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Autore: ChrisAndreini    30/12/2023    1 recensioni
[Seguito di Rainbow Cookies, si consiglia la lettura del libro precedente prima di leggere questo, onde evitare spoilers]
Sono passati sette mesi da quando Leo è tornato a casa dopo la sua incredibile avventura nei sette regni, eppure l'aspirante cuoco non riesce ancora a riprendersi del tutto, e a ricominciare a vivere una vita normale. Non aiuta che la sua migliore amica continua ad impedirgli di tornare in visita a Jediah.
E quando scopre che una guerra è scoppiata tra i due regni rivali, dovrà usare tutte le sue poche abilità per riuscire a salvare i suoi amici ed evitare che molte persone muoiano, affrontando combattimenti, sospetto, e soprattutto una schiera di divinità che non tollerano affatto che outsiders mettano mano nella loro Storia perfettamente programmata.
Armato solo della sua capacità in cucina, il suo istinto suicida, e conoscenze di un futuro che cercherà di cambiare in tutti i modi, riuscirà Leo a sopravvivere ad una seconda avventura nei sette regni?
Le divinità dicono di no!
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Ho affinità con un uccello… perché suona male?

 

Leo si svegliò con il cinguettare degli uccellini e sentendosi avvolto nel calore, e per un attimo pensò che la prigionia a Valkrest fosse stata tutta un lungo e orribile sogno.

Poi aprì gli occhi, ritrovandosi il soffitto nero e inquietante e la finestra spalancata, con la sedia caduta in un angolo, e si rese conto che l’incubo era ancora realtà.

Sospirò, abbattuto, e si mise a sedere stiracchiandosi e cercando di vedere quantomeno il lato positivo della situazione: non sentiva freddo.

Ed era anche la prima volta che sentiva un uccellino cinguettare.

Sembrava anche piuttosto vicino.

…Leo si rese conto dopo qualche secondo di troppo che un minuscolo uccello cinguettante, che sembrava richiedere aiuto e supporto, gli era appollaiato sulla testa, e Leo per poco non lo aveva fatto cadere nel muoversi.

Lo prese con estrema confusione e attenzione, e fu seriamente convinto di essere impazzito.

Che ci faceva un uccellino sulla sua testa?!

E sembrava nato da poco, a giudicare dall’assenza di piume e da quanto fosse piccolo.

E se lo diceva Leo, alto un metro e uno sputo, che considerava grandi i colibrì, era piccolo per davvero.

-Piccolina, che ci fai qui? Come sei arrivata?- chiese, dolcemente, usando istantaneamente il femminile senza neanche sapere lui perché, ma gli sembrava giusto così.

Sapeva che l’uccellina non gli avrebbe saputo rispondere, ma sperò comunque di calmarla usando un tono confortante.

Non che l’uccello avesse bisogno di essere calmato.

Fissava Leo con occhietti semichiusi ed era piegata verso di lui come se fosse Leo la sua mamma.

Per fortuna non sembrava infreddolita, ed era molto calda, ma Leo si premurò comunque di coprirla al meglio, e si guardò intorno cercando un posto decente dove posarla prima di prendere qualcosa da mangiare.

A Leo piacevano gli animali, in linea generale.

In famiglia non si erano potuti mai permettere di prendere un gatto o un cane a causa della casa piccola e del poco tempo a disposizione per prendersene cura, ma era capitato molte volte che Leo andasse al parco e si ritrovasse a dare da mangiare a cani o gatti randagi, che cercavano di seguirlo a casa.

A volte anche scoiattoli e uccellini gli giravano intorno, ed era sempre molto piacevole essere circondato dalla natura.

Sua sorella lo aveva spesso preso in giro dicendo che Leo era la versione maschile di una principessa Disney.

…Isabella gli mancava tantissimo.

In ogni caso, a Leo piaceva prendersi cura di ogni creatura, quindi anche animali, oltre che uomini.

E gli era già capitato una volta di doversi prendere cura di un uccellino molto piccolo, quindi ricordava come fare.

O almeno lo sperava.

Posizionò con attenzione l’uccellino sul tavolo, in un nido di fortuna fatto con un tovagliolo da cucina pulito, e poi si avviò nella piccola dispensa cercando pane o qualcosa del genere da utilizzare, ma c’erano solo ingredienti grezzi per spingere Leo a cucinare lui stesso, e Leo non poteva cucinare niente senza il fuoco della pietra fenice.

Si avviò nel letto per cercare quella piccola pietra che gli era rimasta, anche per metterla vicino all’uccellino per tenerlo al caldo, ma per quanto cercasse attraverso le coperte e il materasso, la pietra fenice non si trovava da nessuna parte.

Cavolo! 

Davvero l’aveva persa così facilmente?!

Okay che era piccola, ma non poteva essere sparita nel nulla.

Un flebile cinguettio attirò la sua attenzione, e Leo decise di pensarci successivamente. Aveva cose più importanti a cui pensare in quel momento.

Per fortuna, dopo un’attenta analisi, riuscì a trovare qualche verme della farina. Erano ottimi come nutrimento per gli uccellini piccoli.

Leo afferrò delle pinzette, si piegò davanti all’uccellino, e iniziò a nutrirlo, stando ben attento a farlo il più delicatamente possibile.

Lei mangiò lentamente, con un certo gusto, e fissò Leo per tutto il tempo con i suoi occhietti semichiusi.

Aveva degli occhi spaventosamente espressivi per essere un uccellino, di un azzurro tendente al verde acqua.

Leo sperò con tutto il cuore di riuscire a prendersi cura di lei.

In quel luogo freddo e oscuro, lontano dai suoi amici e minacciato costantemente, aveva davvero bisogno di sentirsi importante per qualcuno, e di stringere un qualche tipo di legame.

Gli tornò a mente la storia del detenuto e la formica.

Un uomo in cella che passava il tempo addestrando la formica, per avere qualcosa da fare e trovare uno scopo nella sua vita.

Leo sperava solo di non essere impazzito così tanto da immaginarsi l’uccellino.

Ma si sarebbe preso cura di lei.

-Mmmm, dovrei darti un nome, vero? Magari aspetto che ti crescano le piume. Non sono molto bravo con i nomi, e vorrei dartene uno carino- borbottò, finendo di darle da mangiare, e preparando i successivi pasti.

La lasciò nel nido di fortuna e cercò oggetti che potessero formarne uno migliore.

Se era chiuso lì e si rifiutava di cucinare, poteva diventare avicoltore.

Era un bel lavoro anche quello, dai.

 

Leo aveva passato tre giorni interi senza neanche provare ad uscire dalla camera, e stava davvero benissimo.

Il clima esterno era diventato sorprendentemente temperato, perché la camera non si raffreddava più come prima.

Mangiava cibo grezzo che non serviva cucinare.

E stava accudendo una piccola bellissima creatura alata.

L’uccellino stava crescendo davvero in fretta, e aveva già messo le prime piume, di un acceso rosso focoso.

Leo non aveva mai visto un uccello del genere, ma doveva ammettere di non conoscerne tantissimi, quindi non poteva sapere se esistesse quella razza anche nel suo mondo.

E poi, appunto, non era più nel suo mondo, quindi lì la fauna poteva essere diversa.

Improvvisamente, mentre Leo stava preparando le scorte di cibo e chiedendosi se non fosse il caso di andare in biblioteca per prendere qualche libro sugli uccelli, la piccola uccellina sollevò di scatto la testa, e la puntò verso la porta.

Notando il movimento, anche Leo si girò verso di essa, e neanche il tempo di chiedere cosa avesse allertato la piccola, che lei si nascose nel suo nido, e la chiave girò nella toppa.

Leo si irrigidì e si raddrizzò, già pronto ad una eventuale sfida o qualche botta.

Ma quando la porta si aprì, ad entrare non fu né Victor, né Brandon e neanche l’inquietante yandere Lily, per fortuna.

Non furono neanche Nikolai o Remington, purtroppo.

Infatti la visitatrice era Giada.

E Leo non sapeva come sentirsi al riguardo.

Insomma, meglio lei di Victor, ma non era comunque una presenza gradita.

Le lanciò un’occhiataccia, e incrociò immediatamente le braccia, pronto ad una sfida mentale che sicuramente l’avrebbe lasciato distrutto.

Giada era una delle poche persone che riusciva sempre a mettergli la pulce nell’orecchio.

-Leo! Stai bene? Remington mi ha detto cosa è successo! Hai perso una vita?- Giada sembrava preoccupata, e subito si avvicinò all’amico per controllare le sue condizioni.

Leo si scansò dalla sua presa, mettendo un muro.

-Sono passati giorni, non preoccuparti, sto bene- alzò le spalle, come se ciò che era successo non fosse niente di che.

In effetti la ferita fisica alla guancia si era ormai rimarginata quasi del tutto, la testa non faceva troppo male, anche se c’era ancora il bernoccolo, anzi, i bernoccoli dei due colpi presi a pochi giorni di distanza, e nonostante non mangiasse granché, si trovava abbastanza bene fisicamente, in linea generale.

