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Autore: Zobeyde    07/02/2024    3 recensioni
Solomon Blake si è sempre considerato ben lontano dall’essere un eroe, e i motivi che lo hanno portato, nell’autunno del 1888, nel cuore fumoso della Londra vittoriana, non sono certo dei più altruistici. Ma qualcosa di oscuro si aggira tra i vicoli nebbiosi dell’East End, qualcosa che continua a mietere vittime e che niente sembra in grado di contrastare, persino la magia; cinque morti agghiaccianti, culminate con il rapimento della giovane e facoltosa Arabella, spingeranno l’Arcistregone dell’Ovest a mettersi sulle tracce di uno dei più spietati serial killer della storia, grazie all’aiuto di due improbabili alleati: un demone chiacchierone e combinaguai, e un umile pittore con un pericoloso segreto…
Genere: Comico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IV.
NELLA PERIGLIOSA MIA DISCESA

 
 
 
Solomon si materializzò in pochi istanti di fronte all’elegante facciata di casa Waldegrave; le finestre erano tutte buie, e dall’interno non provenivano rumori.
«Tieniti pronto» mormorò al corvo albino sulla sua spalla.
Diede un paio di colpi alla porta con l’impugnatura del bastone e un minuto dopo, sulla soglia apparve Rosemary Waldegrave in persona, che reggeva in mano un candelabro acceso.
«Signor Blake!» esclamò. «Che inaspettata sorpresa!»
«Perdonate l’ora tarda, milady. Ma ho bisogno di parlarvi con urgenza.»
Non gli sfuggì che il bel volto della dama era pallido e teso, e che i suoi occhi saettavano da un capo all’altro della strada. «Molto bene. Prego.»
A parte per la luce ondeggiante del candeliere, il vestibolo era immerso nel buio.
«È saltata la corrente» spiegò la padrona di casa. «E poi dicono che l’energia elettrica sia il futuro! Sfortuna vuole che abbia anche dato ai domestici un giorno di riposo…!»
«Lady Walvedrave» la interruppe Solomon. «Sono qui per Arabella, potrebbe essere in grave pericolo.»
Lei fece una risatina. «Oh, non dovete preoccuparvi! Quella bricconcella è ritornata a casa ieri sera. Un semplice colpo di testa, cose da adolescenti!»
Solomon non se la bevve. «Se non vi dispiace, voglio accertarmi che stia bene. Mi avete assoldato per proteggerla, dopotutto, no?»
«Siete molto gentile, ma non ce n’è bisogno. E poi, a quest’ora starà dormendo…»
«Rosemary» disse Solomon, fissandola attentamente. «Vostro marito non è mai ripartito per l’Africa, non è così?»
Il sorriso della donna vacillò. «N-non so di cosa parliate…»
«In questi mesi non si è mai mosso da Londra» continuò Solomon. «E voi avete coperto i suoi crimini nei bassifondi.»
Lady Waldegrave trasalì, oltraggiata. «Come osate rivolgere simili accuse a un valoroso soldato di Sua Maestà!?»
«Vi ha costretta?»
Lei si pietrificò.
«Ha minacciato di farvi del male?» incalzò lo stregone. «O di farne ad Arabella? È per questo che lo state proteggendo. Per questo fate tutto quello che vi dice.»
Lady Wandegrave sembrò andare nel panico. Il suo colorito si fece ancora più terreo e gli occhi le si riempirono di lacrime. «È un mostro» sussurrò, le labbra tremanti. «Ho commesso un terribile errore a sposarlo, e adesso…oh, che Dio mi perdoni! Quelle povere ragazze…!»
«Va tutto bene» tentò di rassicurarla Solomon. «Sono qui per fermarlo. Voi e vostra figlia siete solo vittime in tutto questo, e vi prometto che sarete al sicuro.»
Lei deglutì e fece un segno di assenso. «È in cantina. Con Arabella.»
«Fatemi strada.»
Lo guidò nei tetri meandri della grande casa, fino a una porta chiusa. Con mano malferma, afferrò il pomello e lo girò, mostrando una scala di legno che si perdeva nel buio.
