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Autore: RLandH    26/02/2024    1 recensioni
[Spoiler! uno, ma bello grosso, su TOA, qualcosa su MC&TGoA| Crossover con Magnus Chase| What If]
Mi sentivo di essere pronta a fare un tributo a Jason Grace.
“Lo giuro sullo Stige” aveva dichiarato, certo di aver commesso un errore.
La ragazza aveva sorriso per la prima volta, “Ascoltami bene, adesso, non dire la verità. Fingiti un mortale, uno di quelli ciechi, proprio ciechi e di che non ricordi niente. Questo dovrebbe esserti famigliare” lo aveva preso in giro lei.
Sì, decisamente risvegliarsi in lungo sconosciuti con la memoria a brandelli e feroci ragazze che lo trattavano come se fossero conoscenti da una vita era una sensazione che conosceva piuttosto bene.
Solo che non era opera di Hera, ma Kymopoleia.
“Adesso?” aveva chiesto Jason, la ragazza aveva allentato la pressione della lama sul suo collo, permettendo a Jason di respirare bene, aveva provato a puntellarsi sui gomiti, per tirare su appena il busto.
Quella non aveva smesso di sorridere.
“Adesso” aveva esordito la sconosciuta, “Io non sono mai stata qui e tu asseconderai quello che dico” aveva dichiarato, “E permettimi di scusarmi in anticipo, ma farà male” aveva terminato.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cimopolea, Jason Grace, Magnus Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson in The Multiverse'
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Ho modificato il capitolo precedente, davvero solo due cosette.
Oltre questo, ho trovato piuttosto fastidioso scrivere questo capitolo: ma andava fatto.
Voglio comunicarvi che a livello “narrativo” la storia si sta appropinquando al finale, ma a livello di “narrazione” non ho idea di quanto ci vorrà, devo ammettere che una parte che avevo considerato breve potrebbe effettivamente essere più lunga di quanto avessi preventivato, nonostante questo ho deciso di tagliare diverse cose.
Detto questo, ho scritto più di metà del prossimo capitolo, penso sia stata “colpa” della serie tv, nonostante abbia più criticità che altro, mi ha decisamente rimesso voglia di scrivere, sto anche pensando di concludere la saga dei Kane (mi manca giusto l’ultimo).
Un bacio, se tutto va bene, dovrei tornare presto!

Ps - https://www.deviantart.com/rlandh/art/Thumelicus-Mel-from-Confluentes-1022859992 (Ecco a voi un Mel selvatico)

 

Nico Di Angelo presta la sua tavola Ouija a qualche spettro e una valchiria

 

La cavalcata del verro era forte e impetuosa, per questo non ci avevano impiegato molto a raggiungere la folle festa – ben lungi da essere conclusa – che si erano lasciati dietro ore prima e abbandonare Thrud alla sua prigione.
I venti erano aspri e cattivi contro il loro viso, quasi irritati da quanto era stato fatto alla loro padrona; Jason aveva detto che gli anemoi, o come si chiamassero il corrispettivo norreno, non conoscevano fedeltà che non fosse al più forte, ma erano comunque turbati da quanto era accaduto tra lui e la possente Thrud. Anche lui d’altronde era turbato, la Valchiria era la sua valchiria, per quanto poco ortodosso fosse stato il loro incontro, non era dunque normali aspettarsi tra i due un legame imprescindibile?
“Tutto bene?” aveva strillato Stellan, appena dopo che il verro avesse appena spiccato un salto, “Si!” aveva risposto.
 Jason aveva sellato cavalli alati, venti, per fino l’indomito cavallo di Hazel, ma non pensava di aver mai montato una bestiaccia simile. La velocità era imponente e brutale, da farlo quasi sbilanciare e le setole d’oro erano fredde, un metallo duro e rigido, che si conficcavano come lamelle sui suoi polpacci.
Jason non aveva avuto idea quanto lontani fossero finiti prima di quel momento, si chiese quanto Stellan e Fred avessero dovuto camminare prima di raggiungere il recinto, seguendo il percorso di fiori.
Quando erano giunti nei pressi della festa, Jason aveva scorso una figura che imponeva loro di fermarsi; era una valchiria, dal lungo mantello fatto di candide piume di cigno, ma armata di una paletta tonda rossa da vigile urbano.
Bite!” aveva sospirato Fred con un tono quasi sconfitto. Il Monaco crociato era incastrato tra Stellan – che teneva le metaforiche redini del verro – e Jason che era l’ultimo sulla grossa sella di cuoio e per tutto il viaggio che gli aveva separati dal luogo dello scontro con la divina Thrud non aveva pronunciato mezza parola, cosa che non era decisamente da lui. “La conosci?” aveva chiesto Stellan titubante e preoccupato.
La valchiria si era avvicinata a loro, era la più giovane che Jason avesse mai visto, sembrava una ragazzina di tredici anni massimo, con i capelli ricci, pieni di boccoli, di un biondo lucente come l’oro lustrato e un visetto a forma di cuore, con occhi grandi e splendenti come pietre preziose, il sinistro era azzurro zaffiro e il destro rosa quarzo.
“Sì” aveva risposto pigramente Fred, scivolando giù dalla groppa del maiale con un movimento felpato e agile, “Sai con chi stai parlando ragazzina?” aveva grufolato proprio Gullinbursti.
La valchiria aveva ignorato a pie pari il verro per concentrare l’attenzione su di loro; nonostante la giovane età, mostrava un aspetto imperioso e sicuro. Anche se Jason era stato poco nel Valhalla aveva imparato a riconoscere le opportune differenze: la valchiria non era né viva né un einherjar ma una dea, come Thrud.
Bonjour, ma noble dame” aveva proferito Fred con una gentilezza stuzzicante, così strana da sentire con il suo tono usualmente secco e infastidito.
La ragazzina aveva battuto le ciglia bionde un paio di volte, prima di arrossire improvvisamente, “Oh! Frédéric!” aveva esclamato e lo aveva pronunciato in quella maniera elegante con cui solo il monaco cristiano chiamava sé stesso, quando si presentava per esteso, rispetto il più basico Fred o Frederik. “Non ti avevo riconosciuto” aveva ridacchiato piena di imbarazzo, prima di prestare attenzione anche a Jason e Stellan, salutandoli con un cenno della mano breve. “Non sapevo partecipassi a feste così dissolute … e con Gullibursti!” aveva ridacchiato con le gote arrossate. La piccola guerriera armata di paletta aveva una piccola infatuazione per il dispotico Fred.
“Il Wyrd non è smette mai di sorprenderci” aveva considerato il monaco, grattandosi una guancia nervoso, “Tu sei stata messa a fare la guardiana-di-porta?” aveva indagato, “Oh, sì. Non mi piace la musica forte né questo Freyachella… lo hanno chiamato così, che cosa buffa” aveva risposto la ragazzina, “Ma mi piace un sacco picchiare la gente! Lo sai” aveva chiarito con un luccichio più sinistro negli occhi eterocromi.
“Ah, sì, so chi sei, una delle nobili nipoti” aveva grufolato il verro, perdendo presto interesse. “Siamo stati invitati alla festa” aveva considerato Stellan con nervosismo, “Io sono Stellan Brightflower, figlio di Ubbe Brightflower e loro sono due nobili guerrieri della Sala dei Caduti”. In realtà la festa l’avevano praticamente fatta per loro, aveva pensato Jason, ma aveva preferito dire: “E cercavamo giusto una valchiria!”
“Oh! Be, ne avete trovata una! Hnoss figlia di Othr e Freya!” si era presentata, pizzicandosi il mantello di piume bianche, prima di fare un generoso inchino rispettoso. “E sì, riconosco due nobili caduti” aveva considerato voltando il sorriso carico di gioia verso Fred. “Hnoss è la mia valchiria” aveva detto leggermente insofferente.
“Io sono Jason Grace” si era presentato, “E come posso aiutarvi?” aveva chiesto la ragazzina incuriosita, “Andiamo abbastanza di fretta, uno dei … una nostra amica è stata rapita e noi dobbiamo mandare un messaggio alla valchiria Samirah Al-Abbass” aveva parlato di fretta Fred.
“Inoltre, dovremmo ricongiungerci a due nostri compagni” aveva parlato Jason, “Madina Modja e Thumelicus di Confluentes. Erano con il Re Italicus dei Cherusci” aveva aggiunto.
“Credo siano ancora a Sessrúmnir e non siano mai venuti alla festa” aveva valutato la ragazzina, giocando con un ricciolo biondo.
“È il corrispettivo della Sala dei Caduti di Freya, dove si tengono i banchetti” Stellan aveva anticipato la domanda che pensava Jason stesse per porre; in realtà lo sapeva, Odino l’aveva spiegato nella sua lunga presentazione la prima sera al Valhalla, mentre riportava il sistema di partizione delle anime dei guerrieri, ma ringraziò di cuore l’elfo per la premura.
“Vi guido io” si era offerta Hnoss, “Puoi lasciare la tua postazione?” aveva chiesto Fred, la ragazzina aveva ridacchiato come se le fosse stata la situazione più colma di imbarazzo del mondo, “Io posso fare tutto quello che voglio, Frédéric” aveva sciorinato con allegrezza.