Mentalmente stava decisamente meno bene, ma doveva ammettere che negli ultimi giorni non faceva più incubi, quindi almeno su questo piano poteva tirare un sospiro di sollievo.

E aveva anche un’ottima compagnia.

-Remington mi aveva detto dell’attacco il giorno stesso, ma non sapevo di quanto fosse grave. Victor è proprio folle- si lamentò Giada, rabbrividendo.

-E tu non vedevi l’ora che me ne accorgessi, non è così?- chiese Leo, lanciandole un’occhiata piena di giudizio.

Giada strinse i denti.

-Non volevo che morissi!- provò a giustificarsi, decisa.

-Volevi solo che mi rendessi conto che questo posto è terrificante, e che ascoltassi il tuo grande piano per andarcene così che tu possa recuperare la collana, andare a Jediah per usarla, e tornare a casa così che la dea Kalea poi possa riportare indietro il tempo e la Storia fluisca come deve… giusto?- indovinò Leo.

Erano stati migliori amici per tantissimi anni, e si conoscevano davvero bene. Giada era sempre stata più brava a leggergli nel pensiero, ma anche Leo se la cavava, quando si concentrava. 

…e poi non è che il suo piano fosse un segreto.

Giada sospirò, e si chiuse la porta alle spalle, entrando definitivamente nella stanza e guardandosi intorno.

-La camera è più calda di quanto pensassi- osservò, lanciando un’occhiata al camino spento e alla finestra ancora mezza rotta, anche se Leo era riuscito a chiuderla quasi del tutto con qualche accorgimento e anche un aiuto organico dalla sua nuova amica.

-L’inverno sta andando via, evidentemente- Leo alzò le spalle.

Nonostante la finestra aggiustata, era comunque senza fuoco, pertanto era certo che fosse l’esterno ad essere meno freddo di prima.

Giada aggrottò le sopracciglia.

-In realtà ultimamente ci sono stati picchi di gelo, i cavalieri di Valkrest stanno patendo molto. A quanto pare la dea della neve è molto arrabbiata- commentò Giada, osservando fuori dalla finestra.

Leo non trattenne un sorrisino, pensando a Noella.

-Chissà perché- borbottò, sarcastico, con finta ignoranza.

Giada lo guardò storto.

-Remi mi ha anche detto che non esci da giorni, e ti rifiuti di cucinare a Victor… è pericoloso ribellarsi a lui- osservò Giada, con preoccupazione.

Leo sospirò.

-Senti, perché sei qui?! Dimmelo e basta così la finiamo in fretta, tu te ne vai, e io torno al mio uccellino- tagliò corto, incoraggiando Giada a parlare in fretta.

-Il tuo uccellino?- Giada si guardò intorno, ma la piccolina era ancora nascosta nel suo nido di fortuna, e non sembrava volersi far vedere.

Leo in realtà non voleva nasconderla o altro, ma in effetti non era il caso di far sapere a troppe persone che aveva adottato un uccellino. Se il principe Victor l’avesse scoperta, avrebbe potuto farle del male o minacciarla per convincere Leo a lavorare e cucinare per lui.

E se Giada lo scopriva… Leo non voleva credere che avrebbe ferito una creatura innocente per portare Leo dalla sua parte, ma era disposta a lasciar morire centinaia di persone per far andare la Storia come voleva lei, non ci si poteva troppo fidare.

-Niente, lascia perdere. Cosa vuoi?- Leo cercò di cambiare argomento, e si mise davanti al nido per evitare che Giada lo notasse.

Ovviamente Giada cercò di vedere cosa Leo stesse nascondendo.

-Hai per caso adottato un…?- iniziò a chiedere, ma poi sbatté le ciglia un paio di volte, e decise di lasciar perdere, concentrandosi su Leo -Infatti, lasciamo stare. Leo, so che ce l’hai con me, e lo capisco, ma io sto davvero cercando di fare la cosa migliore per te- guardò l’amico con affetto, e provò ad avvicinarsi per cercare un contatto.

-Non ho bisogno di una mamma che mi protegga- Leo scosse la testa, per niente disposto ad ascoltarla.

-Invece forse ne hai bisogno. Tu hai tante qualità, Leo, ma finisci spesso nei guai, e questo è un guaio davvero grosso. Rischi di rimetterci la vita, e comunque non raggiungerai mai il tuo obiettivo. Gli dei sono troppo potenti- Giada cominciò il solito discorso che faceva sempre per convincere Leo a lasciar perdere.

Iniziava a farsi ripetitivo.

-Ne ho già conquistati tre con la mia missione. Forse ce la farò- Leo rispose, semplicemente, per niente disposto a cedere.

-Tre su sette, e non convincerai mai la dea di Lumai, credimi! E lei è la regina, la prima dea, la più potente di tutti. Smetti di inseguire questa follia, prima che tu venga ucciso. Non oso immaginare cosa il dio della morte potrà farti se dovessi morire qui- Giada sembrava sinceramente spaventata per la sua incolumità, aveva le lacrime agli occhi e tremava appena.

Leo la osservò con una certa attenzione.

Il naso era ancora rosso, segno che era davvero raffreddata, ed era davvero dimagrita troppo in quel poco lasso di tempo, neanche gli abiti pesanti lo nascondevano, si vedeva dai polsi scoperti e dalle dita sottili.

Leo non voleva che stesse così male a causa sua.

Ma allo stesso tempo, non aveva intenzione di ascoltarla e cedere.

-Non sei responsabile per me. Se fallisco, fallirò, ma non vivrò nella consapevolezza di non aver nemmeno tentato- cercò di far capire il suo punto, anche se sapeva che era una causa persa.

-Preferisci morire con la certezza di aver fallito?- e infatti anche Giada insisteva.

Erano due testardi, e quando avevano idee completamente discordanti, e di cui entrambi erano decisamente convinti, non era mai successo che uno dei due cedette all’altro.

Semplicemente smettevano di parlarne.

In questo caso era un po’ difficile.

-Preferirei non morire, in realtà- Leo cercò di farle capire che quantomeno non aveva intenzione di morire e basta sacrificandosi.

Ma Giada lo prese come un segno che stava iniziando a cedere.

-Quindi aiutami ad aiutarti e scappiamo insieme- insistette.

-E permettere che Opal, Gideon, Alex e altri muoiano per colpa mia?!- Leo era esasperato. Possibile che Giada non riuscisse a capire quanto tenesse a quelle persone?!

Erano persone speciali, a Opal e Gideon voleva bene quanto due fratelli, con Gideon aveva un rapporto quasi paterno, per certi versi. Alex era una carissima amica, leale e giusta, che meritava di vivere e stare con la ragazza che amava, magari liberandosi della sua maschera per sempre.

Non poteva lasciarli morire, non poteva proprio.

Giada sembrò illuminarsi.

-Non devono morire neanche loro, non necessariamente- disse, con tono molto d’impatto, che attirò subito l’attenzione di Leo.

-Che intendi?- chiese, cauto.

Non aveva intenzione di ascoltare niente di ciò che Giada avrebbe proposto, ma era la prima volta che sembrava effettivamente volergli venire incontro.

-È di questo che volevo parlarti quando sono venuta qui, qualche giorno fa. Quando ho detto che ho venduto l’anima al diavolo, non stavo parlando di Victor. Ho trovato un accordo con gli dei per salvare i tuoi amici- annunciò, con un grande sorriso incoraggiante.

Leo ci mise qualche secondo a capire esattamente le sue parole, perché sembravano troppo belle per essere vere, e anche incoerenti con quanto successo fino a quel momento.

-Un… accordo? Perché?- se gli dei erano così sicuri di qualsiasi cosa avessero in programma per lui, perché accettare un accordo da Giada? E poi cosa mai potevano volere gli dei da Giada per accettare addirittura di salvare delle persone e compromettere la Storia?

-Agli dei non piace intervenire, e con questo accordo dovranno intervenire il meno possibile e preservare la Storia quasi interamente, quindi è una vittoria assoluta per loro. Praticamente prendiamo i tuoi amici più cari che morirebbero secondo la Storia, li portiamo nel mondo reale, e potranno continuare a vivere lì, con noi. Puoi portarne sette, ma possono anche alzare a dieci se proprio ci tieni. In cambio dobbiamo solo dare la nostra parola, vincolante, che non metteremo mai più piede nei sette regni, non avremo mai più alcun tipo di contatto con persone dei Sette regni, e i nostri mondi saranno chiusi per sempre. Ma comunque salverai Opal, e chiunque altro tu voglia. Non è una vittoria?- Giada sembrava davvero entusiasta dalla proposta.

Leo era inorridito.

Era una prospettiva terrificante.

-Come… come è successo a te e tua madre?- chiese, ricordando il racconto di Jahlee su come avesse salvato Silvia in punto di morte, e l’avesse nascosta al tempio, falsificando la sua dipartita a tutti quanti per assicurarsi che la Storia procedesse come programmato.

