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Autore: Abby_da_Edoras    04/02/2024    3 recensioni
È buffo scrivere in un fandom in cui praticamente nessuno ha mai scritto o letto, ma io questa storia me la porto dietro da più di vent'anni, da quando vidi il film la prima volta, e anche a distanza di tanto tempo, per quanto assurda e impossibile sia, ci credo e ci sogno, tanto che adesso posso finalmente anche metterla in ordine e pubblicarla (e finire alla neurodeliri definitivamente!). Dunque, io sono quella che nelle ff salva tutti i personaggi e si inventa le ships più improbabili, no? Ed ero così anche vent'anni e più fa, per cui ecco a voi la mia follia: il soldato tedesco che Miller decide di liberare (e che qui ha un nome e una storia) non è un ingrato, bensì lo ritroveremo a Ramelle e arriverà in tempo per salvare Mellish! Quindi Miller e i suoi decideranno di prenderlo sotto la loro protezione e... e lui pian piano inizierà a provare qualcosa proprio per Mellish, il soldatino che ha salvato.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori del film Salvate il soldato Ryan.
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 26 e ultimo: Whatever it takes

 

I've opened every door
I always wanted more
I didn't have much to believe in
I searched the world for you
I found what's really true
It's your love that gives me a reason

Baby it's only you who can free my heart
I can't do it on my own
It seems like just yesterday I was in the dark

Whatever it takes I will be there
By your side baby anywhere
When you're lost and alone
I'll bring you home
I will come through for you
Whatever it takes…

(“Whatever it takes” – Belinda Carlisle)

 

Il ritorno in patria della Compagnia Charlie fu salutato con grande entusiasmo: la nave, appena giunta al porto, fu accolta da folle festanti e ovviamente dalle famiglie dei soldati, da tutte le personalità più importanti della politica e dell’esercito e da una pletora di giornalisti e fotografi. La storia tragica ma a lieto fine del soldato James Ryan fu raccontata in tutte le salse e anche la vicenda di Josef Saltzmann, il tedesco che aveva tradito il suo Paese per salvare dei giovani soldati americani… chissà come la stampa era venuta a conoscenza della vicenda ma, probabilmente, qualcuno prima o poi ci avrebbe scritto perfino un libro!

Dopo i primi giorni di caos, tuttavia, la situazione iniziò a tornare pian piano alla normalità e tutti poterono riprendere a pensare alle cose serie. Ryan tornò a vivere a Mansfield in Iowa con la madre e la fama ottenuta, suo malgrado, per la vicenda dei suoi fratelli e del suo salvataggio lo aiutò comunque a trovare subito un acquirente per la loro fattoria, ormai troppo grande da mandare avanti, e un’offerta molto vantaggiosa per l’acquisto di una più piccola che sarebbe stata perfetta per James e sua madre. Upham, Jackson, Wade e il Sergente Horvath tornarono a casa con le loro famiglie, ma solo Horvath sarebbe rimasto definitivamente a Minneapolis con i suoi: Upham, Jackson e Wade avevano altri progetti e il loro futuro era a New York, sarebbero restati con le loro famiglie solo qualche settimana per ritrovare e riabbracciare i loro cari.

Miller si ricongiunse subito alla moglie e ai figli che erano venuti ad accoglierlo al porto, ma poi spiegò loro che, prima di tornare a Addley, in Pennsylvania, dov’era la loro casa, avrebbe dovuto trascorrere del tempo a New York per assicurarsi che tutti i progetti dei suoi ragazzi andassero a buon fine e per aiutare Saltzmann ad ottenere asilo politico negli USA. Lui e la moglie ne avevano già parlato, ma la famiglia decise che, vista la felice conclusione della guerra, avrebbero festeggiato rimanendo anche loro a New York con lui e concedendosi una bella vacanza, così poi sarebbero tornati a casa tutti insieme. Miller fu molto felice della sorpresa e questo mitigò almeno in parte la sua preoccupazione… perché, dopo aver dato una rapida occhiata alla famiglia di Mellish, che era venuta ad accoglierlo al suo sbarco, aveva capito che aiutare il ragazzo non sarebbe stata affatto una passeggiata, anzi probabilmente sarebbe stato molto più difficile che mettere una buona parola per l’asilo politico di Saltzmann e l’ingresso nell’Accademia di Polizia di Jackson. Avrebbe dovuto usare tutta la sua pazienza e la sua diplomazia con i genitori di Mellish!