“Quindi tu sei la Valchiria di Fred?” aveva inquisito Jason mentre seguivano la ragazzina per un pertugio un po’ meno chiassoso, verso la sala di Freya.
Avevano lasciato Stellan con il cinghiale, il giovane Elfo aveva deciso di non voler in alcuna maniera abbandonare il cinghiale una volta di troppo e nessuno aveva deciso di giudicarlo per quello, infondo era la sua missione; così lui e Fred avevano seguito la giovanissima.
“Oh, sì! Lo ho visto la prima volta a Constantinopoli!” aveva raccontato ben felice la ragazza, giocando con una ciocca di ricci biondi, aveva ricordato a Jason un po’ Hazel, ma solo un po’. “Mi sono affezionata alla città durante gli anni che la guardia variaga era lì … ho deciso di rimanerci e quando ho visto Frédéric combattere mi sono emozionata …” aveva cominciato a spiegare lei.
Jason si era voltato verso il suo amico, che aveva un’espressione ieratica, Jason ricordava bene che quando Mel aveva spiegato la sua relazione con Kráka, figlia della sua valchiria, il figlio di Gerd aveva detto che la mietitrice della sua anima lo avesse considerato solo per un breve periodo di tempo, prima di dimenticarsi di lui. Hnoss, però, non sembrava essersi per nulla dimenticata di lui.
“… quindi è rimasto ferito in battaglia e sapevo che le ferite presto o tardi lo avrebbero ucciso. Il milleduecento non era proprio un secolo particolarmente luminare per la medicina” aveva recuperato il filo del discorso Hnoss, “Se fosse morto in battaglia sarebbe stato più semplice” aveva considerato, “Mi perdoni mia signora, la prossima volta cercherò di morire quando è più d’uopo” aveva risposto colmo di sarcasmo Fred, ma la sua parlata velenosa era scivolata completamente alla valchiria, “Non ti preoccupare. Solo che penso meritassi una morte più gloriosa che la setticemia” aveva considerato la ragazzina, con una voce lacrimosa. Jason aveva ricordato il suo sogno, di un Fred malandato, bendato e ferito, su un letto, incapace anche solo di raggiungere la finestra per guardare il mondo fuori.
“Mi ero incaponita però con l’idea che un tale splendido guerriero, meritasse gli onori dell’aldilà. Così per lui ho dovuto bisticciare con una dísir per raccogliere la sua anima. Lei lo voleva portare ad Helheim, ma ammettiamolo: sarebbe stato uno spreco” aveva detto trionfale la ragazza.
“Non lo sapevo” aveva ammesso Fred, con una punta di reverenza.
“Non potevo permettere che un’anima luminosa coma la tua appassisse in quel mondo grigio” aveva risposto secca la ragazzina, putando il naso all’insù con sicurezza, Jason aveva sorriso, per l’espressione pregna di sorpresa e dolcezza di Fred, per quanto luminoso fosse l’ultimo aggettivo che avrebbe usato per l’anima di Fred.
Però, forse Fred era un po’ come Nico, un anima tormentata che nascondeva un cuore grande e amorevole, desideroso solo di un legame.
“Oh, era Glam!” aveva considerato poi Fred, cogliendoli di sorpresa, “Intendo, Lady Glaumvör” aveva specificato, “Ah, sì. L’unica di loro che non sembra essere uscita da una band viking metal” aveva concesso Hnoss, “La signora ha detto che c’eravamo già incontrati” aveva ricordato Fred. Era stato quando aveva dato loro un passaggio sul suo carro.
Inoltre, Jason trovava decisamente probabile che la sua dea-ex-machina rinunciasse ad un’anima per permettere che venisse portata da una valchiria. “La dísir mi ha concesso di prendere l’anima di Frédéric, con la condizione che la portassi nel Valhalla e non qui” aveva aggiunto con un tono un po’ spento, “Di solito porto, ovviamente, tutte le anime che raccolgo qui, ma forse è stato meglio così, non avevo idea in quel momento che egli fosse figlio della mia venerabile zia” aveva ponderato.
“Penso che se fossi finito in questo mondo dissoluto mi sarei buttato giù dei rami dell’
Yggdrasill” aveva esclamato il mezzo-Jotun, facendo sfuggire una risata a Jason, “Quasi più melodrammatico di Mel” aveva ponderato.
“Invece, la tua valchiria, chi è?” aveva chiesto con gentilezza Hnoss, la domanda aveva fatto sprofondare Jason in un principio di angoscia, chiedendosi come avesse fatto a cacciare via in fretta dalla mente la dea prigioniera, “Questo è un altro problema, dobbiamo contattare la valchiria Samirah Al-Abbas” aveva ricordato, evitando la domanda.
Era Samirah incaricata di recuperare Mimir.  Hnoss aveva accettato la sua svicolata con grazia, o forse non aveva compreso il suo desiderio e si era concentrata sulla parte importante, ed aveva detto: “Ah, Samirah! Non la conosco molto, ma mia madre ne ha una buona opinione, poi è la valchiria di Magnus Bane … è stata anche la valchiria di Odino[1] a modo suo.” Jason non conosceva questa storia, ma scommetteva fosse qualcosa di interessante, “Oh, no no. Samirah non è la mia valchiria, la possente Thrud lo è” aveva riferito, non sapendo neanche perché. Fino ad un momento prima non aveva voluto dirlo ad alta-voce, ma poi gli era sembrato ingiusto lasciare che si credesse il falso, “Solo che Lady Thrud potrebbe aver voltato la causa degli dei ed essersi addestrata con una strega ancestrale ed aver aiutato a rapire un dio e una nostra amica” aveva chiosato Fred, lasciando fuori la questione del maiale di Gerd.
Probabilmente per proteggere sua madre, perché la storia del verro non arrivasse alle orecchie della divina Freya.
“Ah, sì, mi sembra proprio affare della squadra suicidio” aveva soppesato Hnoss, il suo tono aveva perso tutto l’infantilismo che aveva avuto fino a quel momento. “Squadra Suicidio?” aveva chiesto Jason, “Sì, dopo la morte della povera Gunilla; Padre-Tutto aveva bisogno di avere un nuovo C.O.O. per le valchirie, ovviamente scelte tra le sue signorine del Valhalla, ma non ha avuto molta fortuna, voleva Samirah Al-Abbas ma lei ha rifiutato il ruolo diverse volte e alla fine ha finito ad ammaestrare la Squadra Suicidio, quella addetta alle missioni potenzialmente stupide o mortali o mortalmente stupide” aveva considerato, “Ovviamente ho fatto richiesta” aveva ridacchiato.