Leo non voleva condannare anche Opal, i regnanti, Gideon, Alex e altri a questo terribile destino.

Una vita in un mondo non loro, lontani dai loro cari.

Alex avrebbe dovuto rinunciare a Dotty, Gideon non avrebbe mai più visto gli altri bambini, soprattutto la sorella Daisy.

L’intera famiglia di Daryan sarebbe andata avanti senza di lui, con la consapevolezza che lui li credeva morti.

Leo non poteva prendersi la responsabilità di una cosa così grande.

Non poteva accettare un accordo del genere.

-Sì, esattamente come me e mia madre! Che ne dici, Leo? È un ottimo accordo, vero? Una nuova vita per tutti!- Giada prese la sua domanda come un segnale positivo, senza riuscire ad interpretare l’espressione dell’amico, che era una maschera impassibile che nascondeva piuttosto bene tutto il suo shock per la proposta indecente.

-Per questo hai litigato con Remington?- chiese poi, pensando alle condizioni.

Giada non avrebbe più potuto interagire con il suo amico d’infanzia e cotta. 

Non avrebbe più potuto neanche contattare suo padre.

Riusciva a capire perché Remington si fosse offeso.

Soprattutto perché alla semidea non sembrava importarle affatto dei sacrifici che avrebbe fatto.

Giada strinse i denti e abbassò lo sguardo, ma alzò anche le spalle, come se la cosa non la toccasse più di tanto.

-Remington esagera a fare l’offeso. Lo sapevamo entrambi che questo momento sarebbe arrivato, prima o poi- disse con semplicità.

Leo non le rispose.

La fissava sconvolto.

Chi era la ragazza davanti a lui? Come poteva essere stato il migliore amico di una persona così senza cuore da parlare con tale semplicità di lasciare andare per sempre la persona che amava?!

Perché Giada stava insistendo così tanto?!

Leo non lo capiva!

Se si fossero uniti insieme, Leo era convinto che sarebbero riusciti a realizzare qualsiasi cosa. Erano entrambi determinati, e Giada avrebbe risolto tutte le falle nei piani di Leo. Anzi, avrebbe fatto piani migliori di quelli di Leo perché lei era fantastica.

Non riusciva proprio a capire.

…forse non la conosceva bene come credeva.

E lei non conosceva lui, se credeva davvero che avrebbe accettato una proposta così orribile.

-Mai, Giada- disse, in un sussurro.

-Invece sì che doveva arrivare. Lo sapevamo da sempre! In realtà era già arrivato la scorsa volta, è solo perché c’è stato un imprevisto che sono tornata. Suppongo che rivedermi quando credeva che non mi avrebbe più rivista deve averlo scombussolato. E lo capisco, anche io lo sono, ma ciò non toglie che…- Giada pensò che Leo si riferisse a Remington, e iniziò a sfogarsi al riguardo.

Leo in circostanze normali sarebbe stato felice di sentire i gossip, e sicuramente si sarebbe reso conto che per quanto Giada apparisse forte all’esterno, in realtà era molto turbata dalla prospettiva.

Ma Leo non ci stava troppo pensando, perché doveva chiarire il malinteso.

-Non accetterò mai una proposta del genere- si spiegò, categorico.

Giada si interruppe di scatto, e lo fissò sconvolta.

-Stai scherzando?- chiese, in un tono neutro che faceva presagire una bomba pronta ad esplodere.

-Sono io che dovrei farti questa domanda… come ti è venuto in mente che avrei mai potuto accettare una cosa del genere?! Chi sono io per decidere chi deve vivere e chi deve morire?!- Leo alzò la voce, iniziando seriamente ad arrabbiarsi.

Giada alzò un sopracciglio, guardandolo dall’alto in basso.

-Non è esattamente quello che stai facendo adesso, Leo? Giocare a fare un dio con le vite degli altri e credere di poter cambiare da solo la Storia per salvare i tuoi amichetti? Io te lo sto solo rendendo più facile!- obiettò.

Leo sentì come se gli avesse dato una pugnalata.

Era davvero così che lei vedeva il suo obiettivo? Lui che “giocava a fare un dio”? Leo non voleva essere un dio! Leo non voleva essere il salvatore di Jediah! Se avesse potuto avrebbe affidato la sua missione ad altre persone, benedizioni e tutto. Se avesse potuto, se ne sarebbe rimasto a casa felice e sereno a cucinare. Leo non era una di quelle persone perse nella vita che aveva bisogno di un obiettivo e si aggrappava a quello perché non aveva nient’altro. Leo aveva tantissimo! Aveva una famiglia che amava, una passione che l’avrebbe portato lontano, qualche amico, una situazione economica decente, e tante altre cose.

Ma non poteva distogliere lo sguardo di fronte a qualcosa di ingiusto.

Non poteva arrendersi quando sapeva che delle persone erano in pericolo.

Non poteva fare finta di niente se conosceva il futuro e poteva cambiare le cose.

Non si trattava di essere un dio!

Si trattava di fare la cosa giusta!

-Io voglio cambiare la Storia per salvare quante più persone possibili, non solo per i miei amici!- disse, nel modo più elementare possibile.

Giada sembrava sul punto di scoppiare.

-Ma non è meglio salvare quantomeno i tuoi amici invece di condannarli tutti quanti? Saresti comunque il salvatore dei regni- provò comunque ad essere ragionevole.

-Non è vero! Morirebbero tutti a causa mia- insistette Leo, che non avrebbe ceduto di un centimetro.

Quella missione era troppo importante per farsi venire i dubbi.

E poi sapeva che nessuno avrebbe mai acconsentito a lasciare i Sette Regni e i loro cari nel disordine solo per salvarsi la vita.

Alex era troppo cavalleresca, Gideon stava acquisendo un forte spirito di sacrificio e senso di protezione, mentre la famiglia reale non avrebbe mai abbandonato il proprio regno e soprattutto Daryan.

Tutti avrebbero odiato Leo se avesse provato a salvarli contro la loro volontà.

Ma ovviamente a Giada non importava.

Perché Giada riusciva a convivere con le persone che la odiavano perché faceva di tutto per salvarle (vedasi Leo stesso).

Ma Leo non era Giada, e questo è assodato.

-Non morirebbero per colpa tua! Non sei tu ad ucciderli- obiettò Giada, decisa, innescando un veloce botta e risposta.

-Ma sapere che morirebbero e non fare niente per aiutarli è omissione di soccorso ed è come essere complici della loro morte-

-Stai andando contro forze più grandi di te. A volte va bene essere egoisti e pensare prima alla tua vita rispetto a quella di altri. Se sai già che fallirai, perché devi provarci?-

-Perché non so se fallirò! Potrei riuscire a convincere gli altri dei, o quantomeno gli uomini. Gli dei non possono intervenire troppo, no? Andrebbe contro le loro regole. E se gli dei vanno contro le regole per obbligarmi a seguirle, farebbero solo il mio gioco e sarebbero ipocriti- Leo spiegò la sua logica inattaccabile.

Sapeva di avere poche possibilità, ma voleva giocarsele tutte.

-Pensi che agli dei importi qualcosa di passare per ipocriti quando possono radere al suolo l’intera umanità?! Laasya vuole la tua testa su un vassoio dorato, e Veer non vede l’ora di dargliela a fine mese- Giada iniziava ad irritarsi così tanto che non le importava più evitare di nominare gli dei.

A Leo tremò il labbro inferiore al pensiero, ma non si diede comunque per vinto.

-Manca ancora abbastanza tempo, riuscirò a scappare o, chissà, magari anche a convincere Veer ad unirsi alla mia causa- Leo alzò le spalle.

Non aveva molte speranze di riuscirci, ma non aveva comunque intenzione di arrendersi.

Giada sospirò, stanca.

-Hanno un piano che non può fallire, Leo. Fidati, lo so- rivelò a denti stretti.

-Se lo sai perché non me lo dici? Così posso evitare che accada- provò a suggerire Leo, pur sapendo che non avrebbe ricevuto molta collaborazione.

Giada rimase in silenzio. Non sembrava proprio capace di parlare.

Chissà, forse non poteva farlo per via di qualche strano accordo divino.

Leo decise che almeno per quello poteva darle il beneficio del dubbio.

-Quando funzionerà e io fallirò potrai dirmi “te l’avevo detto”, ma per il momento io continuerò per la mia strada- Leo si avviò alla porta e la aprì in chiaro segno di congedo. 

Fu sorpreso nel notare un vento fresco venire dal corridoio, come se il palazzo riscaldato dalle numerose pietre fenice fosse più freddo della sua camera dalla finestra mezza rotta.

Mmmm, strano.

-Non potrò dirti così- borbottò Giada, senza dare segno di voler uscire.

-Perché sarò morto?- chiese Leo, con un lieve tremore, ripensando anche a Payas e alle sue risposte evasive sull’argomento.

