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Autore: PrimPrime    21/02/2024    1 recensioni
Emily Lewis è sorpresa quando riceve la sua lettera per Hogwarts, ma inizia a frequentare la scuola con grandi aspettative.
Quello che una nata babbana come lei non sa, però, è che cinque anni prima in quella stessa scuola ha avuto fine una guerra che aveva spaccato in due il mondo magico.
Inoltre non sa che i pregiudizi tra i maghi non sono del tutto spariti, come anche la competizione e l’antipatia di una casa verso l’altra.
E così Emily, quando stringe le sue prime amicizie e viene smistata in una casa diversa dalla loro, non ha idea di cosa l’attende.
In quella scuola dove un tempo si era combattuta una guerra, dove in qualche modo lei riuscirà a sentirsi al sicuro, non sa che verrà messa alla prova da sfide ben più complicate di un compito in classe.
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Leggendo questa storia conoscerai Emily e i suoi amici, e li seguirai in un percorso di crescita ed evoluzione che avrà inizio al primo anno scolastico e continuerà fino al settimo e oltre.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Filius Vitious, Horace Lumacorno, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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CAPITOLO 41

 


Emily, seduta sul letto di Blue, stava mangiando una tortina di zucca offertale dall’amica. Era un pomeriggio tranquillo senza impegni perciò la loro idea era quella di studiare, ma con Blue non si poteva mai sapere come sarebbero andate davvero le cose.

Quando, all’ennesimo rimprovero di Madama Pince, avevano lasciato la biblioteca per andare nel dormitorio di Tassorosso, Emily aveva capito che non sarebbe finita bene.

Presto la bionda le aveva mostrato la sua scorta segreta di dolci e aveva iniziato a chiacchierare e a fare battute, portando il suo pensiero ovunque fuorché sui compiti.

In quel momento Cecil si stava allenando con la squadra di quidditch e sarebbero anche potute andare ad assistere, ma lei non ne aveva molta voglia.

In primis perché ancora non riusciva a capire cosa ci fosse di bello in quello sport. In secondo luogo, perché nell’ultimo periodo era già stata molto spesso in compagnia del ragazzo. Non che ci fosse la possibilità che il tempo trascorso insieme fosse troppo, ma le mancavano le chiacchiere tra lei e Blue.

“Sai, adesso io e Hanna stiamo uscendo davvero… Non più come amiche, ma proprio come coppia,” le svelò la bionda, con lo sguardo basso di chi ha qualcosa da nascondere.

“Congratulazioni! A meno che non ci sia qualcosa di male in questo,” aggiunse Emily, che aveva notato lo sguardo sfuggente dell’amica.

Blue sospirò prima di riprendere parola.

“Sto bene con lei, ma… non credo di essere innamorata. Insomma, mi aspetto che innamorarsi sia qualcosa di diverso.”

Emily annuì. Ogni tanto le aveva viste insieme e le erano sembrate semplicemente buone amiche, ma non sapeva come si comportavano nel privato quindi non poteva giudicare. In ogni caso, Blue non parlava molto di Hanna Arsen.

“Secondo te sto facendo qualcosa di male?”

“Certo che no! Perché me lo chiedi?”

“Perché a lei piaccio un casino, lo so da come mi guarda, mentre io…” sospirò. “Mmh, temo di star assecondando i suoi sentimenti e basta.”

Emily strabuzzò gli occhi, confusa.

“Ma hai appena detto che ti trovi bene con lei,” le fece notare.

“Già. Ride alle mie battute, mi regala sempre i miei snack preferiti ed è sorprendentemente brava con aritmanzia, tanto che è lei a darmi consigli per lo studio… e va al quarto anno! Ma ci pensi?” sorrise rendendo chiaro quanto fosse fiera di questa sua dote. “Però… So di non essere innamorata, ecco tutto.”

“Secondo me, se lei ti piace davvero, non stai facendo niente di male. Magari per l’amore ci vuole solo un po’ più di tempo,” ipotizzò Emily, pensierosa.

