Serie TV > Il paradiso delle signore
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Autore: InvisibleWoman    25/02/2024    1 recensioni
Qui raccoglierò, se ce ne saranno altre, storie che coinvolgono la famiglia Colombo, specialmente Gloria e Stefania, con Irene e Alfredo. Perché ho sempre amato il concetto di found family, volersi bene nonostante l'assenza di legami di sangue e Irene e Stefania è come se fossero sorelle, e Irene ha perso la madre, che avrei voluto ritrovasse in Gloria. In sostanza, qui do spazio a ciò che mi sarebbe piaciuto vedere, e specialmente in situazioni complicate in cui Irene avrebbe bisogno dei consigli giusti (che nessuna è in grado di darle).
La seconda è ambientata a Natale.
Ps: il titolo della prima one shot me l'ha trovato l'AI, mi faceva così ridere l'idea che sembrasse il titolo di uno sceneggiato anni '70 o di un libro harmony, che non ho potuto non usarlo.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano le 6:30 del mattino e Irene si aggirava come una trottola per la casa spostando oggetti, riponendo i vestiti che aveva sparsi per la camera e tirando fuori il libro di ricette di Maria, pronto e riposto accanto alla tazza vuota dove la sua amica avrebbe di lì a poco fatto colazione, in modo che così lo vedesse e recepisse il messaggio implicito che si celava dietro. Mica poi tanto implicito, realizzò con una smorfia soddisfatta, mentre metteva su il caffè. 

Proprio Maria, colta dal trambusto, si affacciò in cucina ancora in vestaglia e stropicciandosi gli occhi. 

“Si può sapere che stai combinando?” le domandò a bassa voce. Clara dormiva ancora, come avrebbe voluto fare anche lei. E come avrebbe dovuto fare Irene. Quel giorno era la vigilia di Natale ed era l’ultimo giorno prima della chiusura natalizia del Paradiso. Sarebbero rimasti aperti la mattinata per permettere le compere degli ultimi regali ai non tanto occasionali clienti ritardatari, e poi, nel primo pomeriggio, sarebbero tornati a casa per prepararsi al cenone. Maria sapeva già che l’avrebbe passato con la sua famiglia, tanto da aver permesso a sua madre Concetta di rimanere a casa quella mattina. Non era fondamentale la sua presenza al Paradiso quel giorno, ma lo era certamente in cucina. La cena e il pranzo non si preparavano da soli, qualcuno doveva pur pensarci. Agata non poteva permettersi di lasciare: in quei giorni in galleria regnava il caos, e anche Maria avrebbe dovuto sopperire agli eventuali aggiusti da svolgere in fretta, data l’assenza di sua madre. 

“Secondo te? Ti sei dimenticata di Stefania?” chiese aggrottando le sopracciglia con aria nervosa.

Irene, invece, era presa da tutt’altro tipo di preparativi. La sua migliore amica sarebbe tornata per le feste, in compagnia di sua madre e di Ezio. Federico avrebbe trascorso il Natale con la sua famiglia a Parigi, si sarebbero ricongiunti a Milano per il veglione di Capodanno. Stefania non se la sentiva proprio di rinunciare al primo Natale con la sua famiglia, e questa includeva certamente anche Irene. Per la prima volta sarebbero stati lì tutti insieme per ben più tempo del velocissimo incontro di cui si erano dovute accontentare per il matrimonio dei suoi, e sia Stefania che Irene non stavano nella pelle. 

“Certo che mi ricordo di Stefania, ma se dormivi un’altra ora non succedeva niente, eh” commentò Maria stringendo le braccia al petto. “Che ci devi fare con il mio quaderno delle ricette?”

“Io niente, tu invece devi aiutarmi a cucinare per stasera” Irene la minacciò con il cucchiaino con cui stava girando il caffè nella tazzina.

“Eh, ‘devo’, ora…” borbottò Maria voltandosi per tornare a dormire.

“Dove credi di andare?” Irene la afferrò per le spalle e la spinse a tornare indietro. “Dai, ti prego, ormai sei sveglia…”

“Per colpa tua” Maria la interruppe.

“Vabbè, quindi puoi aiutarmi. Fallo per Gloria e Stefania” Irene le lanciò uno sguardo da cerbiatto e Maria roteò gli occhi al cielo.

“Aiutare” rispose prendendo in giro la sua amica, cercando di trattenere un sorriso. Poi si arrese, sapeva che dire di no a Irene era pressoché impossibile, così si sedette e iniziò a tagliare carote e sedano per il soffritto della pasta al forno che aveva promesso a Irene qualche giorno prima, promessa di cui si era già dimenticata e adesso anche pentita. All’arrosto avrebbe pensato Gloria nel pomeriggio dopo il loro arrivo, si era impuntata al telefono dicendole che era il suo piatto forte e che voleva assolutamente essere d’aiuto e contribuire alla cena. Irene non si era certamente opposta, ma almeno avrebbe pensato lei… beh, Maria, alla pasta che avrebbero lasciato pronta nel forno. Finito il turno al Paradiso sarebbe bastato solo accenderlo e riscaldarla. 

Dato che Clara nel pomeriggio aveva la corriera che l’avrebbe portata al paese dalla sua famiglia e Maria aveva la famiglia nell’appartamento accanto, aveva deciso di spostarsi lì per quel lungo fine settimana, in modo da lasciare la casa libera a Gloria, Ezio e Stefania. I Colombo avrebbero potuto permettersi ben più di tre lettini in un appartamento di ringhiera, ma vista l’insistenza di Irene avevano accettato ben volentieri di dormire da loro per quei pochi giorni, decidendo di sacrificare le comodità per il ben più importante calore famigliare. Alfredo si sarebbe unito a loro per il 24, ma il 25 Irene gli aveva promesso di raggiungere la sua famiglia a pranzo. Le dispiaceva un po’ non poterlo trascorrere con suo padre, ma dato che Natale quell’anno cadeva di venerdì, restava ancora il fine settimana per andare a pranzo da lui, così Irene, anche per far contento Alfredo che si lamentava di quanto poco lei frequentasse la sua famiglia, aveva accettato questo compromesso.

Proprio lui la colse di sorpresa sbucando all’improvviso alle sue spalle a mattinata inoltrata. 

“Sono arrivati?” le chiese, cingendole il fianco con un braccio.

“Alfredo! Sto lavorando” si lamentò Irene, particolarmente nervosa per l’arrivo della sua seconda famiglia. Ci teneva che questo Natale andasse tutto alla perfezione e specialmente era ansiosa per l’arrivo della sua migliore amica, con la quale aveva trascorso troppo poco tempo l’ultima volta e adesso non vedeva l’ora di poter condividere anche con lei la sua felicità accanto ad Alfredo. 

“E io sono qui per aiutarti” disse poggiando sul bancone la piccola confezione che teneva con l’altra mano. “Il riassortimento di sciarpe.”

“Foulard” lo corresse ostentando un accento francese, seppur non propriamente perfetto.

“Hai ragione, foulard” ripeté a sua volta. Poi aprì la scatola e iniziò a tirarli fuori.

“Il signor Armando non ti aspetta in magazzino?” 

“Mi aspetterebbe” commentò Alfredo. “Ma tu hai più bisogno di me qui.” Vedeva quanto Irene fosse nervosa in quei giorni e di quanto si stesse dando da fare per assicurarsi che i Colombo avessero tutto quello di cui avevano bisogno. Attendeva il loro arrivo con ansia e lui in quel momento voleva essere per lei una fonte di distrazione.

Irene allora si voltò e con un sorriso gli accarezzò una guancia. “E’ un pensiero molto dolce” gli rispose dandogli un bacio veloce. “Ma non è necessario, tra poco arriveranno e ci…” Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che Alfredo le fece cenno di voltarsi. Tutte le ragazze erano accorse a salutare Gloria, Ezio e Stefania, ma Irene rimase lì al suo posto accanto ad Alfredo. Voleva che quello fosse un momento tutto loro, non voleva condividerli con le altre veneri. Aspettò che si liberassero e la raggiungessero e poi fece il giro del bancone e si fiondò subito tra le braccia di Stefania.

“Ben arrivati” disse Alfredo porgendo la mano a Ezio, mentre anche Gloria si univa all’abbraccio collettivo. I due uomini rimasero in disparte a guardare, fino a che Ezio si voltò e gli mise una mano sulla spalla. 

“Noi siamo solo accessori, Alfredo” commentò scuotendo la testa, ma talmente contento di quel ricongiungimento, che poco gli importava di non essere incluso nei festeggiamenti. 

“Ah, ne sono consapevole” rispose lui guardando con la stessa aria soddisfatta la sua fidanzata che si liberava dalle ansie e finalmente tornava a sorridere. 

“Alfredo” disse Gloria staccandosi dall’abbraccio per andare a salutarlo. “Ci sei anche tu stasera, vero?”

“Assolutamente.”

“Sei sicuro? Non hai ancora cambiato idea su questa qui?” si aggiunse Stefania prendendo Irene sotto braccio.

Alfredo guardò Irene con aria adorante per qualche istante. “Sicurissimo” rispose, portando Irene a sorridergli contenta. 

“A proposito di accessori, credo sia il caso che io torni in magazzino prima che il signor Armando venga a riprendermi. Ci sono ancora gli ultimi riassortimenti da sistemare.”

“Digli che tra poco vi raggiungo anche io” gli chiese Gloria. 

“Sarà fatto” rispose Alfredo dileguandosi.

“Allora io vado a salutare Vittorio, ché durante questi giorni difficilmente riusciremo a vederci” disse Ezio, ben contento di lasciare le sue donne da sole, consapevole di non essere richiesto.

“Raggiungo anche te tra poco” disse Gloria al marito, voltandosi per poi sciogliersi nel vedere Irene e Stefania abbracciarsi contente, come se il tempo non fosse mai passato. Eppure non si vedevano da più di un anno, se non si considerava quella brevissima toccata e fuga al suo matrimonio di più di un mese prima. Non avevano avuto modo di parlare poi molto e Stefania era curiosissima di vedere la sua migliore amica in compagnia di Alfredo. Non aveva mai visto quella versione di Irene, con Rocco ne aveva avuto solo un breve assaggio, ma era una frequentazione segreta, non un rapporto vero e proprio come quello che aveva con Alfredo. Eppure già le sembrava così diversa, così sorridente e serena come non l’aveva mai vista. Era così felice per lei.

