ad un rischio grave, Potter.» lo redarguì aspro Snape.
«E allora andiamo avanti con le indagini. Chiediamo il permesso al Ministero di interrogare Zabini, Parkinson e Nott col Veritaserum.» soffiò il moro, con una punta di panico nello sguardo.
Draco era impallidito più del normale.
«No.» ringhiò basso, guadagnandosi diverse occhiate spiazzate.
«Draco?» mormorò piano Harry, guardandolo confuso. «Hai detto che ti sembravano sinceri. Se non hanno colpe no-»
«E se invece qualche colpa la avessero, anche solo in parte? Se sapessero qualcosa e finissero per venire processati? Li manderesti praticamente ad Azkaban, specialmente Nott che ha il padre già lì dentro! La situazione è stabile così com’è, non è successo altro e loro sono stati avvisati. Se anche dovessero avere una qualche colpa praticamente finirebbe tutto qui, loro sono a posto.» parlava con un affanno eccessivo, come se avesse appena corso. «Riusciresti a garantirgli di salvarsi, se finissero fra le grinfie del Ministero?»
Harry lo fissava con una smorfia contrita.
«Quindi per salvare potenzialmente loro, dovrebbe rimetterci Remus?» la sua voce era di poco più alta, nervosa. «Se fossero loro i colpevoli o i complici, cosa che a questo punto mi sembra quasi ovvia, dovremmo lasciarli liberi e impuniti e scacciare per la seconda volta da Hogwarts una persona che non ha alcuna colpa?»
Draco strinse i denti, pallido e spaventato com’era non trovò nemmeno le energie di rispondere alla furia del moro, che continuò a parlargli sempre più forte.
«Gli hai dato tempo e tutte le occasioni del caso per collaborare. Se non hanno colpa ne usciranno indenni, se hanno colpa beh, sarà solo un problema loro e si prenderanno la punizione che gli spetta.»
«Harry.» chiamò Hermione, posandogli una mano sulla spalla.
«Per una volta sono quasi d’accordo con Potter.» intervenne Snape, richiamando prepotentemente l’attenzione di tutti. «Il Veritaserum può essere d’aiuto, ma non è una risorsa infallibile. Esistono metodi per aggirarlo, se si è sufficientemente preparati, altrimenti gli interrogatori del Ministero durerebbero tutti pochi secondi. Anche con questo strumento potremmo ritrovarci di fronte ad un nulla di fatto con dei potenziali colpevoli in libertà. Dobbiamo estendere le indagini e intanto la soluzione più sicura per tutti è una sola.» concluse ruotando il capo verso Remus con un’occhiata dura, eloquente.
Harry, livido di rabbia, fece qualche passo verso il pozionista.
«L’hai già cacciato una volta. Non ce la fai proprio a farti passare l’odio per lui?»
«Potter!» lo richiamò indignata la preside. «Un po’ di rispetto!»
«Harry, per favore.» fece eco anche Remus.
«No, sono stanco di queste cose.» ruggì il Grifondoro. «Sono stanco di scendere a compromessi e veder soffrire le persone che non lo meritano. Non ho combattuto per questo, mi rifiuto di perdere Remus un’altra volta. Lui merita quella cattedra più di chiunque altro.»
Draco tremava leggermente, ormai distante qualche passo da Harry che fissava con aria ferita e dolente.
«Harry.» lo richiamò debole, avvicinandoglisi.
«Malfoy?» mormorò Hermione, che fissava l’altro apprensiva.
Harry si voltò di scatto verso il biondo, l’espressione iraconda ancora fresca sul viso. Non fece in tempo ad aprire bocca che l’altro ebbe un brusco capogiro e cadde in avanti. Il moro scattò subito e con lui Hermione anche se lei era troppo indietro per fare qualcosa.
«Draco!» esclamò mentre afferrava il ragazzo, tirandoselo in parte contro e in parte accompagnandolo gentilmente a terra, disteso.
Tutti si alzarono allarmati e, a scapito della lieve zoppia, il primo ad arrivare e chinarsi sul biondo fu Severus.