“Ecco! Sono contenta che la pensi come me, mi fai sentire meno una brutta persona,” sbuffò e iniziò a dondolare avanti e indietro le gambe. “Magari il mese prossimo sarò già pazza di lei… o magari no, chi lo sa? Intanto però sono contenta di poter uscire con qualcuno… E non qualcuno a caso, è pure tanto carina…”

Emily sorrise vedendola imbarazzata e pensò che forse era davvero questione di tempo. Poi però le tornò alla mente la sua situazione e si rabbuiò.

“Tutto bene? All’improvviso sembri triste…” disse Blue, offrendole una caramella che lei accettò silenziosamente. “Si tratta di Cecil?”

“Sì e no. Vedi, lui non mi ha ancora detto se prova qualcosa per me… Cioè, ha detto che tiene a me e che vuole proteggermi, e io lo apprezzo molto. Anzi, al momento non pretendo altro, davvero. Però…” si fermò e sospirò. “Mi sento davvero fragile, come se non fossi più la me stessa di prima. Lui sta sempre con me e mi fa sentire al sicuro, ma io non sono così. Me ne andavo in giro tranquilla anche dopo che Baxter mi ha fatto quell’agguato facendomi finire in infermeria! Invece adesso non sono più autonoma. Se non si tratta di Cecil, al quale tra l’altro non riesco proprio ad avvicinarmi, sono con te o con le altre…”

Blue sembrò soppesare le sue parole per qualche secondo prima di decidersi a risponderle, ancora intenta a dondolare le gambe sotto al letto.

“Io ti consiglio di darti tempo e di provare poco alla volta a fare le cose da sola. Ah, per iniziare potresti andare in giro con qualcuno che non è lì per proteggerti, come gradino intermedio del processo. Magari Hanna, oppure Parker,” le suggerì.

Al solo pensiero di passeggiare per Hogwarts con un ragazzo che non conosceva tutta la storia, e che quindi avrebbe potuto sfiorarla anche solo per sbaglio, si sentì raggelare.

“Non credo che Parker sia una buona idea,” disse subito, prima che l’amica potesse continuare. “Però mi hai dato un ottimo suggerimento, proverò a chiederlo ad Hanna se per te non è un problema.”

“Figurati! Anzi, devo vederla più tardi quindi potresti venire con noi, così parliamo un po’,” propose, sfoggiando un sorriso smagliante.

“E rovinare il vostro appuntamento? Non potrei mai!” ribatté Emily, ricambiando il sorriso.

Purtroppo quell’anno niente stava andando come sperato, ma Blue le aveva dato un consiglio prezioso. Dopotutto, per non doversene andare in giro da sola e per non rischiare del contatto fisico non richiesto, stava rinunciando alle sue solite attività.

Non si era più resa disponibile per aiutare degli studenti a studiare, né per supportare i più piccoli durante il ripasso di incantesimi. Inoltre non stava partecipando agli incontri del club dei duellanti.

Inaspettatamente quell’impegno le mancava molto. Doveva ammetterlo, all’inizio non si era unita al club per sua volontà, ma farne parte l’aveva salvata. Era solo grazie a tutti quei duelli che aveva sviluppato la prontezza necessaria a scagliare incantesimi anche nelle situazioni più disperate.

Sospirò e cercò di non pensarci, sperando di riuscire a trovare una soluzione a tutte le sue paure. Sapeva che ce ne sarebbe voluto di tempo e ciò la rendeva frustrata e insicura, peggiorando le cose.

 
Qualche giorno dopo, la McGranitt la invitò nel suo ufficio a prendere un tè. Emily accettò di buon grado, anche se il suo invito la sorprese molto. Si chiese perché la preside volesse vederla.

Servendosi della magia, la donna le versò un tè dal profumo intenso al quale lei aggiunse del latte e una zolletta di zucchero. Accettò anche un biscotto.

Emily si sentiva tesa perché non aveva idea del motivo della sua presenza lì. Quando però la professoressa le mostrò una lista di libri utili per prepararsi all’insegnamento, lei rilassò le spalle e sentì gran parte della tensione abbandonarla.