Hnoss li aveva condotti dentro la Grande Sala di Freya.
Era molto meno caotica di quella del Valhalla, ma era molto più elegante e bella, sembrava più una gigantesca sala da tè elegante, in stile liberty. Con tavolate tonde e sedie di ferro con ricami floreali e cuscini morbidi trapuntati. Lucidi pavimenti di marmi colorati, e fiori da ogni lato.
Jason ne era elettrizzato.
Anche le Valchirie sembravano più leggiadre e meno stressate
I rami dell’
Yggdrasill che si diramavano dal soffitto erano lussureggianti e pieni di foglie verde-oro grandi e sane, sembravano più un arredo che l’accesso ai Nove Mondi. Nessun animale sembrava zampettarci in mezzo, se non graziosi uccellini colorati.
I tavoli erano quasi tutti vuoti, con l’eccezione di una grande tavolata tonda, coperta da una tovaglia bianca elegante, imbandita di ogni leccornia immaginabile. Cinque persone erano sedute sulle ricche sedie di legno imbottite; quattro erano uomini ed erano tutti inequivocabilmente pareti: biondi, alti con carnagioni pallide e con gli occhi verde oliva. L’ultima figura era Madina, che in tutto quel biancore spiccava particolarmente.
Era stata la prima a vederli, aveva aperto la bocca in un sorriso luminoso e si era alzata subito lasciando la tavolata, con in mano un pasticcino colmo di crema e una spolverata di granella di pistacchio. Loro avevano lasciato indietro Hnoss che gli aveva rassicurati che avrebbe chiamato prontamente Samirah.
“Oh! Siete qui” aveva detto Madina stampando loro due baci a testa, sulle guance, “Dove è Astrid? Stellan?” aveva indagato subito, “Stellan è fuori con Gullinbursti” aveva risposto schietto Jason, “Meno male” aveva sospirato lei; “Astrid si è fatta rapire dal su ex ragazzo che lavora per Gullveig, come Thrud” aveva riassunto spietatamente Fred, “A proposito c’è Gullveig dietro a tutto questo.”
“Vi ho lasciato soli per poche ore” aveva considerato Madina, schiudendo le labbra, sorpresa, ma cotta di preoccupazione, “Un po’ di più di un paio” aveva ponderato Jason, anche se non aveva idea di quanto tempo fosse effettivamente passato.
“Bene, penso dobbiamo muoverci” aveva stabilito Madina, prima di voltare lo sguardo verso la tavolata con espressione un po’ triste.
Jason aveva riconosciuto Mel, aveva sciolto la treccia da moicano e sembrava un ragazzino in barbe, con pantaloni di pelle da metallaro, ma con un sorriso dolce ad adornare il viso. “Vedo che è andata bene” aveva considerato, rincuorato, ricordando le cose che Iulia Agrippina aveva detto. “Chi sono gli altri tre?” aveva chiesto, poi, Jason, “Astrid è stata rapita, direi che non è il momento di parlare della felice famiglia di Mel” aveva detto Fred, con il suo tono secco.
“Sì, hai ragione” aveva considerato, “Ma è un momento così bello, è come quella cosa strana di cui parla Magnus Chase … la terapia. Tipo quando guarisci una ferità dell’anima” aveva ammesso Madina, girando lo sguardo. “Comunque, sono Italicus, il cugino di Mel, e il figlio di lui, Chariomerus e il padre, cioè lo zio di Mel, Flavus” aveva spiegato, “Gli ultimi re dei Cherusci” aveva considerato melanconica.
La fine della famiglia di Mel e del suo popolo e della sua eredità.
“La famiglia del tuo ragazzo è fuori dal comune. Sono tutti Guerrieri Caduti” aveva concesso Fred, con un tono stizzito; aveva ragione se si considerava che anche il padre ne era uno. “E sono in piedi da quasi duemila anni … nessun’anima dura così tanto. Il genere umano si corrode prima, ma non loro, loro resisteranno fino al Ragnarok e anche oltre ne sono certa” aveva commentato Madina.
“Tutto molto bello, andiamo a salvare Astrid” aveva sottolineato Fred, “Certo. Sai dov’è?” aveva risposto Jason, non voleva essere fastidioso, ma era un problema da considerare.
Un lampo di luce d’oro lo aveva distratto, aveva attirato anche gli altri quattro avventori del tavolo, che subito erano balzati in piedi con armi alle mani.
Tre valchirie si erano manifestate davanti a loro e Jason aveva percepito immediatamente la differenza con Hnoss, trovandole molto meno delicate e luminose, erano invece: acute, dure e sferzanti.
Samirah era al centro con una maglia di ferro, sopra una felpa e un jumper di piume di cigno, indossava l’hijab verde con le decorazioni floreali rosa e un’espressione funerea, al suo fianco c’era una ragazzina dall’espressione nervosa, il taglio a scodella, che indossava un impermeabile di piume, stretto alla vita, da cui sotto spuntavano pantaloni morbidi con una fantasia da pied-de-poule aderenti a gambette ossute e la terza: statuaria e ingombrante, con i ricci pieni era Lagherta – l’amica di Kráka.
“La Squadra Sucida immagino” aveva considerato Jason, “Salve. Sono felice di rivedervi” aveva detto Samirah, alzando il polso per mostrare qualcosa di simile ad un orologio, “Siamo state chiamate qui di gran carriera … e non per essere scortese ma siamo impelagate in una missione precaria” aveva riportato.
Hnoss era apparsa, il suo aspetto non era più quello di una ragazzina di tredici anni, ma si era invecchiata un po’ – utilizzando qualche malia – che l’aveva fatta apparire più alta e leggermente più donna, “Sì, sono stata io. Hnoss figlia di Freya” si era presentata, “Questi ragazzi hanno una comunicazione urgente per voi.”
Jason aveva riassunto a grandi linee quello che era accaduto – lasciando fuori il rapimento di Gullibursti e l’intervento massiccio di Glam nei suoi sogni – e rivelando che una visione aveva aggiornato Jason sul ruolo di Samirah.
“Ah” aveva detto il capo della Squadra Suicidio, “Sylvie[2]” aveva detto girandosi verso la ragazza con i capelli a scodella, “Aggiorna subito la divina Frigg di questa svolta degli eventi” aveva ordinato, quella aveva annuito ed era sparita in una nuvola di oro e polvere, come un mostro.
“Noi andiamo a recuperare quella screanzata di Thurd?” aveva inquisito Lagherta, con un sorriso fin troppo soddisfatto.
Sempre era la delizia di spose malvagie, ricordava le parole di Glam.
“Fate attenzione” le aveva ammonite Jason, “La lingua ammagliatrice di Heidi è la più … forte che io abbia mai sentito” aveva ammesso cupo, e gli era sembrato poi che le donne fossero più facilmente vittima del suo incanto – o almeno così diceva l’Edda, forse era perché erano avvezze all’arte magica, sicuramente Jason non lo avrebbe mai detto ad alta voce, non dopo essere finito vittima di quel incantamento. “Gulveig è piuttosto abile ad avvelenare i cuori delle donne, specie quelle con i tuoi precedenti” aveva parlato per lui Fred, senza vergogna alcuna.
Jason si era aspettato che la donna lo fulminasse con lo sguardo, ma Lagherta aveva solamente ridacchiato, l’espressione insofferente era stata manifestata da Samirah, “Grazie per la preoccupazione” aveva detto Samirah senza gentilezza, prima di rivolgersi a Jason ed addolcire il suo sguardo, “Abbiamo portato dei tappi e non abbiamo bisogno di parlare per sentirci” aveva spiegato, muovendo le mani con movimenti lesti e veloci delle dita – linguaggio dei segni.
“Come vedete bambini” aveva detto Lagherta, strizzandoli l’occhio, “Samirah ha sempre tutto sotto controllo e io sono già una buona figlia di puttana senza bisogno di una strega che mi sussurri nell’orecchio, inoltre …” Lagherta aveva fatto una pausa, prima di infilare la mano nell’orlo della sua veste per tirare fuori una lunga collana di perline di vetro – a Jason aveva ricordato quelle del campo mezzosangue, anche se la sua aveva solo due perle – al cui centro svettava un amuleto di legno su cui era stata bruciato sopra tre simboli, uno era una attraversata da una banda obliqua e l’altro sembrava un incrocio tra una Y maiuscola e un tridente, l’ultimo sembrava una F con i bracci obliqui, “Naudhiz, Algiz, Ansuz” aveva letto Madina, “Bisogno, protezione e prosperità” aveva soppesato Fred, “Circa” aveva replicato la valchiria, “Non ti misuri con ergi e gothi senza un sospensorio.”

