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Autore: JeanGenie    08/01/2024    0 recensioni
Racconti, momenti, parole. Tutto ciò che è rimasto fuori da "Lindòrea".
Non solo Rey e Ben. Ma soprattutto Rey e Ben.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ben Solo/Kylo Ren, Kylo Ren, Poe Dameron, Rey
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lindòrea'
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Come mio padre prima di me

Universo: Lindòrea

Setting: Lessu

Timing: Molto prima dell’inizio della storia

In scena: Jacen Syndulla, Hera Syndulla, Ben Solo, Ranea

Note: Scritta per “Fondi di Caffè”, Prompt: autostima-disistima

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La pesante bardatura nera, le armi e l’elmo erano abbandonate in un angolo dello spogliatoio. 

Jacen Syndulla si guardò allo specchio minuscolo sulla parete, cercando un viso che non riconosceva più come il proprio. 

Sono già passati sei anni…

Era già grande e in grado di prendere le proprie decisioni quando Luke Skywalker era arrivato. Un adolescente che aveva combattuto al fianco di sua madre e nel ricordo di suo padre. Un padre che non aveva mai conosciuto, ma che, come non aveva mai smesso di sperare, avrebbe dovuto parlargli attraverso  la Forza. Perché suo padre era stato un Jedi, uno degli ultimi, sopravvissuto alla Purga imperiale. Morto prima che lui nascesse. Ma non era mai accaduto.

Come sono finito qui?

Quando Luke gli aveva proposto di addestrarlo, dandogli la possibilità di diventare come quel padre leggendario e rimpianto, Jacen aveva esitato. Aveva sogni e desideri. Ma non era mai stato lontano troppo a lungo da sua madre.

Era stata lei a spronarlo, a spingerlo ad accettare.

“Non è un addio, Jacen. Tornerai a trovarmi. Nessun maestro potrebbe impedirtelo. Sono fiera di te, Jacen.”

Fiera di me…

Erano trascorsi più di vent’anni e Jacen mentiva a sua madre da sei. Da quando il tempio era bruciato e lui aveva seguito Kylo Ren nella sua crociata oscura.

Il Lato Oscuro era giusto. Ma lui cercava di non pensare al silenzio di suo padre. 

Luke ha cercato di uccidere suo nipote… Snoke è crudele ma non finge di essere altro.

Se lo era ripetuto per molto tempo, ma ultimamente il dubbio era tornato a farsi sentire. 

Controllò i propri abiti, comuni, anonimi, quelli di un qualunque pilota. Perché Jacen non era mai stato un Jedi all’altezza di suo padre. E non era mai stato neppure un pilota abile come sua madre. Ma era diventato qualcosa di più grande.

E ho scelto la via di fuga dei mediocri…

Scese dalla nave lasciandosi dietro la sua identità oscura.

***

La cosa che ricordava più chiaramente del suo primo incontro con Luke Skywalker erano le sue mani sporche di grasso e la voce di sua madre che gli diceva “Jacen, passami la chiave idraulica più piccola.”

Ma lui non si era mosso ed era rimasto in piedi davanti al portellone aperto della Ghost, ignorando il braccio teso di sua madre e tenendo gli occhi fissi sulla figura avvolta nel mantello scuro nonostante il caldo che faceva quel giorno a Lessu. L’uomo si era fermato all’ingresso dell’hangar e lo stava guardando. 

“Mamma…” aveva detto Jacen. Aveva i brividi e non capiva perché. 

Sua madre si era finalmente voltata e aveva detto semplicemente “Oh. Luke Skywalker. Quale onore.”

Luke Skywalker. La leggenda. Nella loro officina. E sua madre la prendeva tanto alla leggera. 

Certo, per lei era più facile. Avevano combattuto dalla stessa parte nella battaglia di Endor. Ed era comunque abituata ad avere a che fare con lo spaventoso concetto di… Jedi. 

Mio padre era un Jedi, aveva riflettuto Jacen. Dovrei ricordarmene più spesso.

“Buonasera, Hera. E perdona l’intrusione” la voce dell’uomo era calma e serena. Solo in quel momento Jacen aveva notato il ragazzo allampanato che gironzolava per l’hangar osservando tutto con estremo interesse.

E questo chi è?

I suoi abiti sembravano quelli di un qualche tipo di santone e aveva una notevole massa di capelli neri e disordinati che sormontavano un  viso dai lineamenti lunghi ed esagerati.