Ascoltò tutti i suoi consigli e accettò con piacere la lista, curiosa di leggere quei testi. Ne erano successe di cose, ma lei non aveva certo messo da parte il suo desiderio di diventare insegnante.

In ogni caso, ammirava molto la professoressa McGranitt. Al primo anno ne aveva avuto paura, trattandosi della preside, ma presto aveva iniziato a capirla un po’ di più. Sapeva essere severa se necessario, ma anche gentile e protettiva come una madre. Inoltre era una Grifondoro, ma non faceva distinzioni tra gli studenti.

Emily sapeva che attribuire ai membri delle case delle caratteristiche fisse e aspettarsi che tutti fossero così era limitante e non corrispondeva certo alla realtà. Ne era una prova Cecil, Grifondoro ma timido e silenzioso. Poi c’erano altri che rispecchiavano le caratteristiche della loro casa di appartenenza, come Matt Crowley, Corvonero sicuro di sé e delle sue capacità che se ne vantava in ogni buona occasione.

La professoressa McGranitt però sembrava al di sopra di quelle distinzioni e di qualsiasi possibile pregiudizio. Era in grado di aiutare in modo disinteressato qualsiasi studente, persino lei che era una Serpeverde dalla vita incasinata. Non glielo avrebbe mai detto probabilmente, ma le era davvero grata per come la stava trattando, oltre che per tutto il resto.

Presero il tè chiacchierando piacevolmente sul tema dell’insegnamento, senza toccare nemmeno per sbaglio babbanologia o ciò che era successo con il precedente professore.

Inoltre una domanda rimase nell’aria, senza mai essere pronunciata, ma Emily capì dal suo sguardo che la donna avrebbe voluto aprire il discorso.

Aveva già parlato con i suoi genitori di tutto ciò che era successo?

La risposta era no, perché Emily non ne avrebbe avuto il coraggio. Non per lettera, almeno. Temeva che, sapendola lontana e ancora in quella scuola, avrebbero dato di matto.

Intendeva parlarne con loro di persona, durante le vacanze di Natale, il che la preoccupava non poco. Come si faceva a guardare in faccia i propri genitori e a dire che era stata molestata, da un professore perdipiù?

Emily ogni tanto se lo domandava, poi ci pensava e ripensava così a lungo che la sua testa avrebbe potuto produrre del fumo per il surriscaldamento.

In ogni caso, aveva deciso così e così avrebbe fatto.

Quando lasciò l’ufficio della preside fu felice che lei non le avesse chiesto niente a riguardo. Le serviva altro tempo e tanto coraggio, ma non avrebbe rimandato per sempre, suo malgrado.

 
Il ballo di Natale era ormai alle porte e tanti studenti si erano già assicurati un accompagnatore. Man mano che il giorno si faceva più vicino, l’intero castello sembrava pervaso dall’entusiasmo di tutti.

Emily, dal canto suo, aveva molto altro per la testa. Ballo di Natale significava anche dover partire per tornare a casa, ad affrontare la dura realtà.

Quando però Cecil, in uno dei loro pomeriggi di studio, le chiese di andare all’evento con lei, rimase del tutto spiazzata. Era la prima volta che la invitava e lei non ci sperava davvero più.

“Sul serio vuoi andarci con me?” gli chiese, invece di accettare subito. “Io… lo sai, non sono ancora tanto sicura di voler stare dove c’è folla, né di essere pronta anche solo per ballare…”

Lo aveva ammesso a sguardo basso, seriamente dispiaciuta. Dal suo punto di vista, Cecil avrebbe potuto avere tante altre ragazze eppure aveva scelto lei, che sarebbe stata solamente un peso.

“Certo che voglio andarci con te. Gli altri anni non ti ho mai invitata, eppure siamo finiti per andarci insieme comunque e non è stato tanto male,” sottolineò, evitando il vero problema.

“Beh, dimentichi la volta in cui ti ho baciato senza che tu lo volessi…” ribatté Emily, ancora dispiaciuta al ricordo di come lui aveva reagito.

Lo vide arrossire e rivolgere lo sguardo altrove, ma subito dopo si schiarì la gola.