Stercore. La situazione è peggiorata in fretta” aveva stabilito Mel quando avevano raccontato tutto, Jason aveva osservato attentamente gli altri tre avventori, piuttosto incuriositi. Un uomo era anziano, ma i suoi capelli erano ancora di un fulgido biondo luccicante, si teneva con un bastone, con un corpo curvo, ma il suo aspetto trasudava ancora una certa regalità. Uno era un uomo adulto, il cui corpo cominciava ad infiacchirsi, ma conservava un’austerità fredda e romana, era vestito come un ausiliare, indossava loriche d’oro ed aveva un occhio bendato – la cosa lo aveva lasciato confuso per un momento, pensava che la condizione di einherjar dovesse guarire ogni ferita. L’ultimo, il più giovane, comunque due volte più vecchio di Mel, era un uomo più secco e nervoso, ma aveva gli stessi capelli biondi e occhi verde scuro-castano del suo parente, a Jason più famigliare.
Mel però sembrava molto più rilassato.
“Thrud ha detto che Astrid non è in pericolo” aveva considerato Jason, “Se le storie su Erik sono vere, probabilmente non è in pericolo, probabilmente non sa neanche di essere stata rapita” aveva ponderato Madina, “Come la troviamo?” aveva chiesto.
“Non sai fare, esempio, un incantesimo rintraccia persone?” aveva chiesto Jason, “Ti ho già spiegato che sono uno stregone piuttosto carente” aveva soffiato Fred, “Letteralmente dieci minuti fa hai costruito una gabbia per chiuderci un dio” aveva replicato Jason. “Lo hai fatto tu, in realtà” aveva risposto Fred piccato.
Hnoss si era avvicinata, “Io forse potrei farlo” aveva ammesso la valchiria, “Non so solo picchiare duro con la lancia, ma posso eseguire anche incantesimi complessi” aveva raccontato orgogliosa, occhieggiando Fred, “Puoi trovare qualcuno?” aveva domandato Jason, “Se avessi qualcosa di suo” aveva ammesso.
“I vestiti!” aveva strillato Madina, “Quelli che ci siamo tolti” aveva sottolineato. A Jason non sarebbe dispiaciuto riavere la maglia verde dell’hotel e dei pantaloni che non scintillassero. “Probabilmente sono stati bruciati e rispediti al Valhalla, non per cattiveria, ma mamma ha una forte allergia alle cose brutte” aveva spiegato imbarazzata.
Astrid – una volta salvata – non sarebbe stata per nulla contenta di sapere che avevano dato fuoco ad una delle sue pellicce.


