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Autore: PrimPrime    01/01/2024    3 recensioni
Emily Lewis è sorpresa quando riceve la sua lettera per Hogwarts, ma inizia a frequentare la scuola con grandi aspettative.
Quello che una nata babbana come lei non sa, però, è che cinque anni prima in quella stessa scuola ha avuto fine una guerra che aveva spaccato in due il mondo magico.
Inoltre non sa che i pregiudizi tra i maghi non sono del tutto spariti, come anche la competizione e l’antipatia di una casa verso l’altra.
E così Emily, quando stringe le sue prime amicizie e viene smistata in una casa diversa dalla loro, non ha idea di cosa l’attende.
In quella scuola dove un tempo si era combattuta una guerra, dove in qualche modo lei riuscirà a sentirsi al sicuro, non sa che verrà messa alla prova da sfide ben più complicate di un compito in classe.
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Leggendo questa storia conoscerai Emily e i suoi amici, e li seguirai in un percorso di crescita ed evoluzione che avrà inizio al primo anno scolastico e continuerà fino al settimo e oltre.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Filius Vitious, Horace Lumacorno, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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CAPITOLO 35

 


Ce l’aveva fatta, Emily si trovava a un appuntamento con Cecil! Quando gliel’aveva proposto si era aspettata un rifiuto, invece il ragazzo aveva accettato. Quindi quel weekend avevano deciso di andare a Hogsmeade insieme.

In realtà non era davvero un appuntamento, perché Emily l’aveva definita come un’uscita solo tra loro due, ma sapeva che la differenza c’era solo a parole e che anche lui doveva averlo capito.

Come prima cosa scelsero di prendere una burrobirra ai Tre Manici di Scopa, decidendo di rilassarsi e fare con comodo.  

Emily sognava da sempre di andare con lui da Madama Piediburro, a bere un tè e a mangiare dolcetti in un ambiente che sembrava pensato apposta per gli innamorati, ma le era parso eccessivo da proporre per quell’occasione. Non voleva spaventare Cecil, ora che era riuscita finalmente a convincerlo a uscire.

Ormai maggio era alle porte e con esso anche i G.U.F.O., anche per quello si era aspettata un rifiuto da parte del ragazzo.

Il pensiero dello studio era opprimente per entrambi, soprattutto adesso che gli esami erano vicini. Eppure lui aveva accettato e quell’appuntamento era diventato un’opportunità per fare una pausa totale dal ripasso sfrenato di quei giorni.

Tra un sorso di burrobirra e l’altro, e tra un discorso e l’altro, Emily fece di tutto per non sorridere come un’ebete. Era felice, davvero felice che lui le avesse dato un’occasione. Inoltre non si sentiva in ansia all’idea di dover fare a tutti costi colpo su di lui, perché era convinta che l’amico ormai la conoscesse.

Aveva deciso di prendere quell’uscita come una benedizione e di godersela a pieno. Certo, da sola con lui si sentiva comunque un po’ tesa, e il fatto che si fossero seduti al tavolo preferito delle coppiette non era d’aiuto.

Emily cercò di tenere lontani i pensieri inutili e si concentrò sul discorso dell’amico, intento a raccontarle gli eventi relativi agli ultimi allenamenti di quidditch.

“Davvero non pensi di continuare a giocare, dopo Hogwarts?” gli domandò a bruciapelo, cedendo alla curiosità.

Cecil strabuzzò gli occhi, sorpreso dalla sua domanda improvvisa.

“No, non credo faccia per me. È uno sport molto impegnativo già così e non oso immaginare come sia a livello professionale,” rispose, grattandosi la nuca con fare imbarazzato.

“Ma tu non sei il tipo che si arrende quando le cose si fanno difficili,” gli fece notare, volendo andare in fondo alla questione.

Dopo un attimo di esitazione, Cecil annuì.

“In realtà mi sento sotto pressione al pensiero di dovermi far notare per essere preso in una squadra… e poi giocare davanti a un grande pubblico, avere dei fan… No, non voglio un lavoro di questo tipo,” ammise e sospirò. “Forse, se fosse davvero il mio sogno, potrei sopportarlo, ma non mi appassiona più come all’inizio.”

Emily annuì e bevve un sorso di burrobirra.

“Ammetto che non ti ci vedo come giocatore professionista di quidditch. Non perché tu non sia bravo, anzi per quel poco che ci capisco mi è sembrato che te la cavassi bene in campo,” puntualizzò. “Però… Non so, ti immagino a fare un lavoro più tranquillo.”

