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Autore: PrimPrime    04/02/2024    2 recensioni
Emily Lewis è sorpresa quando riceve la sua lettera per Hogwarts, ma inizia a frequentare la scuola con grandi aspettative.
Quello che una nata babbana come lei non sa, però, è che cinque anni prima in quella stessa scuola ha avuto fine una guerra che aveva spaccato in due il mondo magico.
Inoltre non sa che i pregiudizi tra i maghi non sono del tutto spariti, come anche la competizione e l’antipatia di una casa verso l’altra.
E così Emily, quando stringe le sue prime amicizie e viene smistata in una casa diversa dalla loro, non ha idea di cosa l’attende.
In quella scuola dove un tempo si era combattuta una guerra, dove in qualche modo lei riuscirà a sentirsi al sicuro, non sa che verrà messa alla prova da sfide ben più complicate di un compito in classe.
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Leggendo questa storia conoscerai Emily e i suoi amici, e li seguirai in un percorso di crescita ed evoluzione che avrà inizio al primo anno scolastico e continuerà fino al settimo e oltre.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Filius Vitious, Horace Lumacorno, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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CAPITOLO 39



 
Emily in qualche modo riuscì a prendere sonno e a dormire fino al mattino successivo, ma per lei fu una notte travagliata e piena di incubi. Quando si svegliò era ancora scossa, ma essere sveglia significava niente più brutti sogni.

Si mise a sedere e, guardandosi intorno, notò che le amiche stavano finendo di prepararsi per le lezioni.

Sospirò. Non se la sentiva di lasciare la sua stanza e non voleva vedere nessuno. Decise che non sarebbe uscita né per fare colazione né per andare a lezione, per non sentire gli sguardi degli altri su di sé. In particolare non voleva vedere Cecil, perché temeva di non riuscire a guardarlo negli occhi.

“Buongiorno Emily, come ti senti?” le chiese Patricia avvicinandosi cautamente.

Qualcosa nella sua espressione le fece sospettare che Blue avesse spiegato loro la situazione e questo la fece sentire molto a disagio. Si tirò su le coperte perché la coprissero fino al collo.

“Non molto bene…” ammise, a sguardo basso.

“Ti abbiamo sentito agitarti nel sonno. Vuoi che chieda a Madama Chips una pozione che ti aiuti a dormire?” domandò Ana raggiungendola a sua volta.

“No… passerà,” disse semplicemente, anche se temeva che non sarebbe stato così.

Si era presa uno spavento tremendo ma era riuscita a reagire e a scappare prima che fosse troppo tardi. Insomma, anche se si sentiva uno straccio pensava che le sarebbe potuta andare molto peggio. Lo pensava... e questo la faceva sentire ancora più male.

“Oggi non scendo a colazione… e non vengo nemmeno a lezione.”

Le due si scambiarono un’occhiata preoccupata. Non era da lei, se ne rendeva conto da sola, ma avrebbe fatto un’eccezione. Sentiva di averne tutto il diritto, anzi in quel momento non le importava cosa potesse o non potesse fare.

Tornò sdraiata dando loro le spalle e così facendo notò la sua borsa sul comodino. Doveva avergliela riportata Blue.

Sospirò. Se non fosse stato per lei forse si sarebbe chiusa in se stessa, non avrebbe detto nulla alla preside e poi… Poi cosa? Non riusciva nemmeno a immaginarlo, ma era certa che sarebbe stato molto peggio.

In realtà si sentiva uno schifo per averlo detto, perché quello era un segreto decisamente imbarazzante che la faceva stare male. Avrebbe voluto dimenticarsene e basta, ma non poteva. Se lo sentiva cucito addosso e lo vedeva negli sguardi addolorati degli altri.

Inoltre i suoi incubi l’avevano tormentata con le immagini di ciò che era successo e tanto altro. Aveva sognato persino il professore che le diceva che era tutta colpa sua, perché era stata lei a provocarlo, e per un attimo le parve che fosse davvero così. Fu solo un attimo, però.

Quando le amiche l’avrebbero lasciata da sola, per prima cosa si sarebbe fatta un bagno nella speranza di togliersi di dosso quella viscida e scomoda sensazione.

“Possiamo fare qualcosa per te?” le chiese Patricia, con voce gentile.