“Ne è passato di tempo… Non me ne ricordavo nemmeno più,” disse, ma il suo tono di voce incerto faceva intendere tutt’altro.

“Forse sarebbe meglio se ci andassi con qualcun altro,” continuò Emily, anche se si sentiva male solo al pensiero.

“E con chi? Ci sei solo tu per me! Cioè… Non voglio andare con una persona a caso, è con te che sto bene davvero,” si corresse, grattandosi la nuca con fare imbarazzato. “Ma se non vuoi, non insisterò più.”

“In realtà voglio e anche tanto! Sono felice che tu mi abbia invitata,” ammise, rivolgendogli uno sorriso tirato. “Però ci sono molte altre cose che vorrei fare e che adesso mi sembrano impossibili… e spaventose. Cose come andare al club dei duellanti e allenarmi facendo finta che niente sia mai successo, ma anche sedermi vicino a te o abbracciarti,” sospirò.

“Quindi hai paura che al ballo ti sentirai a disagio?” le domandò cautamente.

“Già. Vorrei stare alla larga dalla folla e per questo farei affidamento su di te… ma non riesco ancora a toccarti come prima.”

Dopo averlo detto, si sentì arrossire per la sua scelta di parole e si accorse che anche Cecil doveva aver pensato alla stessa cosa, perché anche a lui si erano imporporate le guance.

“Magari potremmo… ecco… allenarci, prima del ballo. Non per forza a ballare… o ad abbracciarci… Un po’ come quella volta in cui ci siamo presi per mano, ecco.”

Emily annuì, anche se era incerta. Non sapeva cosa avesse in mente nello specifico e si fidava di lui, ma si era irrigidita comunque sentendo la sua proposta.

“Possiamo provare,” disse, tornando con lo sguardo basso sul libro di erbologia.

Forse, un passo alla volta e senza mai perdere la speranza, entro il ballo di Natale le cose sarebbero andate già meglio. Ci pensò su e capì che ci sperava veramente, perciò si sarebbe impegnata per provare a cambiare davvero.

 
Qualche giorno dopo, di ritorno dalla lezione di cura delle creature magiche, lei e Cecil decisero di rimanere fuori per fare una passeggiata nei pressi del lago nero. Era dicembre e faceva decisamente freddo, ma si erano coperti bene e, in ogni caso, non sarebbero rimasti lì poi molto.

In quanto ad altri impegni, non ne avevano entrambi. Era ancora strano per Emily avere così tanto tempo a disposizione, anche se spesso lo riempiva con lo studio e la lettura. Per questo motivo sentiva che stava lentamente diventando la persona noiosa che un tempo temeva di essere.

“Ti andrebbe… ecco… di provare a prendermi per mano?” le propose Cecil, dopo un attimo di esitazione.

Emily si sentì arrossire, consapevole di volerlo davvero. Ma ci sarebbe riuscita? Lì intorno non c’era nessuno e la mano che Cecil le stava porgendo era coperta da un guanto, perciò annuì e decise di tentare, anche se non l’avevano più fatto dopo quella prima volta, sul finire di ottobre.

Entrambe le loro mani erano guantate in realtà, la stoffa creava quindi uno strato protettivo che, in un certo senso, li separava.

Emily si scoprì inaspettatamente tranquilla, a guardare l’intreccio formato dalle loro mani come se si trattasse di uno spettacolo raro. Era anche un po’ tesa, sì, ma c’era stato comunque un miglioramento.

“Va tutto bene?” le domandò Cecil, attirando il suo sguardo su di sé.

Lui aveva le guance arrossate, che fosse per il freddo o per il loro contatto lei non lo sapeva. I suoi occhi castani erano puntati in quelli verdi di Emily, come a cercare di carpire il suo vero stato d’animo.

Lei annuì di nuovo, persa a osservarlo. Lo avrebbe tenuto per mano per sempre, se possibile. Anzi, in quel momento avrebbe tanto voluto stringersi a lui, sperando che lo strato formato dai loro cappotti pesanti fosse abbastanza perché il contatto tra i loro corpi non la spaventasse.

Voleva provare, ma non osava avvicinarsi di più.