E soprattutto non immaginava se stessa alle partite, e a dover scendere a patti col fatto che lui avesse delle fan... ma lo avrebbe sostenuto comunque al massimo delle sue capacità, se quella fosse stata la sua decisione.

Ascoltando la sua ultima affermazione Cecil sollevò un sopracciglio.

“Per esempio?”

“Per esempio… lo studioso di piante e radici,” buttò lì, senza pensarci troppo.

Lui trattenne una risata, consapevole che stesse scherzando.

“Sai benissimo che non me la cavo con erbologia, anzi non mi piace nemmeno,” sottolineò, come se lei lo avesse dimenticato, e la sua reazione fece sorridere anche lei. 

“Già, ma sei molto bravo in tante altre cose. Potresti fare bene qualsiasi lavoro.”

Cecil scosse la testa, poco convinto.

“Quella semmai sei tu. Io non sono minimamente al tuo livello.”

“Ma non è questo il punto, non dobbiamo essere uguali,” sottolineò Emily, perplessa. “Anzi… a volte mi domando se io non stia chiedendo troppo a me stessa. Le mie amiche vanno a ogni festa di cui scoprono l’esistenza, oppure si iscrivono ai club scolastici per puro divertimento,” raccontò, riferendosi prima alle due Serpeverde e poi a Blue. “Io invece faccio ciò che può portarmi a imparare qualcosa di nuovo.”

“Perché ami studiare! Ricordo ancora il primo anno, quando eri curiosa perché non conoscevi nulla e chiedevi le cose a me. Adesso invece sono io che ti chiedo aiuto,” le disse, rivolgendole un sorriso tirato.

Emily si perse per un istante a guardarlo, poi si riscosse e sentì di essere arrossita.

“Quindi non pensi che io sia noiosa?” gli chiese.

Non era una delle sue più grandi preoccupazioni, ma ogni tanto ci pensava. Succedeva soprattutto quando Ana e Patricia le facevano notare che pensava solo allo studio.
Cecil scosse la testa.

“Non sarei qui con te se lo fossi,” rispose, quindi terminò il suo boccale di burrobirra.

“Forse… forse siamo noiosi entrambi, per questo non ce ne accorgiamo,” ipotizzò lei in tono calmo, con lo sguardo basso sul suo bicchiere quasi vuoto.

“Chissà, può essere,” concordò lui ed Emily gli sorrise teneramente.

Un paio di minuti dopo erano di nuovo fuori, a passeggiare per le stradine di Hogsmeade.

Qua e là potevano notare, oltre agli abitanti del villaggio, tanti studenti di Hogwarts. Alcuni erano molto piccoli e magari quello era il primo anno in cui avevano la libertà di lasciare il castello per recarsi lì. Quel pensiero riportò alla mente di Emily tanti ricordi, quindi li rievocarono insieme passeggiando.

Giunti fuori da Mielandia, a lei venne un’idea.

“Che ne dici se io comprassi qualcosa per te e tu qualcosa per me? Poi ci ritroviamo qui fuori,” propose, sperando che all’amico piacesse la sua idea.

“Va bene, facciamolo.”

Felice, entrò per prima nel negozio seguita da Cecil. Subito si separarono ed Emily cercò i dolci al cioccolato che lui comprava sempre, convinta che li avrebbe graditi. Ormai conosceva i suoi gusti.

Conosceva anche quelli di Blue in realtà, ma la ragazza era un caso a parte: amava le api frizzole e non faceva che ripeterlo, inoltre si rimpinzava di ogni dolce alla zucca che trovava, ma non avrebbe mai rifiutato uno snack, di qualunque si trattasse.

Cecil invece era molto più riservato anche quando si trattava di cose frivole come quella, ma Emily l’aveva osservato bene.

Stava per andare a pagare quando lo vide alla cassa, perciò ingannò l’attesa spulciando i nuovi arrivi disposti su uno scaffale vicino. Quando lui uscì dalla porta pagò anche lei e lo raggiunse fuori.

“Come facevi a sapere che mi piacciono? Era proprio quello di cui avevo voglia...” sottolineò il ragazzo, dopo aver aperto il sacchetto che gli aveva dato.

Era sorpreso ma anche felice, infatti le rivolse un sorriso ampio che non gli aveva visto fare molto spesso.