Beh, quantomeno avrebbe teoricamente conosciuto Payas prima di morire, dato che non si erano incontrati ufficialmente, quindi aveva un po’ di tempo fino a tale incontro… a meno che non cambiasse il passato, cosa possibile. Leo non voleva troppo pensarci.

-Sono venuta qui perché vorrei evitare che il piano del dio del fuoco abbia successo, ma se tu non accetti volontariamente di lasciare i sette regni e non scappi via con me, non posso aiutarti- Giada sembrava aver abbandonato l’approccio aggressivo e sembrava sinceramente supplicante e spaventata.

-Non voglio il tuo aiuto, non mi serve- Leo aprì maggiormente la porta.

-Non ti rendi conto del pericolo che corri a restare qui? Soprattutto se ti ribelli e non cucini per Victor, quel pazzo potrebbe farti davvero male- Giada aveva quasi le lacrime agli occhi.

Leo ripensò alla presa sul suo polso mentre il principe puntava il coltello di Leo alla sua stessa gola.

Era stato terrificante.

Ma Leo iniziava a capirlo un po’, e non credeva che Victor gli avrebbe fatto male direttamente, non era nel suo stile.

Lanciò un’occhiata verso il nido di fortuna. Finché riusciva a proteggere la piccola uccellina, non aveva nulla da temere.

E quando sarebbe stata abbastanza grande da volare, Leo l’avrebbe liberata nella natura, e non sarebbe stata più in pericolo.

Visto quanto in fretta sembrava crescere, poteva essere in grado di volare in meno di cinque giorni.

E l’avrebbe protetta fino ad allora.

-Perché pensi che non posso farcela, Giada?- chiese, con un sospiro, rendendosi conto di essere ferito non solo dall’incuranza che la sua migliore amica sembrava avere per il prossimo, ma per la totale assenza di fiducia che aveva nei suoi confronti.

Leo era abituato alle persone che lo consideravano una nullità buono a nulla, ma si aspettava che almeno la sua migliore amica sarebbe stata sempre della sua parte. 

E invece aveva ricevuto più fiducia e supporto da persone che a malapena lo conoscevano o che si erano dimenticate di lui piuttosto che da Giada.

-Perché è una faccenda più grande di tutti noi, Leo!- ripeté Giada, esasperata.

Ma c’era altro sotto, questo Leo lo sapeva.

-È perché tu non ce l’hai fatta, e quindi sicuramente non posso farcela neanche io perché sono inferiore a te?- suggerì, ripensando a ciò che Jahlee gli aveva raccontato. Di come Giada avesse provato a cambiare la Storia quando era piccola, e di come alla fine avesse iniziato a vederla solo come un libro. Gli sembrava impossibile credere alle parole del dio, quando vedeva Giada così.

E sembrò colpire nel segno, perché Giada ci mise qualche secondo a rispondere.

-Non è quello che sto dicendo! Voglio solo proteggerti- negò con convinzione, scuotendo la testa. Sembrava più che altro voler convincere sé stessa.

-Non voglio che mi proteggi. Voglio che mi sostieni e mi aiuti! Non è forse quello che fanno gli amici? Sostenersi? Pensavo che la nostra amicizia fosse quel legame che ci vede uniti contro il mondo. E invece vuoi solo sostenere il mondo contro di me- la accusò Leo, puntandole il dito contro e alzando esponenzialmente la voce. Non gli importava di far sentire il litigio anche fuori da quella stanza. Che tutti sapessero quanto fosse pessima la sua migliore amica.

-Sei ingiusto, Leo!- si lamentò lei, offesa.

-E tu sei incoerente!- Leo sostenne il suo sguardo.

Si fissarono qualche secondo, e nessuno aveva la minima intenzione di cedere.

Alla fine, Giada sospirò, e fece un passo indietro.

-Ho cercato di avvertirti e di aiutarti, Leonardo. Ma non mi vuoi ascoltare. Aspetterò la fine del mese, lascerò che Veer attui il suo piano per sconfiggerti, e quando ti troverai a supplicare, ricorda che avresti potuto evitare tutto questo- lo minacciò, in tono basso ma davvero inquietante, dandogli le spalle in maniera molto drammatica.

Se non fosse stato un momento così pesante, Leo l’avrebbe quasi trovata comica, nella sua serietà melodrammatica, ma era effettivamente un momento teso, e riusciva a sentire tutta la forza della sua minaccia.

-Non mi pentirò mai di provarci, Giada. Alcune battaglie vale la pena combatterle fino alla fine- puntò i piedi, drammatico quanto lei, ma molto più serio.

-Non avrei mai dovuto mandarti qui…- fu l’ultima cosa che Giada disse, prima di chiudersi la porta alle spalle.

E le sue parole furono una vera doccia fredda.

Perché la frase di Giada non era solo un segno della sua rabbia per ciò che Leo stava facendo, ma un’ammissione che avrebbe preferito lasciare che Leo morisse piuttosto che arrivare a quella situazione.

E sentire la persona che Leo aveva considerato la sua migliore amica per anni affermare una cosa così grave, gli spezzava il cuore più di quanto il ragazzo volesse ammettere.

“Non lo intendevo! Dei, perché l’ho detto?! Non lo intendevo per niente!” gli arrivò una voce disperata in testa, che parlava con la tonalità di Giada, e lo fece sobbalzare e guardare intorno.

Non aveva parlato, di questo era certo, lo aveva sentito come aveva sentito sempre Remington.

Leo si guardò intorno, e si controllò per assicurarsi di non avere orecchini sospetti, né nuovi marchi divini di qualche tipo.

Sembrava normale.

Ma da dove era venuta quella frase?

“Remington?” Leo provò a chiedere, pensando che magari Remington gli aveva trasferito in qualche modo ciò che Giada stava pensando.

Il semidio però non gli rispose.

Era in silenzio stampa, quei giorni.

Che avesse solo immaginato quella frase, tanto era il suo desiderio di aggrapparsi follemente alla speranza che la sua migliore amica fosse ancora, in fondo, sua amica?

Leo decise di lasciar perdere, e si avvicinò al nido per controllare le condizioni dell’uccellina.

Lei lo fissò con una certa preoccupazione, beccandogli con affetto le dita.

-Hai fame, piccola? Dovrei presto darti un nome, non mi piace continuare a chiamarti piccola o uccellina- osservò, provando a distrarsi, e dandole qualche altro vermicello, che lei mangiò con gusto.

-Mmm, hai le piume rosse… Ruby? Tipo un rubino… no, meglio di no, non voglio pensare alla pietra di Valkrest. Magari qualcosa tipo il fuoco… Flame? Scarlet? Il rosso?- iniziò a pensare a qualche nome, sforzandosi per quanto glielo permettesse la sua mente stanca.

Non era bravo a creare nomi, come avete visto dal suo “Leah”. Era bravo a ricordarli, sì, ma a crearli… meh.

-Mi piacerebbe darti un nome che ha a che fare con il cibo… magari Pizza? Mi piace Pizza! Pizza Margherita detta Pizza, Marghe, o Rita! O Cherry, oppure, senti questa, che ne dici di Red Velvet?!- Leo non trattenne uno sbadiglio.

Era davvero stanco,  sempre di più.

Strano, eppure aveva dormito bene.

L’uccellino lo guardava intensamente, con i suoi profondi occhi azzurro mare.

Gli si avvicinò, e gli si posò sulla mano, accarezzandolo con il volto, affettuosamente.

-Mmmm, sai che sei davvero intelligente? Sei tanto dolce…- Leo sbadigliò di nuovo, e si alzò per andare a mettersi a letto.

Aveva chiaramente bisogno di un riposino.

Portò Cherry, Pizza, Red Velvet, Scarlet o Flame con lui, e la mise sul comodino, con dolcezza.

-Sai… i tuoi occhi… hanno lo stesso colore dei miei… carino- osservò Leo come ultima cosa, prima di chiudere tali occhi e cadere in un profondo e necessario sonno ristoratore.

“Dormi, maestro. Solo sogni belli accompagneranno il tuo sonno” sentì una voce femminile sussurrargli nella mente, con gentilezza.

Gli ricordava la voce di sua madre.

Cavolo quanto gli mancava.

E sognò proprio lei, e Isabella, durante una cena in famiglia dove cucinava una bella pizza margherita.

-Ci sei mancato tanto, Leonardo, ma hai fatto davvero bene a non arrenderti- gli disse sua sorella, abbracciandolo con affetto.

-Già, sei un vero eroe. Sono molto orgogliosa di te- annuì sua madre, mangiando con gusto una fetta filante di pizza.

Fu un sogno meraviglioso, che lo fece svegliare pieno di determinazione.

 

-Eddai, voglio solo andare in biblioteca. Tornerò subito- Leo aveva sottovalutato una cosa importante nel prendersi cura dell’uccellino. Ovvero i problemi di attaccamento che erano sopraggiunti ora che il ragazzo aveva deciso di uscire finalmente dalla stanza.