“Va… tutto bene tra voi?” chiese Gloria appoggiandosi al bancone con aria incuriosita, riferendosi alla chiacchierata che avevano avuto lei e Irene l’ultima volta che era stata a Milano.

Stefania si voltò perplessa a osservare la sua amica. C’era qualcosa che non andava e non ne sapeva niente? Dalle ultime lettere e telefonate che aveva avuto con Irene, nulla sembrava far presagire a qualche problema tra di loro.

Irene annuì, seppur non troppo convinta. C’era qualcosa che gli stava nascondendo, beh, omettendo. Non sapeva ancora se accettare la proposta di Leonardo Crespi e l’idea parlarne ad Alfredo, visto l’atteggiamento che aveva avuto dopo la sua ultima volta al circolo, le destava preoccupazione. Da un lato avrebbe voluto rinunciare per preservare il loro rapporto, dall’altra… beh, quel lavoro le piaceva, era la prima volta che si sentiva veramente brava e portata per qualcosa. Se non ci fosse stato Alfredo, o se lui l’avesse supportata e non avesse temuto così tanto Crespi e la sua posizione, Irene non ci avrebbe pensato due volte ad accettare. Ma adesso… adesso era diverso. Adesso era tutto molto più complicato.

“Sicura?” chiese nuovamente Gloria.

“Sì, va tutto bene” rispose Irene, pur non convincendo la vecchia capocommessa, che in ogni caso decise di accettare per il momento quella risposta. Avrebbero avuto tempo e modo di parlarne in quei giorni.

“Allora vado a fare i miei giri” disse avvicinando una mano a quella di Irene e facendole un fugace occhiolino di complicità, che Irene ricambiò con un sorriso appena accennato.

“Facciamo un salto in caffetteria dopo la chiusura?” propose Stefania.

“Sì, mangiamo qualcosa al volo e poi andiamo a casa a prepararci per la cena” annuì Gloria.

“E nel frattempo passiamo a salutare Salvo, non ho ancora visto la caffetteria ristrutturata!”

“Magari prendiamo pure un dolce già pronto” propose Irene sbuffando. L’idea di concludere quella giornata lavorativa per poi tornare a casa a cucinare non la allettava per niente.

“Ma dai, preparerò i miei famosi biscotti!” disse Stefania con aria fiera.

“Quelli con l’uvetta che non piacciono a nessuno?”

“Ma se li hai sempre adorati!” le lanciò addosso uno dei foulard piegati. 

“Quella era Clara, ma lei non fa testo. E poi non ci sarà stasera…” sbuffò tornando a piegare il pezzo di stoffa per riporlo insieme agli altri. Toccava ancora sistemare quelli che Alfredo aveva lasciato dentro lo scatolone.

“Vorrà dire che li mangerò tutti io” le rispose l’amica. Fece poi il giro del bancone e si posizionò accanto a lei. 

“Tu non devi fare nessun giro?” domandò Irene.

“L’ho appena fatto” ironizzò. “No, chi mi interessava vedere è già qui” rispose dandole un bacio sulla guancia. Irene appoggiò la testa contro la spalla della sua migliore amica, mentre entrambe piegavano stoffe e maglioncini come i vecchi tempi. Quanto le era mancata e quanto tutto sembrava diventare più semplice e più bello con lei presente. 

 

“Salvo, puoi mettermi da parte un panino col prosciutto per Alfredo?” chiese Irene entrando in caffetteria insieme a Gloria e Stefania. Alfredo era ancora al lavoro e lì sarebbe rimasto per qualche altra ora in più oltre la chiusura. Avevano ancora degli scatoloni da riordinare prima della pausa natalizia e Armando aveva preferito approfittare della tranquillità della galleria chiusa per ultimare il lavoro, per la felicità di Alfredo. Ezio invece si era attardato con Vittorio e Vito per parlare della Tessuti Colombo e li avrebbe raggiunti di lì a poco.

“Certamente” rispose lui, illuminandosi poi quando vide Stefania.

“La nostra famosa scrittrice è tornata” commentò facendo il giro per andare a salutarla.

“Eh, non esageriamo” rispose lei imbarazzata. “Ne ho scritto solo uno per il momento.”

“Ma ha avuto tanto successo” aggiunse lui.

“E ne sta scrivendo un altro” puntualizzò Gloria con fare orgoglioso, salutando poi Salvo.

“Accomodatevi, vi libero il tavolino” disse togliendo i piattini e i bicchieri che erano rimasti sul tavolo dai clienti precedenti. E dopo aver preso le loro ordinazioni si allontanò con aria sorridente.

“Allora?” chiese Gloria accavallando le gambe sul divanetto. Si era seduta accanto a Irene, mentre Stefania era di fronte a loro su una delle poltroncine e le scrutava entrambe.

“Non mi sembra vero che siate qui” Irene tergiversò sulla domanda di Gloria, ben consapevole che intendesse chiederle di lei e Alfredo. Ma in fondo non aveva niente da dirle. Il loro rapporto andava a gonfie vele, tolto il fatto che continuavano a non vedersi molto spesso e che lei non aveva ancora preso quella decisione su Crespi. Dettagli.

“Mi sei mancata tantissimo” le rispose Stefania allungando una mano verso di lei. 

“Non ti dispiace non passare il Natale con Federico?” le chiese.

“Un po’, ma avremo altri Natali da passare insieme, e poi non potevo rinunciare al primo Natale con la mia famiglia riunita.”

“E con Alfredo, anche lui ormai fa parte della famiglia, no?” provò nuovamente a introdurre l’argomento Gloria. 

Irene annuì e iniziò a mordicchiare il suo panino. Perché si comportava sempre in modo così strano quando nascondeva qualcosa? La faceva sembrare più grave di quello che era. Mentre invece non c’era niente che non andasse con Alfredo… al momento. Se non avesse saputo di Crespi e di quella proposta, tutto avrebbe continuato ad andare avanti alla perfezione.

“Hai fatto la spesa, vero?” chiese Stefania.

“Certo che ho fatto la spesa” ribatté offesa dalla poca fede della sua migliore amica. “Ma ho casualmente dimenticato l’uvetta” si strinse nelle spalle.

“Cosa? Sei davvero…” le lanciò il tovagliolo addosso. 

“Piano, piano. Vorrà dire che proveremo a chiedere alla signora Concetta, sono sicura che nella cucina siciliana si usi e ne avrà un po’ per te” Gloria cercò di salvare la situazione offrendo una soluzione che portò Stefania a gongolare e Irene a guardarla con aria afflitta.

Impegnate a battibeccare come due bambine e Gloria a mediare come una madre tra due figlie discole, non si accorsero dell’arrivo di una persona al loro tavolo.

“Signorina Cipriani.” Leonardo Crespi le sorrise, vestito come sempre di tutto punto, con quel bel cappotto nero e l’aria di chi era abituato a ottenere sempre tutto ciò che voleva. 

“Non volevo disturbare il vostro pranzo ma vado di fretta, ve la posso rubare solo un momento?” le chiese, guardando poi anche le altre due commensali, cogliendo alla sprovvista Irene che cercò di ricomporsi e togliersi dal grembo il tovagliolo pieno di briciole che Stefania le aveva lanciato poco prima. Poggiò il panino sul piattino e si alzò, consapevole delle occhiate curiose che si stava lasciando alle sue spalle.

“Signor Crespi” disse Irene allontanandosi di qualche passo insieme a lui.

“Immagino non abbia ancora preso una decisione in merito alla mia proposta” la guardò divertito.

“No, infatti” rispose lei abbassando lo sguardo con aria colpevole.

“Spero che questo le sia da incentivo, allora” disse Leonardo porgendole un piccolo pacchetto. 

“Cos’è?” Irene aggrottò le sopracciglia con stupore.

“Un piccolo e subdolo pensiero per spingerla ad accettare” rispose con un sorriso. “Non riesco proprio a rinunciare all’idea di avere al mio fianco una preziosa collaboratrice come lei.”

Irene sorrise adulata, come sempre, dai complimenti. Erano il suo punto debole e Leonardo aveva capito bene dove colpire, di questo doveva dargliene atto.

“Adesso devo proprio scappare. Ero solo di passaggio e speravo di trovarla ancora al Paradiso, per fortuna mi è venuta l’idea di cercarla qui” le spiegò, guardandosi intorno e notando che il suo fidanzato non era lì presente, per sua fortuna. Si sarebbe evitato di assistere all’ennesima sua scenata di gelosia, sebbene tuttavia lo divertisse quel suo atteggiamento protettivo.

“Buon Natale, Irene” aggiunse poi prendendole la mano per posarci sopra un bacio.

“Anche a lei, signor Crespi” rispose Irene, mentre lui si allungava oltre la sua spalla per salutare Gloria e Stefania e augurando anche a loro delle buone feste.

“Sei sicura che il panino per Alfredo lo vuoi ancora?” chiese d’un tratto Salvo che era rimasto lì appollaiato a farsi i fatti suoi e godersi la scena senza che Irene se ne rendesse conto.

“Certo che lo voglio” afferrò rapidamente il pacchetto dalle sue mani. “Che vuoi dire?”

“No, no, niente. E’ che…”

“E’ che cosa?” Irene lo guardò con aria minacciosa. 

“No, mi sembravi molto presa da…”

“Ma presa da chi? Anzi, piuttosto, non dire niente ad Alfredo” provò a convincerlo mutando la propria espressione in una pietosa. 

“Senti, Irene, Alfredo è amico mio, non posso mentirgli. Non se ne parla proprio” rispose lui scuotendo la testa con enfasi.

“Ma non è una menzogna, è un’omissione!” sottolineò lei. “Lo sai come reagirebbe, non voglio che ci resti male o che si preoccupi.”

“Perché non c’è niente di cui preoccuparsi, giusto?” le domandò lui con aria interrogativa.

“Certo che non c’è!” si affrettò a rispondere. 

Salvo rimase per qualche istante in silenzio, come a soppesare la richiesta che Irene gli aveva appena fatto, e sembrò che alla fine fosse giusto a una conclusione. “Non posso prometterti niente, se dovesse chiedermi qualcosa non gli mentirò, te lo dico.”

“Ma figurati, cosa dovrebbe mai chiederti” minimizzò. “Grazie, Salvo” si spostò a lato del bancone in modo da arrivare alla sua guancia e lasciarci sopra un bacio veloce per comprarsi il suo silenzio.

“Perché dovete sempre mettermi in queste situazioni?” sbuffò bofonchiando tra sé e sé mentre un cliente reclamava la sua attenzione per un ordine.