“No… Anzi, una cosa ci sarebbe. Non fate entrare qui nessun ragazzo.”

“Va bene. Riposati.”

Emily annuì impercettibilmente, le sentì uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle. Inspirò profondamente per farsi forza, percependo che le serviva molto coraggio anche solo per togliersi di dosso le coperte, alzarsi e andare a lavarsi nel bagno della loro camera.

 
Era ora di pranzo quando il rumore della porta la svegliò di soprassalto, interrompendo il suo ennesimo incubo. Si voltò, bacchetta alla mano, ma si rilassò subito dopo notando che si trattava solo di Blue.

La ragazza teneva in mano un grosso sacchetto e le stava rivolgendo un sorriso gentile.

“Buongiorno Emily, ti ho portato il pranzo,” annunciò, ostentando un’allegria che però non toccava i soliti livelli.

Senza fiatare lei si mise seduta e le fece segno di raggiungerla a letto, quindi Blue le si accomodò accanto e tirò fuori il contenuto del suo sacchetto.

“Mangiamo insieme, okay?” aggiunse, passandole una forchetta e prendendone un’altra per sé.

“Grazie… Chi ti ha fatta entrare?”

“Le tue amiche Celery e Ward,” rispose, iniziando a mangiare per prima.

Emily annuì e prese in mano un piatto.

“Scusa se ti ho fatta preoccupare…”

“Non mi hai fatta preoccupare! Cioè, hai solo saltato erbologia e difesa contro le arti oscure, tutto nella norma. Ah, ti ho portato gli appunti miei e di Cecil,” disse, prendendoli subito dalla borsa e mettendoli sul suo comodino.

“A proposito, a loro hai detto qualcosa? Ad Ana, Patricia e… a Cecil?” domandò a sguardo basso, sentendo lo stomaco che si chiudeva.

Quando tornò a guardare Blue, la trovò che giocherellava con il suo cibo con aria colpevole.

“Mmh… Qualcosa, sì…” ammise, senza smettere di fissare il piatto.

“E cosa?” insistette Emily, preoccupata.

Finalmente Blue si decise a guardarla in faccia, forse perché la sua domanda era suonata carica d’ansia.

“Ho detto a tutti e tre la stessa cosa… cioè che qualcuno ti ha fatto del male, ma che la preside lo sa e lo caccerà da Hogwarts.”

Emily annuì, grata. Non aveva detto nello specifico cos’era successo né chi era stato, e questo per lei era molto importante.

“Aspetta, vuoi dire che lui è ancora qui?” domandò sentendosi rabbrividire.

“Sì,” rispose Blue con un sospiro. “La McGranitt mi ha detto di riferirti che lo ha licenziato, ma starà al castello finché non trova un sostituto per babbanologia, quindi la cosa non è ancora ufficiale.”

Emily si sentì mancare il respiro.

“E quanto tempo ci vorrà?” chiese, ma era più una lamentela che una vera domanda.

Non voleva uscire dal dormitorio e rischiare di ritrovarselo davanti, quello sì che sarebbe stato un incubo.

“Non ne ho idea, ma non molto credo. La preside era arrabbiata e anche preoccupata per te, è chiaro che non vede l’ora di liberarsene. Cerchiamo solo di avere fiducia in lei. Nel frattempo, quando esci dimmelo così vengo con te oppure chiedilo a qualcun altro.”

“No, io da qui non esco,” affermò, decisa. “Non me la sento, non voglio vedere nessuno né rischiare di vedere lui,” continuò, agitata.

Blue le tolse il piatto di mano e la strinse in un abbraccio. Emily, inizialmente spaventata, si ripeté mentalmente che era la sua migliore amica e ricambiò la stretta, appoggiando il viso sulla sua spalla e inspirando il suo dolce profumo.

“Va tutto bene, puoi rimanere qui quanto vuoi e sono certa che nessuno avrà da ridire. Quello là non lo rivedrai mai più, te lo prometto.”

Annuì sulla sua spalla e inspirò ancora per calmarsi, quindi Blue la lasciò libera e le rivolse un sorriso.

“Sai, questo cibo viene dal tavolo di Tassorosso,” dichiarò poi, restituendole il piatto. “Dicono che al nostro tavolo venga servito il più buono, perciò ci tenevo a portartelo. È un’occasione più unica che rara, quindi goditelo,” scherzò.