Fred aveva cominciato a tastarsi le tasche dei pantaloni e Jason aveva avuto un’illuminazione, recuperando dalla tasca dei pantaloni Hagalaz. “Questo?” aveva detto, mostrando la tessera della runa spaccata a metà, “Che cosa hai combinato?” aveva chiesto con sorpresa Mel, “Ho usato questa per rompere il giogo di Heidi” aveva spiegato con una certa calma, “Apparteneva al set di rune di Astrid e, pensandoci, le aveva avute dal suo amico stregone che presumo fosse Erik” aveva ponderato.
Se non avesse trovato l’una, magari avrebbe potuto trovare l’altro.
Hnoss aveva raccolto le due schegge dalle sue mani, per poter valutare, “Uhm. Olmo, buona scelta, hanno un ottimo potenziale incantato” aveva considerato la valchiria – la stessa cosa che aveva detto Kráka. “Sono impregnate di una forte energia magica” aveva ammesso, “Una che puoi sentire nero su bianco, una forza naturale e trascendentale, decisamente più esplosiva di quella del povero Erik figlio di Frey, che ha un energia vitale sempre calma e rasserenante, per caso la vostra amica Astrid è una figli di Thor o Odino o una diretta discendente?” aveva chiesto Hnoss, “Discende da Sif” aveva spiegato Madina, pratica, “Ah, be, all’ora questa tessera ha assorbito il potere di qualcun altro” aveva detto leggermente sconsolata la valchiria, “Qualcuno come un figlio di Giove, eh?” aveva detto ironico Fred occhieggiandolo, “Non ho mai sentito una loro energia, ma è più probabile che se appartenesse a un lascito di Sif” aveva considerato.
“D’altronde Kráka lo aveva detto che la runa dovesse essere la mancanza di Astrid” aveva ponderato Mel, d’altronde hagalaz come Giunone aveva seguito Jason in tutte le sue disavventure.
“Mi dispiace all’ora, forse se avessi le abilità di mia madre, potrei, ma …” aveva soffiato Hnoss, prima di riconsegnare la runa spezzata a Jason.
Madina si era voltata verso Fred, “Tu dove pensi che andrebbe Astrid se dovesse avere un incontro intimo non sapendo di essere stata rapita?” aveva inquisito.
“Nessuna parte, Madina” aveva risposto Fred, “Non con noi qui, non senza sapere del verro e non prossima ad un Holmgang” aveva aggiunto con fermezza, sì, realizzava Jason, “Andarsene non sembra qualcosa da Astrid” aveva considerato.
Forse non era davvero in pericolo, ma sicuramente non li avrebbe mai lasciati così. “Sì, lo so, Freddie, ma devo cercare di pensare trasversalmente” si era difesa Madina, incrociando le braccia sotto al seno, “Io andrei a casa” aveva risposto Mel, cogliendoli di sorpresa, “Lì, sul Palatino, nascosto nelle cucine per non dover spazzare il pavimento” aveva confessato emotivo.
Jason aveva ricordato il suo sogno, quando Mel pestato e rovinato era stato portato all’attenzione di Caligola e tutti gli altri suoi compagni nei sogni, le alture di neve del Wyoming, la calura distruttiva di Costantinopoli … e la capanna di terra, legna e argilla di Astrid e Erik.
“Se posso intromettermi” aveva parlato uno dei tre uomini, avvicinandosi, quello dall’aspetto più vecchio, aveva una voce calma e posata.
Da vicino, dietro le rughe calanti del viso, la somiglianza con Mel sembrava appassire, aveva un naso più adunco ed un’espressione più solenne, ma gli stessi ridenti occhi verde come olive pressate. I capelli biondi, quasi bianchi per la vecchiaia, portati lunghi e scriminati in due, sul capo.
“Ragazzi, lui è mio cugino Italicus” aveva spiegato pigro Mel, “Re dei Cherusci” aveva aggiunto, “Famiglia loro sono i miei compagni di piano: Fred, depresso e cristiano, e Jason, bugiardo patologico e romano” aveva aggiunto, senza reale cattiveria.
“Ciao famiglia di Mel” aveva risposto pigro Fred, “Ave Italicus, cheruscōrum rex” aveva commentato invece Jason, ignorando la frase pungente di Mel.
Italicus aveva annuito cortese e colpito, “Dunque, dicevo” aveva ripreso poi il re, “Nel corso dei miei duemila anni in giro ho conosciuto diverse entità di indistinguibile acume e valore … e capacità ovviamente. C’era questa v
ǫlva con abilità oltre ogni immaginazione” aveva raccontato, “Hai ancora il suo numero di telefono per caso?” aveva chiesto Madina con una punta di curiosità.
“Oh, be, la giovane Groá è morta da tempo e sfortunatamente la sua anima non riposa né in questi lidi, nè nella Sala dei Caduti di Padre-Tutto” aveva considerato Italicus cupo, “Ma anche nella morte, come si direbbe in questi pazzi tempi moderni, Groá non ha mai mancato la chiamata” aveva sentenziato.
“Stiamo davvero per fare un invocazione?” aveva considerato Fred con un tono leggermente ansioso, ripensando a quella che avevano quasi fatto per Bee, davanti la prigione di Thrud, “Più un evocazione” aveva ponderato.
“Io non so come si fa” aveva miagolato Hnoss, “Chiamare un’anima dal regno di Hell è un affare pericoloso di per se, ma chiamarla da un regno dei morti ad un altro  è tutta un’altra faccenda” aveva spiegato, “Sì, per questo ci ha portato qui una dísir” aveva considerato Mel, grattandosi il capo. Certo, rubare un anima da un’oltre tomba ad un altro era una questione che poteva scatenare una guerra.
Jason aveva schiuso le labbra ed un pensiero invadente e brutale si era manifestato nella sua mente ed era sceso fino alle sue labbra, quella sicurezza, quelle certezze, come la creazione della prigione di Thrud, non erano completamente sue e Jason cominciava a sospettare che fosse per colpa dell’abbeverata alla fonte della magia.
Doveva pagarne il prezzo.
“Hai la faccia di uno che ha appena avuto un’idea” aveva considerato Fred, “So, come fare un invocazione, so come farlo a grandi linee almeno – o almeno so a chi chiedere” aveva spiegato subito pratico, “Nelle mie ormai piuttosto innumerevoli e bizzarre morti, ho avuto un certo numero di sogni” aveva raccontato – “Sì probabilmente sei il semidio con i sogni più vividi fra tutti” era intervenuto Mel a sorpresa – “e tra questi ho visto un mio amico invocare l’anima di un morto dai Campi Elisi, un posto da cui raramente si possono chiamare i morti” aveva spiegato.
“Indovino: il ragazzo che gira con gli anelli a tema teschi e le camice con i parrocchetti?” aveva scherzato Madina, alludendo a Nico – per un secondo Jason aveva dimenticato che Madina aveva conosciuto i suoi amici. “Bene, come ha fatto?” aveva chiesto Fred, mettendo una mano sulla sua spada, amichevole e nervoso, “A grandi linee, ma potremmo chiedere direttamente a lui” aveva specificato, “I semidei greci hanno un modo di comunicare piuttosto veloce … non ero sicura potesse funzionare con Samirah, ma sono sicuro che con Nico sì” aveva ammesso.
Era una sicurezza difficile da spiegare.
Forse in futuro ne avrebbero potuto fare buon uso anche i norreni, infondo Jason aveva letto che Heimidall il dio che poteva vedere tutto, soggiornava nei pressi del ponte arcobaleno … forse un nesso, la comunicazione, poteva significare qualcosa.
Inoltre Jason era stato un pretore del Campo di Giove e membro del Senato di Nuova Roma, ma era stato anche un membro della Cabina 1 e Consigliere del Campo Mezzosangue, era sia greco, sia romano, era un romei come Kym … ed era anche norreno.
Non è come nasci, ma come muori, che  rivela a quale popolo appartieni – aveva detto Astrid, neanche una settimana fa, prima che tutto andasse in malora.