Fu lui a farlo, allungando la mano libera verso il suo viso. Emily, colta alla sprovvista, si ritrasse sgranando gli occhi.

Cecil rimase immobile per un paio di secondi, come a rendersi conto di ciò che aveva fatto.

“Scusa, stavi piangendo e così io…” disse, ma si interruppe a metà frase.

Emily si asciugò il viso con il dorso della mano libera. Non se n’era accorta.

Malgrado lui l’avesse spaventata avvicinandosi all’improvviso, lei continuò a tenerlo per mano, anzi trovò che quel contatto fosse rassicurante. Voleva di più, molto di più, ma non sapeva se era davvero pronta per altro. Però, forse, se lui avesse ridotto le distanze in modo lento e cauto, lei non avrebbe reagito così.

“Scusami tu, mi hai sorpresa e ho agito senza pensare…” gli rispose, a sguardo basso. “In realtà vorrei che provassi ad abbracciarmi…”

Vide Cecil prendere un respiro profondo, forse per mantenersi calmo, e lei stava facendo esattamente lo stesso.

“Non credo sia una buona idea,” commentò lui, in tono dispiaciuto.

“Non vuoi?” gli chiese allora Emily, tristemente.

“Sì che voglio. Allora…” disse, ma si zittì a metà frase.

Si avvicinò di un passo, stavolta lentamente e con il suo permesso. Con il braccio libero l’avvolse mentre l’altra mano rimase ferma dov’era, unita alla sua.

Non la strinse a sé, anzi fu molto delicato, ma trovandosi appoggiata a lui Emily emise un gemito strozzato. Quando si accorse che lui stava per allontanarsi, forse perché temeva di aver esagerato, si aggrappò al suo cappotto con la mano libera per impedirglielo.

Inalò il suo profumo per alcuni secondi, cercando di regolarizzare il respiro e di tenere a mente che si trattava di Cecil. La mano del ragazzo, appoggiata sulla sua schiena, era ferma ma gentile e lui non le stava facendo niente di male, né voleva fargliene.

Malgrado si sentisse ancora rigida, tirò un sospiro di sollievo e prese quel contatto come una piccola vittoria.

“Mi sei mancato tanto,” ammise, in un sussurro reso faticoso dal magone.

“Sono sempre stato qui, e ci sarò sempre… Perché tu mi piaci, Emily.”

Lei allontanò il viso dalla sua spalla per guardarlo in faccia, sorpresa. Ritrovarsi improvvisamente così vicina a lui per un attimo la spaventò, ma si impose di non ritrarsi e di mantenersi lucida.

“Dici davvero? Anche se… qualcun altro ha…” ribatté, ma le parole le morirono in gola.

“Te l’ho detto, per me non è cambiato niente,” rispose il ragazzo, con gli occhi resi lucidi dall’emozione.

“Anche se… mi ci vorrà un po’ di tempo, per tutto?” insistette, incredula.

“Io ti ho fatto aspettare anni, cosa ti fa credere che abbia fretta?” sottolineò, facendola sorridere.

Emily era senza parole. Aveva atteso tanto, ma la conferma definitiva era arrivata. Anche Cecil provava lo stesso per lei!

Avrebbe voluto stringersi più forte a lui e magari anche baciarlo, ma per quel giorno il suo povero cuore aveva avuto abbastanza emozioni. Anzi, per lo sforzo di abituarsi al suo abbraccio doveva aver sudato molto, perché si sentiva bagnata e perciò aveva ancora più freddo.

Cecil spostò la mano dalla sua schiena e, lentamente, le asciugò le nuove lacrime che le stavano bagnando il viso. Lei glielo lasciò fare, rabbrividendo appena per quel contatto così gentile ma allo stesso tempo così intimo.

“Torniamo dentro?” propose, con la voce che le tremava per l’emozione.

Lui annuì e, tenendola ancora per mano, la condusse per la strada che portava al castello.

Stare così non le creava più nessun disagio, anzi era davvero rassicurante sentire la propria mano avvolta dalla sua, leggermente più grande e decisamente protettiva. Non avrebbe voluto che la lasciasse mai.
   
 
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