“È stato facile scoprirlo, sono una buona osservatrice,” rispose in tono scherzoso.

Aprì anche lei il suo sacchetto e ci trovò una piuma al lampone, uno dei suoi dolci preferiti.

“Grazie!” esclamò, prendendola in mano con l’intenzione di scartarla subito.

Cercarono una panchina e si sedettero per mangiare i loro snack in tranquillità.

“Sai, questo mi fa venire in mente una cosa successa un po’ di tempo fa,” esordì Cecil, dopo un attimo di silenzio riempito solo dal rumore dei dolci che venivano scartati.

Emily gli rivolse lo sguardo, curiosa. Attese che andasse avanti senza spronarlo a parlare, anzi mise in bocca un pezzetto della sua caramella per iniziare ad assaporarla.

“Un giorno avevo gli allenamenti di quidditch e nello spogliatoio della squadra è comparso un cesto pieno di dolci con un biglietto di scuse,” disse, sorprendendola perché aveva quasi dimenticato quell’episodio.

Anzi credeva che ormai lui non ne avrebbe fatto parola.

“Dopo varie ipotesi da parte di tutti, il capitano ha decretato che doveva essere uno scherzo dei Corvonero o dei Serpeverde, quindi potevano essere dolci avvelenati o dagli effetti strani,” raccontò, facendola sorridere.

“E com’è finita?” gli chiese, curiosa di saperne di più.

Cecil esitò per un istante.

“Ho detto che era opera tua… Avevo riconosciuto la tua grafia sul biglietto.”

Emily strabuzzò gli occhi.

“Credevo che ti avrebbe imbarazzato farlo sapere… Per questo non l’ho firmato,” sottolineò, confusa.

“Lo avevo immaginato, ma non potevo permettere che tutti quei dolci andassero sprecati. E poi, ho capito che l’hai fatto per rendermi le cose più facili, e perché non provassero a vendicarsi ancora su entrambi,” aggiunse.

Emily sorrise e abbassò lo sguardo. Sapeva quanto lui odiasse trovarsi al centro dell’attenzione e non pensava che sarebbe intervenuto così per lei, mettendosi in una situazione scomoda.

“Grazie…” gli disse, senza alzare lo sguardo su di lui. “Ma poi ti hanno più dato fastidio?”

Non aveva osato chiederglielo dopo la figura che aveva fatto quella volta, però durante gli ultimi allenamenti lo aveva visto sereno e questo l’aveva rassicurata, anche se non del tutto.

Il ragazzo scosse la testa.

“Avranno capito che ho amici potenti,” scherzò.

Emily continuò a gustarsi il dolce, felice che le avesse raccontato quell’episodio. Si guardò attorno sentendosi davvero in pace con se stessa e spensierata, come se le preoccupazioni della vita fossero tutte lontane.

Quando tornò rivolta verso Cecil e si rese conto che le stava guardando le labbra, allora istintivamente si voltò e smise di leccare la caramella, imbarazzata.

“Ehm… facciamo due passi?” le propose e lei accettò silenziosamente con un cenno del capo.

Probabilmente aveva le guance rosse, ma si accorse che lo stesso valeva per Cecil.

Spostarono il discorso sull’argomento studio, che raffreddò gli animi, e camminarono senza meta per le stradine di Hogsmeade. Quando Emily si accorse che erano di fronte a Madama Piediburro sbirciò all’interno attraverso la vetrina e Cecil arrestò il passo.

“Credevo che oggi volessi venire qui,” le disse, sorprendendola.

“Come facevi a saperlo?”

“Ogni volta che ci siamo passati per caso hai guardato questo posto con curiosità,” rispose, facendola sentire di nuovo imbarazzata.

“Beh… Prima o poi vorrei venirci con te, ma per oggi mi era sembrato un po’ troppo,” ammise, spostando il peso da un piede all’altro.

Per stemperare l’imbarazzo osservò di nuovo la vetrina e solo allora notò Matt seduto a uno dei tavoli in fondo. Sorpresa, aguzzò la vista e non ci mise molto per riconoscere la persona che era con lui.

“Guarda, dentro ci sono Matt e Batilda Rain!” esclamò, trattenendosi dall’indicarli. “Che bello, sono felice per lui.”

Cecil sbuffò.

“Parli di questa sala da tè come se andarci fosse una specie di traguardo importante…”

Emily si sentì in imbarazzo nuovamente. In un certo senso lo era, ma solo per lei, e ora che se ne rendeva conto se ne vergognò.