“Mi serve qualcosa d’oro, una moneta, un ninnolo, qualsiasi cosa … e una bacinella d’acqua, una parete bianca e uno specchio” aveva commentato, “Forse una fonte di luce luminosa bianca a raggio” aveva aggiunto. Si era rivolto particolarmente ad Hnoss, ma aveva osservato la famiglia reale della casa dei Cherusci darsi da fare in un batter d’occhio.
Flavus aveva dato a Jason il suo bracciale d’oro, Chariomerus era tornato con un bacile di legno colmo d’acqua e Hnoss aveva tirato fuori uno specchietto per il trucco da qualche parte. “Potresti non riavere il bracciale” aveva avvertito Jason, guardando la lorica romana. l’uomo aveva ridacchiato, “L’oro aveva valore nella vita, ora non è nulla …” aveva sentenziato, senza impiccio.
Jason aveva annuito, osservando il viso orgoglioso dell’uomo, vestito come un armigere romano e non un germano, nonostante il crine e i baffi biondi, “Forse è il momento sbagliato, ma perché la benda?” aveva domandato.
Forse Flavus la indossava come tributo a Odino, “Perché mi manca un occhio, no?” aveva risposto con ovvietà, questo aveva confuso ancora di più Jason, che aveva aggrottato le sopracciglia. “Wotan ha sacrificato un occhio per la conoscenza e io l’ho fatto per il mio onore ad Andetrium[3]” aveva risposto orgoglioso, “Chi ti è davanti Jason Grace pretore di Nuova Roma è il
praefectus cohortis Marcus Iulius Flavus, centurione di Roma[4]” aveva stabilito con orgoglio.
Jason aveva sorriso – ma il tossicchiare di Mel aveva fatto presto scemare l’azione.

“Per la parete bianca va bene quella?” aveva chiesto Italicus, ammiccando ad un lato della parete, che era compostata di cassettoni e marmi chiari, “Sì” aveva ammesso Jason.
“Ci serve solo una fonte luminosa ora” aveva ponderato, “Forse potrei incanalare un fulmine” aveva considerato, ma avrebbe potuto produrre una luce bianca? “Ma preferire aiutare con lo specchio.”
“Diciamo che la mia spada esplode in intensità di colore in base a quanto vicini ad uno scontro siamo ma il colore è sul mio stato d’animo. Ultimamente è rossa, ma potrei riuscire a renderla bianca?” aveva considerato Fred, “Ti prego” aveva sospirato Madina.
“Cosa stai cercando di fare?” aveva inquisito Mel, “Creare un arcobaleno, usando la diffrazione dello specchio nell’acqua …lasciamo perdere, è una cosa che ho imparato in collegio. Lo facevamo per passare il tempo quando pioveva e non potevamo uscire in cortile e la segreteria aveva scoperto le VPN per il- non è importante” aveva fatto una pausa arrossando a quella strana confidenza, prima di ricominciare il discorso, “Comunque con l’arcobaleno possiamo contattare chiunque” aveva rivelato, “Certo, pagando un dazio alla dea Iride, sì” lo aveva anticipato Mel.
Per un secondo lo aveva dimenticato, nonostante la sua fierezza di uomo germano, Mel era cresciuto a Roma, nella casa del Princeps, con la nozione degli dei classici.

Fred aveva estratto la sua spada magica e una rossa luce sinistra si era dipanata davanti a loro, il ragazzo aveva fatto lunghi sospiri, come a calmare il suo animo agitato e lentamente la luce era passata un rosso incendiario ad un bianco quasi accecante.
Tutta quella luce non era decisamente positiva – una guerra si era fatta più vicina.
“Bene e ora?” aveva chiesto Madina con interesse.
“Dobbiamo immergere lo specchio in acqua ed inclinarlo a quaranta-due gradi con la superficie riflettente verso il muro e dobbiamo irradiarlo con un fascio di luce” aveva spiegato bene, osservando come Hnoss aveva allungato il suo specchio per darlo a Mel.
Era uno di quelli dalla forma circolare, rivestito in argento lucido da un lato, da cui spuntava un piccolo anello per sorreggerlo.
“Ai miei tempi, Jason avresti potuto convincere molti uomini di essere un messaggero degli dei” aveva ghignato divertito il guerriero germanico mentre si accucciava per terra per immergere l’artefatto nella tinozza, “Lasciando da parte i fulmini” aveva detto piccato Fred.
Nessuno aveva badati a lui.
Fred si era spostato per puntare il fascio di luce verso lo specchio, senza un figlio di Frey o di Apollo non era stato molto facile, ma Hnoss era riuscita a dargli una mano in qualche modo, mentre Madina aiutava il fidanzato a trovare l’inclinazione perfetta.
I tre guerrieri germano-romani osservavano la scena con un certo gusto ed interesse, “Che giornata interessante, eh?” aveva ghignato divertito Flavus.
C’era voluto un po’ – e non senza improperi in francese dalle labbra di Fred – quando finalmente un tenue e piccolo arcobaleno aveva trovato la sua strada nel cassettone di marmo, pratico Jason aveva offerto l’oro di Flavus e richiesto l’invocazione.
Sfocato e leggermente scuro, il viso di Nico Di Angelo era apparso nel suo campo visivo.
“Jason!” aveva esclamato vedendolo, spalancando gli occhi scuri sorpreso; “Lo hai detto tu stesso che il nostro non era un addio” aveva scherzato Jason, “Oh, be, non mi aspettavo così presto” aveva ammesso Nico, nervoso, prima di aggiungere frettolosamente, “Non che mi dispiaccia sono sempre felice di vederti” aveva ammesso con un tono più allegro.
“Ciao Nicoo!” aveva strillato Madina, che era fuori dall’inquadratura, “Oh, ciao!” aveva risposto l’altro aggrottando le sopracciglia, prima che Jason spiegasse chi aveva parlato, “Ah, certo” aveva ammesso, “Sei stato fortunato, se chiamavi due minuti prima mi avresti trovato con Will e non sopporto mentirli, ma è andato in infermeria … non puoi mai sapere quanto uno scorpione decide di pungerti” aveva buttato fuori.
“Stanno tutti bene?” aveva chiesto preoccupato, “Uno scorpione ha punto Drew, uno scorpione standard intendo, non un mostro velenoso, quindi a parte le sue lamentele che si sentono fino alla cabina 13, sì stanno tutti bene, ma io odio mentire al mio ragazzo. Ah, sì, la doccia ha smesso di cercare di uccidermi” aveva ammesso.
“Volete anche un cazzo di tè?” aveva chiesto Fred che stava ancora direzionando la sua lama, “Questo è Fred che mi ricorda che non ti abbiamo chiamato per piacere, ma ho bisogno del tuo aiuto Nico” aveva ammesso. Il suo amico aveva annuito, “Tutto quello che vuoi Jason” lo aveva rassicurato, “Devi spiegarmi come hai fatto l’invocazione a Silena” aveva detto, “Come-come lo sai?” aveva domandato retorico, “Lo ho visto in un sogno” aveva ammesso e si chiedeva se non lo avesse visto all’ora per questo – se davvero ogni sogno, ogni immagine, più banale che avesse visto, fosse un messaggio del Wyrd.
“E se possibile molto in fretta!” aveva ringhiato Fred. “Jason la necromanzia non è una pratica consigliata a chi non è affiliato alle divinità ctonie” aveva considerato Nico nervoso, “Be, sono morto quindi un certo grado di famigliarità dovrei averlo ora” aveva provato, “Riflettendoci dobbiamo evocare lo spirito di una profetessa per avere una lettura del futuro, quindi più che una necromanzia dovremmo fare una psicagogia – dovrebbe essere questo il termine” aveva provato Hnoss, affiancandosi a lui e salutando audace Nico – “Oh anche lui è carino!” aveva ridacchiato nell’orecchio di Jason.
“Sì” aveva considerato Nico, “Ma quanta gente siete?” aveva chiesto poi confuso, “Uhm, sette einherjar e una valchiria!” aveva risposto contenta la guerriera. “Sicuramente l’energia dei morti non vi manca” aveva valutato ironico il suo amico.
 “Nico, abbiamo davvero bisogno di questa cosa” aveva supplicato Jason. Il suo amico si era morso il labbro, “Va bene – ma Jason non vorrei tu morissi di nuo-permanentemente. Promettimi di non farlo” aveva stabilito il suo amico con sicurezza.
“Tutto per te” aveva replicato Jason, con un sorriso calmo.
Nico era arrossito, “Va bene …” aveva concesso alla fine, sebbene la sua espressione fosse tutt’altro che serena “Prima di tutto, vi servirà uno specchio d’acqua …”