La famiglia di Mellish abitava a Yonkers, una città vicina a New York sulla riva orientale del fiume Hudson e il padre possedeva un’importante impresa di costruzioni in società con il figlio maggiore Benjamin. Erano dunque ricchi e abitavano in una elegante villa che ospitava i genitori del ragazzo, il fratello maggiore sposato e con un figlio e il fratello più giovane, Adam, che a settembre sarebbe partito per il college. La sorella di Mellish, Sarah, invece, abitava in una villetta a pochi isolati di distanza con il marito Daniel, un dentista, e due bambini piccoli. Insomma, per Miller fu subito chiaro che i genitori di Mellish erano fieri di ciò che avevano ottenuto e avevano progettato un futuro ben preciso per ognuno dei loro figli allo scopo di assicurare loro lo stesso benessere economico e un’eredità cospicua. Era molto difficile che accettassero di buon grado un qualsiasi altro progetto di vita. Miller decise quindi di non imporre la propria presenza per non peggiorare le cose e, durante i suoi primi giorni a New York, oltre a trascorrere del tempo con moglie e figli, si occupò prima di tutto di parlare con l’ufficio immigrazione per ottenere al più presto l’asilo politico per Josef e poi contattò un vecchio amico dell’esercito che adesso era Commissario del New York Police Department per riferirgli di Jackson che presto avrebbe fatto domanda per essere ammesso all’Accademia di Polizia. Si recò dunque a Yonkers per incontrare i genitori di Mellish dopo qualche giorno, sperando che in quel periodo la famiglia non avesse fatto troppe pressioni al giovane. Era indeciso se portare o meno con sé Saltzmann, ma poi decise per il sì: era importante che i genitori di Mellish comprendessero che quell’uomo aveva salvato la vita al loro figlio e che, per questo, il ragazzo si era preso la responsabilità di aiutarlo a integrarsi negli Stati Uniti, cosa che dimostrava una crescita e una maturazione importanti.

Purtroppo, però, i genitori del giovane erano veramente molto severi e rigidi e in quei pochissimi giorni trascorsi a casa sembrava che il povero Stanley fosse ritornato il ragazzino immaturo che era quando viveva ancora in famiglia.

“Sì, Stanley ci ha parlato di questa storia, del resto è anche su tutti i giornali, ma cosa dovremmo fare noi?” attaccò bruscamente il padre del ragazzo, Amos. “Non voglio neanche parlare di tutto quello che i Nazisti hanno fatto alla nostra gente, già solo per quello non dovremmo permettere a nessun tedesco, neanche a quelli che si sono opposti a Hitler, di mettere piede negli Stati Uniti! Ma lasciamo perdere questo, va bene, quest’uomo ha salvato la vita di Stanley, e adesso cosa vuole in cambio? Gli ha salvato la vita solo per poi rovinargliela? Mio figlio dovrebbe rinunciare a un futuro di prestigio come i suoi fratelli per occuparsi di questo tizio che farà… beh, al massimo l’operaio?”

“Signor Mellish, capisco benissimo la sua preoccupazione” replicò Miller, che in realtà era disgustato dalla grettezza di quell’uomo, “anch’io sono un padre e ci tengo a un futuro in cui i miei figli possano realizzarsi, ma… ecco, lei ha mai chiesto a Stanley cosa desidera veramente? Lei vuole che si associ anche lui all’impresa di famiglia, ma se a lui non interessasse?”