“Grazie. In effetti è molto buono,” rispose Emily, sforzandosi di mangiare ancora un po’.

 
“Cecil… come l’ha presa?” si obbligò a chiederle dopo il pasto, perché il pensiero non le dava pace.

“In un modo molto poco da Cecil: ha dato di matto. Voleva che gli dicessi chi ti aveva fatto cosa, ma non lo farò. E poi voleva venire qui con me, ma Celery e Ward gli hanno detto che non poteva entrare e si è arrabbiato con loro.”

Emily abbassò lo sguardo e fece un sorriso amaro.

Si era arrabbiato per lei… e un po’ ce lo vedeva, in effetti, dato che avevano litigato una volta. Però arrabbiarsi per lei era una cosa diversa, che non riusciva a immaginare. Invece era in grado di immaginarlo deluso per quella storia, purtroppo.

“Non me la sento di incontrarlo dopo ciò che è successo… Ho paura di come mi guarderà, di quello che penserà…” sospirò.

“Ma tu non l’hai mica tradito! Sei la vittima qui e Cecil non te ne farà nessuna colpa,” sottolineò Blue.

Lei scosse la testa.

“Non voglio che mi veda nemmeno come una vittima,” disse, ma c’era dell’altro.

Si sentiva sporca e, per questo, le sembrava di aver fatto un torto a Cecil.

Blue rimase lì a rassicurarla per un po’, e tentò di tirarle su il morale con qualche battuta delle sue.

“Adesso devo andare, ho cura delle creature magiche. Non vado perché mi piace, ma per prendere gli appunti per te, sia chiaro! Quindi mi devi un bel po’ di dolci!”

Emily accennò un sorriso e la salutò.

Era di nuovo sola, di nuovo in balìa dei pensieri negativi.

 
Trascorse i giorni successivi nella quasi totale apatia, rimanendo a letto il più possibile. A colazione e a pranzo veniva raggiunta da Blue, invece la cena gliela portavano le sue compagne di stanza.

Le amiche provavano a tirarle su il morale e lei dava loro corda, ma non riuscivano davvero nell’intento. Quando era sola, invece, ascoltava musica per cercare di non pensare.

Riusciva solo a rimuginare su cose negative, a domandarsi come avrebbe fatto a dirlo ai genitori, o a guardare in faccia Cecil.

In quanto ai suoi genitori, aveva scritto loro una lettera qualche giorno prima ma in essa aveva finto che andasse tutto bene. Non era ancora il momento e, forse, avrebbe preferito farlo di persona, anche se sarebbe stato ancora più difficile.

In quanto a Cecil, non si sentiva degna della sua attenzione. L’idea che un altro uomo l’avesse toccata e che lei non fosse riuscita a impedirlo era qualcosa che la tormentava senza darle via d’uscita.

Di notte poi sognava tutto di nuovo, come se fosse intrappolata in un circolo vizioso senza fine.

Era stanca, stanca di tutto. Non ci mise molto a capire che una via d’uscita c’era e si trattava di tornare a lezione. Sarebbe stato difficile, certo, ma doveva ricominciare a vivere.

Ricopiare gli appunti dei suoi amici e leggere gli argomenti persi dai libri di testo non le bastava, né riusciva a distrarla davvero. Ormai le era chiaro che se non fosse uscita da quella stanza non sarebbe cambiato niente.

Quel mattino, quando disse ad Ana e a Patricia che sarebbe andata a colazione con loro, le due ragazze sgranarono gli occhi. Non riuscivano a crederci.

Emily si lavò e si vestì notando di essere dimagrita un po’ e di avere le occhiaie. Prese la borsa, l’occorrente per le lezioni del mattino e si incammino con le amiche.

Nella sala comune c’erano dei ragazzi che chiacchieravano e lei si sentì mancare il fiato. Tenne lo sguardo incollato al pavimento mentre camminava, con loro ai lati come a farle da scudo.

“Eccovi, andiamo a colazione? Ah, Lewis…”

Riconobbe che a parlare era stato Nathan, ma si sentì male e non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo su di lui.

Ana si allontanò da lei di qualche passo per raggiungerlo.

“Vai con gli altri oggi e gira a largo, okay? Parliamo più tardi,” gli disse.

