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Autore: Scrittrice Vagabonda    15/02/2024    0 recensioni
Rincorrersi di baci non è una bella mossa, soprattutto se non vuoi nessuno accanto a te.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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La testa mi doleva. Guardai l'ora e sbarrai gli occhi.

"Gin, è tardi! Svegliati!"

Mi girai e l'altra metà del letto matrimoniale era vuota. Dov'era finita Gin?!

La preoccupazione e l'ansia mi fecero dimenticare del ritardo. Presi il cellulare e composi il suo numero, ma niente, non rispondeva. Decisi di lasciarle un messaggio sulla segreteria telefonica.

Mi precipitai fuori dall'appartamento e corsi a lezione come un fulmine. I giapponesi erano molto puntuali, forse peggio degli svizzeri. Entrai con il fiatone, per fortuna ero arrivata in orario.

"Ehi Mary, siamo qui!"

Notai la mano di Gin che andava da un lato all'altro dell'aula per attirare la mia attenzione. Con lei c'erano Mark e... oh no! John...

Ma che cosa ci facevano loro lì?

La lingua la sapevano benissimo. Fulminai Gin con lo sguardo, che rimise a posto il braccio e sul suo volto si dipinse un'aria preoccupata.

Mi sedetti vicino a lei e presi il cellulare.

 Digitai:

"Dopo mi spieghi cosa diavolo hai fatto ieri sera, dove hai dormito e soprattutto PERCHÉ LORO SONO QUI!"

Lesse il messaggio, prese il cellulare e digitò a sua volta:

"Certo, non vedo l'ora di spiegarti tutto. E tu... spiegami di John!"

Arrossii. La vidi strizzare l'occhio maliziosamente mentre John, con aria divertita, mi guardava ammaliato. Il pensiero della sera scorsa mi invase insieme al caldo e alla tachicardia.

Spostai la visuale sulla cattedra e sullo schermo ancora bianco, cercando di concentrarmi sulla lezione. Ma quegli occhi smeraldo erano fissi sul mio volto e rappresentavano una fonte di distrazione per me, corpo e cervello compresi.

Gin si accorse dei nostri sguardi fuggitivi e quel sorrisetto che aveva non mi tranquillizzava affatto. La presi per un braccio e le intimai di non farsi strane idee, ma ormai era troppo tardi: si era già fatta il film di me e John.

Secondo Gin, l'amore andava vissuto in ogni momento e in ogni sua sfaccettatura. Infatti, a differenza di me, era di larghe vedute, ma non era stupida. Con la coda dell'occhio notai la mano di Mark sopra la gamba scoperta dalla minigonna di Gin e lei che gli intrecciava le dita.

Quello che mi doveva dire l'avevo immaginato da quel gesto: si erano messi insieme. Non sapevo come, né quanto poteva durare quella relazione, ma quel che sapevo è che Gin non si sarebbe risparmiata niente. Era passione pura.

E io?! Io, a differenza sua, ero di strettissime vedute. Sognavo ancora il principe azzurro che solo la sera scorsa aveva preso forma... sì, lui, John, il cavaliere misterioso che rapisce le donzelle solo con un bacio.

La lezione terminò. Come previsto, Gin mi disse che stava con Mark e tutto questo dopo esserci andate a letto insieme. Mi sorrise e, prendendomi la mano, mi porse un biglietto recante:

"Ciao, scusa per il bacio... mi hai rapito. Questo è il mio numero. Se né vuoi altri, chiamami... John."

Arrossii. "Se né vuoi altri?!" Ma che sbruffone, chi si credeva di essere? Accartocciai il foglietto e lo buttai, mentre avevo l'espressione sbalordita di Gin addosso. Entrammo nell'appartamento.

"Perché l'hai buttato?"

Mise il biglietto sul tavolo. Lo osservai giusto il tempo di formulare una giustificazione, ma ne uscii fuori con un'ulteriore domanda:

"E tu perché l'hai preso?"

Sbalordita e incapace di capire i miei sentimenti, mi urlò:

"Perché lui è interessato a te!"

Sbottai dapprima ridendo, poi calzando di più il tono di voce per affermare quello che stavo per dirle:

"Se fosse interessato a me, non mi avrebbe scritto quelle parole. Credimi, lui mi vuole solo portare a letto e basta!"

Rise ancora, incredula del mio rifiuto e ostinata a farmi uscire con lui:

"Provaci, almeno ti sarai fatta un giapponese carino." Mi strizzò l'occhio e io sbottai del tutto:

"Io, Gin, non sono come te che si mette con il primo che capita dopo una notte di fuoco... io, valuto le situazioni."

Mi fermai. La vidi con le lagrime agli occhi e in collera mi urlò addosso:

"Veramente io e Mark stavamo insieme già da prima del viaggio!"

Posò il biglietto e uscì dall'appartamento. Inutile i miei tentativi di fermarla.

Sconsolata, mi sedetti e rilessi quel biglietto. In me la voglia di rivederlo era forte, ma l'orgoglio mi diceva che se mi fossi innamorata era la fine. Inutile, lo ero già.

Presi il cellulare e digitai il numero, inviando il seguente messaggio:

"Ciao, sono Mary. Ci tengo a precisare che da te, per il momento, voglio solo un'amicizia, niente di più. Per cui non farti film mentali sui baci che dai, perché non m'incanti."

Rilessi il messaggio inviato. Ma cosa avevo fatto? Un'amicizia?! Perché ho scritto quella parola?! L'orgoglio mi consolava dandomi ragione: io da lui volevo solo un'amicizia. Ma il cuore mi prospettava il nostro incontro, e non era da amici.

"Ti va bene se ci vediamo adesso in piazza Teng Shi?"

Ma allora non aveva proprio capito niente.

"-Ok, va bene-"

Uscii con la musica nelle orecchie per rilassarmi e per iniziare un discorso sensato che non sfociasse in ragazza o sesso. Ma me li scordai tutti quando lo vidi appoggiato a un palo che guardava nella mia direzione. Evidentemente si aspettava che sbucassi da quella via. I miei occhi furono di nuovo magnetizzati dai suoi e i passi che ci dividevano erano a poco a poco nulli.

Nessuno dei due parlò. L'istinto prese il sopravvento così gli misi le braccia intorno al collo e lo baciai. Ma che cosa mi succedeva? Che cosa stavo facendo?! Se me l'avrebbero detto, io non ci avrei creduto. Lui accetta il bacio, le nostre lingue s'incontrano e giocano mentre in noi la passione amorosa sboccia tutto di colpo.

Sta succedendo tutto troppo in fretta. Ho paura. Mi stacco con un gesto brusco da lasciarlo sconcertato e con dell'amaro in bocca.

"Scusa... scusami, non volevo."

Mi volto e inizio a correre. Che stupida sono stata! Perché l'ho fatto?

Ho paura di soffrire, sono confusa e non voglio innamorarmi. Mi sento delusa di me stessa, delusa da lui che non mi ha fermata ma al contrario ha reso quel mio gesto ancora più folle accettandolo. Lui che è rimasto in quella piazza esterrefatto, non se l'aspettava e neanche io.

Non dovevo andare a quell'appuntamento. Che stupida sono stata, una vera stupida che crede che l'amore arrivi in una notte. Con questi pensieri mi diressi verso casa con il cuore che mi urlava amore e la ragione pentimento.

Avevo bisogno di Gin, ma lei è andata via perché, grazie alla mia istintività, l'ho ferita. Ora sono sola in una città come Tokyo, dove l'amore viene celato sotto una maschera fredda. E io in quel momento avevo bisogno di calore, ma se ci penso mi viene in mente lui.

 
   
 
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