«Draco?» lo richiamò con urgenza. Gli andò ad afferrare il polso, mentre Harry gli controllava il capo.
 Aveva gli occhi chiusi, il viso cinereo e sudato.
«Ha la febbre, ed è debole: sono settimane che non mangia decentemente.» spiegò agitato il Grifondoro.
«In infermeria, subito! Potrebbe essere solo un malore ma anche peggio.» ordinò la preside, che si chinò a sfiorare la fronte di Draco mentre Snape continuava a studiarne le condizioni.
Nessuno ebbe niente da obiettare.






Visto lo stato d’ansia generale - in particolare quella di Harry - Madam Pomfrey preferì visitare Draco da sola. Il gruppo si spostò così nella stanza adiacente per proseguire la riunione. Era la stanza riservata alle scorte mediche, dunque lo spazio era poco ed erano circondati da libri, boccette di vetro, unguenti e qualche strano strumento. 
Nonostante la Preside avesse fatto comparire sedie comode per tutti, Harry era rimasto in piedi vicino alla porta, e passeggiava nervosamente avanti e indietro.
«Harry, siediti e sta tranquillo per favore. Madam Pomfrey ha già confermato che non si tratta di un avvelenamento.» lo invitò Hermione lì accanto, esasperata.
«Puoi escludere una maledizione?» sbuffò il ragazzo senza fermarsi.
«Hai detto tu stesso in che condizioni fisiche era, Harry.»
«Non sembrava avere alcun segno di maledizioni, per quanto poco posso averlo studiato nel tragitto.» intervenne Snape, che nonostante tutto non riusciva a smettere di stringere convulsamente il bastone. «Ora per favore siediti e finiamo di discutere quel che abbiamo interrotto. Puoi anche tornare a insultarmi se ti pare, ma piantala di far innervosire tutti, Potter.» sibilò con un sarcasmo fiacco.
Harry gli scoccò un’occhiata apertamente ostile ma obbedì e tornò seduto.
«Prima ho perso la pazienza, e le chiedo scusa, professor Snape.» masticò nervoso fra i denti. «Però nella rabbia la mia domanda era genuina e vorrei una risposta, qualunque essa sia. Vuole davvero cacciare Remus per un’idiozia come un’antica rivalità mai superata, o perché vuole la cattedra di Difesa?» sbuffò scettico.
Remus, che era seduto accanto ad Eli, fece per intromettersi ma fu proprio l’auror a sfiorargli la spalla e bloccarlo.
Nessuno osò muovere obiezioni a quelle domande, gli occhi puntati tutti sul pozionista seduto alla destra della preside.
«Può darsi.» dichiarò quello, con la consueta sgradevole freddezza. «O forse voglio genuinamente proteggere gli studenti e persino lui. Non contempli proprio tale possibilità?»
«Chi gli ha teso l’agguato poteva voler colpire me nello specifico, ma anche lui. E vista la lettera falsa arrivata dal Ministero il responsabile è tanto qui fra noi quanto all’esterno.» obiettò Harry. «Mandarlo via significherebbe esporlo a rischi.»
Snape esitò, forse per la prima volta nella vita mentre discuteva con Harry, e tale indugio diede modo ad Eli di inserirsi con un’urgenza improvvisa.
«Harry non ha tutti i torti.»
«Dora, è improbabile che fossi io l’obiettivo.» sospirò il licantropo. «Avendo avuto accesso alla pozione Antilupo, al colpevole sarebbe bastato avvelenarla, anziché zuccherarla. Io ero solo lo strumento per nuocere ad Harry.»
«Non possiamo esserne certi.» si inserì il ragazzo. «Magari volevano farci fuori entrambi? Finché resti qui possiamo difenderci più facilmente. Fuori significa stare divisi, e la minaccia è palesemente oltre lo scherzo di un paio di studenti arrabbiati.»
«Harry ha ragione.» disse Eli. «Continui a vederti come un problema, ma dimentichi il tuo valore come stregone e come docente. Noi abbiamo bisogno che tu stia qui.»
Remus chiuse gli occhi e parlò basso, cupo.