«Voi aspettate qui» disse Solomon. «Tra poco sarà tutto finito.»
Due grosse lacrime scivolarono lungo le guance della donna. «Non so come ringraziarvi, signor Blake. Siete il nostro salvatore!»
Senza perdere altro tempo, lui scese vigile e silenzioso nella fitta oscurità. Si ritrovò in un enorme sotterraneo illuminato dai bagliori aranciati di un inceneritore, e subito il naso di Solomon fu aggredito dal tanfo di sangue putrido e carne bruciata, che gli rivoltò lo stomaco.
Un uomo gli dava le spalle, ma, anche nella penombra, il cappotto della marina inglese era inconfondibile. Era chino su un tavolo da lavoro, su cui erano allineati diversi oggetti: una sfilza di coltelli, uncini e seghe di varia grandezza, rotoli di papiro, e poi vasi canopi dai coperchi a forma di teste animali.
C’era anche Arabella, legata a una sedia e imbavagliata, che si divincolava strenuamente. Non appena si accorse di Solomon, la ragazza emise un mugolio soffocato.
«Waldegrave!» tuonò lo stregone, avanzando nella stanza. «Allontanatevi immediatamente da quella ragazza e arrendetevi! Ho scoperto le vostre malefatte!»
L’uomo drizzò la schiena e si volse lentamente. Tra le braccia reggeva una balestra carica, e sorrideva.
«Ben arrivato, mr Blake!» I lampi incandescenti della fornace distorcevano in modo grottesco i suoi lineamenti, dandogli un’aria da folle. «La stavamo giusto aspettando!»
Solomon evocò all’istante una barriera magica, ma quando il dardo partì, sibilando come un calabrone attraverso la stanza, non colpì lui.
Colpì in pieno Wiglaf.
Il corvo emise uno strillo terribile e venne infilzato contro la parete, dove rimase bloccato a sbattere freneticamente le ali, in un vorticare di piume bianche.
Fu come se una lama arroventata fosse penetrata sotto la scapola di Solomon, paralizzandolo. Sbalordito, lo stregone si portò una mano al cuore, mentre le gambe cedevano e crollava in ginocchio e senza fiato sul pavimento.
«Ah, il potente legame tra un mago e il suo famiglio!» commentò una voce, dal buio alle sue spalle. «Un ricordo che i maghi moderni hanno ormai perduto. Ma voi siete un uomo all’antica, vero, Blake?»
Lady Waldegrave apparve accanto allo stregone, con un sorriso enigmatico a fior di labbra. «Purtroppo, siete anche prevedibile: immaginavo che sotto tutto quel cinismo si nascondesse un cavaliere pronto a soccorrere una donzella alla prima lacrimuccia!»
«L-lady Waldegrave» ansimò lui, stordito dal dolore. «Che significa!?»
Si udì uno schianto e un tonfo, quando Arabella spinse tutto il suo peso sul lato destro della sedia e cadde insieme ad essa, riuscendo ad allentare il bavaglio.
«Blake!» gridò. «Quella non è mia madre! È una trappola!»
La donna le rivolse un’occhiata di rimprovero. «Taci, ragazzina! Mi hai fatto già perdere fin troppo tempo!»
Sollevò la mano, e la sedia si raddrizzò da sola.  Solomon era completamente smarrito. «Voi siete una maga!?»
«Sono La Maga» rispose lei, asciutta. «Vissuta in un tempo lontano, quando questo Paese era ancora giovane incorrotto.»
Attraversò la stanza e raggiunge Lord Waldegrave, che imbracciava ancora la balestra con quel sorriso spiritato in faccia.
«E devo dire di essere alquanto delusa da voi: credevo avreste scoperto subito la verità. Dall’erede del grande Merlino mi aspettavo molto di più.»
La mente di Solomon fu attraversata dallo shock, un’illuminazione dolorosamente elettrica. «Chi siete?»
La donna che si spacciava per Rosemary Waldegrave sorrise. «Nel Vecchio Mondo ho posseduto diversi nomi. Ma le nuove generazioni mi conoscono semplicemente come Morgana.»