“Non volevo dire questo… Pensavo solo che magari è riuscito ad avere finalmente un appuntamento con la persona che gli piace.”

Tornò rivolta verso Cecil e lo trovò con lo sguardo basso e le mani in tasca, un’espressione dispiaciuta sul viso. Si rese conto di ciò che aveva detto e del fatto che, in realtà, avesse appena descritto la propria situazione. Questo la lasciò senza parole per un istante che le sembrò infinito.

“Ecco… Davvero voi due siete solo amici? Cioè, non è stato lui a baciarti quella volta?” le domandò Cecil, facendola tornare di colpo al presente.

Anzi al passato, un passato ancora troppo recente e che non avrebbe voluto rievocare.

“Non è stato lui, non farebbe mai una cosa simile,” dichiarò con decisione, sperando che le credesse. “Lui è un legilimens, sa che non avrei voluto… e saprebbe anche che quella cosa mi ha disgustata. Non voglio parlarne più, per favore,” gli chiese, cercando di non lasciare spazio ai pensieri tristi.

“Scusa Emily, non ne parlerò più allora,” le rispose rivolgendole uno sguardo dispiaciuto. “Voglio solo sapere che stai bene.”

Lei annuì e accennò un sorriso.

“Tu hai… sovrascritto quel momento, e per me conta solo questo,” ammise.

Tornò a guardare Matt per un attimo, poi riprese a camminare per prima seguita da Cecil, in quella stradina dove non c’era praticamente nessuno.

“Al quarto anno, quando ho conosciuto Matt, lui mi ha proposto delle lezioni di legilimanzia per scoprire cosa pensassi tu,” decise di rivelargli, per riempire il silenzio. “Ma a me non sembrava giusto e non ho mai accettato.”

Si voltò verso di lui e lo trovò con le guance arrossate, che le rivolgeva uno sguardo sorpreso.

“Ogni tanto però mi chiedo se non ho sprecato un’occasione,” continuò. “Se tu non avresti preferito avere accanto una persona che sapesse sempre cosa fare e cosa non fare, quando non insistere, come non metterti in imbarazzo…”

Cecil le afferrò un polso e lei si fermò, rivolgendo a lui tutta la sua attenzione.

“No, io non voglio stare con qualcuno che mi legge nella mente per vedere cosa voglio. In certi casi tu lo capisci già, senza bisogno di questi trucchetti... Altre volte invece mi sorprendi, ma non è per forza una cosa negativa.”

Nuovamente imbarazzata dalle sue parole e dalla sicurezza con cui gliele aveva rivolte, Emily portò alla bocca la piuma di zucchero e ci posò la lingua, come se assaporarla potesse calmarla e tenerle impegnata la mente. Quell’azione ebbe l’effetto contrario, perché Cecil puntò ancora una volta lo sguardo sulle sue labbra.

Si avvicinò di qualche centimetro, la presa sul suo polso ancora salda ma gentile.

“Io… forse sono un po’ lento, non capisco se è da prima che cerchi di provocarmi… Ma sono un ragazzo anche io,” puntualizzò, facendola avvampare.

Un attimo dopo si avvicinò di più, in modo lento ed esitante. Diede una leccata alla caramella, proprio dal lato opposto rispetto a dove si trovava la lingua di Emily.

Vedendolo avvicinarsi così tanto al suo viso e avvertendo la leggera spinta applicata da quel breve contatto, lei si sentì percorrere da un brivido.

E poi Cecil si allontanò di poco, con lo sguardo di nuovo basso e il viso più rosso che mai. Forse si era reso conto solo in quel momento di ciò che aveva detto e fatto.

Emily continuava a guardarlo come incantata, la caramella ancora appoggiata sulla bocca e gli occhi che le bruciavano per l’emozione. L’impulso si fare qualcosa la travolse, quella volta come in passato, e non riuscì a zittirlo. Non riuscì a ritrarsi per lasciare a Cecil il suo spazio e il suo tempo, o per vedere come avrebbe reagito dopo.

No, seguì ancora una volta il suo istinto e agì.

Spostò la piuma di zucchero e annullò la distanza per dargli un bacio, trovandolo inaspettatamente pronto a ricambiare. Con gli occhi chiusi, assaporò quel bacio al gusto di lampone e cioccolato.