Aveva un po’ paura, ma Giada aveva lasciato la porta aperta, e voleva cercare informazioni su come prendersi cura al meglio della piccola volatile.

Inoltre non poteva certo trovare il modo di scappare se restava tutto il giorno chiuso in camera.

Solo che la piccola volatile in questione aveva deciso che non ne voleva sapere di lasciarlo andare, ed era attaccata a lui con tutta la forza del suo becco, che era molto più di quanto Leo avrebbe pensato considerando la sua stazza.

-Non voglio rischiare che ti vedano, Red Velvet!- Leo provò a ragionare con lei. 

Era davvero intelligente, e a volte Leo aveva l’impressione che gli leggesse nel pensiero.

Probabilmente a causa dell’imprinting che avevano avuto il primo giorno.

Infatti alla replica di Leo, Cherry rispose arrampicandosi con le zampette su di lui e posizionandosi nella tasca del suo pantalone.

Leo sospirò.

-Ti vizio troppo, Pizza. Non va bene- cedette al suo capriccio, chiedendosi come avrebbe fatto una volta che avesse avuto figli suoi.

Beh… se fosse sopravvissuto abbastanza da averne. Possibilmente con Daryan. Chissà come erano le leggi sull’adozione nei Sette Regni, soprattutto riguardo ai principi.

-Andiamo, Flame- Leo si preparò psicologicamente, fece un profondo respiro, e uscì fuori dalla porta.

Sembrava che avessero cambiato la conformazione del palazzo. Le porte precedentemente chiuse erano sparite del tutto, ed erano rimaste solo le serrature, a malapena visibili nei muri. Evidentemente tutte le porte che Leo aveva visto chiuse non erano chiuse a chiave, e quando ciò accadeva si mimetizzavano. Era davvero interessante. 

Inoltre, proprio davanti alla porta di Leo, c’era l’ultima persona che Leo avrebbe voluto vedere. Una persona che sebbene non fosse la più irritante dei Sette Regni (quello era sempre Victor) era senz’altro la più spaventosa, e probabilmente la più pericolosa. Ed era Brandon.

E sì, Leo avrebbe preferito vedere Victor piuttosto che Brandon.

Almeno Victor non era un pazzo che maltrattava i bambini… a quanto ne sapeva Leo.

Appena i loro occhi si incrociarono, Leo sparì nuovamente in camera sua, per niente intenzionato ad interagire con quel mostro.

-Finalmente sei pronto a cucinare, cuoco? Se lo chiedi per favore, potrei anche restituirti la pietra, se mi va- purtroppo Brandon lo notò, e lo fermò afferrandogli il braccio e facendolo irrigidire.

-In realtà non ho intenzione né di cucinare né di richiedere la pietra fenice, fa abbastanza caldo in camera- Leo provò a tenergli testa, ma la voce uscì molto più tremante di quanto avrebbe voluto.

Brandon gli lanciò un’occhiata di ghiaccio.

-Non riesco a credere che il principe Victor non ti abbia ancora imprigionato per la tua impudenza. Meriteresti di essere gettato nel vulcano- sibilò con odio piuttosto evidente, che aumentò il tremore di Leo. Tra lui e la cuoca che l’aveva quasi ucciso, Leo non avrebbe saputo dire chi fosse più pericoloso, ma probabilmente Brandon avrebbe potuto farlo a fette più violentemente… e poteva ancora ucciderlo, a differenza di Lily.

-Perché sei qui?- chiese Leo, sperando fosse una casualità o quantomeno una cosa temporanea.

-Il principe Victor mi ha assegnato come tua guardia del corpo per evitare spiacevoli incidenti- Brandon fece un ghigno che rese chiaro che fosse lì più per assistere con i pop-corn ad eventuali incidenti piuttosto che per fermarli.

-Posso rifiutarmi e affrontare da solo gli eventuali e inevitabili incidenti?- chiese Leo in un sussurro, guardandosi intorno come se la cuoca pazza fosse appostata pronta ad attaccarlo di nuovo da un momento all’altro.

-Tra i due sono io quello più infastidito dalla cosa, fidati- Brandon alzò gli occhi al cielo.

Leo decise di non obiettare.

-Posso andare in biblioteca?- chiese, già pronto a rientrare in camera nel caso si fosse rivelato proibito.

Non è che ci tenesse così tanto.

-Spero per prendere qualche libro di cucina per preparare un banchetto per il principe Victor- rispose Brandon, squadrandolo con sospetto.

A Leo già mancava Chevel.

I primi tempi in cui gli aveva fatto da scorta lo guardava storto anche lui, ma non lo aveva mai afferrato con tale brutalità e tenuto per il braccio tutto quel tempo.

Iniziava a perdere la sensibilità.

-Se perdo un braccio sarà difficile cucinare- si lamentò, provando a scansarsi.

Brandon lo lasciò, non prima di averlo stretto un po’ più forte per qualche secondo.

Leo era certo di essersi appena procurato un enorme livido.

Si allontanò di qualche passo dal cavaliere, pur restando vicino alla sua porta.

-Comunque no, voglio solo prendere qualche libro sulla cura dei volatili- spiegò le sue intenzioni, portando inconsciamente una mano sopra la tasca del pantalone dove Scarlet era nascosta.

Brandon non trattenne una risata di scherno.

-E per cosa? Per trovare il modo migliore di ucciderli e cuocerli poi?- lo prese in giro.

Leo rabbrividì al solo pensiero di cuocere Pizza.

Sì, le pizze si cuocevano bene, ma non la sua Pizza Margherita! O Red Velvet, Scarlet, Flame, Cherry e qualsiasi nome le avesse effettivamente dato.

Era ancora incerto su quel punto.

Scosse la testa.

-A dire il vero in questi giorni di riflessione ho trovato la mia vera vocazione, e ho deciso che non farò mai più il cuoco, ma l’avicoltore. Devo solo studiare e trovare qualche uccellino da dove cominciare- non trattenne la lingua, anche se sarebbe dovuto essere molto più cauto. Stava pur sempre provocando Brandon, dopotutto.

Ma sapete gli istinti suicidi di Leo. Più una situazione è pericolosa, meno riesce a trattenere il sarcasmo e le provocazioni.

-Fossi in te terrei a freno la lingua. Ma puoi effettivamente andare in biblioteca e in cucina. Prego, ti seguo- Brandon gli fece cenno di precederlo, e Leo iniziò ad avviarsi, stando ben attento a stare a dovuta distanza da Brandon.

Non voleva ripetere l’esperienza di ricevere una botta in testa. Poteva rivelarsi letale se veniva colpito troppo spesso.

Raggiunse la biblioteca senza intoppi, e si sorprese di trovarla più affollata della scorsa volta. 

Il principe Nikolai era seduto ad un tavolo e sembrava parecchio annoiato mentre un giovane uomo dalla pelle scura, lunghi capelli castani pettinati in modo molto particolare, e un monocolo che gli dava un’aria sofisticata, leggeva con enfasi un tomo che sembrava piuttosto noioso.

Ma la visione che più spaventò e attirò l’attenzione di Leo, in quella stanza, fu l’inconfondibile figura di Lily, la cuoca assassina, che stava allestendo una tavola pronta per la merenda pomeridiana.

Nessuno si era ancora reso conto che Leo era entrato, quindi il cuoco provò ad approfittarne per fare dietro front e tornare in camera.

Avrebbe aspettato la sera e sarebbe tornato quando ci sarebbe stato meno affollamento.

Purtroppo per lui, Brandon era alle sue spalle, ed era molto più rumoroso.

-Buon pomeriggio a tutti! Leonardo il cuoco è arrivato!- lo annunciò ad alta voce, e Leo si dovette ripetere qualche volta come un mantra che Brandon poteva farlo a fette con facilità per convincersi a non tirargli una sberla.

E la tentazione era comunque forte.

Perché i tre soggetti si girarono tutti verso Leo.

Nikolai sembrò illuminarsi, e si alzò senza neanche chiedere a quello che chiaramente era il suo professore, che lanciò due occhiate nei confronti dei nuovi venuti. A qualcuno un’occhiata indefinibile che sembrava però curiosa, all’altro uno sguardo di odio puro.

Visto l’andazzo, Leo suppose di essere il destinatario dello sguardo di odio.

E il secondo sguardo di odio, questa volta privo di dubbi, venne anche dalla cuoca, che tirò immediatamente fuori uno dei suoi coltelli, ma evitò di tirarlo, forse perché c’erano troppi testimoni, forse perché aveva capito che sarebbe stato inutile.

-Buon pomeriggio a tutti, che Veer vi protegga- Leo fece un inchino medio e un saluto cortese, stringendo i denti per evitare di mostrare tutto il suo fastidio, e venne subito raggiunto da Nikolai.

-Lo sai che io sono imparentato con il dio Veer? La mia famiglia è discendente di uno dei suoi figli- si vantò, atteggiandosi.

-Mi è stato riferito, principe Nikolai- Leo gli sorrise.