“Se a lui non interessasse? Cosa vorrebbe dire? Stanley non ha ancora ventun anni e non può capire cosa significhi il vero lavoro, come può sapere adesso cosa vorrà fare della sua vita? A questa età i ragazzi pensano solo a divertirsi con gli amici, agli sport e alle ragazze” obiettò l’uomo. “Non vorrà farmi credere che lei lascerà i suoi figli liberi di diventare, che so, saltimbanchi di strada o di lavorare in un circo?”

Mellish, dal canto suo, se ne stava in disparte senza osare neanche alzare lo sguardo su Miller né, tanto meno, su Josef. Sapeva che li stava deludendo, ma non aveva mai trovato la forza, in tutta la sua vita, di ribellarsi al padre. Anzi, l’unica scelta che aveva compiuto autonomamente era stata quella di arruolarsi volontario, e anche allora aveva comprato la benevolenza dei genitori sostenendo che voleva andare a combattere in Europa contro quei Nazisti folli e crudeli che uccidevano gli Ebrei!

“Certo che no, ma Stanley non andrà a lavorare in un circo o cose del genere” ribatté Miller, innervosito dall’ottusità del padre di Mellish. “A New York vivrà con alcuni dei suoi commilitoni, altri ragazzi con cui ha combattuto e che stanno scegliendo proprio in questi giorni il loro futuro. C’è chi diventerà un medico, chi un poliziotto, chi uno scrittore… e, nel frattempo, tutti loro aiuteranno Josef Saltzmann a trovare un lavoro e una casa, a imparare bene l’inglese, insomma, a integrarsi. Mi sembra una decisione molto generosa da parte di Stanley e dei suoi compagni e io sono molto orgoglioso di loro.”

“Beh, sono contento per lei, ma io non sono affatto orgoglioso di un figlio che vuole buttare via la sua vita per fare da balia a un crucco!” esclamò irato Amos Mellish, dimostrando che alla fine non solo i tedeschi erano dei razzisti… “Stanley ha già perso anni preziosi per colpa della guerra, ma è ancora in tempo per andare al college, laurearsi e trovare un lavoro degno di lui, se proprio non vuole entrare nell’impresa di famiglia!”

Il pensiero del futuro che gli si offriva se fosse rimasto in famiglia apparve a Mellish come un tunnel oscuro, asfissiante e infinito. Come poteva restare a lavorare con suo padre e suo fratello che non capivano un bel niente di ciò che aveva passato, senza mai poter parlare con nessuno dei suoi incubi e dei traumi che ancora lo tormentavano? E come avrebbe potuto sopportare di andare a un qualsiasi college dove i compagni sarebbero stati tutti più giovani e sciocchi di lui, gente che magari si era iscritta al college per avere la scusa di non arruolarsi, gente che davvero non aveva altro in mente che i divertimenti e le ragazze? No, non poteva, sarebbe morto!

“Io non voglio lavorare nell’impresa di famiglia e non voglio andare al college” riuscì a dire con la forza della disperazione.

Il padre si voltò verso di lui, fissandolo come se fosse diventato improvvisamente pazzo.

“Ah. E che cosa vorresti fare, allora, sentiamo? Quali grandi piani hai per il tuo futuro, oltre che badare a questo crucco che, magari, sarà anche meglio dei suoi connazionali, ma non ha mai fatto niente per noi?”

A quelle parole un lampo passò negli occhi del giovane.

“Non ha mai fatto niente? Ma ti ascolti quando parli, almeno? Josef Saltzmann mi ha salvato la vita! Ha ucciso un suo compagno per salvare me, non è abbastanza?” esclamò.

“Ma sì, la sappiamo la storia, è stato furbo, glielo concedo. A quel punto era chiaro che gli Alleati avrebbero vinto la guerra e lui ti ha salvato e poi si è arreso per avere l’opportunità di salvarsi la pelle e venire negli Stati Uniti” fece il padre, caustico. “Sono più vecchio di te, figliolo, e questi trucchetti li conosco tutti. Magari pensava anche di guadagnarci dei bei soldi, salvando un ragazzo ebreo, tanto si sa che gli Ebrei sono tutti dei ricconi, non è così, mangiacrauti?”