Solomon la fissò, incredulo, frastornato. «Quindi, siete voi l’Utente evaso dall’inferno.»
Le belle labbra di lei si arricciarono. «Sì, è così che i monaci del Nuovo Credo chiamavano il letamaio in cui mi hanno imprigionata.»
Con fatica, lo stregone si rimise in piedi, mentre Wiglaf cercava ancora di liberarsi, ma per qualche ragione il demone sembrava incapace di sfruttare i suoi poteri.
«Anche nel Vecchio Mondo esistevano metodi per contrastare la magia» spiegò Morgana, come se gli avesse letto nel pensiero. «Prima dell’acciaio alchemico, veniva usato il legno di frassino benedetto.»
«Mossa astuta» commentò Solomon, non senza ammirazione. «Come quella di ammaliare un collezionista di manufatti magici e costringerlo a sporcarsi le mani per voi.»
La maga emise una risata sprezzante. «Non ho mai avuto bisogno che qualcun altro facesse il lavoro al posto mio. Di sicuro non questo omuncolo.» Fece un cenno sdegnoso verso Lord Waldegrave. «Ma avrà comunque la sua utilità: quando i messi infernali verranno a reclamare un’anima, sarò ben lieta di cedere la sua. Potete star certo che se lo meriti.»
«Gli omicidi sono dunque opera vostra?»
«La cosa vi sorprende? Ne ero sicura.» Morgana afferrò dal tavolo un lungo uncino dorato, di quelli che i mummificatori usavano per estrarre le cervella del defunto dalle narici. «Del resto, chi mai riterrebbe una donna capace di tali efferatezze? L’angelo del focolare, mite e sottomessa, praticamente invisibile agli occhi della società. Come invisibili erano le donne che ho ucciso: nessuno si è mai curato di loro, finché non sono apparse sui giornali. E nessuno fa domande se una donna esce da una casa coi vestiti insanguinati: più probabile che si tratti di un’ostetrica che di un’assassina.»
«Perciò» disse Solomon, ora che finalmente ogni tassello stava andando al proprio posto. «Avete attirato quelle donne con una scusa, le avete uccise e ne avete estratto gli organi. Sarà stato indubbiamente facile, nel Vecchio Mondo dovevate essere avvezza ai sacrifici umani. E gli oboli celtici? Un vero tocco di classe. Suppongo voleste omaggiare le vostre origini.»
Morgana scrollò le spalle. «Che volete farci, sono una nostalgica. Quando ho visto quei cimeli a prendere polvere in una squallida vetrina non ho resistito.»
«Affascinante» si complimentò stregone, in tutta sincerità. «Ma c’è ancora una cosa che non mi spiego.»
«Chiedete pure.»
«Arabella. Perché è ancora viva? Avete tutti i mezzi per compiere il rituale, la luna è sorta da un pezzo. Cos’altro aspettate?»
La maga lo studiò, e i suoi occhi scintillarono in modo sinistro. «Oh, sul serio non ci siete ancora arrivato? Ma aspettavo voi, naturalmente!»
Solomon si sentì come immobilizzato sul posto. «Me?»
Lei rise ancora. «Ma certo, signor Blake. Il rituale non può avere inizio senza il vostro contributo.»
«E in che modo potrei contribuire?»
«Con il vostro cuore» sibilò Morgana, scrutandolo ora in modo famelico. «Un cuore palpitante di energia magica, la sola cosa che può infondere nuova vita a un ammasso di organi. Oh, non è più così facile incontrare un mago di questi tempi, non da quando vi siete barricati tra le mura di Arcanta. Ma voi siete uno spirito libero, un avventuriero. E siete morbosamente attratto dai tesori, così come dai misteri.»
La spavalderia che Solomon aveva mantenuto sino a quel momento iniziava a venir meno. «Avete architettato tutto questo solo catturarmi?»
«Avrei risolto la faccenda molto più in fretta» rispose Morgana, scoccando un’altra occhiataccia ad Arabella: «Ma questa mocciosa ha deciso di scappare, e voi di inseguirla per mezza Londra! Ieri ero quasi riuscita a riacciuffarvi, ma non avevo messo in conto il famiglio…né quel satanasso di bassa lega che Safet ha mandato a cercarmi.»