 

“Quindi facciamo una psicagogia greca officiata da un einherjar romano in un regno vichingo per richiamare una vǫlva da Hellheim?” aveva chiesto sconvolto Stellan, mentre Madina lo aggiornava. La piccola congregazione composta da un elfo, sette spettri, un verro gigante meccanico e una valchiria dea aveva lasciato le calde stanze di Sessrúmnir per raggiungere il luogo adatto, guidati dalla giovane Hnoss, che conduceva la fila come una maestra in gita scolastica conduceva un gruppo di studenti distratti – quello che rendeva più comica la scena era che la giovane aveva ripreso il suo aspetto un po’ più infantile, che la faceva apparire la più giovane del gruppo.
A chiudere la fila c’era il grufolante Gullinbursti più seccato che mai – che millantava che avrebbe potuto portare tutti sulla sua groppa.
Ognuno di loro aveva qualcosa tra le mani utile per l’invocazione.
“Stavo pensando Stellan …” aveva cominciato Jason, “Tu potresti andare … la tua missione è finita” aveva ponderato.
Thrud aveva detto che il sole sarebbe tramontato ad Alfheim non prima di un paio di giorni, però sarebbe stato il caso di riportare il verro il prima possibile, “Lo so” aveva detto l’elfo con le gote blu come due mirtilli, “Dovrei, ma non riesco ad andarmene e voltare le spalle a voi e Astrid” aveva considerato.
“Ma come sei dolce, ti mangerei di baci” aveva detto Madina, tirandoli una guancia e facendo quasi cadere il barattolo di miele che aveva tra le mani – era uno dei barattoli prodotti dalle ragazze Bee, Jason non sapeva perché ma lo aveva trovato esilarante.
“Sentite so che è una cosa assolutamente di troppo, ora, ma mi chiedevo come fa Flavus a mantenere la sua cicatrice?” aveva domandato Jason, mentre osservava il retro della nuca dell’uomo che aiutava il suo vecchio figlio a progredire – Italicus era un vecchio baldanzoso, ma era pur sempre un vecchio, “Lo stato di Einherjar non dovrebbe cancellare tutte le cicatrici e menomazioni?” aveva chiesto, toccandosi il labbro integro.
“Ah, non so” aveva ammesso Mel, sollevando i palmi in alto, mentre Madina aveva ridacchiato, “Nella stessa maniera in cui il Valhalla mantiene il tuo tatuaggio Jason … anche i quelli sono ferite, intagliate con l’inchiostro sulla pelle … dovrebbero rimarginarsi, ma il Valhalla le lascia perché sa che sono tue scelte, sono importanti, basta desiderare di averle per conservarle” aveva spiegato, “Di solito nessuno vorrebbe tenersi addosso una cicatrice o una menomazione” aveva considerato Jason, se non avesse avuto tra le mani una cassetta piena di ossa di pollo e cinghiale dello scarto della cena, non avrebbe esitato nel toccarsi la cicatrice.
“Oh, tesoro come fai a saperlo?” aveva invece indagato Mel divertito, “In duemila anni non ci ho mai pensato” aveva considerato poi. La sua fidanzata aveva ridacchiato: “Oh, be, amore, sarebbe fastidioso se dopo ogni morte mi guarisse l’imene” aveva risposto Madina senza alcuna vergogna, strizzando l’occhio verso il fidanzato.
Jason era arrossito e anche Stellan – o la sua versione blu – mentre Mel aveva ridacchiato, colpendosi in faccia con la mano.
Si era morso un labbro, nervoso, pensando a quella stupida cicatrice che si era fatto a due anni.
Fred si era voltato verso di loro con uno sguardo cattivo e arrabbiato, Jason si era aspettato un commento indisponente sulla natura libertina di Madina, ma l’altro aveva proferito tutt’altre parole: “Sono contento che vi divertiate, non è come se Astrid fosse stata rapita” aveva ringhiato.
La vergogna aveva colpito tutti e quattro.

 

“Eccoci, qui!” aveva stabilito Hnoss, ammiccando al lungo fiume che si apriva davanti a loro, aveva acque azzurre luccicanti sotto la luce del sole di Vanheim da sembrare che diamanti grezzi ne luccicassero sulla superficie. Il fiume aveva delle anse poco sinuose e si apriva in una biforcazione d’acqua. “Questo è il fiume Tanais che divide la terra in tre” aveva aggiunto con orgoglio. “Forse lo ricordo male, ma il Tanais non era il nome antico del Don?” aveva considerato Jason, “E percorrendolo probabilmente vi ritrovereste nell’oblast’ russo” aveva ammiccato divertita Hnoss, “Vanhaimer è il regno a oriente” aveva spiegato.
“Jason” lo aveva chiamato Madina, “Sì ho capito, la geografia dei fumi e delle montagne dei Nove Mondi non ha senso e tutto esiste su piani diversi” aveva ponderato.
A Jutheim avevano trovato le montagne del Wyoming e avevano preso un fiume che era passato per una terra velenosa e poi li aveva condotti fino alle coste della California, vicino a Fort Russ.
“Comunque è l’unica grande fonte d’acqua qui. E il bel ragazzo nell’arcobaleno ha detto che ci serviva” aveva stabilito la valchiria, mettendo le mani sui fianchi, “Pensate andrà bene?” aveva inquisito, “Lo faremo andare bene” aveva stabilito Jason, “Procediamo.”