Sua madre era saltata giù dalla rampa ed era andata incontro al loro straordinario  ospite.

“Nessun disturbo. È un onore.” Jacen percepiva la preoccupazione nella sua voce nonostante l’apparente serenità. “È successo qualcosa o è solo una visita di cortesia?”

Luke Skywalker aveva sorriso sotto il cappuccio del mantello. “È una visita di cortesia.” Poi aveva sollevato l’indice nella sua direzione. “Sono venuto a trovare lui.”

***

“Così è  tuo zio.” Jacen continuava a guardare quello strano ragazzino estremamente serio. Non riusciva a credere che avesse solo dieci anni e fosse già più alto di lui. E non era l’unica cosa che non riusciva a credere.

Luke Skywlker voleva che Jacen andasse via con lui.

Sua madre era rimasta allibita davanti alla sua proposta. Jacen aveva sempre saputo che le donne twi’lek erano le più belle della galassia. Ma vedere la sua pelle verde farsi più chiara e i suoi lekku vibrare quasi impercettibilmente l’aveva resa magnifica ai suoi occhi. Jacen non l’aveva mai vista tanto turbata. 

“Jacen non ha mai manifestato alcuna propensione per la Forza” poi si era voltata verso di lui. “Vero, caro?”

“Non consapevolmente ” le aveva risposto Jacen. E poi aveva ribadito: “No.”

“Il pranzo è ottimo, Hera”. Luke Skywalker aveva repentinamente cambiato discorso, finendo il contenuto del suo piatto. Ma Jacen sapeva che non sarebbe finita lì. Perché, per la prima volta, in quattordici anni di vita, si stava domandando se avesse ereditato da suo padre qualcosa di più, oltre al coraggio. 

E soprattutto, avrebbe voluto che sua madre gli avesse chiesto cosa voleva lui. Il problema era che non lo sapeva. 

Continuava a guardare il ragazzino troppo alto. Era un allievo Jedi. E non sembrava felice. Ma Jacen non sapeva nulla di lui, solo che sembrava molto interessato alla loro officina, quando era arrivato.

“Ehi” Jacen aveva richiamato la sua attenzione schioccando le dita.

“Non chiamarmi in quel modo. Non sono il tuo animale domestico” gli aveva risposto il ragazzo.

Jacen era rimasto immobile, raggelato sotto uno sguardo che sembrava volerlo incenerire. Non aveva mai visto occhi simili. L’unico modo che aveva trovato per definirli era potenti.

“Scusa” gli aveva detto, provando una strana forma di paura e rispetto. “Volevo solo chiederti se avevi voglia di vedere il mio speeder nuovo.”

I lineamenti del ragazzo si erano distesi e anche il  suo modo di guardare si era rasserenato. “Certo!” aveva sorriso ed era tornato ad essere semplicemente un bambino. Era bastato un istante e Jacen non ricordava più perché aveva avuto paura di lui.

***

Si chiamava Ben. Ben Solo. Il che faceva di lui il figlio di Han Solo. E sarebbe bastato quel semplice fatto a renderglielo simpatico. Ma il ragazzino aveva anche altre doti oltre alle parentele illustri. Per esempio era un patito di motori. I suoi occhi si erano accesi quando Jacen gli aveva mostrato il suo speeder. “Possiamo fare un giro?” gli aveva chiesto speranzoso.

“Certo” Jacen aveva acconsentito immediatamente. Ma prima aveva bisogno di porgli delle domande. Domande urgenti. “Però… posso chiederti perché siete venuti qui? Io non sono un Jedi. Mio padre era un Jedi. Io sono una persona comune, senza alcuna connessione con la Forza.”

Ben gli aveva rivolto un sorriso scettico. “Forse ce l’hai e non l’hai ancora scoperto. Luke è sicuro. E anch’io.”

“Come funziona?” aveva insistito Jacen. “Sentite la gente? Quella sensibile alla Forza? E poi andate a stanarla?” Poi aveva posato gli occhi sulla spada che il ragazzino portava alla cintura. “Posso vederla?”

Ben aveva esitato un istante, poi gli aveva mostrato quello strano oggetto tenendolo sul palmo di entrambe le mani ma rimanendo a debita distanza. Jacen aveva capito immediatamente che non avrebbe lasciato che lui la toccasse.

