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Autore: Chillram9    12/02/2024    1 recensioni
Elizabeth Belvoir ha un sogno: incontrare il suo idolo Aldric, il mago più potente del regno.
L'occasione per riuscirci si presenta quando riceva una lettera d'ammissione dalla misteriosa Accademia di Magia Reale Duelcrest.
Di questa scuola si sa poco e nulla, se non che Aldric è l'unico ad averne mai ottenuto il diploma.
Elizabeth è determinata a fare lo stesso. Non sa però che il terribile segreto che si cela dietro l'Accademia e l'incontro con una strana ragazza cambieranno per sempre la sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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14. Speranza




Vidi una sagoma entrare nella stanza, ancora immersa nell’oscurità.
Istintivamente, afferrai la bacchetta che avevo poggiato sul comodino. Potevo essermi arresa, ma non mi sarei fatta far fuori così, nel mio letto, senza opporre resistenza.
Però, prima che potessi scagliare un incantesimo, la stanza si illuminò. L’intruso doveva aver acceso la luce con un incantesimo.
Osservai la persona che aveva fatto irruzione nella mia stanza, con la bocca spalancata dalla sorpresa.
«Hai un aspetto orribile...» dichiarò Sophia Thornton, squadrandomi con la curiosità che avrebbe riservato a uno strano tipo di insetto.
«T-tu, che diavolo ci fai nella mia stanza?!»
Ero troppo sbigottita per rispondere alla sua provocazione.
«Credimi, mi vengono in mente mille modi più piacevoli di passare la serata. Purtroppo è tutto il giorno che la tua amica non fa che tormentarmi perché venga a parlarti. Non so cosa pensi di ottenere, ma quando ha minacciato di accamparsi davanti alla mia porta per tutta la notte, ho preferito venire a darti un’occhiata,» mentre parlava indicò qualcuno alle sue spalle.
Lo shock di quella visita improvvisa non mi aveva fatto notare Amy, che al momento si trovava sull’uscio, ormai privo di porta. Al momento era occupata a fissare il pavimento, probabilmente per evitare di incontrare il mio sguardo.
La capivo, al momento non avrei saputo come rivolgermi a lei.
«Allora,» riprese Sophia, «potresti spiegarmi qual è il tuo piano geniale? Non dirmi che sei così stupida da pensare che l’ultimo in classifica venga mandato in vacanza in qualche isola tropicale? Sarebbe troppo anche per te...»
Decisi nuovamente di non cedere alla provocazione. Dovevo tenere il più possibile le mie emozioni sotto controllo e cercare di apparire il più razionale possibile.
«Ho semplicemente capito qual è la cosa migliore da fare,» spiegai in tono neutro, «sapendo che non ho possibilità di battere Valentine, essere eliminata al primo turno, piuttosto che tentare di sopravvivere il più a lungo possibile, vedendo tanti dei miei compagni morire, è la cosa più logica.»
Il sorrisetto di scherno, che Sophia era solita riservarmi, si spense, lasciando spazio ad un’espressione seria.
Con voce dura rispose: «Allora è vero… Pensavo che ci fosse qualcosa sotto, ma allora la tua amica diceva la verità…»
Per qualche secondo i suoi occhi fissarono i miei.
Abbassai lo sguardo, incapace di reggere il contatto visivo.
Quando riprese a parlare, il suo tono si era addolcito:
«Non pensare di riuscire a fregarmi… Logica eh? Non c’è nulla di logico nell’arrendersi. La verità è che hai paura, giusto?»
«Io...» non riuscii a negarlo.

«Fai bene. Avere paura è naturale. In situazioni come questa, la paura può aiutarci a non fare scelte avventate. È un’emozione che nasce dal nostro senso di autoconservazione dopotutto,» rispose Sophia, interpretando il mio silenzio come un assenso.
«Ma quello che stai facendo tu, è farsi consumare dalla paura. Dalla paura si passa al terrore. Si butta all’aria la ragione e si cerca la via di fuga più facile, in questo caso: arrendersi,» continuò.
Avvertivo il suo sguardo severo su di me.
«Quindi non provare a trovare giustificazioni. Hai paura e vuoi fuggire. Non è strano che qualcuno possa avere questa reazione. Ma, ammetto, che da te mi sarei aspettata di meglio...»
Quest’ultima frase risvegliò qualcosa in me. Forse erano i resti del mio orgoglio, che ormai pensavo fosse morto e sepolto. Ma ora mi diede la spinta necessaria per alzare gli occhi, e ricambiare lo sguardo di quella ragazza, che sembrava avere un talento naturale nel farmi innervosire.