Malgrado il dolore che ancora gli scorreva nelle ossa come fuoco liquido, Solomon passò la mano lungo l’asta del bastone, tramutandolo in una spada. «Mi rincresce di avervi reso le cose difficili. Ma posso assicurare che venderò cara la pelle.»
Con la mano libera, comandò alla fornace di eruttare una fiammata contro Morgana e, approfittando del diversivo, scattò in avanti pronto a compiere un affondo…
Un istante dopo, l’oscurità più fitta piombò nel sotterraneo, e Solomon si sentì afferrare per le braccia e scaraventare contro il muro. Il fiato gli fuoriuscì violentemente dai polmoni, ma lottò lo stesso per divincolarsi dai viticci di tenebra che gli stringevano i polsi. Ovviamente, fu tutto inutile.
«Non siate stupido.» L’oscurità si aprì a mo’ di sipario, e Morgana ne emerse sfolgorante come una dea abissale. «Sono più antica e più potente di voi: in effetti, ai miei occhi non siete che un bambino recalcitrante.»
Le ombre ripresero a guizzare intorno alla maga, ronzando come un nugolo di insetti affamati. Un brivido di inquietudine, mista a qualcosa di simile all’esaltazione, gli serpeggiò lungo la schiena. Una Plasmavuoto…
In tutti quegli anni, in tutti i suoi studi, Solomon non aveva mai assistito al manifestarsi di un simile potere, così antico e implacabile.  E, per la prima volta dopo molto tempo, si trovò totalmente impreparato.
Ha ragione, fu costretto a riconoscere. Non ho speranze di batterla.
«Perché state facendo tutto questo?» domandò, augurandosi che il suo tentativo di guadagnare tempo non apparisse disperato. «Gli omicidi, il rituale…siete evasa dall’inferno, avete preso possesso di un corpo avvenente e in salute, conservato i vostri poteri…»
Morgana spinse in avanti il mento, con fierezza. «E vivere in eterno da parassita? Il rituale mi restituirà il mio vero corpo, l’aspetto che in passato incuteva terrore nei Mancanti.» Tornò a sorridergli, con ferocia. «E la prima cosa che farò sarà punirli per ciò che hanno fatto alla mia Britannia: un tempo, queste terre erano rigogliose, pregne di magia, mentre ora i fiumi sono torbidi, le foreste falciate via, persino l’aria è avvelenata dai miasmi delle fabbriche! Gli Inglesi hanno rovinato quest’isola, l’hanno ridotta a una spietata macchina che schiaccia e sfrutta ogni angolo del globo!»
Morgana sollevò la mano con grazia, e le ombre modellarono tra le sue dita un sottile pugnale nero. «Ma adesso, basta chiacchiere: fate il bravo, Solomon Blake, e lasciate che vi strappi il cuore.»
Malgrado la situazione fosse tutt’altro che divertente, lui sogghignò. «Devo darvi una delusione: dicono che non ne abbia uno.»
La lama gli squarciò la camicia, facendo saltare tutti i bottoni. «Lo scopriremo presto.»
In quel preciso istante, si udì un fracasso e l’unica finestra implose in una pioggia di vetri rotti. Lord Waldegrave urlò un’imprecazione e anche Morgana si volse con stupore. «In nome della Grande Dea, si può sapere ora che succede?»
La risposta giunse sottoforma di un ringhio basso e composito, che ricordava il tramestio di una cascata; una figura slanciata ma possente aveva messo al tappeto Lord Waldegrave, schiacciandolo sotto i suoi artigli. Quattro zampe, pancia a terra, e una folta pelliccia bruna su cui si infrangevano i raggi della luna.
Solomon era senza parole. «Paul!?»
La bestia si volse e i suoi occhi trafissero la maga come dardi infuocati, ma lei si limitò a schioccare la lingua, infastidita. «Ci mancava solo il sacco di pulci!»
Il lupo balzò con gli artigli protesi, ma una propaggine di oscurità lo sferzò in pieno, mandandolo a sbattere contro il tavolo.