Era un semplice cilindro di metallo, con un pulsante di accensione. Niente di epico o sconvolgente. Ma Jacen sapeva cosa era in grado di fare. 

“La spada di mio padre è andata perduta” gli aveva spiegato mentre un nodo di commozione gli si formava in gola. Era una sensazione strana. Aveva sempre pensato a suo padre come a una figura leggendaria a cui ispirarsi. Ma non aveva mai pianto per lui. Non l’aveva conosciuto. Viveva solo nei racconti di sua madre.

“Potrai costruirne una nuova” lo aveva incoraggiato Ben. “Luke ha trovato un posto ricco di kyber. Va bene… forse non avrei dovuto dirtelo, ma…”

“Io non ho i poteri dei Jedi…” aveva insistito Jacen. 

“Eppure io sento la Forza intorno a te anche ora.” Ben aveva riposto la spada, poi aveva chiuso gli occhi e si era concentrato. Jacen era rimasto senza fiato quando lo aveva visto alzare una mano e uno dei panni che aveva usato per lucidare lo speeder si era sollevato dal pavimento, ripiegandosi accuratamente in aria come se un aiutante invisibile volesse riporlo e fare ordine nella rimessa. Poi aveva fluttuato verso il piano di lavoro ed era scivolato in un cassetto semiaperto. 

“Wow.” Non gli era venuto fuori altro. Solo “Wow”.

“Questo è nulla” aveva proseguito Ben. “In guerra i Jedi potevano dimostrare tutto il loro valore. Ora siamo in pace. E ci limitiamo a questo.”

“Ci sono molti modi di dimostrare il proprio valore in guerra.” Jacen aveva scoperto di sentirsi stizzito. Sua madre aveva combattuto per la Ribellione. E non valeva meno di un cavaliere mistico con una spada laser. “E comunque… io preferisco che ci sia la pace. Tu no?”

“A volte.” Ben si era morso le labbra. “Ma poi penso a mio nonno. Lui era il più grande guerriero Jedi che sia mai esistito. E…”

“La guerra è costata la vita a mio padre. E a tanti altri.”

Ben lo aveva fissato per un istante poi aveva abbassato leggermente lo sguardo. “Ti chiedo scusa. Sono stato arrogante.”

“Non fa niente. Capisco il tuo punto di vista.” Non era del tutto sincero. Certo, i genitori di Ben erano diventati due icone grazie alla guerra. Era più che normale che lui volesse seguirne la scia.

“Luke dice sempre che la guerra non rende grande nessuno.” Ben aveva accennato un sorriso. “Forse ha ragione. Da un certo punto di vista. Ma…”

“Ma se i nostri genitori non avessero combattuto, ora saremmo ancora sotto il giogo imperiale” aveva concluso Jacen.

“Se dovesse  succedere di nuovo, venendo con noi potrai fare qualcosa di fondamentale.”

Jacen avrebbe voluto replicare che chiunque poteva dimostrarsi fondamentale anche combattendo come pilota. Ma si era limitato a scuotere la testa. “Non succederà di nuovo. È impossibile.” 

***

 

Alle tre standard del mattino, Jacen era scivolato silenziosamente verso la stanza di sua madre. I loro ospiti dormivano, meditavano, o qualunque cosa facessero i Jedi nelle ore destinate al sonno. Ma sua madre era sveglia e stava leggendo sul suo holopad l’ennesimo testo storico su Ryloth e la sua gente. Lei andava matta per la storia, soprattutto quella del loro pianeta di origine. Jacen preferiva i romanzi di avventura. Le gesta epiche di grandi eroi del passato.

E ora gli era stato proposto di diventare uno di loro. 

“Ti disturbo?” le aveva chiesto facendo capolino. Aveva un gran bisogno di parlarle. E di abbracciarla. 

Lei gli aveva fatto cenno di sedersi sul suo letto, accanto a lei. Poi gli aveva sorriso e gli aveva detto semplicemente “Ci stai pensando, vero?”

Non sembrava preoccupata e neppure sorpresa. Non quanto lo era Jacen stesso. Sentiva una strana inquietudine crescere in lui e non riusciva a controllarla. Era come se qualcosa di ignoto lo attirasse con una potenza spaventosa. Ma non aveva  paura. Aveva solo molti dubbi. Suo padre era stato un Jedi. Lui sapeva che il rischio di non essere alla sua altezza era troppo grande. E poi…

“Non andrò. Non posso lasciarti sola.”