Quatta quatta Irene tornò al tavolo, nascondendo rapidamente il pacchetto sotto il cappotto. Gesto inutile, dato che sia Gloria che Stefania avevano già visto tutto quello che c'era da vedere e adesso, come due cani a cui era appena stato lanciato un osso, non erano assolutamente disposte a lasciar perdere il succoso bottino.

“Chi era quello?” fu difatti la prima cosa che le chiese Stefania.

“Irene…” la riprese Gloria, come a intimarle di non fare qualche passo falso di cui si sarebbe potuta pentire. Sapeva quanto amasse Alfredo, e non aveva nemmeno bisogno di sentirglielo dire, poteva benissimo vederlo coi propri occhi. Quindi in che guaio si stava cacciando?

“Che c’è? E’ un… fornitore della Galleria Milano Moda” rispose semplificando il suo ruolo.

“Eh? Complotti con la concorrenza?!” si scandalizzò subito Stefania.

“Ma che dici, come ti permetti” Irene si mise sulla difensiva. “No, ha collaborato anche con il Paradiso. Hai visto gli impermeabili colorati in galleria? Sono un’idea sua.”

“Ah sì, bellissimi! In America sono…” si lasciò andare in chiacchiere Gloria, ma fu prontamente interrotta da Stefania, ben più interessata a quell’uomo che a quattro impermeabili.

“E cosa c’entra con te? Cosa ti ha portato? Perché ti ha baciato la mano?”

“Fammi capire, è un interrogatorio?” rispose Irene tornando a mangiare il suo panino, sebbene ormai le si fosse chiuso lo stomaco. 

“E’ per quel ragazzo che tra te e Alfredo…” provò a insinuarsi Gloria.

“Tra me e Alfredo va tutto bene, Leonardo non è nessuno. Possiamo chiudere l’argomento?”

“Leonardo” ripeté Stefania. Se si chiamavano per nome non era un rapporto tanto distaccato il loro. “Ti ha baciato la mano, Irene” sottolineò la sua migliore amica con fare sconvolto, neanche l’avesse baciata lì davanti a tutti.

“E’ un gentiluomo, tutto qui. Viene dall’alta società” si strinse nelle spalle. 

“E perché cercava proprio te? Non mi hai ancora detto cosa ti ha portato. Fammi vedere” provò ad allungarsi per recuperare il pacchetto che Irene aveva prontamente nascosto sotto il cappotto.

“Smettila” Irene ci si piazzò sopra, impedendole il furto. “Non lo so neanch’io cos’è. Era un modo per…” iniziò a dire, ma l’arrivo di Alfredo, accompagnato da Ezio, la bloccò all’istante. Sia Gloria che Stefania si voltarono verso la porta con aria imbarazzata. Era evidente che le tre stessero nascondendo qualcosa.

“Va… tutto bene?” infatti chiese subito Alfredo.

“Certo, benissimo” si affrettò a rispondere Irene. “Ti avevo preso un panino, te l’avrei portato dopo in magazzino.”

“Grazie, amore” disse lui provando a spostare il cappotto di Irene per sedersi accanto a lei, portando Irene a lanciarsi con fare frettoloso per mettersi il cappotto, e il regalo, sul grembo e impedire che Alfredo scoprisse quel dono. Non c’era niente da nascondere, non aveva fatto niente di male. Ma sapeva quanto Alfredo fosse geloso di Crespi e quanto ci sarebbe rimasto male se l’avesse saputo. Era la vigilia di Natale, non voleva creare inutili tensioni. Dopotutto poteva tranquillamente essere un regalo innocuo e puramente professionale, che motivo c’era di destargli preoccupazioni?

Alfredo la osservò con aria perplessa, ma non si fece troppe domande. Si sedette accanto a lei e iniziò a mangiare il panino. 

“Hai l’aria stanca. Avete finito finalmente?” chiese Gloria per sciogliere la tensione. “Altrimenti Armando mi sente.”

“No, mancano ancora un paio di scatoloni. Vi raggiungerò a casa tra un paio d’ore, credo” rispose lui.

“Da quando il signor Armando è diventato così stacanovista? Dove sono finiti i diritti dei lavoratori?” commentò Stefania.

“Esatto, è quello che gli dico sempre anch’io” rispose Alfredo coprendosi la bocca piena con la mano. 

Irene si voltò a guardarlo e Gloria aveva ragione: sembrava molto stanco. Certamente non era una passeggiata di salute dover spostare scatoloni tutto il giorno. Era proprio necessario che completassero l’opera proprio quel giorno di festa? Non c’era fretta, pensò, mentre allungò una mano alla guancia di Alfredo e gli fece una veloce carezza.

“Non potete finire lunedì?” 

“Eh, a quanto pare no. Vallo a dire ad Armando” borbottò Alfredo, mentre vide Gloria afferrare la borsetta.

“Andiamo, vado a dirglielo io” iniziò a dire e Alfredo sorrise per le loro premure.

“Grazie, Gloria, ma chi lo sente poi. Meglio chiudere e non pensarci più.”

“L’importante è che ci arrivi intero a stasera” disse Irene appoggiandosi contro di lui mentre Alfredo le circondava le spalle con un braccio.

“Mi piace che ti preoccupi per me” Alfredo le posò un bacio sulla tempia. “Ma stai tranquilla, non mi perderei il Natale insieme a voi per niente al mondo.”

Guardandola  così, le preoccupazioni di Stefania svanirono all’istante. Le era bastato vederla in compagnia di Alfredo per capire la differenza nei suoi occhi mentre guardava il suo fidanzato, rispetto a quel Crespi di poco prima. Eppure il suo istinto le diceva che qualcosa che non andava c’era, ormai conosceva Irene come un libro aperto. Sapeva anche, però, che in quel momento, con Alfredo e suo padre lì presenti, non avrebbe di certo parlato. Avrebbe aspettato il ritorno a casa per riaprire l’argomento e farsi spiegare con chiarezza cosa ci fosse tra lei e quel Leonardo Crespi.

 

L’occasione non tardò a presentarsi, perché dopo aver finito di mangiare Alfredo tornò in magazzino, mentre il resto della famiglia riprese la strada di casa. Ezio, stanco per il viaggio, era andato a riposarsi in camera, mentre Gloria, Stefania e Irene si stavano preparando per ultimare la cena. 

“Vi raggiungo tra un attimo” disse appendendo il cappotto, ma portandosi dietro il pensiero di Crespi. Si sedette sul letto e tirò fuori un'agenda color acquamarina corredata da un biglietto. “L’ho trovata in un piccolo negozietto a Londra e mi ha subito fatto pensare al colore dei suoi occhi. Spero possa riempire le sue pagine coi nostri futuri impegni. Buone feste, Leonardo.”

Irene osservò la piccola agenda in pelle e iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore. No, era fuori discussione, se Alfredo fosse venuto a conoscenza di quel regalo, per quanto innocuo fosse, non solo non l’avrebbe presa bene, ma avrebbe dovuto vuotare il sacco su quella proposta che Irene faticava ancora ad accettare, per quanto tanto lo desiderasse. E proprio mentre si rigirava quel biglietto tra le dita, sentì la porta aprirsi e Stefania fare il suo ingresso con la deliberata intenzione di coglierla alla sprovvista e farsi, finalmente, confessare tutto. Questa volta Irene non ci provò nemmeno a nasconderlo, sapeva che Stefania avrebbe insistito e in fondo anche lei sentiva il profondo bisogno di confidarsi con qualcuno. Non aveva ancora detto a nessuno di quella proposta, con la scusa di prendere tempo aveva accantonato quasi del tutto quel pensiero e si era concentrata su altro: la  collezione natalizia, l’allestimento, la nuova venere per occuparsi delle confezioni, e poi quella cena con Stefania e Gloria. Eppure sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dargli una risposta definitiva. Non solo lui non meritava di essere lasciato nel limbo, ma sapeva anche che finché non gli avesse detto come stavano le cose, avrebbe continuato a insistere come aveva fatto quel pomeriggio, e questo rischiava di complicare ulteriormente le cose con Alfredo. 

Stefania, vedendola così pensierosa, si sedette piano sul letto accanto a lei, non più col tono petulante di una sorella dispettosa, ma con quello comprensivo di chi voleva aiutare un’amica in difficoltà. 

“Ora me lo dici che c’è?” le chiese. E allora Irene le passò il biglietto di Leonardo. “Che impegni?” domandò non appena finì di leggere. 

“Posso unirmi anch’io?” Gloria fece capolino dalla porta e quando vide Irene annuire, si sedette accanto a lei dall’altro lato rispetto alla figlia, che intanto le passò il bigliettino in modo che anche lei lo leggesse e fosse al corrente della situazione.

“Qualche tempo fa ho organizzato una serata al Circolo insieme a Leonardo” iniziò Irene. 

“E’ bellissimo” intervenne Gloria, orgogliosa.

“Sì, lo sarebbe se Alfredo non fosse così geloso di lui” Irene abbassò lo sguardo sull’agenda che teneva lì sul proprio grembo. “La serata è andata così bene che Leonardo mi ha proposto di collaborare in modo più… frequente” spiegò. “Dice che ho talento, che sono portata per questa cosa e io…”

“Ha certamente ragione” disse Gloria. “Con il tuo carisma e le tue doti organizzative non c’è persona più in gamba e capace di te per un incarico come questo” mise una mano sulla sua. 

“E poi il Circolo è ciò che hai sempre sognato, no?” chiese Stefania.

“Non lo so, è stato bellissimo. Non mi sono mai sentita fuori posto, anzi, sentivo come di aver trovato finalmente qualcosa per cui fossi veramente portata, qualcosa che mi piaceva fare.”

“E’ bello, no? Quando capisci qual è la tua strada. E’ stato lo stesso per me con la scrittura” intervenne Stefania girandosi un po’ per poter osservare meglio la sua amica. Sarebbe dovuta essere felice: il Circolo, l’alta società, ma soprattutto aver trovato la propria strada dopo anni passati a credere di non avere alcun talento od obiettivo nella vita, era tutto quello che Irene aveva sempre cercato. E allora perché non era felice? Perché sembrava come se qualcuno la stesse conducendo al patibolo?

“Sì, è bello, ma… non so se accettare” si strinse nelle spalle.

“Non puoi non accettare!” esclamò Stefania. 