«Io sono oggettivamente un problema, Dora. Ovunque mi inserisca, rappresento un rischio.»
«Hai frequentato questa scuola come studente per sette anni, insegnato per quasi uno e non è morto nessuno, Remus.» Eli alzò sensibilmente la voce. «Abbiamo abbassato la guardia una volta sola, lasciando incustodite le tue pozioni perché non potevamo immaginarci che qualcuno le avrebbe adulterate. Ora non accadrà più. Sei al sicuro qui, la scuola è al sicuro da te: mi spieghi che diamine dovrebbe accadere?»
Remus riaprì gli occhi e gli scoccò un’occhiata profondamente dolente, ma non riuscì a controbattere.
Come lui, anche Severus sembrava roso dai dubbi.
«Abbiamo ancora una strada da tentare prima di pensare ad allontanare Remus, no?» intervenne Hermione, rompendo l’attimo di tensione generale. «L’interrogatorio a Nott, Zabini e Parkinson da parte della Preside o del professor Snape potrebbe funzionare più del tentativo di Draco, e come ultima spiaggia rimarrebbe il Ministero.»
Harry rivolse un’occhiata alla porta, ansioso, quando il nome di Draco solcò le labbra dell’amica.
Tutti cercarono con uno sguardo teso e speranzoso la preside, che si massaggiò una tempia fra le dita e alla fine emise un sospiro lento, dolente.
«Mi dispiace molto sia per Draco che per Remus, qualsiasi decisione io prenda rischierà di danneggiare ambo le parti. Ma devo dare priorità alla sicurezza di tutti. Procederemo con l’ultimo interrogatorio, davvero l’ultima chance che possiamo offrire. Eli parlerà con Parkinson, io con Zabini e Severus con Nott. Se questo passaggio non dovesse darci risposte soddisfacenti chiederemo al Ministero di procedere con tutti i suoi mezzi, anche se ciò dovesse significare il rischio di far finire qualcuno di loro ad Azkaban. In tal caso faremo del nostro meglio per aiutarli, ma a quel punto sarà al di là delle nostre possibilità.»
Nessuno, nemmeno Tonks, sembrava felice dell’ultima eventualità.
«Procederemo subito noi tre. Mentre in merito al Ministero, in caso si renda necessario, li avvertiremo subito dopo Natale, in modo tale da lasciare tranquilli gli studenti almeno per le feste.»
«Ancora un plenilunio dunque?» mormorò Lupin.
«Sì. E lo farai come il precedente, Remus. Al sicuro nel tuo ufficio e ben sorvegliato.» decretò la preside.
Remus trasse un respiro profondo, ma alla fine annuì.
«Se non dovesse saltare fuori nessun colpevole, nemmeno dopo le indagini del Ministero, sarò io a dimettermi.»
«Remus.» mormorò dolente Eli.
Harry dondolava nervosamente una gamba, la mascella contratta, ma non disse nulla.
Ogni ulteriore discussione venne sospesa quando Madam Pomfrey entrò nella stanza, annunciando che Draco stava meglio.
Per evitare di affaticarlo con le visite, tutti preferirono lasciare che fosse Harry a stargli accanto, così si congedarono. Snape in particolare andò via solo dopo aver strappato ad Harry la promessa che non avrebbe fatto stressare ulteriormente il compagno.
Quando Harry arrivò al letto di Draco lo trovò seduto, la schiena contro un mucchietto di cuscini. Aveva l’aria più tranquilla rispetto a poco prima, il colorito più sano. 
Si fissarono in silenzio per qualche attimo, seri, tesi, quindi Harry si mise a sedere accanto a lui e gli sfiorò una mano con la propria.
«Scusa se prima ti ho urlato contro.» mormorò.
Draco non ricambiò il tocco delle sue dita, facendo una piccola smorfia amareggiata.
«Cos’hanno deciso?» gli chiese basso, funereo.
«Gli daranno un’ultima chance. L’ultimo interrogatorio lo faranno Snape, Tonks e la McGonagall, rispettivamente con Nott, Parkinson e Zabini.»
«Useranno il Veritaserum?»