Miller afferrò per un braccio Josef, temendo che il tedesco reagisse con la sua solita spontaneità e semplicità e dicesse di aver salvato Mellish perché lo amava o cose del genere, e allora sì che sarebbe   stato un vero disastro. Ma lo aveva sottovalutato, perché Saltzmann prese un lungo respiro per controllarsi prima di rispondere con pacatezza.

“Io salvato vostro figlio perché stanco di guerra. Mia famiglia morta per bombardamenti e io rimanere solo. Io non volere più altro sangue di giovani vite, solo questo. Non soldi, non bella vita, solo pace” disse.

I fratelli di Mellish, Adam e Benjamin, che erano di un’altra generazione e quindi non ottusi come il padre, rimasero colpiti dalle parole del tedesco e iniziarono a capire perché il loro fratello aveva deciso di ricambiare il favore. Si rendevano conto, loro, di quanti ragazzi della loro età non fossero più tornati a casa e di quanto fossero fortunati ad essere vivi e con le loro famiglie sane e salve. Per tanti non era stato così. Anche per quel Josef Saltzmann non era stato così.

“Papà, ora stai esagerando” disse Benjamin, il figlio maggiore. “Quest’uomo ha messo a rischio la sua vita per salvare quella di Stanley, perché sappiamo bene che, se i Nazisti lo avessero scoperto, lo avrebbero fucilato su due piedi. Ed è questo il modo di ringraziarlo?”

“Questo è vero, Amos” concordò la madre di Mellish, Ruth, che fino a quel momento era sembrata in perfetto accordo con il marito. “Neanche a me piace pensare che Stanley se ne vada a New York e trovi un lavoro qualunque pur di restare accanto ai suoi commilitoni e all’uomo che gli ha salvato la vita, ma non riesco a non pensare a tante madri che, invece, i figli li hanno riavuti indietro solo in una bara… e a volte neanche quella. Se non ci fosse stato quel tedesco, Stanley ora non sarebbe qui e… e se in cambio volesse anche metà del nostro patrimonio, io glielo darei!”

A quel punto la donna scoppiò in lacrime e Mellish andò ad abbracciarla.

“Dai, mamma, non fare così. Io sono qui, sto bene, sono tornato” mormorò affettuosamente. Ma anche lui non poté fare a meno di pensare alla madre di Caparzo, che non avrebbe mai più riabbracciato suo figlio…

“E va bene, siete tutti d’accordo, allora. Fate pure quello che volete, andatevene a New York, andate a fare i senzatetto per le strade, non mi importa più niente!” gridò il padre di Mellish, rendendosi conto di avere tutti contro.

“Non le importa neanche che suo figlio sia vivo? Che sia sano e salvo? Io ho visto morire tanti e tanti ragazzi sotto il mio comando e per me anche una sola vita è preziosa, nonostante Stanley non sia mio figlio” commentò Miller. “Comunque sia, lei ha dato il suo consenso e quindi Stanley verrà a New York con noi, dove ritroverà i suoi compagni. Naturalmente voi siete la sua famiglia e potrete andarlo a trovare quando vorrete, New York e Yonkers sono molto vicine.”

“Se lo può scordare. Io non andrò da nessuna parte finché mio figlio non metterà giudizio!” tagliò corto l’uomo.

Suo figlio ha molto più giudizio di lei, anche se è così giovane, pensò Miller, ma non lo disse, non voleva rovinare ancora di più la situazione. Aveva ottenuto ciò che voleva e Mellish aveva trovato l’appoggio della madre e dei fratelli. Li lasciò da soli perché si salutassero e uscì sul portico con Josef.

“È andata bene, Capitano? Io potere abitare con Stan?” domandò il tedesco.

“Sì, è andata bene, e anche grazie a te, hai detto poche frasi ma venivano dal cuore e chi doveva capire ha capito” rispose Miller.