Lei gli aveva accarezzato i capelli come faceva sempre quando era bambino. Era un gesto che adorava. I twi’lek erano completamente glabri ma lui aveva ereditato quella caratteristica umana da suo padre. Anche se il colore verde dei suoi capelli di umano non aveva nulla. 

“Se sarà dura potrai sempre tornare.” Si era concessa un sospiro.   “Ho chiesto a Luke se dovremo essere separati per sempre. Io ho le mie idee in proposito.  Quella storia degli affetti preclusi ai Jedi… tu esisti perché tuo padre sapeva amare. E lui era un magnifico Jedi. Non dimenticarlo mai.” 

“È per lui che voglio farlo” aveva confessato Jacen.

E sua madre aveva annuito. Comprendendo perfettamente che la scelta era stata fatta non appena Luke Skywalker aveva aperto bocca. 

***

“Non è un addio, Jacen. Tornerai a trovarmi. Nessun maestro potrebbe impedirtelo. Sono fiera di te, Jacen.”

Sua madre glielo aveva sussurrato all’orecchio, ma sapeva benissimo che Luke Skywalker poteva sentirla. Tuttavia il Jedi si era limitato a sorridere.

Forse sarebbe davvero andato tutto bene. Eppure Jacen continuava a tremare e ad avere voglia di piangere. Era una sensazione nuova. Era sempre stato allegro e ottimista, anche da bambino, ma il suo futuro gli sembrava un’incognita troppo grossa.

Se non fosse stato all’altezza di suo padre, alla fine non se lo sarebbe mai perdonato.

E soprattutto…

“Mi mancherai, mamma. Tanto. Troppo.”

Ma si era fatto forza e si era sciolto dal suo abbraccio. Aveva deciso. Era la cosa giusta per onorare quella figura che non aveva avuto la fortuna di conoscere.

Il momento in cui era salito sulla nave di quei due sconosciuti si era perso nella nebbia dei suoi pensieri, così come quello in cui aveva poggiato a terra lo zaino con le sue cose e si era allacciato le cinture su uno dei sedili posteriori.

“Non è piacevole, all’inizio ” Ben gli si era seduto accanto. “Ma ricordati che tu avrai sempre una scelta.”

Ben lo aveva detto come se per lui non fosse così. Jacen si era ripromesso di approfondire la sua storia e soprattutto, la sua amicizia. Quel ragazzino aveva in sé qualcosa di misterioso e affascinante. Ma per il momento, voleva essere triste anche solo per un altro po’. Le cose sarebbero andate meglio quando fossero decollati. 

“Uff… ce l’ho fatta. Non stavate mica partendo senza di me, vero?”

Jacen si era scosso quando una ragazza era entrata dal portellone ancora aperto seguita da un droide che trasportava due casse di rifornimenti. Indossava abiti simili a quelli di Ben, ma Jacen era reso conto subito che era più grande. 

Forse abbiamo la stessa età.

Dunque ce n’erano già altri. E non sarebbe stato l’unico adolescente in mezzo a un gruppo di bambini.

Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, mentre lei dava ordini al droide di portare tutto nella stiva e si sedeva di fronte a lui.

“Ok” aveva detto Ben alzandosi. “Possiamo decollare.” Poi era sparito a prua per assistere Skywalker come copilota.

Jacen lo aveva notato appena. “Ciao…” aveva detto alla ragazza. Anche lei lo stava fissando chiaramente incuriosita.

“Ciao a te. Quindi tu… sei il figlio di Caleb Dume…”

“Sono Jacen” aveva risposto lui, quasi indispettito che lei conoscesse il vero nome di suo padre. Per sua madre, nei suoi ricordi, e nei racconti dei giorni trascorsi insieme era sempre stato Kanan. Kanan Jarrus. “Jacen Syndulla Jarrus” aveva specificato, anche se non aveva mai usato prima quel finto cognome che aveva protetto suo padre dalla mannaia imperiale per tanti anni.

“Ra’nea Te’aryl” aveva risposto lei. “Solo Ranea, per gli amici” aveva aggiunto con un sorriso. 

E Jacen aveva sentito la propria frustrazione sciogliersi come un sorbetto  in una giornata torrida. 

Forse sarebbe davvero andato tutto bene.

***

La guardava invecchiare. La sentiva distante.