Emily non sentì il ragazzo rispondere, si limitò a seguire le due compagne fuori dal dormitorio. Nei corridoi si sforzò di alzare il viso per guardarsi intorno. Nessuno sembrava interessato a lei e fu un sollievo, ma non era niente in confronto alla paura di incontrare Fiery per caso.

Raggiunta la sala grande, osservò con timore il tavolo dei professori e quando poté confermare che lui non c’era tirò un sospiro di sollievo. Seguì le amiche al solito posto e iniziò a mangiare con loro, anche se aveva poco appetito.

“Emily!” esclamò Blue, che l’aveva raggiunta. “Che bello rivederti qui,” continuò, accomodandosi accanto a lei.

“È bello anche per me,” rispose quasi a bassa voce, accennando un sorriso che non era davvero genuino.

Poi con lo sguardo esaminò di nuovo il tavolo dei professori per assicurarsi che non fosse arrivato Fiery.

“Lui non c’è, non è più sceso in sala grande,” le sussurrò Blue, che doveva aver notato la sua preoccupazione. “La McGranitt mi ha assicurato che esce dalle sue stanze solo per fare lezione.”

Emily annuì e strinse i pugni.

Ciò che le aveva fatto… lo sentiva ancora sulla pelle. L’idea che forse lo avesse già fatto ad altre in passato, e che ancora insegnasse, le faceva venire il voltastomaco. Posò il cucchiaio nel suo piatto e sospirò.

Sempre più persone stavano entrando nella sala grande ma nessuno sembrava fare caso a lei. Tutti erano impegnati con altre questioni e ciò la rincuorava, almeno in parte. Quando però vide Cecil insieme al suo gruppo di amici Grifondoro provò l’impulso di nascondersi dietro a Blue.

Sapeva di aver fallito nel suo intento, perché poco dopo sentì dei passi veloci farsi sempre più vicini.

“Emily…”

Sobbalzò. La voce di Cecil era gentile e cauta, eppure lei non la sentiva da giorni e aveva temuto tanto quel momento. Le servì molto coraggio per alzare lo sguardo su di lui e vederlo dispiaciuto le fece male.

“Ehi Berrycloth, qui stiamo avendo un momento per sole ragazze,” gli disse acidamente Ana, guardandolo in cagnesco.

Cecil esitò per un secondo guardando prima tutte loro, poi di nuovo Emily e infine la bionda Serpeverde.

“Certo, scusate…”

“No… Puoi restare,” lo richiamò Emily, guadagnandosi le loro occhiate sorprese.

Cecil si schiarì la voce e si sedette accanto a Blue, gesto che colpì molto Emily. Sì, perché in tutti quegli anni lui non si era mai unito a lei al tavolo dei Serpeverde, né a quello di Tassorosso quando lei e l’amica si trovavano lì.

“Mi sei mancata in questi giorni,” disse solo, visibilmente imbarazzato perché le altre tre lo stavano fissando.

Dopo aver parlato, come se niente fosse, si servì la colazione.

Emily non ebbe il coraggio di replicare ma anche lui le era mancato molto.

La prima lezione della mattina era trasfigurazione con i Grifondoro. Prendendo coraggio, Emily chiese a Cecil di accompagnarla quindi si incamminarono verso l’aula insieme, con Ana e Patricia davanti ad aprire la strada.

All’inizio tra loro calò il silenzio. Cecil probabilmente non sapeva cosa dire, Emily invece aveva un’infinità di cose per la testa, troppe per riuscire a metterle a parole. Camminò a sguardo basso assicurandosi solo di rimanere al suo fianco, e trascorse un minuto buono a cercare di fare ordine tra i pensieri.

“Mi dispiace di averti fatto preoccupare… Blue mi ha detto che ti sei arrabbiato con Ana e Patricia, perché non ti hanno fatto entrare nel dormitorio, ma glielo avevo chiesto io…”

“Non mi devi delle scuse e non sei tu ad avere colpe,” sottolineò lui, con una nota di sicurezza nella voce.

Emily annuì.

“Anche tu… mi sei mancato… ma avevo paura di vederti,” ammise, a fatica.

“E perché mai?” chiese, rivolgendole uno sguardo preoccupato.

“Perché adesso mi sento una stupida… un’ingenua, una debole…” rispose, sentendo gli occhi farsi umidi.