«Avrei dovuto sbarazzarmi subito anche di te» commentò Morgana, sollevando una mano avvolta da fumo nero. «Ringraziami, ragazzo: ti sto risparmiando una vita di sofferenze ed emarginazione…»
Non ebbe neanche finito di parlare che un’ombra saettò agile alle sue spalle e subito dopo Morgana urlò, coprendosi gli occhi con la mano. Veloce come era arrivata, l’ombra schizzò via.
Morgana emise un ringhio furente, il sangue che le colava tra le dita. «Sudici scherzi della natura!»
Con un gesto ampio, comandò alle ombre di strisciare come serpenti per la stanza. Solomon vide una figura balzare da una parete all’altra con la coda ondeggiante, in fuga dai tentacoli di oscurità.
«Melina!»
La gatta compì un balzo e si appese a una trave del soffitto, come un’acrobata. Le spire di tenebra l’avevano quasi raggiunta, quando una luce bianca e accecante invase la cantina, e quando si diradò, Morgana era a terra, e sopra di lei incombevano due uomini provvisti di corna e grandi ali nere a membrana.
Uno di loro era Azaele, con la freccia di frassino in pugno e Wiglaf sulla sua spalla, di nuovo libero. L’altro demone era alto e massiccio come un armadio, con una cresta di capelli rosso fuoco; indossava un lungo pastrano di pelle nera aperto sul petto, e nella mano ad artiglio reggeva una semplice valigetta di cuoio.
«Anvedi un po’ chi abbiamo qui!» Il rosso batté una grossa mano sulla spalla di Azaele. «Avevi ragione, regazzì: dopo più di duecento anni, valeva la pena fare una capatina a Londra. Pronta a tornare a casa, dolcezza? La suite infernale ti aspetta!»
Morgana li fissò con odio, malgrado i quattro profondi tagli che le deturpavano il volto. «Se speri che vi seguirò docilmente, hai fatto male i conti, Razel!»
«E invece te ce ritorni di corsa all’inferno!» replicò il demone, aggrottando le sopracciglia fulve. «Hai combinato abbastanza guai.»
Sollevò le linguette metalliche e aprì la valigetta di pelle, dal cui interno scaturiva una luce infuocata.
Per nulla intenzionata ad arrendersi, Morgana serrò le dita, e le ombre tornarono a vorticare intorno a loro, vive e fameliche. Da esse emersero creature a quattro zampe, simili a grossi cani ringhianti fatti di tenebra, che si lanciarono sui due demoni.
Razel ne colpì uno al volo con un portentoso pugno, dissolvendolo come fumo, ma il trionfo non fece in tempo a balenare sul suo volto, perché subito dopo il mostro si ricompose, sdoppiandosi.
«Ma che.,,?»
Le Creature Vuote gli si avventarono contro, seminando graffi e morsi, finché, per scrollarsele di dosso, Razel perse la presa sulla valigetta.
«Aza!» gridò. «Prendila!»
Azaele spiegò le ali, ma Morgana materializzò una foresta di aculei di oscurità per tenerlo a distanza. Lui e Razel indietreggiarono, mentre i cani di tenebra li marcavano stretti.
Impegnato com’era a seguire il tutto, Solomon non si accorse che una presenza silenziosa era scivolata al suo fianco.
«Questo sarebbe davvero un buon momento per una delle tue magie, stregone!»
Lui si voltò, meravigliato. «Non credevo saresti venuta a salvarmi.»
Melina gli fece l’occhiolino. «Per sdebitarti, invece degli scacchi puoi portarmi fuori a cena una di queste sere! Sempre se non finiamo ammazzati.»
Solomon ricambiò il sorriso, ma poi tornò a concentrarsi sulla battaglia. «È troppo potente per me.»
«E allora come la fermiamo? Con l’astuzia?»
Lui scosse la testa. «No, penso che stavolta opterò per qualcosa di molto stupido.»
Nel frattempo, Morgana si era rimessa in piedi e ora teneva sotto scacco i due demoni in una prigione di oscurità. «Non siete poi così spaventosi lontani dal vostro mondo, vero? Ma non temete, saprò ripagarvi per l’ospitalità: tra non molto, mieterò così tante anime umane che l’inferno scoppierà!»