“E tu perché non vuoi farlo?” Gloria le chiese invece con fare comprensivo. Gli occhi di Irene si erano illuminati al parlare di quell’occasione che quel Crespi l’aveva aiutata a ottenere. Era evidente ci fosse dietro qualcos’altro e tirare fuori quei motivi era l’unico modo per aiutarla davvero. “E’ per Alfredo?” 

“Ma l’Alfredo che ho potuto vedere e di cui mi avete parlato voi due, mi sembra ti abbia sempre supportato in ogni modo possibile, no?” domandò Stefania con aria perplessa. Possibile che la gelosia lo stesse portando a tarparle le ali senza alcun rimorso?

“Ma mi supporta” Irene si affrettò a contestare. Più o meno. Però l’aveva aiutata a vincere il concorso come migliore commessa e l’aveva accompagnata al Circolo la sera dell’evento. Certo, forse non era felice ed entusiasta come lo era di solito, ma non perché volesse ostacolarla. “E’ solo che… Leonardo è ricco e forse io gli piaccio un po’, non lo so.”

“Beh, che tu gli piaccia mi sembra evidente” Stefania le sventolò davanti il bigliettino. “E ho visto come ti guardava in caffetteria.”

“Ma forse per lui è solo una sfida, sa che sono fidanzata ed è entrato in competizione con Alfredo. Ma io non sono un premio da vincere e ho ripetuto tante volte ad Alfredo che Leonardo non mi interessa, ma…”

“Il punto non è ciò che vuole Leonardo o ciò che vuole Alfredo, ma ciò che vuoi tu” intervenne Gloria. “Vuoi accettare quella proposta?”

“Sì” si lasciò scappare Irene.

“E allora non rinunciare solo per fare contento Alfredo! Se ti ama capirà. Se davvero quel Crespi non ti interessa, rassicuralo, ma non rinunciare a qualcosa che può renderti felice.”

“Ma non faccio altro che rassicurarlo. Io lo so che mi ama, e io amo lui, ma… non voglio perderlo e ho paura che se accettassi succederebbe” Irene si rabbuiò.

“Irene, stai attenta che nel cercare di non perdere lui, tu non perda te stessa” Gloria le strinse la mano e Stefania annuì.

“L’amore non ti tarpa le ali, non ti sbarra la strada. L’amore è essere felice dei successi dell’altro come se fossero i propri” disse Stefania. Marco si era sentito trascurato dai suoi impegni, dai suoi successi e pian piano questo aveva portato ad allontanarli, complice anche la presenza di Federico che, invece, era orgoglioso di lei e di ciò che era diventata. Ma Alfredo non era così, Stefania ne era certa. Per quanto poco lo conoscesse, non aveva creduto nemmeno per un istante che Alfredo fosse il tipo d’uomo che si sentiva minacciato dalla sua donna.

“Ma è felice” lo difese Irene. “E’ solo che sarebbe più felice se dall’altra parte ci fosse qualcun altro, anziché Leonardo.”

“Ma se non c’è fiducia, allora…”

“Non è tanto una questione di fiducia, Stefania” intervenne Gloria. Aveva capito che il problema non era Irene, né tanto quel Leonardo Crespi, ma l’opinione che Alfredo aveva di sé. Eppure non era giusto che le sue insicurezze spegnessero l’entusiasmo di Irene. 

“In questo momento Alfredo non è spinto da un pensiero razionale. Sono sicura che in fondo sappia che dovrebbe sostenerla di più e sappia anche quanto Irene sia innamorata di lui. E’ solo che quando credi di non meritare certe cose, cerchi di aggrappartici il più possibile per paura di perderle, e chiunque ti si pone davanti diventa una minaccia” spiegò a sua figlia.

Poi abbassò lo sguardo su Irene e le mise due dita sotto il mento per portarla a sollevare la testa e guardarla negli occhi. 

“E questo vale anche per te” aggiunse, mentre con il pollice asciugò una lacrima sfuggita al controllo di Irene. Non doveva avere paura di perdere Alfredo o di dover rinunciare a una parte di sé per tenerlo al suo fianco. L’amore era anche fatto di compromessi, certo, ma non così grandi. Non era giusto rinunciare a una passione o alle proprie ambizioni per amore. Se Alfredo non si fosse mostrato comprensivo, rendersene conto l’avrebbe fatta soffrire ma avrebbe fatto ancora più male svegliarsi tra quindici, vent’anni da quel momento e realizzare di aver sprecato la propria vita e un’opportunità che difficilmente sarebbe tornata. 

“Dai, adesso asciuga queste lacrime e andiamo a preparare la cena. Non si può essere tristi a Natale” Gloria si rimise in piedi e sfoggiò il suo sorriso migliore.

“Questo magari effettivamente per il momento nascondilo” le suggerì Stefania mentre le porgeva nuovamente il bigliettino e Irene lo riponeva, insieme all’agenda, nella busta e lo adagiava sotto il letto.

“Per il momento” sottolineò Gloria. “Dovete parlarne.”

“Sì, ma non oggi” Irene scosse la testa e poi cercò di tirarsi su di morale e seguire le due in cucina per ultimare i preparativi. 

 

“Buonasera” salutò Alfredo mentre Irene gli apriva la porta di casa e lo faceva entrare. Le stampò un bacio sulle labbra, prima di fare un cenno con la testa a Stefania e Gloria intente a cucinare.

“Ah, il vino, il vino!” esclamò Stefania contenta nel vederlo entrare con una bottiglia tra le mani. 

“Oh, per fortuna, Alfredo, proprio prima ci siamo accorte di essercene dimenticate” le fece eco Gloria mentre finiva di tagliare le patate per il suo arrosto e Stefania impastava i suoi biscotti. “Che Natale sarebbe stato senza del buon vino?”

“Meno male che ci sei tu” gli disse Irene un po’ mogia, cosa che Alfredo non mancò di notare.

“Tutto bene?” le sussurrò piano mentre si sfilava il giubbotto e andava ad appenderlo. Lei annuì. “Il signor Colombo?” chiese poi Alfredo vedendo che mancava una persona all’appello.

“Sta riposando, il viaggio è stato lungo. Anzi, se vuoi andare a riposare un po’ anche tu prima di cena, la mia stanza è libera” suggerì Irene.

“Grazie, amore. Effettivamente ho la schiena a pezzi. Però magari dopo” le diede un bacio sulla guancia e poi si andò a sedere al tavolo. “Posso aiutare in qualche modo?”

“Oh, Alfredo, non è necessario. Hai già lavorato fino ad ora” rispose Gloria. “E comunque io qui ho già finito.”

“Io no” disse Stefania sorridendo sorniona ad Alfredo.

“Stefania” provò a riprenderla sua madre. 

“Che c’è? Irene si rifiuta di aiutarmi e rinunciare alle nostre tradizioni” le lanciò un piccolo quantitativo di impasto. 

“Le tue tradizioni” sottolineò lei mettendo il broncio e sedendosi sul divano. 

Alfredo le osservò divertito e si tirò su le maniche della camicia. “Al tuo servizio” esclamò con fare teatrale.

“Allora, devi solo fare delle palline come questa da mettere su questa teglia” gli spiegò, mentre Gloria lanciò un’occhiata a Irene seduta pensierosa sul divano. Quando si rese conto di essere osservata, alzò lo sguardo sull’ex capocommessa e quest’ultima le fece un sorriso di supporto e incoraggiamento, che Irene ricambiò.

Gloria aveva ragione, non poteva essere triste a Natale, così si rimise in piedi e si sistemò dietro Alfredo. Gli mise le mani sulle spalle, e lo osservò mentre formava con cura le palline. Lui voltò appena il capo per darle un bacio sulle dita e poi poggiò la testa sul suo addome.

“Sicura di non volerci aiutare?” le chiese.

“Prima finiamo, prima potrete riposare” suggerì Stefania. 

“Posso farne uno a forma di cuore?” domandò Alfredo all’amica di Irene.

“Ma tanto lei non ha intenzione di mangiarli. C’è l’uvetta” roteò gli occhi al cielo. 

Allora Alfredo scrutò per qualche istante l’impasto che teneva sul palmo della mano e iniziò a tirare fuori i pezzetti di uvetta con le dita. Dopo averla tolta tutta, continuò a maneggiarlo tutto soddisfatto mentre, poggiandolo sul tavolo con la farina, cercò di fare un cuore un po’ sbilenco. Sembrava un bambino intento a realizzare un progetto scolastico, ma Irene sorrise per quella premura. Si chinò per lasciargli un bacio tra i capelli, e d’un tratto si sentì tremendamente in colpa. Lui era sempre così attento con lei, e lei non riusciva nemmeno a renderlo sicuro dei propri sentimenti? 

“Eh? Che dici?” Alfredo glielo mostrò soddisfatto. 

Irene sorrise. “8+ per l’impegno.”

“Non dieci? Va bene, lo accetto” disse mettendolo sulla teglia. “Sempre più di quanto prendevo a scuola” sorrise.

“E’ un po’... spesso” commentò Gloria.

“Non si cuocerà mai” ridacchiò Stefania. “Però è stato un bel pensiero. Si vede che è fatto con amore.”

“E infatti, anche se crudo, lo mangerò. Almeno lui a me ci ha pensato” fece una smorfia alla sua amica, che fece spallucce e continuò indisturbata a maneggiare l’impasto di quei biscotti che Irene odiava. 

 

Continuarono a lavorare per un altro po’ alla loro cena di Natale, fino a che poi Stefania non si allontanò per fare una doccia, lasciando a Gloria il compito di vegliare sui biscotti in forno.

Dato che non c’era più nulla da fare, dopo aver chiacchierato un po’ del più e del meno, della loro vita in America e delle recenti iniziative del Paradiso, Irene accompagnò Alfredo in camera sua. L’intenzione era di farlo sdraiare fino al momento della cena, mentre lei voleva scegliere cosa indossare e poi avrebbe seguito l’esempio di Stefania e si sarebbe buttata sotto la doccia dopo di lei. L’inconveniente di far venire tutta la famiglia a dormire lì, era quell’unico bagno che avrebbero dovuto condividere in quattro. 

“Beh, comodo il tuo letto” commentò Alfredo sdraiandosi. “Lo sarebbe ancora di più se mi raggiungessi.”

“Non posso, devo scegliere cosa mettermi stasera” rifiutò Irene aprendo l’armadio. Iniziò a tirare fuori dei vestiti, valutarli, e poi riporli dentro. Quando fu un po’ più sicura delle opzioni, ne mostrò due ad Alfredo. “Quale?” chiese mostrandogli da un lato un abito rosa a fiori, dall’altro uno verde con delle sfumature sull’azzurro. 

