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Autore: Jeremymarsh    18/01/2024    3 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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N/A: Sono vivaaaa e porto con me il nuovo capitolo 🔥, spero non vi siate già dimenticati di me! 
Presto arriverò anche a rispondere alle vostre recensioni, per ora non mi resta che ringraziare voi tutti che siete ancora qui a leggere. Un abbraccio e un augurio di buon 2024!



 

Capitolo XVIII: Traguardo




 

 

“So turn right
Into my arms
Turn right
You won't be alone
You might
Fall off this track sometimes
Hope to see you on the finish line”

Turn right, Jonas Brothers

 

 

Invece scagliò il fendente affinché neanche un altro battito potesse scuotere quel cuore che una volta era stato umano, seguì la sua traiettoria fino a quando non raggiunse l’esterno della barriera che aveva respinto tutte le altre e, nel momento in cui vide la freccia sparire, tirò il fiato.

 

 

Nello stesso istante in cui Kagome tirò il fiato osservando la sua freccia sparire, attorno a lei tutti reagirono in modo diverso, non comprendendo subito cosa fosse accaduto e se era proprio Kagome la responsabile. Tuttavia, se Inuyasha aveva piena fiducia nelle sue capacità, Naraku si limitò a sbuffare, immaginando che il suo non fosse altro che l’ennesimo inutile e maldestro tentativo di colpirlo. Eppure, questa volta non ebbe modo di deriderli perché non appena ebbe aperto la bocca per farlo vide riapparire la stessa freccia all’interno della barriera che proteggeva la spalla sinistra, e di conseguenza il suo cuore.

Stavolta non poté fare nulla per impedirlo e con la consapevolezza – e la rabbia – di aver fallito anche nell’ultimo dei piani, senza essere riuscito né a ottenere Kagome né a ucciderla insieme ai demoni cane, Naraku si disintegrò sotto i loro occhi, portando con sé anche i resti della sua vita passata.

Toga raggiunse la raduna giusto in tempo per vedere la freccia sparire e ricomparire e, insieme ai figli, osservò con il fiato sospeso ciò che Kagome era riuscita a fare, raggiungendo un traguardo importante, qualche che – ora ne era sicuro – solo lei avrebbe potuto compiere. Anche se non poteva ancora sapere con certezza che fosse stata proprio lei l’artefice né cosa fosse davvero successo, non dubitò nemmeno per istante che era tutto dovuto a Kagome.

Perché nessun altro avrebbe mai potuto uccidere Naraku e forse per questo gli scorsi tentativi erano falliti per un motivo o un altro, forse per questo non era riusciti a metterlo definitivamente al muro; c’era solo un modo in cui tutto sarebbe potuto finire ed era proprio quello che aveva appena visto.

Solo quando anche l’ultima parte di Naraku si fu dissolta Kagome osò ricominciare a respirare, e realizzare davvero ciò che era accaduto fu una sorpresa così da grande da buttarla giù; ora che ogni peso l’aveva lasciata e si sentiva più leggera che mai lasciò che quella forza inspiegabile la trascinasse giù e facesse di lei ciò che credeva più appropriato. Abbandonò arco e frecce perché le braccia, come le gambe, era diventate improvvisamente molli e senza forza e si concentrò solo sul proprio respiro con i polmoni liberi di inglobare e cacciare tutta l’aria che volevano. Inspirò profondamente, a occhi chiusi, e sentì il calore invaderla mentre si riempivano e poi svuotano; a un certo punto durante quel processo calde lacrime cominciarono a scenderle sul viso e sentì il bisogno di cominciare a ridere.

Kagome rise e pianse e più il suo corpo tremava sotto la forza di quelle emozioni e più lei rideva e piangeva perché, adesso, nessun altro avrebbe più potuto dirle ciò che doveva fare o imporsi su di lei e se avesse voluto sarebbe potuta rimanere lì, libera di continuare fino a che il fiato non l’avesse lasciata e anche il suo cuore avesse smesso di battere,

Non l’avrebbe fatto, però, perché un secondo dopo un braccio le avvolse le spalle, stringendola contro un corpo, ricordandole che non era sola in quella vittoria e chi altri l’aveva resa possibile. Kagome allungò la mano a stringere il braccio sano di Inuyasha e chiuse ancora di più gli occhi sentendo lacrime diverse bagnarle il collo e unirsi alla sua celebrazione.