Approfittando della sua distrazione, Solomon compì uno slancio verso la maga e, senza sapere bene neppure lui cosa stesse facendo, l’afferrò alle spalle, bloccandole le braccia lungo il corpo. Che pessima idea…
«Tu!» strillò Morgana, e l’oscurità che l’avvolgeva ribollì d’indignazione. «Come osi?!»
«Azaele!» gridò Solomon, mentre il Vuoto già lo avviluppava nella sua morsa. «Adesso!»
Senza farselo ripetere, il demone si gettò in scivolata sul pavimento, finché non riuscì ad afferrare la valigetta. Non appena l’aprì, un’esplosione riempì la stanza di fiamme, dal pavimento al soffitto.
«No!» urlò Morgana.
Con la stessa rapidità, le fiamme infernali vennero risucchiate verso il basso…e Morgana e Solomon insieme a loro.
Lo stregone sentì i suoi piedi staccarsi da terra, mentre una forza mostruosa lo trascinava verso il basso, verso il calore di un fuoco grande quanto il mondo…
Decisamente una pessima idea
Un abisso incandescente si aprì sotto di lui, e in quel momento ne ebbe la certezza. Sarebbe morto. L’inferno, alla fine, avrebbe reclamato la sua anima.
Il calore aumentò ancora, mentre Solomon continuava a precipitare, in una discesa senza fine…
E poi, una mano afferrò saldamente il suo braccio.
La discesa si fermò, e iniziò una vertiginosa salita, scandita da possenti battiti d’ali, finché Solomon non si ritrovò a ruzzolare sul freddo pavimento di pietra della cantina dei Waldegrave.
Spalancò la bocca, inghiottendo quanta più aria poté, e quando si girò faticosamente sul fianco, vide Azaele carponi accanto a lui.
«Sei stato tu» sussurrò lo stregone. «Mi hai appena tirato fuori dall’inferno!»
«Già» disse il demone, guardandolo storto. «E ho una gran voglia di tirarti un altro pugno!»
Melina e Razel li raggiunsero di corsa.
«Te la sei cavata anche stavolta, stregone» commentò il nerboruto con la cresta, un po’ deluso. «E dire che c’eravamo così vicini!»
Solomon ridacchiò, spazzolando via la cenere dai vestiti. «Razel, vecchio mio. Il tuo inglese maccheronico è sempre una gioia per le mie orecchie!»
«Non tirare la corda!» ringhiò il demone. «Guarda che nun ce metto proprio niente a riaprì il portale e spedirti de sotto!»
«Direi che una seconda occasione se l’è meritata» disse Azaele. «E poi, l’importante è che l’Utente sia tornato sotto la custodia di Safet.»
Gettarono uno sguardo a ciò che restava nel sotterraneo: il Vuoto si era definitivamente dissipato, e con esso tutti i suoi spaventosi abomini; lord e lady Waldegrave giacevano svenuti sul pavimento in mezzo ai detriti, e Paul era di nuovo nella sua forma umana, inginocchiato col volto nascosto fra le mani e Arabella al suo fianco.
«Non mi importa» la sentirono sussurrare, con delicatezza. «Paul, non devi più vergognarti per ciò che sei.»
«Ma sono un mostro» protestò lui, con voce roca. «Come puoi amare uno come me?»
«Non sei un mostro.» Arabella allontanò le sue mani, gentilmente ma con decisione, in modo che lui la guardasse. «Sei un ragazzo coraggioso, sensibile e pieno di talento. E io voglio stare con te, qualunque sia la tua natura.»
Paul si costrinse a guardarla negli occhi e, lentamente, un timido sorriso si fece strada sul suo viso.
«State bene?» domandò Azaele, avvicinandosi.
La ragazza si volse a guardarlo e sorrise. «Staremo bene!»


 
Tre settimane più tardi, Solomon e Azaele si ritrovarono a sedere insieme su una panchina del Battersea Park; gli ultimi raggi del sole filtravano attraverso il merletto di rami, e facevano risplendere la superficie del Tamigi, appena visibile nella foschia.