“Il primo?” rispose lui incerto. Non ci capiva nulla di moda, né gli interessava molto cosa avrebbe indossato lei, era stupenda in ogni caso. 

“Ma il verde è più natalizio” valutò lei, dandogli l’idea che avesse già deciso per il secondo e che la sua opinione in merito non contasse nulla.

“Vero” le diede ragione per chiudere più rapidamente la faccenda. “Adesso però mi raggiungi?” 

Irene roteò gli occhi al cielo e si sedette sul bordo del letto, mentre lui la afferrò dalle braccia per farla ricadere sul suo petto e farle il solletico. 

“Alfredo!” protestò sorridendo, e allora lui la lasciò andare.

“Finalmente ti vedo sorridere” le disse piano, guardandola come solo lui sapeva fare: con quegli occhi pieni d’amore che la fecero sentire in colpa all’idea di poterlo in qualche modo ferire con le sue scelte. 

Allora lei sorrise di nuovo, stavolta in modo più forzato. “Sono solo un po’ stanca.”

Alfredo annuì comprensivo ma poco convinto, consapevole di quanto avesse lui stesso abusato di quella scusa per sviare le domande di Irene quando era costretto a farlo per via del secondo lavoro. Nel vederlo in quel modo Irene fu molto tentata di dirgli tutta la verità, sulla proposta di Leonardo, sul suo regalo di quel giorno, ma poi si morse il labbro e si rimise in piedi rapidamente, e con la sua goffaggine urtò il comodino e fece cadere in terra il bicchiere di vetro che teneva lassù, che si ruppe con l’impatto.

“Attenta, aspetta” Alfredo si mise seduto, cercando di aiutarla a raccogliere i pezzi.

“No” disse d’un tratto lei, ricordandosi che sotto il letto c’era il regalo di Leonardo. Ma lo fece con un tale impeto che Alfredo la osservò con fare confuso e poi si chinò maggiormente incuriosito. 

“E questo?” tirò fuori proprio il regalo, lasciando per terra i cocci del bicchiere, ai quali sentiva che presto si sarebbe unita lei stessa.

“No, è per… è un… è un regalo per Stefania” gli strappò via la busta dalle mani con l’atteggiamento di chi stava senza dubbio nascondendo qualcosa. Che stupida, si era scavata la fossa con le sue mani. Prima urtando il bicchiere, poi con quella sua totale incapacità di mentire improvvisando.

“E’ aperto, Irene” le fece notare. E poi il suo atteggiamento urlava ‘bugia’ da ogni poro.

Lei prese a mordicchiarsi la guancia dall’interno, tenendo stretto a sé il pacchetto.

“Sì, perché l’ha già… aperto prima” continuò imperterrita, nonostante non ci fosse ormai alcuna possibilità che Alfredo credesse alle sue parole. 

“Se l’ha già aperto, posso vedere cos’è?” domandò Alfredo con il tono di chi sapeva fossero menzogne e aspettava che lei vuotasse il sacco da sola. Per reagire in quel modo doveva esserci una motivazione ben precisa, e ce n’era una sola che per lui avesse un senso. Sperava tanto di sbagliarsi.

“No” si affrettò a rispondere, stringendosi il pacchetto al petto. Fino a che non si rese conto di quanto fosse ridicola a continuare una messinscena ora che era ormai stata ufficialmente scoperta. Serviva solo a rimandare l’inevitabile momento della confessione. 

“Va bene” si arrese andando a sedersi accanto a lui, facendo attenzione a non pestare i cocci di vetro con le scarpe. “Non è per Stefania, è per me.”

“E’ stato lui, vero?” chiese Alfredo scuotendo la testa.

“Sì, però aspetta” gli bloccò un braccio mentre lui stava già cercando di rimettersi in piedi. Irene gli portò una mano al viso, poi gli afferrò il mento per costringerlo a guardarla. “Non è un regalo romantico, è che… non ti ho detto una cosa.”

“Più di una, mi pare” commentò Alfredo con durezza, facendo un gesto con il capo per divincolarsi dalla leggera presa di Irene.

Era ingiusto. Erano settimane, da quando aveva conosciuto Leonardo, che Irene cercava in tutti i modi di rassicurarlo e di farlo sentire sicuro del loro rapporto. Per lui stava persino per rinunciare a un incarico che le sarebbe piaciuto, anzi che sognava da una vita. E osava darle della bugiarda per aver omesso qualcosa sempre e solo in funzione sua e della sua gelosia? Aveva peccato di eccessivo riguardo nei suoi confronti e adesso ne pagava le conseguenze.

“Leonardo mi ha proposto una collaborazione a lungo termine” rispose lei stavolta con tono più risoluto, senza più cercare le parole giuste per non destargli sospetti o creargli preoccupazioni.  “Ho tentennato fino ad ora, ma dopo averne parlato con Gloria e Stefania intendo accettare.”

“Bene” rispose lui rimettendosi in piedi. “Quindi lo sapevano proprio tutti tranne me.”

“Volevo dirtelo, è solo…”

“Con lui avrai tutto quello che hai sempre voluto” aggiunse con durezza.

“Io non ho scelto Leonardo” Irene rispose di getto con sguardo ferito. Continuava a dubitare del suo amore per lui, della sua buona fede. “Però sì, ho tutto quello che ho sempre voluto. Tranne un fidanzato che mi supporta.”

“Io non ti supporto?” sbottò Alfredo.

“No, stavo per rinunciare perché… per questo” lo indicò. “Perché vedo quanto sei geloso e non volevo farti preoccupare. Ma non è giusto che io rinunci a qualcosa che mi rende felice perché tu non ti fidi di me.”

“Non ti avrei mai chiesto di rinunciare.”

“A parole no, ma poi avresti reagito così, avresti messo in dubbio tutto quello che facevo, le mie intenzioni, facendomi sentire in colpa” Irene tirò fuori tutto quello che per settimane aveva tenuto dentro. Non era il giorno giusto per farlo, ma in fondo esisteva il momento perfetto per discutere con la persona che si amava?

“Perché tu hai sempre fatto di tutto per me e tutti, Clara soprattutto, mi avrebbero fatto sentire un’ingrata per aver messo me stessa al primo posto e aver dato a te un dispiacere.”

“Io reagisco così perché mi hai mentito, Irene” rispose lui ignorando la parte fondamentale di quel discorso. Credeva davvero di non avere alcuna colpa? Di essere stato il fidanzato modello e che il problema fosse lei che si avvicinava lavorativamente a qualcun altro?

“Lo sai che non è vero” ribatté Irene scuotendo la testa. “Sei geloso di Leonardo sin dal primo momento.”

“E chissà perché” sbottò. 

“Quante volte te l’ho detto che non devi temere niente da lui? Eppure eccoci qua.”

“Già, eccoci qua con te che mi nascondi le cose. Bel modo di dimostrare che non devo temere niente.”

D’un tratto la porta si aprì e Gloria, con ancora il suo grembiule legato alla vita, si affacciò.

“Va tutto bene?” domandò dopo averli sentiti alzare la voce. Aveva tenuto accesa la radio e non aveva sentito da subito la loro discussione, troppo distratta dagli ultimi preparativi per la cena.

“Sì, benissimo” rispose Alfredo avvicinandosi a lei per uscire dalla stanza. Gloria si spostò e lo lasciò passare. “Vado a prendere un po’ d’aria.”

“Te ne vai così?” gli urlò Irene, ma lui si era già richiuso la porta d’ingresso alle spalle.

“Cos’è successo?” chiese Gloria avvicinandosi a lei. Notò poi i pezzi di vetro sul pavimento. “E’ stato…” alludendo a un possibile scatto di rabbia di Alfredo.

“No, è stata colpa mia” la rassicurò. “Sono stata talmente sciocca che gli ho fatto trovare pure il regalo di Leonardo.”

“E l’ha presa male” disse ad alta voce Gloria. Avrebbe voluto dire da subito a Irene di essere sincera, contraddicendo lei e sua figlia che credevano che nascondergli la verità, almeno per quel giorno, fosse la strada giusta. Se fosse stata sincera forse Alfredo non si sarebbe sentito tradito, non avrebbe creduto che ci fosse qualcosa in più di quello che Irene gli aveva raccontato. Ma capiva anche quest’ultima che, conoscendo la sua reazione, intendeva preservare quella serata per tutti loro. 

“Mi ha dato della bugiarda” si lamentò Irene, tra le lacrime. “Quando io gli ho mentito solo per non farlo preoccupare.”

“Lo so, lo so” rispose Gloria accarezzandole una guancia. “Adesso vado a parlargli io. Vedrai che torna indietro.”

“Mi dispiace” tirò su col naso. 

“E per cosa?”

“Per avervi rovinato il Natale. Doveva essere tutto perfetto, e invece…”

“Non preoccuparti” ribatté Gloria. “Anzi, mi avete riportato indietro ai Natali con la mia famiglia. Succedeva sempre qualcosa, qualcuno che discuteva” sorrise. “D’altronde è questo ciò che rende una famiglia reale e per tanti anni, come sai, mi è mancato.”

Irene annuì, sebbene poco convinta. Aveva immaginato quella giornata in modo completamente diverso. Aveva dormito male, quella notte, presa dall’ansia dei preparativi per rendere tutto perfetto per il loro arrivo. E invece adesso si ritrovava tra le lacrime e i cocci rotti, metaforici e non.

“La perfezione non esiste, Irene” le asciugò le lacrime con il pollice. “Forza, adesso vado a riprendere per i capelli quel testone. Vado subito o non lo ritrovo più” si alzò e fece per uscire.

“Gloria?” la fermò Irene. “Il grembiule” le fece notare con un sorriso.

“Ah, giusto” lei lo ricambiò, prima di uscire dalla stanza e andare alla ricerca di Alfredo. 

 

Irene indugiò ancora qualche istante sul letto. Non riusciva a credere che quella giornata tanto desiderata si stesse per concludere in quel modo. Se Alfredo non fosse tornato, e non si fosse scusato, soprattutto, non sarebbe riuscita a godersi la cena e fare finta di niente. Ormai non c’era modo di recuperare. E il giorno successivo sarebbe persino dovuta andare a pranzo dalla famiglia di Alfredo. Chiaramente sarebbe saltato tutto. 