Piansero e festeggiarono insieme sentendo che finalmente avrebbero potuto amarsi senza se e senza ma ed esplorare a fondo i sentimenti che erano nati proprio nello stesso momento in cui era nato Naraku ma che, invece, avrebbero avuto una vita molto più lunga della sua.

Se Sesshomaru non fosse giunto nel suo vecchio villaggio, uccidendo Hojo e accelerando a suo modo il piano contorto di Onigumo, forse Inuyasha e Kagome non si sarebbero mai incontrati ed era questa consapevolezza che, alla fine, aveva permesso loro di abbracciare tutto il dolore dei mesi passati; senza non sarebbero stati in grado di sperimentare la libertà e la felicità che stavano vivendo ora.

Vecchie leggende erano state riesumate per permettere il loro incontro, il destino era stato chiamato in causa ed entrambi erano stati costretti a lasciare andare ciò che conoscevano per addentrarsi in terra sconosciuta, ma infine era lì e si amavano.

Forse erano le lacrime che continuavano a sgorgarle dagli occhi senza che lei potesse fermarle a farla parlare così o, ancora, quella sensazione di leggerezza che la possedeva, ma Kagome avrebbe rivissuto tutto da capo solo per avere la certezza di ritrovarsi lì con Inuyasha. Niente e nessuno avrebbe potuto riportarla indietro nel tempo per vivere la vita che aveva inizialmente progettato con qualcun altro.

Il destino aveva scelto per lei Inuyasha, facendo sì che le loro strade si incrociassero, ma doveva solo a se stessa quel momento; era lei che aveva deciso di amarlo e combattere per avere con lui un futuro.

Quel quadro si interruppe solo quando sentirono qualcun altro raggiungerli. Alzando entrambi lo sguardo videro Toga che sorrideva, prima di far loro un cenno della testa e poi voltarsi verso il punto in cui Naraku aveva incontrato la sua fine. Dietro di lui, senza essersi mosso di un millimetro, Sesshomaru osservava con fare impassibile mentre reggeva una Rin ancora inerme.

“Sei stava brava, Kagome,” la lodò Toga nello stesso momento in cui lei si asciugava le guance e Inuyasha si assicurava che non fosse ferita.

“Sto bene, Inuyasha,” lo rassicurò, “tu piuttosto dovresti stare fermo con quel braccio.”

“Keh, entro stasera sarà come nuovo; quante volte devo ripeterti che non ho bisogno di tutte le attenzioni che richiedete voi umani? Lasciami fare,” la rimbeccò.

Toga rise nel vederli e poi si rivolse al figlio: “Dovresti essere tu a lasciarla fare, invece. Ogni tanto è bene sottomettersi alle cure della tua compagna anche se non ce n’è bisogno; imparerai presto che è piuttosto piacevole,” gli disse ammiccando, facendo arrossire entrambi fino alla punta delle orecchie. Poi scosse la testa prima di ritornare a problemi più imminenti. “Tuttavia, c’è ancora un’ultima cosa di cui occuparsi,” ricominciò riportando lo sguardo verso la parte opposto della raduna, “dobbiamo accertarci una volta per tutte che Naraku sia morto.”

Inuyasha e Kagome si scambiarono un’occhiata significativa. “Vai pure avanti, papà,” acconsentì il mezzo demone. “Credo che per me e Kagome sia arrivato il momento di farci da parte.”

Così, sotto i loro sguardi leggermente tesi, Toga si avvicinò e accese un fuoco per bruciare il terreno sul quale Naraku aveva combattuto. Dei suoi resti non vi era più traccia, la freccia di Kagome era stata abbastanza per purificarlo insieme alle sue ceneri, ma per scrupolo Toga decise di sanificare al meglio la zona; dopo tutto dubitava che sarebbe mai ricresciuto qualcosa in quello spazio, non dopo l’aura maligna che l’aveva avvelenato.

Dopo un po’, Inuyasha, Kagome e anche Sesshomaru si avvicinarono al Generale per osservare quel falò e quest’ultimo ne approfittò per raccontare loro che si era occupato del resto dei demoni ingaggiati da Naraku, oltre a uno strano tipo che odorava di Rin, e di aver lasciato sia Jaken che Myoga a far da guardia lì – un modo carino per informarli che entrambi i vassalli erano stati troppo codardi per andare avanti con lui e che gli avevano fatto abbastanza pietà da lasciarli lì.