«No. Se non dovessero convincerli della loro innocenza procederanno con l’informare il Ministero, dopo Natale.»
Draco chiuse gli occhi.
«Se non dovessimo trovare il colpevole nemmeno così, Remus si dimetterà.»
«Non li convinceranno mai.» mormorò cupo il biondo. «Non hanno convinto nemmeno me. Tanto vale chiamare subito il Ministero.»
«La preside preferisce lasciare che tutti si godano tranquillamente le feste.» spiegò Harry con la massima delicatezza possibile.
«L’ultimo Natale prima di rischiare di finire ad Azkaban.» sorrise amaramente l’altro. Quando riaprì gli occhi andò finalmente a stringere la mano del moro. «Anche io ti devo delle scuse.» ammise un po’ teso.
«No, non me ne devi.»
«Sì invece. Ci ho pensato fino ad ora e, beh, di Lupin scusa ma non me ne importa molto. Ho capito perché vuoi che resti, oltre all’ingiustizia: immagino che per te sia come un padre, ormai.»
Harry sgranò gli occhi, sorpreso. Annuì muto, senza interromperlo.
«Ma è un adulto, e anche se la sua maledizione non è colpa sua, se rischia di diventare un’arma involontaria penso sia meglio che vada via. Nott, Zabini e Parkinson sono ragazzini come noi e possono aver fatto un errore così come l’ho fatto io o come lo fece Severus, mio padre e tanti altri. Sono quasi certo ormai che c’entrino qualcosa nell’agguato, ma meritano una seconda chance come l’abbiamo avuta praticamente tutti. Loro per me valgono più di Lupin.»
Harry fece per parlare, ma Draco gli strinse più forte la mano e gli rivolse un’occhiata intensa, bloccandolo.
«Ti devo delle scuse perché sono stato egoista, ho ceduto all’ansia e non ho pensato che c’è anche una terza parte da proteggere. Tu. Ho dato per scontato, ancora una volta, che tu fossi invincibile. Il protettore di tutti che non ha bisogno di essere salvato o difeso.» la sua espressione era profondamente amareggiata, costernata. 
«L’obiettivo di quell’agguato eri chiaramente tu, Harry. E tu per me sei un gradino sopra i miei vecchi amici: è te che devo e voglio proteggere, prima di chiunque altro. Perché non sei invincibile, quindi per favore smetti di comportarti come tale e scusami se ogni tanto me lo scordo.» concluse, con gli occhi lucidi.
Harry scattò verso il ragazzo e lo strinse in un abbraccio forte, bisognoso, che venne subito ricambiato.
«Mi dispiace, Draco.» gli mormorò contro una guancia. «Mi dispiace che sia tutto così difficile. Non ti posso giurare che sarà la prima ed ultima volta, se mi starai accanto.»
Draco lo afferrò ai lati del volto e lo costrinse a scostare il capo per guardarlo negli occhi coi propri arrossati, lucidi, ma decisi.
«Harry. Poco fa ho pensato a te morto e i miei amici vivi e impuniti. Ho capito che, se servisse a proteggerti, scorterei tutti i miei più cari amici e parenti sino ad Azkaban personalmente.»
Le guance di Harry si scaldarono di botto sotto i pollici del ragazzo che lo teneva per il capo. Sciolse un sorriso infatuato e gli accarezzò i capelli.
«La determinazione dei Serpeverde a volte fa paura.» scherzò in un soffio.
Draco gli sbuffò una mezza risata contro le labbra, prima che chiudessero entrambi ogni discussione dietro un bacio lento e bisognoso.
Quando si separarono Harry tornò ad abbracciarlo e massaggiargli lentamente la schiena.
«Devi tornare a mangiare bene.» mormorò, baciandogli il collo.
«Mi spiace farti sentire le ossa.» mugugnò l’altro un po’ imbarazzato.
Harry rise.
«Le tue ossa sono al posto giusto, non è per quello. È che se svieni così facilmente, poi come faremo quando saremo fra le luride coperte della stanza d’albergo ad Hogsmeade?»
Draco scoppiò a ridere.
   
 
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