-Così è lei il cuoco di cui tutti parlano. I miei ossequi, è un piacere fare la sua conoscenza. Il mio nome è Luke, e sono il precettore del principe e bibliotecario del regno di Valkrest- si presentò il maestro, con un inchino del terzo tipo.

Quantomeno era cortese, ma Leo non si fidava di nessuno, lì dentro, quindi si impose di restare sull’attenti.

-Il piacere è mio- rispose secco -Chiedo perdono per l’intrusione, cercavo solo un libro- iniziò a guardarsi intorno in cerca della sezione sui volatili, ma non vedeva niente che potesse fare al caso suo.

-Che mi cucini, oggi? Victor ha detto niente agrumi, puoi farmi qualcosa al cioccolato?- Nikolai lo guardò con occhi brillanti e carichi di aspettativa.

Leo esitò.

-Purtroppo temo di non poter cucinare nulla per lei, principe Nikolai. E poi la sua merenda è pronta- Leo indicò il tavolo pieno di cibo che Lily aveva finito di sistemare con estrema cura.

Fissava Leo con talmente tanto odio che se il cuoco non fosse stato immune a lei, probabilmente sarebbe morto di nuovo sotto il peso di quello sguardo assassino.

-Ma Lily non cucina bene quanto te! La torta dell’altra volta era deliziosa! Lei invece fa sempre le stesse cose- si lamentò Nikolai, molto viziato.

Leo ebbe un moto di empatia verso la cuoca che l’aveva ucciso, perché se si fosse trovato al suo posto, probabilmente ci sarebbe rimasto davvero male.

E poi ciò che aveva cucinato sembrava davvero valido. L’impiattamento era stupendo.

-Facciamo un accordo, principe Nikolai. Oggi mangia ciò che Lily ha cucinato per lei, e domani le preparerò dei muffin deliziosi. Dobbiamo preservare il cibo, giusto? Siamo in tempi di guerra, dopotutto- provò a ragionare con lui, e principalmente a prendere tempo perché doveva trovare il modo di cucinare senza pietra fenice, e soprattutto evitare di dare da mangiare a Victor.

Lily continuava a guardarlo con odio nonostante Leo stesse cercando di aiutare anche lei, ma il cuoco non ci fece troppo caso.

Alla fine gli bastava non essere preso nuovamente di mira.

Nikolai non sembrava felice dell’accordo. Sicuramente non era abituato a sentirsi dire di no.

Sia Brandon che Luke, il bibliotecario, fissavano Leo con espressioni molto serie e preoccupanti, facendolo sentire davvero una formichina in mezzo a quattro formichieri che stavano solo aspettando il loro turno per mangiarlo.

Inconsciamente portò una mano in tasca, dove il suo uccellino, caldo e confortante, gli diede qualche beccata affettuosa e rassicurante.

-Così avrò il tempo di preparare una ricetta davvero deliziosa, piena di cioccolato ma che non le farà male. Al momento non ho in mente i giusti ingredienti e non uscirebbe un piatto così buono. Invece con un po’ di tempo potrebbe uscire il mio capolavoro culinario- cercò di convincerlo con doti oratorie che non possedeva del tutto ma un grande sorriso incoraggiante.

Notò che Luke, alle spalle di Nikolai, stava scuotendo la testa per niente convinto dalle tecniche di Leo, ma con grande sorpresa di tutti e quattro gli adulti nella stanza, Nikolai annuì.

-D’accordo! Ma domani voglio quei dolci! Ti verrò a trovare direttamente in camera tua e li voglio trovare pronti!- cedette il principe, dando le spalle a Leo e dirigendosi verso la tavola imbandita, dove fu accolto da una sorridente Lily, che lo servì e riverì come un principe… in effetti era un principe.

Forse Leo si prendeva un po’ troppe confidenze con le famiglie reali di quel mondo.

Beh, l’importante era essere riuscito a prendere tempo fino al giorno successivo.

Si diresse verso gli scaffali e iniziò a cercare qualche libro sugli uccelli.

-Che tipo di volumi le interessano?- chiese il bibliotecario, raggiungendolo con un sorriso affabile e grande disponibilità.

-Eh…- Leo non ne era molto certo neanche lui, e soprattutto non si fidava affatto delle persone di quella corte. Non voleva dare qualche informazione da usare contro di lui.

-Libri sugli uccellini per diventare avicoltore- rispose Brandon per lui, prendendolo in giro con una ridicola imitazione della sua voce e del suo atteggiamento, con movenze femminili stereotipate.

Leo gli lanciò un’occhiataccia ma non osò più di ciò.

-Oh, preferisce un manuale sulla cura e allevamento o un volume enciclopedico sui tipi di uccelli dei Sette Regni?- chiese Luke, facendo cenno a Leo di seguirlo verso una zona un po’ isolata della biblioteca dove evidentemente avrebbe trovato ciò che cercava.

-Entrambe le cose, se possibile- borbottò Leo, sempre molto sull’attenti, anche se al momento il bibliotecario si stava rivelando la persona più gentile in quel castello.

Anche Persian, a Jediah, era stata la prima persona con la quale Leo aveva legato, escluse le cuoche e la principessa, e per certi versi si somigliavano, anche se avevano un’energia diversa, e qualcosa, nell’atteggiamento gentile e affabile di Luke, gridava pericolo verso Leo.

Solitamente non era bravo a percepire le minacce, ma decise comunque di ascoltare il suo istinto e non avvicinarsi troppo.

Non poteva permettersi di perdere un’altra vita.

-Per delle conoscenze di base consiglio questa semplice enciclopedia con ogni specie in poche parole, divisa per famiglie, e per la cura c’è questo manuale- Luke prese due libri e li porse a Leo, che li prese con attenzione.

-La ringrazio, Sir Luke- Leo fece un inchino medio.

Luke però lo fece immediatamente alzare.

-Oh, non c’è bisogno, non sono un nobile- ammise, un po’ imbarazzato -Puoi chiamarmi semplicemente Luke. Dovrei essere io ad inchinarmi- 

-Sono solo un cuoco- Leo scosse la testa e alzò le spalle. Non capiva proprio quell’atteggiamento nei suoi confronti, e lo metteva un po’ a disagio.

-Un cuoco insignificante, oserei dire- aggiunse Brandon, che aveva seguito Leo tutto il tempo, e aveva iniziato a sfogliare un libro con noia e una traccia di disgusto.

Leo non obiettò, ma alzò gli occhi al cielo, irritato.

Chevel gli mancava sempre di più. Quando era stato lui ad accompagnarlo ovunque, era molto più silenzioso.

-Brandon, ci lasceresti soli, per piacere? Controlla che Lily non tartassi troppo il principe Nikolai- Luke si rivolse a lui con un sorriso e un tono zuccheroso, ma Leo percepì il gelo e il cambio repentino nelle sue intenzioni.

-Il mio ordine è di controllare questa roba- Brandon non si scompose, e mise una mano sulla spalla di Leo come a reclamarlo, facendolo irrigidire completamente.

-E puoi farlo senza tallonarlo come un cagnolino scodinzolante- lo provocò Luke, sempre mantenendo il sorriso.

Il cuoco si sentiva in mezzo a due fuochi.

Parlavano con molta più tranquillità rispetto a come Persian e Chevel avessero mai interagito tra loro, ma c’era un odio celato ma evidente che dava l’idea che stessero per saltarsi al collo a vicenda, e non per dimostrarsi affetto, ma per recidere l’uno la gola dell’altro.

Leo non voleva finire come scudo umano, quindi strinse i libri al petto come se lo potessero proteggere, sperando che Brandon se ne andasse, ma allo stesso tempo temendo anche di restare da solo con il bibliotecario.

Chissà cosa voleva da lui…

Non sarebbe mai dovuto uscire dalla camera! 

-Ricorda che io non prendo ordini da te, fertilizzante- dopo qualche secondo di lotta di sguardi, Brandon posò il libro alla peggio su uno scaffale a caso, senza neanche chiuderlo, e diede le spalle a Leo per tornare alla zona principale della biblioteca, lasciando il cuoco solo in compagnia di Luke.

Dopo un paio di secondi di silenzio, Leo si sentiva già soffocare.

E aveva paura di perdere un’altra vita.

Iniziò ad indietreggiare.

-Beh, allora… io…- provò a congedarsi, indicando un punto generico dove sperava si trovasse la porta d’ingresso per uscire finalmente da lì con i suoi libri.

-Se vuole chiedere qualcosa riguardo ai volatili del regno di Valkrest, non esiti a chiedere. Sono sempre disponibile ad offrire le mie conoscenze a chi ha bisogno- Luke si mise a disposizione, di nuovo affabile, e di nuovo molto più gentile.

Il cambio di atteggiamento era troppo evidente, e quasi disorientante.

-Perché mi tratta così?- chiese Leo, senza riuscire a trattenersi, troppo confuso per essere cauto.