Si chiese cosa avrebbe detto Alfredo ai suoi genitori: aveva avuto un altro impegno talmente importante da negare loro il pranzo di Natale? Avrebbe tirato fuori la famosa zia che Irene aveva usato qualche volta in passato per inventarsi una scusa per non dover incontrare la sua famiglia? O forse intendeva chiudere definitivamente con lei e dirlo apertamente ai suoi?

Tirò su col naso e si decise a lasciare il letto per chinarsi sul pavimento e raccogliere i cocci di vetro. Presto Stefania sarebbe tornata dal bagno e non voleva che si facesse…

“Ahia” pronunciò d’un tratto, tirando via la mano che si era appena tagliata con uno dei pezzi di vetro più grandi che aveva spostato di lato. Avrebbe dovuto prendere la scopa, pensò sbuffando mentre osservava le gocce di sangue fuoriuscire dal palmo esterno della mano sinistra. Usò l’altra per tamponare ed evitare di macchiare i vestiti, per fortuna non aveva ancora indossato l’abito che aveva proposto pochi istanti prima ad Alfredo. 

“Gloria?” sentì una voce spaesata riemergere dalla cucina. “Stefania? Dove siete finite?” chiese Ezio confuso spegnendo la radio che era rimasta accesa mentre nessuno la ascoltava più. In quel momento a Irene sembrò l’orchestra di una nave che continuava a suonare mentre tutto andava a fondo e l’acqua le lambiva le caviglie.

“Irene” esclamò lui entrando in camera e trovandola seduta sul pavimento circondata dai cocci di vetro. Per un istante Ezio si chiese se avesse dormito soltanto un paio d’ore o un paio di anni. “Ma ti sei fatta male, vieni, alzati” le disse prendendola da sotto la spalla per aiutarla a sollevarsi. 

“Non è niente, devo finire di…”

“Sì, dopo puliamo, ma intanto dobbiamo pensare a questa” aggiunse prendendole la mano ferita e insanguinata. Non era un taglio profondo, ma comunque necessitava di attenzione. Dopo essersi fatto spiegare dove trovare il necessario per medicarla, Ezio iniziò a pulirle la mano con l’attenzione e la delicatezza di un padre che voleva far sentire al sicuro la figlia disperata per essersi sbucciata il ginocchio durante una delle sue marachelle. Doveva essere stata così l’infanzia di Stefania, si ritrovò a pensare Irene. Suo padre non era mai stato così con lei. Non era mai stato particolarmente attento né premuroso. Tommaso Cipriani era un uomo severo, con le sue idee e poco incline ad accettare vedute diverse dalla sua. Forse nella sua cocciutaggine lei un po’ lo ricordava, proprio per questo non andavano così d’accordo ed era stato così difficile mantenere un rapporto sano dopo la morte di sua madre. 

“Vedi? Non è niente” le disse lui, scambiando il suo sguardo vitreo per preoccupazione o impressione verso il sangue, mentre in realtà la sua mente aveva vagato da tutt’altra parte. Irene accennò un sorriso di gratitudine e annuì.

“Mi ricordo che Stefania da bambina quando si faceva male aveva questa stessa espressione” le raccontò. “Un sguardo stoico” aggiunse sorridendo. “Non voleva farsi vedere mentre piangeva. Voleva essere forte.”

“Riesco a immaginarla” rispose Irene. “Io al contrario davo spazio a tutto il mio repertorio drammatico” sorrise. Tutto nel tentativo di attirare l’attenzione e le carezze di suo padre che, invece, quasi sempre non arrivavano mai. Le voleva bene, Irene lo sapeva. Le voleva bene a modo suo, però. 

Ezio rise. “Forse proprio per questo vi siete trovate, vi completate a vicenda.”

E in quel momento Irene si chiese se fosse diverso nei rapporti d’amore, se anche lei e Alfredo, pur essendo molto diversi e volendo cose differenti, potessero completarsi a vicenda come lei e Stefania. Fino a quel momento ci erano riusciti, ma seppellendo parti di loro che erano convinti non potessero combaciare con l’altro. Ma non era negando se stessi che sarebbero riusciti a far funzionare le cose, e quello che era successo quel pomeriggio ne era la prova.

“Grazie” gli disse sollevando la mano che le aveva appena finito di fasciare. 

“Di nulla, Irene” rispose lui mettendo la mano sopra la sua. “Adesso posso sapere dove sono finiti tutti?”

Irene sorrise. “Stefania è in bagno, Gloria è andata a parlare con Alfredo” provò a spiegargli. “Vi abbiamo rovinato il Natale, mi dispiace.”

“Avete discusso? Devo andare a cercarlo pure io?” disse guardando preoccupato il vetro ancora sparpagliato per la camera.

Irene si affrettò a scuotere la testa e si sentì incredibilmente grata ad avere accanto persone che si preoccupavano in quel modo per lei. Non se le meritava. 

“No, sono stata sbadata io, Alfredo non c’entra niente.”

“Bene” le mise una mano sulla spalla. “Allora vado a prendere la scopa, prima che qualcun altro si faccia male.”

“Cos’è successo?” Stefania fece ingresso in camera, con ancora solo l’asciugamano avvolto attorno al corpo e uno che le tamponava i capelli bagnati. “Non me lo dire” capì subito vedendo la busta del regalo sopra il letto.

“Già, mi sa che aveva ragione tua madre.”

“Non so di cosa state parlando, ma Gloria ha sempre ragione” sentenziò Ezio uscendo dalla camera da letto per recuperare la scopa. 

“Si è arrabbiato tanto?”

“Se n’è andato… direi proprio di sì.”

Stefania le circondò le spalle con le braccia e la strinse a sé. Era certa che Alfredo avesse solo bisogno di tempo per sbollire la rabbia. Dopotutto, tra la bugia di Irene e le insistenze di quell’uomo, poteva biasimarlo? Come l'avrebbe presa Irene a parti invertite?

“Sono sicura che tornerà” cercò di rassicurarla.

“Io non ne sono così certa” rispose Irene, mentre Stefania appoggiava la testa sulla sua. 

“Non dubitare delle doti persuasive di mia madre, ha ragione mio padre.”

“Sì ma non lo hai visto, era così deluso…”

“E’ normale, Irene” rispose lei. “Ma ti ama e vedrai che gli passerà.”

“E se avessi rovinato tutto?” Irene si allontanò dall’abbraccio e guardò negli occhi la sua migliore amica. 

“Tu non hai rovinato niente, non hai fatto niente di male, e se gli basta questo per cancellare tutto, allora non ti merita.”

Irene annuì poco convinta, mentre Stefania allungò le mani sulle sue guance per asciugarle le lacrime. 

“Vatti a vestire, fa freddo” le disse Irene e allora Stefania si alzò. “E attenta al vetro” aggiunse vedendola incamminarsi con noncuranza verso il suo lato della stanza, mentre Ezio tornava da loro imbracciando una scopa e una paletta.

 

Gloria si strinse nel cappotto mentre si incamminava sui tacchi alla ricerca di Alfredo, lottando contro il freddo pungente degli inverni milanesi. Si disse che non era andata via troppo tempo dopo la sua uscita, Alfredo non poteva essere lontano. A meno che non fosse andato via in bicicletta, in tal caso la sua missione poteva già decretarsi fallita. Ma non si sarebbe arresa facilmente, ne andava della serenità di tutti e della riuscita di quella serata, nonché del futuro di Irene. L’aveva lasciata troppo sconvolta e dispiaciuta per quella lite, ed era un po’ preoccupata, ma per fortuna sapeva che presto Stefania l’avrebbe raggiunta e si sarebbe occupata di lei in sua assenza. Tuttavia, riusciva a capire anche Alfredo che, a causa di quella bugia, si era sentito tradito due volte. Ma dai racconti che le aveva fatto Irene, anche lui aveva la sua buona dose di colpe e non intendeva lasciargliela passare liscia. Per quanto fosse affezionata a lui, la sua priorità era Irene e la sua felicità.

“Alfredo” lo chiamò quando finalmente lo vide seduto in piazzetta. Teneva una sigaretta accesa tra le dita e l’aria pensierosa.

“Gloria, scusami, ho bisogno di stare da solo” provò subito a fermarla. Sapeva che avrebbe preso le parti di Irene e in quel momento aveva bisogno di riordinare i pensieri e capire come comportarsi. Aveva dato tutto per Irene, aveva fatto tanti sacrifici e adesso cosa gli restava? Possibile che nessuno capisse anche il suo stato d’animo? 

“Non credo sia vero” rispose lei raggiungendolo e sedendosi accanto a lui. Poi alzò il polso per guardare l’orologio. “Abbiamo un’ora prima di doverci sedere a tavola e non intendo tornare a casa senza di te. Quindi, parliamo.”

“E cosa ci sarebbe da dire?” ribatté lui con una smorfia. “Capisco che tu voglia bene a Irene, ma mi ha mentito, come posso fare finta di niente?”

“Ero presente quando quel Crespi le ha portato il regalo” sottolineò e Alfredo si voltò a guardarla. “Non c’era niente da nascondere, Irene è stata ineccepibile con lui.”

“Ma fatto sta che quello lì continua a ronzarle intorno e lei non fa niente per tenerlo a distanza. Adesso vuole pure accettare la sua proposta di lavoro” scosse la testa.

“Alfredo, come ti sentiresti se Irene non ti permettesse più di occuparti delle tue bici?”

“Non avrebbe motivo per farlo.”

“Stai anche tu a stretto contatto con un’altra ragazza senza che lei possa vedervi, no?” chiese Gloria.

“Dici Clara? Ma non ha nulla da temere da Clara” minimizzò subito lui. Il paragone non sussisteva proprio. Clara era amica di entrambi e per Alfredo non era altro che la sorella che non aveva mai avuto. In più lei non gli ronzava intorno con insistenza come faceva Leonardo con Irene.

“Nemmeno tu da Crespi. Irene vuole te e ha scelto te più e più volte, che altre conferme ti servono?”

“Le conferme che mi servivano me le ha appena date.”

Gloria roteò gli occhi al cielo. Era proprio duro e più gli parlava, più comprendeva il perché Irene avesse così difficoltà a essere sincera con lui. 