Si sentiva anche sporca, ma questo non lo disse.

“Non lo sei! E se devo essere io a ricordartelo, lo farò ogni volta che servirà!”

“Non credo che basterebbe ricordarmelo…” sospirò.

Lo vide avvicinarsi di più e si spostò d’istinto, spaventata, rivolgendogli uno sguardo allarmato. Forse voleva abbracciarla? Lei non lo sapeva, aveva solo percepito il pericolo.

“Scusa, non avvicinarti più di così,” lo pregò, dispiaciuta.

Erano arrivati all’aula ormai, ma una volta qui Emily indugiò.

“Lo capisco se vuoi sederti con le tue amiche,” disse lui, vedendola ferma sulla porta.

“No… Invece vorrei sedermi con te.”

Prendendo coraggio, lo seguì fino al solito posto e si accomodò. Durante la lezione riuscì inaspettatamente a concentrarsi, anche se i pensieri negativi non erano spariti del tutto. Inoltre notò che Cecil stava ben attento a non avvicinarsi troppo, nemmeno per sbaglio muovendo il braccio destro mentre prendeva appunti.

La professoressa Valence Rain non commentò la sua assenza degli ultimi giorni, cosa che le diede la spiacevole sensazione che la preside avesse informato il corpo insegnanti. Malgrado questo non si sentì osservata in modo diverso, né da lei né dagli altri compagni.

A fine lezione mise via il libro, gli appunti e sospirò. Era stato particolarmente difficile stare lì, tanto che avrebbe voluto una pausa.

“Emily, verresti con me in un posto?” le chiese Cecil, alzandosi per primo.

“Ho antiche rune adesso…” rispose, preoccupata.

“Ma non è triste andarci da sola?”

“Veramente anche io frequento antiche rune,” puntualizzò Ana, appena comparsa al suo fianco.

Cecil si vergognò di ciò che aveva detto ma non aggiunse altro. Si limitò a offrire la mano a Emily. Lei esitò per una manciata di secondi, sentendosi soffocare al solo pensiero di toccarlo. Alla fine scosse la testa per fargli capire che non poteva, ma si alzò comunque.

Uscirono insieme dall’aula, mentre Ana esclamava che le doveva un favore perché le avrebbe prestato i suoi appunti.

Fu molto strano passeggiare per i corridoi di Hogwarts con Cecil, diretta verso una meta ignota, anziché recarsi a lezione. Strano, ma bello.

Lui si teneva distante, ma lei lo sentiva comunque vicino.

Camminarono fino alle scale che conducevano alla torre di astronomia, poi il ragazzo si fermò e le rivolse uno sguardo carico di insicurezza.

“Se è un posto troppo isolato e ti senti a disagio, andiamo da un’altra parte,” le propose, ma Emily scosse la testa.

Era davvero un posto isolato, ma non temeva che succedesse qualcosa di brutto perché non era sola, sarebbe stata con lui.

“Per me va bene, ma… perché andiamo sulla torre di astronomia? E tu non avevi divinazione a quest’ora?”

“Non mi importa di divinazione,” rispose e sospirò. “Vorrei parlarti di una cosa e spero che tu voglia ascoltarmi… quindi ho pensato a un posto dove non ci disturberà nessuno.”

Sorpresa e curiosa, Emily annuì e lo seguì su per le scale.





Note di quella che scrive

Aggiornamento notturno, capitolo breve, ma stavolta va così. Spero di aver reso bene lo stato d'animo di Emily, ma temo di aver fallito miseramente...
E a proposito, se secondo voi la storia dovrebbe avere un rating rosso a causa di ciò che avete letto nello scorso capitolo, fatemelo sapere. Accetto suggerimenti.

Adesso siamo in una terza fase della storia, che inizia proprio con "il dopo" e che ci accompagnerà fino alla fine.

Quando ho pubblicato il primo capitolo di questa storia, ormai avevo già terminato di scriverla ma stavo ancora lavorando a degli extra. Stasera ho finalmente finito di scriverne uno che mi stava facendo penare, ed era l'unico che mi mancava. Insomma, ero felice e così ho deciso di postare subito questo capitolo.

Spero che il precedente non vi abbia sconvolti troppo, e che rimarrete comunque per scoprire cosa succederà da adesso in poi.

Alla prossima!
   
 
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