«Pare davvero che sia finita» commentò lo stregone, sfogliando la copia del Times che reggeva tra le mani. «Niente più omicidi. Scotland Yard se ne prenderà sicuramente il merito, ma ho come l’impressione che di Jack Lo Squartatore si parlerà ancora per molto tempo.»
«E del comandante Waldegrave?» domandò il demone. «Qualche novità sul processo?»
Solomon emise un brusco sospiro dal naso. «È un uomo ricco e potente, di certo se la caverà con poco. Se non altro, per un po’ non farà vedere la sua brutta faccia nell’East End.»
Azaele annuì, cupamente. «Ho fatto del mio meglio per indirizzare la polizia da lui: le prove di ciò che combinava al Pozzo delle Fate erano schiaccianti!»
«Immagino che, quando sarà il momento, ci penseranno i tuoi colleghi a dargli ciò che si merita.» Accigliato, Solomon mise via il giornale. «Demoni, mostri, streghe…ho visto innumerevoli cose assurde in vita mia, ma i Mancanti e la loro politica le battono tutte.»
«Su questo siamo d’accordo» disse Azaele. «Ma spero davvero che Arabella e Paul riescano ad avere una vita felice a Parigi.»
Erano salpati una settimana fa: nessun luogo al mondo avrebbe potuto valorizzare il talento di un giovane artista meglio di Parigi, e poi, grazie alla Versipellis che Solomon gli aveva lasciato, insieme a un piccolo gruzzolo e una buona parola presso dei galleristi di sua conoscenza, era sicuro che Paul e Arabella si sarebbero costruiti una vita più che rispettabile.
«Potresti fare un salto a trovarli» propose lo stregone. «Per vedere come se la cavano.»
«E tu potresti accompagnarmi. A Parigi c’è anche un’altra persona che sarebbe felice di rivederti.»
Azaele tirò fuori dalla tasca del cappotto un biglietto e glielo sventolò davanti al naso, sorridendo con malizia. «È il nuovo indirizzo di Melina! Mi ha chiesto di dartelo.»
Solomon prese dalle sue mani il biglietto e lo osservò per un istante, pensieroso. E poi, sotto lo sguardo sbigottito di Azaele, lo strappò in tanti piccoli pezzettini.
Il demone gettò la testa all’indietro con un verso esasperato. «Ma perché devi essere così!?»
«Te l’ho già spiegato» disse Solomon, con voce distaccata e incolore. «Ho cose più importanti a cui pensare.»
«Cosa c’è di più importante di una bella ragazza a cui evidentemente piaci?»
Solomon tacque, ma i suoi pensieri tornarono a rimuginare su quanto vissuto: su Morgana e sul Vuoto, sui prodigi che aveva visto compiersi davanti ai suoi occhi.
Chissà cosa potrei fare con un simile potere….
«Ho la magia» rispose solamente ad Azaele. «È tutto ciò di cui ho bisogno.»
Lui storse la bocca. «Non sarà sempre così: un giorno, mi piacerebbe davvero vederti al fianco di una donna che ti ama. E magari, anche con dei figli.»
A Solomon scappò una risata. «Menomale che sei immortale, Azaele, perché ti toccherà aspettare per l’eternità!»
Lo stregone si alzò, infilò in testa il cappello a bombetta e impugnò il bastone. «Ora sarà meglio che richiami i tuoi piccoli amici: ho poco tempo prima che i Decani si accorgano del furto.»
Azaele guardò verso il prato: quattro splendidi unicorni dal manto bianco-argento e gli zoccoli dorati brucavano placidamente nell’erba alta, mentre un gruppo di ragazzini emozionati giravano loro attorno riempiendoli di carezze. «Farò credere loro di aver avuto un bellissimo sogno.»
«Azaele.»
Lui si voltò.
«Buona fortuna con quella ragazza, Alba
» disse Solomon. «Spero davvero che tu riesca a ritrovarla.»
Azaele sorrise e lo guardò incamminarsi lungo il sentiero, finché la sua sagoma slanciata non svanì nella nebbia.



 
  
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