Poco dopo, Mellish uscì anche lui dalla villa con in mano una grossa valigia, pronto per partire. Miller aveva preso a noleggio un’auto per quei giorni, salirono a bordo e si avviarono in direzione New York. Mellish sembrava sollevato per essersi potuto spiegare almeno con la madre e i fratelli, ma c’era qualcosa che continuava a turbarlo e Miller lo vedeva, ma non voleva forzarlo a parlarne.

Quella sera, tuttavia, nella piccola e modesta camera d’albergo che lui condivideva con Saltzmann, Mellish aprì il suo cuore al tedesco.

“Mi dispiace tantissimo, Josef, non solo per le cose orribili che mio padre ti ha detto, ma anche perché io non ti ho difeso, io non ho detto nulla… insomma, ero disgustato e mi vergognavo, ma non ce la facevo a dire niente, non riuscivo a oppormi a lui” mormorò, a occhi bassi.

Saltzmann gli prese il viso tra le mani e lo attirò a sé.

“Io so che tu non volere quelle cose, tuo padre brutta persona, ora io capire perché tu paura quando io dicevo che in America noi stare insieme” lo rassicurò con dolcezza. “Io non volere che tu triste, ora noi insieme e pian piano trovare casa e lavoro, qualsiasi cosa che accadere noi poter superare perché noi insieme.”

Mellish lo abbracciò, forse per la prima volta fu lui a farlo spontaneamente, ma quella era una sera speciale per tutti e due.

“Mentre lui diceva quelle cose io… io ho capito che… che ti amo, ti amo davvero, Josef, sono stato fiero di come ti sei difeso davanti a lui e ho sentito che ti amavo e che ero fortunato ad averti. Non te l’ho mai detto prima, forse me ne sono accorto veramente solo oggi, ma io ti amo e sarò felice di vivere e di condividere tutto con te… qualsiasi cosa succeda” sussurrò il giovane tra le sue braccia.

“Mio Stan!” esclamò felice Josef (ora sì che lo poteva dire senza timore che lo sentissero le persone sbagliate…).

Strinse tra le braccia il suo giovane soldatino e lo distese sul letto con sé, accarezzandolo dolcemente e iniziando a baciarlo profondamente fino a unire e confondere i loro respiri e godere di ogni singolo istante, mentre Mellish, smarrito, dimenticava ogni preoccupazione nell’abbraccio avvolgente del tedesco e lo accoglieva con amore e spontaneità. Per molto tempo ogni altra cosa scomparve, spazio e tempo si confusero in un crescendo di dolcezza, calore ed estasi, fino alla fine, quando i due poterono stringersi in un abbraccio tenero e confortevole e lasciarsi vincere dalla dolcezza del sonno. Perché solo stretti l’uno all’altro, nel calore e nella tenerezza del ritrovarsi ancora una volta, Mellish e Saltzmann potevano riavere la pace e la serenità perdute e riposare, finalmente liberi da ostacoli, turbamenti e brutti pensieri, due persone che si amavano e che si erano trovate per completarsi e rendersi felici vicendevolmente. La guerra era finita e loro due, un tedesco e un ebreo americano, con il loro amore avevano combattuto il Nazismo, il genocidio degli Ebrei e tutte le atrocità, dimostrando che l’amore era più forte e potente di ogni odio e distruzione. Avevano creato un ponte e un legame tra due popoli che il conflitto avrebbe voluto nemici, e insieme agli amici di Mellish e alle scelte delle loro giovani vite (Wade sarebbe diventato un medico, Upham uno scrittore, Jackson un poliziotto, ma anche gli altri avrebbero preso le decisioni giuste per una vita serena e pacifica), avrebbero gettato le basi di un mondo nuovo, fondato sulla giustizia, la pace, la solidarietà e la fratellanza.

Qualsiasi cosa fosse accaduta e a qualunque costo.

 

FINE

 

 

 

 

   
 
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