“Tipico di Myoga,” commentò Inuyasha, “ma pensavo che Jaken fosse troppo spaventato da Sesshomaru per rimanere indietro.” Quando non riuscì a ottenere una reazione dal fratello si voltò a guardarlo e fu sorpreso da trovarlo in contemplazione: qualsiasi cosa stesse accadendo nella sua testa, Inuyasha fu abbastanza rispettoso nei suoi confronti da lasciarlo perdere; forse tutto ciò che era accaduto e trovarsi di fronte a una situazione che gli aveva fatto rischiare di perdere Rin per davvero avrebbe contribuito a fargli abbandonare del tutto l’atteggiamento altezzoso e irrazionale. Non che a lui interessasse davvero; tutto ciò che gli importava era accanto a lui.

“Li raggiungeremo non appena sarete pronti per partire,” aggiunse l’Inu-no-Taisho, spostando il suo sguardo dal braccio rotto di Inuyasha, alla faccia esausta di Kagome e infine al corpo di Rin ancora addormentato.

“È tardi,” rispose Inuyasha, “sarà meglio avviarsi; anche la mamma sarà preoccupata,” concluse dando loro le spalle e accucciandosi mentre Sesshomaru già si incamminava.

Gli altri due rimasero a fissarlo per un secondo di più non capendo il perché di quell’azione, ma quando girò il volto e guardò Kagome come a dire “beh, allora?” fu tutto chiaro.

“Posso camminare, non sono mica invalida!” sbottò Kagome, che pure stava per addormentarsi in piedi a causa della fatica e per aver quasi del tutto prosciugato le sue energie spirituali. “Non puoi portarmi con il braccio rotto.”

Il mezzo demone roteò gli occhi mentre lì accanto il Generale seguiva tutto con occhi divertiti. “Guarda che è quasi guarito. Salta su e non perdiamo altro tempo.”

“Bugiardo, se lo fosse non lo porteresti ancora come peso morto sul fianco!”

“Non c’entra nulla, sono comunque un mezzo demone io; mi basta il braccio destro!”

Vedendo che non avevano intenzione di mollare la presa, Toga intervenì: “Se ti preoccupi tanto per la salute di Inuyasha, Kagome, posso essere io a portarti; dopo tutto è vero che non sarebbe saggio farti camminare tutta la strada del ritorno.” Le risolve un sorriso incoraggiante sebbene in realtà stesse ancora cercando di celare la sua risata.

Com’era prevedibile – suscitando ancora più ilarità nel dai-yokai – Kagome arrossì di colpo, calando lo sguardo e balbettando, incapace di formulare una risposta adeguata. Infine, ancora troppo imbarazzata, si arrampicò sulla schiena di Inuyasha senza parole, aggrappandosi al suo collo e dandogli l’implicito consento a partire; lui subito la sorresse con il braccio destro e poi con un cenno di gratitudine al padre, partirono fianco a fianco.

E anche se Kagome era conscia di essere caduta nella loro trappola, sapeva che non si sarebbe mai fatta portare in modo tanto intimo da niente di meno che il suo futuro suocero; arrossiva solo al pensiero.

No, a quel punto era meglio soddisfare il bisogno di Inuyasha e poi, nemmeno a lei dispiaceva viaggiare così; sentiva come se da quel momento, per un po’, tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno era l’abbraccio di Inuyasha per riportare tutto a uno stato di serenità.

Quindi, con quella consapevolezza, sapendo di essere finalmente al sicuro, si addormentò.


 

*
 

 

Il silenzio fece da padrone durante il viaggio di ritorno, ma nessuno se ne lamentò né tentò di riempirlo con parole vuote; si resero tutti conto che era ciò di cui avevano bisogno per cominciare a recuperare le forze. E così, prima di quanto si aspettassero, i contorni del castello si stagliavano già davanti a loro e Sesshomaru, che per tutto il tempo era stato avanti, tanto da non riuscire a vederlo, si era fermato ad attenderli prima di farsi vedere dalle guardie, gesto che sorprese entrambi ma che sapevano non avrebbe ammesso.