Se sospettava qualcosa, sua madre non ne aveva mai fatto parola.

Si incontravano  sempre in zone neutrali. Lei aveva smesso di chiedergli perché non volesse unirsi alla Resistenza.

“Mi basta che tu sia vivo.” Lo aveva creduto morto per più di un anno quando il tempio Jedi di Skywalker era andato distrutto. Il sollievo di rivederlo aveva oscurato tutto il resto.

Ma Jacen sapeva cosa stava rischiando ogni volta che la incontrava. Sapeva cosa stavano rischiando entrambi. 

Eppure non poteva farne a meno e avrebbe dovuto farselo bastare fino alla prossima volta. 

Doveva tornare. Il suo tempo era scaduto. Doveva indossare di nuovo quelle vesti nere. Era una scelta che aveva compiuto consapevolmente e dalla quale non poteva tornare indietro. 

“Sei impazzito, Jacen?”

I suoi sensi e la sua connessione con la Forza si stavano facendo deboli. La voce di Ranea lo fece sobbalzare.

Si voltò e lei era lì, vicino al portellone d’imbarco. Con le braccia conserte e l’aria accusatrice. Neppure lei indossava il casco. Probabilmente ci teneva a mostrargli i suoi occhi accusatori.

“Clandestina?” gli chiese lui.

“Se Kylo Ren lo scopre ti stacca la testa. Da quanto va avanti?” lei gli si avvicinò con il passo di chi avrebbe voluto calpestarlo.

“Kylo Ren…” Jacen le sorrise amaramente. “Kylo Ren è più legato al passato di quanto non voglia ammettere. E… va avanti da un po’. Non mi ha scoperto Snoke. Non vedo quindi perché dovrebbe farlo Ben.”

“Non…” Sapeva che Ranea avrebbe voluto dirgli di non chiamarlo in quel modo, ma si interruppe e gli domandò semplicemente “Perché?”

Lui esitò. Non poteva dirle nulla di banale come “È pur sempre mia madre.”

“Perché lo fai, Jacen? È tradimento. Lei è una ribelle. Hai cambiato idea? Vuoi lasciarci?”

No. Rivoglio quello che ho perso per avere in cambio… nulla, avrebbe voluto dirle.

Potere. Ambizione. All’inizio era tutto magnifico. Ed era un bluff. 

“Kylo Ren ci sta lasciando, non io. Per chi abbiamo fatto tutto questo, Nee? Non lo senti? È cambiato. No… non è così. Lui sta tornando quello che era. Se lui ci sta abbandonando, perché io dovrei restare dove sono?”

“Ben non ci abbandonerà mai!” Sembrava furiosa. La sua adorazione per Ben Solo o comunque si facesse chiamare ora era perfino più forte di… qualunque cosa provasse per lui. 

“Tu vedi il futuro, ma ti sfugge il presente. È già andato. Con la mente, non è più con noi, Nee. E tu lo sai.”

Lei scosse la testa. “Sei bravo a sviare il discorso Jace.” Era ricorsa anche lei al nomignolo che usava solo quando erano soli. “Ma questa storia deve finire. C’è la pena di morte per chi tradisce. E io ti voglio vivo.”

“Quindi non farai la spia?”

Lo schiaffo di Ranea  calò sulla sua faccia, freddo e duro. Jacen lo incassò, quasi divertito. 

“Torniamocene a casa. Non voglio più parlarne. Per quanto mi riguarda, siamo andati entrambi a verificare una soffiata su una base ribelle. E non abbiamo trovato niente.” Per Ranea il discorso era chiuso. Indossò di nuovo il suo casco e si diresse verso la cabina di pilotaggio. “Cambiati. Non puoi tornare da Kylo conciato così.”

Tornare da Kylo. Tornare a casa. Mentre abbandonava se stesso e tornava ad essere un Cavaliere di Ren, Jacen si rese conto che non c’era più una casa a cui tornare. Avrebbe voluto costruirne una. Con Ranea, magari.

Sperava quasi di avere ragione. Che Kylo Ren stesse per tradirli, richiamato dalla Luce. Se così fosse stato quella parentesi oscura avrebbe potuto dirsi chiusa. Ma per ora era il casco a chiudersi di nuovo intorno al suo volto come una gabbia.

“Ho fallito, papà” sussurrò. “Ho fallito da ogni punto di vista.”

   
 
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