Luke allargò il sorriso, come se Leo avesse chiesto esattamente ciò che lui voleva.

-Chiedo scusa se ho mostrato un comportamento poco consono, ma vede, Brandon non è un nobile a sua volta, quindi a livello di etichetta non è obbligatorio usare formalità. E, che resti tra noi, non credo che il cavaliere la meriti particolarmente- Luke gli si rivolse con grande confidenza, come se fossero già amici.

Per caso anche lui gli leggeva nel pensiero?

-Neanche io sono un nobile, non deve essere formale con me- provò ad obiettare.

-Ma lei è stato benedetto da ben tre divinità. È sorprendente e inaudito. Chiaramente è una persona molto importante, alla pari di un semidio- Luke gli si avvicinò abbastanza da riuscire ad osservare il marchio che Leo aveva sul collo, e che cercava di coprire al meglio senza particolare successo.

-Non direi così importante- Leo provò a sminuire, e provò ad indietreggiare nuovamente, ritrovandosi però a sbattere contro uno scaffale pieno di libri, che rischiò di far cadere.

Era finito inavvertitamente in trappola.

Di nuovo.

Leo controllò le mani di Luke per assicurarsi che non ci fosse un coltello, e sperò che non decidesse di usare un veleno perché quello poteva davvero rivelarsi mortale.

-Invece lo è… posso chiedere cosa comporta la sua terza benedizione? La dea Flora deve avervi dato un potere straordinario- Luke sollevò la mano verso il collo di Leo, e il cuoco si ritirò, temendo volesse strozzarlo.

Per sua fortuna, Luke si limitò ad abbassare il colletto della sua maglia per osservare meglio il marchio, con occhi brillanti.

-Sa, provengo da Fring, quindi ho sempre avuto un immenso rispetto per la dea della natura. Ha a che fare con le piante? O con la cura? Magari con la moltiplicazione?- continuò a parlare, affascinato.

-Non è nulla di utile a Valkrest o al principe Victor, questo è certo- Leo lo scansò, e Luke fece un passo indietro, alzando le mani in segno di resa.

-Le mie scuse. Il mio entusiasmo a volte ha la meglio su di me. Sono fortunato ad aver ottenuto un posto tanto meraviglioso in questa corte, visto il mio carattere- Luke abbassò lo sguardo, un po’ imbarazzato.

-Pare che il principe Victor adori le persone con un carattere esuberante- Leo strinse i denti pensando anche a Lily. Quella corte era composta di gente davvero matta.

-Come lei. Sarà un piacere lavorare al suo fianco, Leonardo Rinaldi- Luke fece un medio inchino, e Leo lo prese come un segno che era stato congedato.

Bene, Leo, scappa finché sei in tempo. Chiuditi in camera e crea una strategia per i muffin del giorno successivo. Pensa ad un modo di accendere un fuoco per cucinare, e prova a sopravvivere senza provocare nessuno…

Ovviamente Leo non seguì il mio consiglio.

-Non lavorerò qui- ci tenne a sottolineare, con sguardo truce.

Luke ridacchiò.

-Già, l’avevo detto anche io prima di firmare il contratto. Ma non mi sono pentito neanche un secondo di averlo fatto- affermò con tono nostalgico.

Leo iniziò a preoccuparsi per lui.

Che fosse stato ipnotizzato? Che la corte di Valkrest fosse una specie di setta? Avrebbe spiegato i comportamenti instabili di quasi tutte le persone che Leo aveva conosciuto.

-Ha imprigionato anche te?- chiese, con una certa empatia.

Luke scosse la testa.

-Certo che no! Mi ha fatto solo un’offerta davvero ottima, che mi ha letteralmente rivoluzionato la vita. Sono certo che anche lei si renderà conto del vantaggio che otterrà nel lavorare qui- spiegò con convinzione, e sembrava davvero il membro di una setta.

Meglio scappare.

-Sì, certo… come no- Leo scosse la testa, e si girò per uscire.

-Spero che riuscirò ad assaggiare un suo piatto, prima o poi. Le auguro una buona giornata e venga da me se ha bisogno di qualsiasi cosa- lo salutò Luke, cortese, incoraggiante, e senza perdere neanche un secondo il sorriso, almeno finché Leo rimase a portata di vista.

Perché nel momento in cui sparì dietro lo scaffale, l’espressione rilassata e affabile lasciò posto all’odio più totale, rivolto al libro che Brandon aveva posizionato male, che il bibliotecario si affrettò a mettere in ordine.

-Pezzo di sterco di scimmia…- borbottò tra sé.

Leo però non lo sentì, e si avviò verso la porta, il più in fretta possibile e cercando di non attirare l’attenzione di Nikolai, Lily e Brandon, che erano riuniti al tavolo.

Loro ovviamente lo notarono subito.

-Leo, dove vai? Che libri hai preso? Resta qui un altro po’- gli chiese Nikolai, l’ultima cosa più un ordine che una domanda, facendogli cenno di raggiungerlo.

Leo sospirò silenziosamente, e gli si avvicinò lentamente.

-Solo un paio di libri sui volatili per una ricerca personale- spiegò, mostrando i libri.

-Oh, il mio uccello preferito è la fenice!- esclamò Nikolai, con un grande sorriso.

-È anche il mio, principe Nikolai- si aggregò immediatamente Lily, con tono zuccheroso e lanciando a Leo un’occhiata di sfida come se fossero in competizione.

-Una creatura meravigliosa che rappresenta la bellezza del regno- annuì Brandon, anche lui molto lecchino.

Leo ci rifletté più a lungo.

Non aveva mai visto una fenice, quindi non poteva dare giudizi, anche se sicuramente erano creature meravigliose.

Ma voleva essere più realista nella risposta.

E aveva sempre avuto un uccello preferito, nel suo mondo.

-A me piacciono i merli, hanno un bellissimo canto- disse, guadagnandosi due occhiate truci da Lily e Brandon.

Nikolai sembrava sorpreso.

-Oh… capisco- probabilmente non era abituato a persone che avevano un’opinione diversa dalla sua.

Ma a Leo i merli piacevano davvero. Anche se era probabilmente perché sua madre gli aveva passato la passione. Lei era molto più esperta di volatili, e ogni tanto gli dava informazioni al riguardo, commentando i cinguettii degli uccelli che sentivano, o l’aspetto di quelli che vedevano per strada.

Ora che Leo aveva un uccellino suo personale, sapeva già che la sua specie sarebbe diventata la preferita di Leo, appena si fosse reso conto di quale fosse, ma per il momento ripiegava ancora sui merli.

Ulteriori discorsi vennero bloccati sul nascere dalla porta della biblioteca, che si aprì facendo arrivare una nuova persona, che Leo non si sarebbe mai aspettato di vedere.

-Principe Nikolai, è richiesto per la sua lezione di scherma, il prima possibile- annunciò, a testa bassa e con voce roca.

-Clay?!- esclamò Leo, sorpreso, riconoscendo il bambino che lo aveva tradito, la ragione per la quale era finito lì.

Non si aspettava che fosse stato catturato anche lui, e a giudicare dall’espressione terrorizzata di Clay non appena sollevò lo sguardo su Leo riconoscendolo, non si aspettava neanche lui di rivederlo tanto presto.

Leo non sapeva proprio come sentirsi al riguardo.

 

Remington era particolarmente distratto, quei giorni. E chi poteva biasimarlo, dopotutto.

Difficile fare le cose con cognizione e impegno quando si sapeva già con assoluta certezza che tutto sarebbe stato inutile e niente sarebbe durato.

Almeno questa volta non sarebbe rimasto con la consapevolezza della linea temporale che aveva lasciato, quindi non sarebbe stato l’unico a ricordare qualcosa che nessun altro, o quasi, poteva conoscere.

Quindi perché entusiasmarsi e godersi qualcosa che sarebbe stata completamente cancellata dal tempo e dalla sua stessa mente?

Pertanto il semidio viveva quei giorni nella completa e totale apatia, senza troppo pensare a cosa faceva, cosa diceva, e le informazioni che si lasciava sfuggire. Non avevano conseguenze, dopotutto.

-Remington, mi stai ascoltando?- una schicchera sulla tempia lo riportò alla realtà, svegliandolo dai suoi pensieri depressi, e la realtà era la sala del trono, dove Victor stava comunicando strategie che già conosceva mentre accarezzava dolcemente la gigantesca pietra fenice al centro della sala, che fungeva da colonna e focolare.

Emanava calore, ma era sempre costante da quando era stata posizionata lì, e non aveva mai dato guizzi particolare, anche se Victor sosteneva che si faceva ogni giorno più calda.

-No, puoi ripetere?- chiese, a voce bassa, osservando la pietra ma non osando avvicinarsi. Victor si sarebbe arrabbiato molto se qualcun altro oltre a lui e la sua famiglia avesse toccato quel cimelio.

Remington era parte della famiglia, per certi versi, ma era concorrenza, ed era  meglio non finire nella lista nera del principe mostrandosi come una minaccia.