Qualcuno doveva aver già percepito la loro presenza e allertato tutti, soprattutto Izayoi, perché la prima persona che videro appena giunti davanti ai cancelli era la sua snella figura che batteva impaziente un piede e si torturava le labbra con i denti; gli occhi le si illuminarono non appena si accorse di loro e sembrò non riuscire più a contenersi, al punto che dopo un attimo abbandonò ogni decoro e corse loro incontro.

Non potendo decidere chi salutare prima, abbracciò marito e figlio contemporaneamente, entrambe le braccia strette attorno a loro, mormorando parole di sollievo e facendo loro sapere quanto le erano mancati – anche se erano stati via per meno di una giornata – e quanto era stata in pensiero.

“È tutto a posto, Izayoi,” le sussurrò in risposta il compagno, dolcemente, “è tutto a posto,” le ripeté prima di baciarla sotto lo sguardo imbarazzato di Inuyasha e Kagome che erano ancora, loro malgrado, stretti in quell’abbraccio.

Izayoi sembrò prendere quelle parole come il permesso per cominciare a piangere lacrime di sollievo e solo quando si fu ripresa parve accorgersi di Sesshomaru e Rin. Allora, senza perdere un battito, si avvicinò al figliastro e lo strinse a sé nello stesso modo in cui aveva fatto con Inuyasha.

Si immobilizzarono tutti, lo stesso Sesshomaru, aspettando con il fiato sospeso una reazione che sorprendentemente si fece attendere per qualche secondo in più del normale. Infatti, sembrava che lo stesso Sesshomaru avesse avuto bisogno di riprendersi da quell’improvviso slancio d’affetto. “Allontanati, ora,” sibilò poi, ma le sue parole mancavano anche dell’astio che aveva sempre riservato alla matrigna.

Quel suo comportamento, unito al gesto di poco prima, colpì Toga che lo guardò con un sopracciglio alzato, e infine lo osservarono dirigersi verso l’entrata senza più dire una parola, probabilmente diretto nell’infermeria, dove un guaritore gli avrebbe detto ciò che già sapeva, cioè che Rin si sarebbe svegliata solo quando il suo corpo avrebbe ripreso tutte le forze.

Se l’erano cavata, erano tornati, e Toga era certo che l’esperienza avrebbe avuto modo di insegnare loro più di una cosa.

Intanto, però, erano a casa e questo importava.


 

*



 

Quella sera, quando Inuyasha accompagnò Kagome nelle sue stanze non se ne andò subito, piuttosto entrò con lei, non intenzionato a lasciarla già andare e sfruttando ogni secondo che gli restava prima di abbandonare del tutto la razionalità – perché sapeva che se fosse rimasto troppo avrebbe ignorato del tutto i limiti che si era imposto finora per il bene di lei.

Senza troppi preamboli, si accasciò a braccia e gambe aperte sul futon preparato per la notte, sospirando forte; Kagome lo seguì, accucciandosi contro il fianco sinistro così che il mezzo demone potesse poi stringerla a sé. Per qualche minuto restare in quell’abbraccio fu abbastanza e nessuno dei due sentì il bisogno di riempire il silenzio, finché…

“Non mi sembra vero,” mormorò lui, lasciandosi andare a ciò che lo aveva roso dentro sin da quando aveva scoperto di Onigumo. “Non sembra vero essere finalmente liberi.”

Liberi dalla paura e dall’ansia, liberi di amarsi, liberi di vivere come volevano.

“Piani per l’immediato futuro?” gli rispose Kagome sorridendo.

Inuyasha abbassò gli occhi su di lei, ricambiando il sorriso. “Beh, se la persona che ho in mente accetta, vorrei organizzare una certa cerimonia. Qualcosa di piccolo e intimo, solo io, lei e le nostre famiglie. Credi che le piacerebbe?”

Non seppe definire subito quello che vide nel suo sguardo, poteva essere orgoglio – o forse ammirazione – misto all’ennesima conferma del suo amore per lui. Certo era però, che nessuno l’aveva mai guardato a quel modo, come se fosse la cosa più importante – sì, così lo faceva sentire quando lo guardava così – e che mai aveva sognato di essere l’oggetto di tanta attenzione.

E se all’inizio aveva dubitato, anche solo in minima parte, della sua veridicità, ora si ripromise che avrebbe fatto sempre in modo di essere la causa di quell’orgoglio nei suoi occhi.

“Sì,” annuì infine Kagome. “Credo proprio che le farà piacere.”

 

 

   
 
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