«Allora mi spieghi che diavolo dovrei fare?! È facile parlare per te! Non tutti possono tagliare a metà una palla di fuoco...» sbottai.
Vedendo la mia reazione, l’espressione di scherno tornò nel viso di Sophia.
«A differenza tua non ho bisogno di ricorrere a dei trucchetti per vincere,» cantilenò con voce stridula, «l’hai detto tu, no? O erano solo parole?»
«Q-qui è diverso!» sentii le mie orecchie prendere fuoco dall’imbarazzo. Era quello che le avevo detto durante la nostra discussione il primo giorno di scuola. Avevo voluto fare la gradassa e ora ne pagavo le conseguenze.
«Contro un potere come quello di Valentine...»
«Dimmi, sei veramente sicura di aver compreso al 100% il potere di Valentine?» mi interruppe Sophia, «mi ricordo quanto eri scettica riguardo la mia spada incantata. Possibile che la paura ti annebbiato così tanto la mente?»
“Eh? Cosa vuole dire?”
Possibile che mi fosse sfuggito qualcosa? Avevo osservato attentamente il duello tra Igor Valentine e Carl Stuart.
Potevo ancora vedere nella mia mente, in dettagli chiarissimi, il povero Carl venir decapitato dal suo stesso sangue. Potevo veramente aver trascurato qualcosa?
«Inoltre, non capisci che così stai facendo il gioco di Valentine?» continuò Sophia, «ho visto che ti ha sfidato due volte a duello. È chiaro che voleva metterti sotto pressione. Certo, è possibile che l’abbia fatto solo perché è un sadico di merda. Ma, secondo me, ti vuole far fuori perché ha paura di te.»
«P-paura di me…?» ripetei sbalordita.
Perché mai avrebbe dovuto aver paura di me? In un duello avrebbe potuto decapitarmi all’istante come Carl, senza che potessi farci nulla a riguardo…
«Anche se fosse come dici tu, cosa vorresti che facessi allora?» chiesi dopo un po’, «dovrei forse duellare con lui? Se la tua impressione è sbagliata, cosa intendi fare? Porterai dei fiori sulla mia tomba?»
Nonostante tutto, potevo però sentire la risolutezza che avevo dentro di me vacillare. Sophia, irrompendo nella mia stanza, aveva portato con sé qualcosa che pensavo di aver perso: speranza. Una possibilità, seppur minuscola, che ci fosse qualcosa che non avevo considerato.
«Oh se vuoi posso anche fare un discorso al tuo funerale,» rispose ridacchiando Sophia, «ma no, per una volta hai ragione, non ha senso rischiare. Ma perché non duellare qualche altro studente, non Valentine, e vedere come si evolve la situazione nelle prossime settimane?»
Aveva senso. Fin troppo senso. Ma a quelle parole sentii l’ansia tornare a bussare alle porte della mia mente. Ricordai quello che avevo provato quando avevo tentato di duellare il giorno prima. Per quanto avessi potuto esprimere buoni propositi qui, al sicuro nella mia stanza, sapevo che al momento di agire mi sarei bloccata nuovamente.
Abbassai di nuovo lo sguardo e espressi i dubbi che mi attanagliavano.
«E se, oltre a te e Valentine, altri studenti possiedono poteri nascosti? E se quello che vado a sfidare può che ne so, uccidermi solo guardandomi, fermare il tempo o cose così…?»
Volevo sentire Sophia, con il suo tono sprezzante, dirmi di smettere di dire stupidaggini. Ma invece:
«Molto probabile!» rispose subito, «penso ce ne siano molti tra noi. La scuola deve averli selezionati appositamente.»
«Allora che senso ha?» sospirai.
«Innanzitutto non tutti sono scemi come Valentine» dichiarò Sophia.
«Eh? Cosa intendi?»
«Semplice. Immagina di avere un potere speciale. Pensi sia una buona idea rivelarlo ai quattro venti la prima settimana
spiegò Sophia, «è praticamente lo stesso discorso che ti ho fatto il primo giorno. Inutile mettersi un bersaglio sulla schiena. Meglio tenere nascosto il proprio asso nella manica fino a quando non c’è un rischio concreto di essere eliminati.»
Come al solito aveva ragione, ma…
«E se quello che sfido è un pazzo come Valentine?» chiesi con una nota di disperazione nella voce. Mi sembrava di stare cercando una scusa a tutti costi. Mi bruciava farmi vedere così debole davanti a Sophia, ma una parte di me voleva che lei mi rassicurasse.
«Non puoi saperlo, ma non se non provi, il risultato sarà lo stesso in ogni caso...»
Lo sapevo ma comunque…
Decisi di abbassare completamente le mie difese e confessare:
«Ci ho già provato, ma non ci sono riuscita. È come se il mio corpo si rifiutasse...»