Poi mosse la lingua per sfiorare le sue labbra e lui le schiuse permettendole di approfondire il contatto. Era la prima volta che dava un bacio di quel tipo e non aveva idea di cosa stesse facendo, ma non stava seguendo la ragione bensì l’istinto.

Aveva il braccio destro teso verso il basso, con il rischio che la caramella le scivolasse di mano, mentre il polso del sinistro era ancora stretto nella presa gentile di Cecil.

L’altra sua mano la sentiva calda e confortante sulla propria schiena, in un contatto che forse voleva assicurarsi che non scappasse, ma che non la teneva premuta contro il suo corpo. Anzi, tra di loro c’erano alcuni centimetri di distanza.

Fu lui a interrompere il bacio un attimo dopo, lasciandola con entrambe le mani e rivolgendole uno sguardo incerto ma anche intenso che la fece sciogliere.

Emily aveva la testa più confusa che mai e il cuore che le martellava nel petto.

Cecil si passò una mano tra i capelli rivolgendo lo sguardo altrove, pensieroso, ma tornò subito a guardare lei.

“Emily... Scusa se faccio così, anche se non ti ho ancora dato una vera risposta,” disse, facendola tornare alla realtà.

Era vero, stavano uscendo in amicizia e lui non le aveva detto se la ricambiava o meno, ma quel bacio doveva pur significare qualcosa, o almeno questo pensò Emily.

“Non so cosa mi prende quando sono con te… Sono veramente confuso…” ammise, nascondendo metà del viso dietro al palmo di una mano.

“Anche io sono confusa, e felice, e mi preoccupo per ogni minima cosa… È perché mi piaci,” ammise, facendolo avvampare e sentendosi arrossire a sua volta.

Ripresero a camminare in silenzio, tenendo qualche centimetro di distanza tra loro, e rimandarono il discorso a un secondo momento. Emily si sentiva sopraffatta dalle emozioni e immaginava che anche per Cecil fosse lo stesso, perciò non osò mettergli fretta. In un certo senso, credeva di aver avuto la sua risposta.

Ignorarono l’imbarazzo passando ad altri argomenti, ma li portarono avanti in modo tiepido e distratto. Ormai il pomeriggio era quasi finito perciò si avviarono verso Hogwarts, dove presto sarebbe stata servita la cena.

 
Maggio trascorse troppo velocemente ed Emily lo passò soprattutto sui libri, sempre più in ansia per i G.U.F.O. imminenti.

L’ultimo giorno di scuola salutò Matt Crowley con un grande abbraccio, dispiaciuta perché non lo avrebbe più rivisto tra quelle mura, e gli augurò buona fortuna per tutto… E poi fu il momento di affrontare davvero gli esami.

Quando, finito l’ultimo, uscì dalla sala grande, si sentiva stremata. Aveva dato il meglio di sé, ma temeva comunque di aver fatto qualche errore stupido, e aveva alcune incertezze sulle risposte date.

Festeggiò con Blue e Cecil sfogando tutta la tensione di quei giorni, come se la consapevolezza che l’indomani avrebbero visto i risultati non fosse affatto opprimente.

Alla fine Emily poté tirare un sospiro di sollievo, perché aveva preso ben 10 G.U.F.O. e quasi tutti con il massimo dei voti. L’eccezione fu antiche rune, nella quale se la cavò con un oltre ogni previsione. Insomma, non poteva essere del tutto soddisfatta di sé stessa ma si sentiva comunque compiaciuta, oltre che bisognosa di riposare un po’.

In quanto ai suoi amici, Blue fallì in astronomia ed Emily sospettava che non ci avesse minimamente provato. Cecil invece ottenne i G.U.F.O. in ogni materia che aveva frequentato, anche in erbologia sebbene per il rotto della cuffia.

Tutti e tre soddisfatti, presero i loro bagagli e raggiunsero il treno per tornare a casa. Durante il viaggio parlarono di argomenti frivoli, tra i quali le loro aspettative per l’estate e tutte le cose belle successe nel corso di quell’anno scolastico.

Quando, arrivati alla stazione di King’s Cross, dovettero separarsi, Blue strinse in un abbraccio prima Cecil e poi Emily. Dopo fu il suo turno di abbracciare l’amico, e quel contatto con lui le trasmise molto di più. Era come se non volesse salutarlo… e si domandò se anche per lui fosse lo stesso.

Purtroppo, però, dovettero separarsi per tornare ognuno dalla propria famiglia. E così terminò il loro quinto anno a Hogwarts.


 
   
 
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