Anche se dubitava fortemente che potesse effettivamente essere una minaccia, per Victor.

Almeno riguardo le pietre fenice.

-Devi smettere di pensare ai tuoi problemi di cuore. Non dovresti dare così tanto potere su di te ad una semplice ragazza- lo rimproverò Victor, scuotendo la testa.

Remington alzò gli occhi al cielo.

-E il cuoco, allora?- lo provocò, in un sussurro che non prevedeva che Victor sentisse o rispondesse.

-Il cuoco è solo un divertimento, non è così importante da determinare le mie scelte- si difese immediatamente il principe, senza esitare neanche un istante.

Ovviamente no, Remington lo sapeva.

L’unica persona più importante di Victor, per Victor stesso, era Nikolai.

E forse neanche lui l’avrebbe mai convinto a fare qualcosa che potesse intaccare i suoi obiettivi. 

Era troppo determinato.

Anche se forse, in realtà, non era determinato abbastanza, a giudicare dallo stato della pietra fenice, e dalla consapevolezza che Remington aveva del fatto che tale stato non sarebbe mai cambiato.

Sospirò.

-Di che parlavi?- tornò al dunque, stanco di discutere su Yu, Leo e quella orribile situazione.

-Ti avevo appena chiesto com’è la situazione a Jediah e se ci sono novità dai tuoi informatori inconsapevoli al palazzo reale- ripeté Victor, dando qualche colpetto alla pietra fenice.

Remington ascoltò una serie di conversazioni e pensieri mentali dalle poche persone con le quali aveva stretto un legame e lavoravano a Jediah, ma non c’erano novità degne di nota. Il principe e i suoi più stretti collaboratori erano molto attenti a non far trapelare notizie importanti fuori dalla loro cerchia ristretta.

Un pensiero di una delle cuoche attirò la sua attenzione in modo particolare.

“…potrebbe essere morto e non hanno intenzione di fare nulla! Non è giusto!” 

-Sono preoccupati per Leo, ma non c’è nessun programma di mandare una qualche missione di recupero, almeno per il momento- avvertì Victor, sperando che questo lo convincesse ad abbassare un minimo le difese al palazzo. Non che fosse dalla parte di Leo, ma non lo odiava così tanto da essere felice che fosse scortato costantemente da Brandon.

Brandon era in assoluto la persona peggiore che Remington conoscesse. L’unico suo tratto redimibile era la sua ferrea lealtà verso Victor… e non era esattamente una qualità particolarmente positiva, dato quanto terribile fosse Victor stesso.

-Chissà perché il mio Leo è così attaccato a delle persone a cui non importa assolutamente nulla, di lui. Beh, in effetti dovrei esserne felice, significa che è capace di lealtà, qualità rimarchevole- Victor sorrise al pensiero.

-Peccato che la sua lealtà risieda in altre persone- borbottò Remington, molto tra sé.

-Per ora. Prima o poi lo piegherò e cucinerà sempre per me. In un modo o nell’altro firmerà il contratto. Ho mai fallito nell’ottenere ciò che voglio?- Victor era sicuro di sé.

E la cosa peggiore era che aveva ogni motivo per esserlo.

Remington scosse la testa.

-No, mai- ammise, stando ben attento a non aggiungere “finora” alla fine della frase.

-Comunque non importa se non sappiamo i loro spostamenti, questa guerra la vinceremo noi, e quando avrò raggiunto il mio obiettivo e ucciso il principe Daryan, finalmente l’uovo si schiuderà, ne sono sicuro. È sempre più caldo- Victor diede una carezza alla pietra fenice, e Remington si trattenne al massimo per non alzare gli occhi al cielo.

Avrebbe voluto prenderlo per le spalle, guardarlo negli occhi, e affermare con la massima sicurezza che non sarebbe mai riuscito a risvegliare la prima fenice da un millennio.

E non perché non credesse nella determinazione di Victor, ci credeva eccome, ma sapeva con assoluta certezza che non avrebbe mai risvegliato la fenice, perché la Storia non lo prevedeva.

E non prevedevano nessuna futura rinascita.

Le fenici infatti erano estinte, e non c’era modo di riportarle in vita, anche se le loro uova erano sempre pronte a schiudersi, ed erano ben settecentosettantasette.

Ma solo una persona dotata di una determinazione rimarchevole sarebbe riuscita a far schiudere una pietra fenice, ed era oltremodo impossibile che capitasse.

Così, le preziose uova in letargo venivano usate come semplici pietre, e in pochissimi sapevano della loro vera identità.

E Victor era convinto di poter risvegliare l’uovo più grande e potente di tutti solo con la forza della sua determinazione e il raggiungimento della sua enorme impresa.

E chi era Remington per rovinargli le speranze?

E poi, se anche avesse voluto farlo, gli dei lo avrebbero punito in qualche modo, e Remington non voleva prendere parti e fare casini.

Gli andava bene il suo ruolo da osservatore.

-Sarai il migliore padrone di una fenice del mondo- disse distrattamente, facendo un salto nella mente di Brandon per controllare la situazione fuori dalla camera di Leo, che sembrava tranquilla.

-A proposito di essere padroni di qualcuno… novità da Leo? È finalmente uscito dalla camera?- chiese Victor, con un brillio che raramente Remington gli aveva visto negli occhi.

Era più ossessionato da Leo che dalle sue solite fisse.

Povero Leo.

Remington entrò nella mente di Leo, ma non c’erano fati degni di nota.

In effetti, da qualche giorno, Leo era tutt’altro che degno di nota.

Non era morto perché continuava a pensare, ma i suoi pensieri erano effimeri e davvero pochi e lenti.

A volte la sua mente sembrava completamente vuota.

-Sì, ma non ha fatto granché. Non ha incontrato nessuno oltre a Brandon e non ha cucinato nulla- riportò, alzando le spalle.

Tornò però a concentrarsi su Leo, cercando di scavare più a fondo nella sua mente e trovare ricordi e pensieri di cui a malapena si rendeva conto.

-E che sta facendo adesso?- chiese Victor, curioso.

-Penso che dorma- rispose Remington, confuso dalla quasi totale assenza di informazioni che poteva raccogliere.

-Dorme spesso, ultimamente… forse dovrei far portare quantomeno una coperta in più, non voglio mica che muoia di ipotermia- rifletté il principe, avviandosi fuori dalla sala per dare gli ordini, e lasciando Remington concentrato sulla mente di Leo.

Era… strano.

Davvero molto strano.

Era come se i pensieri che riusciva a prendere da Leo non fossero completi.

Come se qualcuno li stesse intercettando.

Ma chi mai poteva essere così potente da manomettere il potente legame del semidio della mente!? Nessuno era ai suoi livelli!

O meglio… solo due esseri erano superiori a lui: suo padre Veer, e una eventuale fenice che aveva scelto di collegarsi a Leo.

Ma era oltremodo impossibile che Leo avesse risvegliato una fenice dalla pietruzza che gli avevano lasciato, mentre suo padre non poteva agire liberamente fino alla luna piena.

Quindi… sicuramente era solo suggestione.

Remington stava dormendo troppo poco, ultimamente, era chiaro, e i sui poteri funzionavano meno bene.

Si avvicinò alla più grande pietra fenice dei sette regni, e osò sfiorarla con un dito.

Era calda, ma ancora completamente addormentata, ed era evidente che non avesse intenzione di schiudersi.

Sospirò, un po’ abbattuto.

Non avrebbe mai visto una fenice dal vivo, di questo era certo da tutta la vita.

Beh, almeno una creatura tanto potente non sarebbe stata collegata ad un uomo tanto crudele quanto Victor.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ora ho bisogno del vostro aiuto! Volete dare un nome all’uccellino domestico di Leo che si rivelerà il suo animaletto da compagnia e lo renderà sempre più simile a una principessa Disney per il resto della storia? 

Allora rispondete al sondaggio, ci sono tanti nomi tra cui scegliere e il più votato sarà quello ufficiale! 

Ma fatelo prima del prossimo capitolo perché la splendida uccellina dovrà avere un nome ufficiale: SONDAGGIO

E già che ci siete potete rispondere anche alle altre domande sulla storia :D

Era da un po’ che non facevo un sondaggio.

Parlando del capitolo… Leo ha un animaletto da compagnia che sicuramente non si rivelerà essere una fenice…

Giada aveva un piano che però Leo non ha intenzione di seguire neanche morto.

La corte di Valkrest è ben poco sana di mente, in linea generale.

E Clay è stato catturato anche lui. Interessante. 

Oh, e mentre Victor prova a risvegliare fenici, Remington non sembra riuscire a leggere bene la mente di Leo. Che le due cose siano in un certo modo collegate?

Spero che il capitolo (anche parecchio lungo) vi sia piaciuto. Spero di riuscire a pubblicare presto il prossimo, e lasciate un commento se vi va, a me fate un sacco piacere :3

Un bacione e alla prossima :-*

   
 
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