Sophia mi fissò, per la prima volta avvertii un genuino calore nel suo sguardo.
«Non cercare di fare tutto da sola allora. Se il tuo corpo non ti fai andare avanti, porta qualcuno con te che ti dia una spinta,» disse, indicando nuovamente verso Amy, dietro di lei.
Vidi quest’ultima spostare in fretta lo sguardo sul pavimento.
“Non penso che voglia avere più nulla a che fare con me…”
Vedendomi esitare, Sophia sbuffò e sbottò:
«Senti, hai ancora un giorno di tempo. Domani è domenica. Niente lezioni. Valentine è ancora in punizione e non può uscire dalla sua stanza. Hai tutto il tempo di fare tutti i duelli che vuoi in santa pace. Quanto al futuro...»
Per la prima volta fu Sophia a distogliere lo sguardo. Sembrava essere preda ad un conflitto interiore.
Alla fine sembrò decidersi e disse:
«Non ti vengano strane idee. Ci avevo già pensato prima di venire qua. Ho un piano per liberarci di Valentine. Non voglio avere in classe un assassino per il resto dell’anno.»
“Un piano?”
Era veramente possibile? C’era un modo per eliminarlo al di fuori di un duello?
«Cosa int-»
«Fatti miei. Se vuoi scoprirlo vedi di recuperare punti domani.»
Stava dicendo la verità?
Non potevo saperlo. Ma in quel momento sentii come un peso enorme sollevarsi dalle mie spalle.
Era patetico, lo sapevo. Sapevo che non stavo facendo altro che appoggiarmi a Sophia. Ma per il momento andava bene così. Avevo bisogno di una stampella per risollevarmi.
«Sophia, io… Grazie.»
«Non lo sto facendo per te!» rispose voltandosi. «Poi se morissi la tua amica non mi lascerebbe più in pace...»
Si avviò verso la porta.
«Se non c’è altro… Spero di non aver perso tempo.»
E scomparve nell’oscurità del corridoio.
Nella stanza calò un silenzio tombale. Restavamo io ed Amy, la porta adagiata sul pavimento tra di noi.
La tensione era così palpabile da rendere l’aria pesante e difficile da respirare.
Decisi di cercare di rompere quello stallo.
Senza saper bene cosa dire iniziai: «Amy, io...»
Amy scattò, come se le avessi dato un segnale.
Prima che potessi muovermi mi raggiunse e sollevo la mano.
Slap!
Avvertii un improvviso dolore alla guancia. La toccai. Non era un dolore forte, ma faceva comunque male. Sapevo che non era nulla però, rispetto a ciò che avevo fatto provare alla mia amica.
Amy finalmente mi fissava, gli occhi colmi di lacrime e la mano ancora sollevata. Se mi avesse voluto dare altri schiaffi, li avrei accettati. Dieci, cento, mille. Me li sarei meritati.
Ma Amy invece si lanciò contro il mio petto. Singhiozzando disperata.
Le passai una mano dietro la nuca, accarezzandole i capelli.
«Mi dispiace...» sussurrai. Era stupido, ma non riuscivo a pensare ad altro da dirle.
«Perché, perché non mi hai detto niente!?» urlò Amy nel pianto.
«Io… Non volevo farti preoccupare. Volevo apparire forte. Non volevo deluderti...»
Sapevo quanto Amy mi ammirasse. L’idea di confessarle le mie debolezze mi aveva bloccato. Ora sapevo però, di aver fatto la scelta sbagliata…
Fu Amy stessa a confermarlo:
«Sei un’idiota. Che tu sia la più forte o meno non importa. Io sarò sempre al tuo fianco comunque…»
«Amy, hai ragione. Sono stata una stupida… E grazie, senza di te non l’avrei mai capito...»
Amy alzò lo sguardo dal mio petto. Sorrideva tra le lacrime.
«Eh eh, sapevo che Sophia ti avrebbe convinto…»
Ci aveva preso come al solito. Quella strana ragazza aveva la capacità di accendere un fuoco dentro di me.
Improvvisamente però, la realtà di quello che era successo in questa stanza mi piombò adosso.
«AAAAH» urlai.
Amy sobbalzò, spaventata.
Mi salì il sangue al cervello.
«In che stato mi sono fatta vedere!» gridai, prendendo a pugni il cuscino. L’idea che Sophia avesse provato pena per me e si fosse decisa a salvarmi come un principe avrebbe fatto come una principessa, mi tinse le guance di rosso.
“Mai più!”
D’ora in poi gliel'avrei fatta vedere. Da domani non le avrei più permesso di guardarmi dall’alto in basso.

   
 
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