“Alfredo, non costringere Irene a scegliere tra te e le sue passioni. Non saresti tu a spuntarla” gli spiegò, mentre lui buttò la sigaretta per terra e la schiacciò con la scarpa. “E non perché non ti ami, ma perché non si può essere felici rinnegando una parte di noi stessi. Lasciatelo dire da me” sorrise malinconica pensando a tutti quegli anni in cui aveva finto di essere un’altra persona, persino quando era tornata al Paradiso e non aveva potuto dire a Stefania chi fosse realmente. 

“Come non saresti felice tu se lei ti impedisse di allenare, che sia Clara o qualcun altro. E’ ciò che ti piace fare e se lei te lo rovinasse, così come tu stai facendo con lei impedendole di godere di questa opportunità, poi glielo rinfacceresti.”

“Allora forse non dovremmo stare insieme” si strinse nelle spalle come se fosse una questione di poco conto. 

“La ami così poco?” 

Alfredo sorrise sardonico. “La amo troppo, è questo il punto.”

“L’amore non è mai troppo” rispose lei. “La gelosia, quella sì che può esserlo.”

Alfredo si voltò a guardarla e d’un tratto sentì addosso tutto il peso di quei mesi, la sua insoddisfazione, le incomprensioni, la gelosia nei confronti di Crespi. Nel suo tentativo di soddisfare Irene con moto, cene e regali, aveva perso di vista l’obiettivo principale di una relazione: supportarsi e sostenersi a vicenda. 

“Io non voglio che sia infelice a causa mia…” rispose lui chinando il capo. “Non ho mai voluto trattenerla.”

“Alfredo, nessuno dubita del tuo amore per lei e sappiamo quanto hai fatto per renderla felice. Ma questo non può diventare un ricatto morale. Se la ami davvero, devi fidarti di lei. E devi lasciarla libera di essere se stessa. E lo stesso vale per te.”

“E se passando del tempo con quel Crespi si rendesse conto dell’assurdità di stare con uno come me?” le chiese dopo qualche secondo, chinandosi in avanti e appoggiando gli avambracci sulle gambe.

“E com’è uno come te? Un bravo ragazzo di buon cuore, generoso, romantico, premuroso?”

“Squattrinato” ribatté sconsolato. “Uno che non può darle ciò che desidera.”

“Quello che desidera se lo sta prendendo da sola, Alfredo. E se ho capito come sei fatto, non sei il tipo di uomo da provare invidia per i successi della propria donna.”

“Non è mai stato questo il problema.”

“Lo so che il problema è il confronto con Crespi, ma fidati quando ti dice che non hai nulla da temere. Io ci credo, l’ho visto come ti guarda… e come guarda lui” sottolineò. “Alfredo, io non posso garantirti che se torni a casa con me starete insieme per sempre, che un giorno non realizzerete di non essere fatti l’uno per l’altra e di volere cose diverse. Questo nessuno potrà promettertelo. Devi solo viverla al meglio che puoi, con la coscienza pulita, consapevole di aver fatto tutto il possibile per farla funzionare.”

Gloria aveva ragione, in fondo lo sapeva anche lui. E anche Irene aveva avuto ragione poco prima. Capiva perché non gli avesse raccontato la verità, anche se non gli faceva piacere ammettere di essere nel torto. Se avesse continuato a fare il possibile per tenerla lontana da Crespi, avrebbe sortito l’effetto opposto: spingerla di più tra le sue braccia. Ma come poteva fare finta di niente? Come avrebbe fatto a ignorare quella vocina che ogni giorno gli diceva di non essere abbastanza per lei, che prima o poi se ne sarebbe accorta e lo avrebbe lasciato?

“Non so se ci riesco” chinò la testa.

“Preferisci vedere Irene accanto a qualcun altro, che provare a tenere a bada il tuo orgoglio ferito? Cosa diresti a un ciclista che per paura di perdere si ritira da una gara ancor prima di disputarla?”

“Che bisogna sapersi scegliere le proprie battaglie” disse mogio. “A volte è sbagliato anche incaponirsi pur sapendo di non avere alcuna speranza.”

“E se avessi fatto così quando corteggiavi Irene l’anno scorso, dove saresti adesso?” gli ricordò. Gli avevano detto tutti che avrebbe dovuto arrendersi, lasciar perdere, che Irene non avrebbe mai cambiato idea su di lui e invece era successo.

“Forse avrei dovuto arrendermi già allora” le rispose. Irene era fuori dalla sua portata, aveva solo rimandato l’inevitabile. 

“Lo pensi davvero?”

Alfredo sembrò soppesare per un po’ quella domanda, poi sorrise amareggiato e scosse la testa. “No, tornassi indietro rifarei tutto.”

“E allora scegli la battaglia giusta da combattere. Combatti per lei” gli mise una mano sulla schiena. Solo in quell’istante si rese conto che preso dalla foga Alfredo doveva aver dimenticato il giubbino a casa di Irene.

“Allora, torniamo a casa insieme o no? Starai gelando” gli disse muovendo la mano su e giù per la sua schiena. “E poi c'è quel tuo biscotto a forma di cuore su cui bisogna spolverare dello zucchero a velo.”

Alfredo si voltò a osservarla e sorrise. Poi dopo qualche istante annuì e si alzò, seguendola nella strada di ritorno verso casa. 

 

Irene era intenta ad apparecchiare la tavola insieme a Stefania ed Ezio, con decisamente meno spinta emotiva rispetto a quella mattina, quando aveva sognato il Natale perfetto in compagnia di quella sua seconda famiglia. Il Natale, come tutte le feste, non era più la stessa cosa da quando sua madre era morta, e lo era ancora di più da quando suo padre aveva sposato Grimilde, la strega di Biancaneve. Era stata stupida a pensare di poter rendere tutto perfetto. Gloria gliel’aveva detto che la perfezione non esisteva e adesso non poteva che darle ragione. 

“Dai, vatti a cambiare” le disse Stefania mentre finiva di poggiare sul tavolo l’ultimo piatto. Sua madre e Alfredo non erano ancora tornati, e più il tempo passava, meno erano le speranze di Stefania di rivederli insieme. Nonostante tutto aveva cercato di distrarre la sua amica con la scelta del vestito, con dei racconti infiniti della sua vita in America, della trama del suo ultimo libro. L’aveva ubriacata così tanto di parole, da avere la gola secca. 

“Penso di restare così, sono più comoda” si strinse nelle spalle con aria mogia e l’amica le girò accanto per darle un bacio sulla guancia. 

“In effetti tanto siamo solo tra di noi” commentò Stefania circondandole le spalle con un braccio. “Anche se la signora Puglisi prima mi ha detto che ci invita per un brindisi a casa sua.”

“Non credo che verrò” Irene scosse la testa e si strinse nel suo cardigan lilla. 

“Ci sono anche Vito e Maria, dai.”

“Scusati con loro da parte mia, ma…” disse, pensando poi che se non fosse andata Maria avrebbe intuito che qualcosa non andava. In realtà sarebbe stato lo stesso pure se fosse andata, dato che Alfredo non sarebbe stato al suo fianco. 

Stefania stava per far partire l’ennesima opera di convincimento, ma proprio in quel momento sentì qualcuno bussare alla porta. Si voltò a guardare l’amica per qualche istante, poi la lasciò e andò ad aprire. Gloria non aveva le chiavi e Irene dubitava che avesse avuto la prontezza di prenderle da sopra il frigo prima di uscire. Quando la vide rientrare da sola, fece spallucce e arricciò le labbra. 

“Sei tornato” disse sorpresa Irene quando d’un tratto vide Alfredo da dietro la sua spalla. Era talmente arrabbiato quando era andato via che non immaginava potesse tornare sui suoi passi, quantomeno non quella sera. Specialmente dato che di mezzo c’era Crespi.

“Avevo detto che te l’avrei riportato indietro” Gloria sorrise, sfilandosi il cappotto.

“Grazie” le mimò con le labbra mentre Alfredo la raggiungeva. 

“Sei uscito pure senza giubbotto con questo freddo?” chiese Ezio scuotendo la testa. “Questi giovani sono così impulsivi, ma non potevi…”

“Papà” Stefania gli mise una mano sulla spalla.

“Va bene, va bene, lasciamo stare. Adesso mangiamo?” aggiunse lui. “C’è un profumino…”

“Se non vi dispiace vorrei poterle parlare un attimo” intervenne Alfredo. Ezio, che moriva di fame, li guardò per un attimo con aria perplessa, poi si ritrovò costretto ad annuire controvoglia.

“Tanto qui bisogna ancora finire di riscaldare la pasta” lo assecondò Stefania. “Mamma, tu vai pure a sistemarti” e Gloria annuì, lasciando quindi modo ad Alfredo di portare Irene in camera sua. 

Lei lo seguì senza fare storie e si sedette sul letto dove ancora giaceva il regalo incriminato. Lo osservò con aria colpevole. Alfredo fu tentato di tirare fuori l’agenda e sfogliarla per vedere se ci fosse scritto qualcosa al suo interno, ma poi resistette all’impulso. Aveva ragione Gloria, doveva fidarsi di Irene. Così si sedette a sua volta e spostò con un gesto rapido quel pacchetto, come se lo ritenesse ormai una cosa di poco conto e così doveva essere.

“Non avrei dovuto mentire" si scusò subito Irene. “E’ solo che non volevo…”

“Lo so, Irene. E’ colpa mia” la interruppe lui, prendendole le mani. Poi notò la fasciatura alla mano e aggrottò le sopracciglia. 

“Mi sono tagliata raccogliendo i pezzi di vetro” diede una risposta alla sua aria interrogativa.

Lui la prese tra le sue e se la portò alla bocca per baciarle le nocche. “Anche questo è colpa mia.”

“Sono stata io a urtare il bicchiere, non…”

“Lo so, ma… dovevo restare ad aiutarti e parlare, non scappare come… Irene io non voglio che tu sia infelice accanto a me. Aspetta, fammi finire” disse quando si rese conto che Irene stava per interromperlo. “Non voglio che tu ti senta in dovere di mentire perché temi la mia reazione, non voglio che ti privi di qualcosa che può darti soddisfazione perché non fa stare bene me. Mi dispiace se la mia gelosia…”

Irene avvicinò la mano alla sua guancia. “Ma io non voglio farti stare male e se lavorare con Leonardo ti crea così tanto disagio, allora forse è meglio che io lasci perdere. Magari ci saranno altre occasioni.”

“No, accetta. Mi farebbe stare peggio sapere di averti tarpato le ali, non riuscirei a sopportare l’idea di averti reso infelice.”

Irene iniziò a mordicchiarsi le labbra. “Alfredo, io voglio che anche tu sia felice, che anche tu sia soddisfatto della tua vita e di me, che anche tu abbia delle ambizioni e un obiettivo nella vita che non sia rincorrere me, anche perché non ce n’è più bisogno” gli sorrise. 

“Lo sono” annuì poco convinto.

“Non è vero” gli strinse la mano. “Non importa che tu non abbia un obiettivo adesso, ma quando ce l’avrai sappi che ti sosterrò come tu stai facendo con me. Per anni mi sono sentita sbagliata all’idea di essere l’unica tra le mie amiche senza un sogno, senza un talento vero e proprio. Adesso Crespi mi ha aperto una strada che non credevo possibile e…” si fermò per cercare di capire come continuare senza che Alfredo potesse sentirsi minacciato da lui. “Nei suoi confronti da parte mia c’è solo la gratitudine per avermi fatto scoprire delle qualità che non sapevo di avere e per avermi aperto delle porte che non avrei potuto raggiungere da sola. Nient’altro, te lo giuro.”

Nel vedere Irene illuminarsi mentre parlava di quel lavoro e di quella nuova possibilità, Alfredo si sentì ancora più in colpa per avergliela negata. Che lei lavorasse con Leonardo Crespi non lo rendeva tranquillo e pure se si fosse sforzato di accettarlo, una parte di sé avrebbe continuato a chiedersi cosa stessero facendo, ne era convinto. Ma era l’unica soluzione possibile, perché impedirglielo avrebbe reso infelici entrambi e prima o poi l’avrebbe persa. Tanto valeva buttarsi, fidarsi, e rischiare.

“Allora accetti, lo fai per me?” le chiese.

“E tu starai tranquillo? Ti fiderai di me?”

“Ho alternative?” rispose con un sorriso malinconico. “Ti chiedo solo di farmi una promessa: se un giorno dovessi renderti conto che non sono più io la persona con cui vorrai stare, che quel sentimento di gratitudine che ti lega a lui si è trasformato in qualcos’altro, me lo dirai?”

Irene lo guardò dritta negli occhi con indecisione. Come poteva rispondere a una domanda del genere? Se fosse accaduto non sarebbe stato per nulla facile per lei dirglielo a cuor leggero come le chiedeva.

“Per favore, Irene. Non potrei sopportare di vivere col dubbio, nell’incertezza, chiedendomi sempre se può esserci qualcos’altro dietro i tuoi comportamenti. Mi logorerebbe.”

Allora lei annuì vigorosamente. “Te lo prometto. Ma non accadrà, non preoccuparti.”

“Irene, non puoi saperlo. Lavorerete a stretto contatto, lui può darti quello che hai sempre sognato e col tempo…”

“Non accadrà, hai capito?” gli prese il mento con le dita. “E chi ti dice che il mio sogno non sia cambiato?”

Alfredo aggrottò le sopracciglia con fare perplesso. 

“Ho sempre detto di sognare il principe azzurro, un uomo ricco che potesse portarmi via dalla mia realtà e farmi sognare come quando ero bambina. Ma adesso posso farlo da sola, non mi serve un uomo” sorrise con ottimismo. Per una volta non era più l’amica frivola del gruppo che sognava solo sciocchezze e dava valore a cose che di valore ne avevano solo nel conto in banca. Adesso poteva trovare in se stessa la soddisfazione che un tempo aveva cercato altrove. Non aveva bisogno di Leonardo Crespi, lui le stava solo aprendo qualche porta, ma il resto lo avrebbe ottenuto da sola.

“E poi il mio principe azzurro l’ho già trovato” si strinse nelle spalle. “Non sarà arrivato in sella a un cavallo bianco… ma in fondo con due ruote è più semplice muoversi in città” scherzò.

Alfredo rise e poi le prese il viso con le mani e le stampò un bacio sulle labbra. 

“Potrai venirmi a prendere con la tua moto al circolo, od ovunque mi troverò. Così faremo prendere un infarto a quei ricconi impostati.”

“Non ti vergognerai ad andare via in motocicletta, circondata dalle loro auto di lusso?”

“No, e tu?"

Alfredo scosse la testa. 

“Sono sicura che segretamente ci invidieranno, chiusi nella loro etichetta, nelle loro regole. Desidereranno la nostra libertà” rispose con un sorriso.

“Dio, quanto ti amo” rispose Alfredo stringendola a sé. 

“Ti amo anch’io” sussurrò lei baciandogli l’incavo del collo. 

Alfredo sapeva che non sarebbe stato facile saperla a stretto contatto con Crespi, ma non poteva negarle la gioia di riuscire in qualcosa che per lei era importante. Anche lui sognava qualcosa di diverso per sé, qualcosa che a lungo aveva accantonato e messo da parte. Perché non poteva farlo anche lei? Era orgoglioso della sua forza di volontà e della strada che avrebbe intrapreso. Credeva in lei, sebbene in quei mesi avesse dimostrato il contrario. E in fondo l’idea che avesse cercato di rinunciare a quel lavoro per lui, non era già la più grande dimostrazione d’amore?

“Forse dovremmo…” aggiunse lui dopo qualche istante trascorso con lei tra le sue braccia. Fosse stato per Alfredo non l’avrebbe lasciata più, avrebbe trascorso il Natale abbracciato a lei in quella stanza. Ma c’erano delle persone di là che li aspettavano.

“Sì, se no Ezio chi lo sente” ridacchiò Irene rimettendosi in piedi aiutata dalla mano di Alfredo che la tirò su e poi le circondò le spalle con il braccio mentre riemergevano in cucina.

“Oh, avete fatto pace?” disse con un sorriso Stefania.

“Così pare” rispose Alfredo.

“Finalmente possiamo mangiare, allora, sedetevi” aggiunse Ezio con entusiasmo. 

Gloria osservò entrambi seduti uno accanto all’altra e fece loro un sorriso, contenta di aver aiutato a risolvere la crisi e aver riportato la serenità sui loro volti. 

A Irene mancava terribilmente qualcuno che prendesse le sue parti, era abituata a cavarsela da sola, a schivare le accuse e difendersi anche contro i pareri contrastanti delle sue amiche, che raramente sceglievano di supportarla. Da quando era morta sua madre aveva imparato che se non avesse lottato lei per se stessa, non lo avrebbe fatto nessun altro. Aveva eretto quel muro a difesa delle sue parti più vulnerabili perché solo quello le avrebbe permesso di non crollare, senza ulteriori appoggi. Ma quella sera si ritrovò a guardare a quel gruppo di persone con gratitudine. Tutti loro, persino Ezio, avevano dato il loro contributo e l’avevano fatta sentire capita, apprezzata, supportata. Avevano preso le sue difese, avevano scelto di starle accanto. Erano famiglia. Ed era o non era questo lo spirito del Natale? Non era andato esattamente come se lo era immaginato, ma forse era stato persino meglio, perché aveva capito di non essere sola. Anche se dall’altra parte del mondo, ci sarebbe stato sempre qualcuno su cui avrebbe potuto contare, qualcuno che avrebbe preso le sue difese nonostante tutto. Allora allungò la mano per cercare quella di Gloria e gliela strinse, sussurrandole ancora una volta un ‘grazie’, che Gloria ricambiò con un sorriso e un leggero movimento della testa come a voler dire di non aver fatto nulla. Invece aveva fatto tanto, più di quanto forse immaginava.

“A proposito” intervenne Alfredo mentre vedeva Stefania che impiattava la pasta. “Il mio biscotto com’è venuto?”

“Ah, giusto” rispose Gloria. “Noi avevamo un lavoro da completare” gli ricordò e Alfredo annuì, rimettendosi in piedi.

“Che cosa? Non potete farlo dopo?” chiese Ezio. Ecco un’altra idea che avrebbe ritardato ulteriormente quella cena. 

“Lo zucchero a velo?” domandò Gloria a Irene, che glielo indicò con un gesto della mano.

“Ma cosa state facendo?” Irene li guardò con aria divertita e perplessa allo stesso tempo. Alfredo le dava la schiena e trafficava insieme a Gloria sopra il frigo dove Stefania aveva poggiato i biscotti per raffreddarsi. Poi si voltò e tra le mani teneva il biscotto a forma di cuore che aveva personalmente liberato dalla fastidiosa uvetta solo per lei. 

“Che opera d’arte” ironizzò Irene quando lui glielo porse. Erano quel tipo di premure nei suoi confronti che l’avevano fatta innamorare di Alfredo. Sapeva essere testardo, orgoglioso, infinitamente geloso, ma anche la persona più buona, attenta e dolce che avesse mai conosciuto. Spesso si chiedeva se meritasse davvero tutta questa devozione da parte sua e se facesse abbastanza per ricambiarla.

Alfredo tornò a sedersi accanto a lei con aria soddisfatta e Irene gli stampò un bacio sulla guancia. Lui le prese la mano e se la portò alle labbra. 

“Mi manca Federico” sbuffò Stefania vedendo le loro effusioni. “Però non scambierei questo Natale per nessun altro” e Gloria allungò una mano anche all’altra figlia e tornò a prendere quella di Irene, guardando prima l’una e poi l’altra. Aveva trascorso tanti anni lontana dalla sua famiglia, perdendosi i compleanni di Stefania e tutti i suoi Natali, e quando chiudeva gli occhi prima di andare a dormire, immaginava sempre di essere ancora accanto a loro, creandosi una realtà che non esisteva, ma che le dava la forza per continuare ad andare avanti. Vedeva Stefania bambina sorridere mentre scartava il suo regalo e circondarle il collo con le sue manine. Vedeva Ezio seduto sul divano sorridere di gioia, con zia Ernesta al suo fianco che sorseggiava del tè. Poi la mattina si svegliava e si rendeva conto che il suo letto era vuoto, che la sua famiglia non era lì e che quel Natale che aveva solo sognato non sarebbe diventato realtà.

Ma adesso lo era. I suoi occhi si posarono su Ezio dall’altro capo della tavola e si rese conto che le sorrideva esattamente come un tempo aveva immaginato. Che Stefania, seppur adulta, era al suo fianco e che dall’altro lato ce n’era un’altra di figlia, che non aveva i suoi occhi o i suoi capelli, ma con cui si era scambiata un pezzo di cuore. Gloria si rese conto che quella notte non avrebbe dovuto sognare una realtà diversa per aiutarsi a prendere sonno, perché quella che stava vivendo era infinitamente migliore di come se l’era immaginata.

 
  
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