“La regola è che non si possa entrare nel regno del morti…” – “Siamo già morti” lo aveva interrotto Flavus, “… ma si chieda al defunto di uscire” Jason aveva ricordato a tutti le parole di Nico, prima di passare la pala a Stellan, “Perciò bisogna scavare una buca” aveva stabilito.
“E devo farlo io?” aveva chiesto l’elfo, “Be, Stellina tu sei l’unico sicuramente vivo al cento per cento e, be, uma…mortale” aveva sottolineato Fred, ammiccando alla valchiria che era figlia di due dei a quanto Jason aveva capito – di Freya e il di lei marito – “Tecnicamente la nostra categoria di dei è mortale” aveva sottolineato Hnoss, ma era stata ignorata. “Il rituale è pensato per i vivi” aveva commentato Jason, forse avrebbe funzionato anche per loro, ma era meglio limitare le stranezze.
Stellan aveva annuito, prendendo il badile dalle sue mani e cominciando a scavare, avevano scelto il luogo non lontano dall’ansa limosa del fiume.
“Quanto dovrei proseguire?” aveva chiesto poi, “Una tomba … più o meno” aveva considerato, “Va bene” aveva detto sconsolato l’elfo.
“Bene, adesso dobbiamo preparare una triplice libagione: prima latte e miele, seguito da vino e in ultimo acqua … e tutto dovrà essere cosparso di farina d’orzo” aveva spiegato Jason, ricordando le parole che aveva ascoltato da Nico.
Nel frattempo Italicus stava ordinando a padre e suo figlio di disposto una maschera – Jason aveva ricordato che il suo amico aveva usato una di Medusa – sul fondo della buca e altre ossa di creature morte. “Ora dovremmo immolare un olocausto, ma Nico ha detto che patatine e coca-cola andrebbe bene lo stesso, soddisferà la fame comunque, anche se non di sangue” aveva ponderato Jason.
“Non capisco, non abbiamo già portato il cibo” aveva chiesto Madina, “Nel dubbio ho preso un sanguinaccio con sangue di cinghiale” aveva esclamato Hnoss con un certo orgoglio. “Un banchetto è per l’anima di Groá, un banchetto è per la fame di Hela” aveva spiegato Italicus, stupendoli – Nico non aveva effettivamente spiegato quella parte, ma aveva senso pensandoci, era agli dei che si facevano sacrifici di solito.
“Perfetto” aveva considerato  Jason, “Stellan: prendi le patatine e la coca-cola e buttale nella tomba tra le ossa unte di grasso, poi rovescia il sanguinaccio dicendo le parole che ti dirò tra poco, dopo butta la candela accesa nella tomba” aveva ponderato Jason.
Mel aveva recuperato la candela tra il materiale che avevano portato e si era occupata di accenderla con una pietra focaia, “Noi ci metteremo attorno al tumulo per respingere le anime dei morti che non sono be … quella che ci serve. Purtroppo, non possediamo i doni di un figlio della morte” aveva ponderato, “Dovremmo anche ripetere una litania: noi amiamo l’uomo, noi amiamo il tumulo[5]” aveva spiegato Jason.
“Per nulla inquietante, no no” aveva detto Chariomerus, “Più che altro questo non è un tumolo, è una tomba piuttosto basica” aveva valutato confuso Fred, “E stiamo evocando una donna.” “Allora: noi amiamo la donna, noi amiamo la tomba?” aveva proposto Madina.
“Qualcuno potrebbe farlo anche con noi?” aveva chiesto invece Flavus mentre prendeva posto attorno alla tomba, chinandosi sulle ginocchia, “Essere a Midgard e invocare le nostra anime?” aveva aggiunto. “Sì … credo” aveva risposto Hnoss, “Ma non so come funzionerebbe tecnicamente: nel Valhalla e a
Sessrúmnir le anime sono più corporee? Possono lasciare il dominio e essere creature di carne e sangue, ma chi riposa a Nilfheim e Hellheim non può. Sono spettri e ombre dei vivi … non so cosa succederebbe se qualcuno richiamasse l’anima di un einherjar” aveva ponderato.
“Ritengo che queste disquisizioni di teoria magica potrebbero essere fatte quando qualcuno non è scomparso, no?” aveva interrotto Fred la questione, la piccola valchiria era saltata colta dalla vergogna, “Perdonami tantissimo” aveva uggiolato come un cucciolo ferito e tanto era bastato per far sorgere uno scrupolo di colpa sul viso indisposto di Fred.
“Spero davvero funzioni … deve” aveva ammesso Jason, “Stellan: ecco le parole che dovrai dire …”

“… ma, dea, ti supplico, regina di sottoterra, di far uscire l’anima dai confini della terra, mostrando agli iniziati il volto buono della signora Groá” aveva terminato Stellan, lanciando poi la candela nella fossa.
Era un bene che la signora della morte norrena fosse una donna, avevano potuto riciclare un’invocazione alla dea dei fantasmi greca.
Loro avevano continuato la loro litania, erano rimasti sul classico, senza successo.
Per un lungo momento non era successo nulla, la luce tenue della candela si era assopita nella terra umida. “Abbiamo fallito” aveva ammesso con vergogna Madina, “Forse questo incantesimo vale se siamo a Midgard non su … regno dei morti?” aveva provato, “Non siamo più a
Sessrúmnir, Madina, siamo a Vanhaimer è una terra viva quanto Asgard e Midgard” le aveva risposto suo ragazzo, “Ma non è terra dei mortali” si era inserito Stellan incerto, “Midgard e Alfheim lo sono.” “No, ha funzionato, lo sento” si era intromesso Fred lugubre, “Sì, è qualcosa che interferisce nell’aria” aveva ammesso la valchiria.
Appena le parole di Hnoss si esaurirono, il fuoco aveva divampato dalla fossa, prima rosso, poi era marcito in un sinistro verde perverso. Dalle fiamme si era condensata una figura, Jason ne vedeva solo il profilo, era una creatura morta ed avvizzita, dai lunghi capelli neri e il corpo scheletrico. “Hela!” aveva sussurrato ammirato e spaventato Flavus, “Questo … questo è poco ortodosso, ma molto interessante” aveva concesso la dea, la sua voce era fredda come una notte d’inverno, accompagnata da una bufera di neve.
Non somigliava a né a Vali, né a Alex, né a Samirah. “Accetto la tua richiesta, Stellan Brightflower, della stirpe dei Dökkálfar” aveva sentenziato.
Stellan si era fatto rigido davanti quell’appellativo.
Hela era bruciata in fiamme verdi e quando il fuoco si era esaurito, era rimasto solo fumo grigio verdastro e poi tra le volute di fumo si era manifestato altro. Una figura ingobbita nera, da mani nodose e scheletriche, con il viso scolorito e grigio. Si erano alzati tutti per raggiungere Stellan, l’unico di loro a fronteggiare la strega fino a quel momento.
Il viso di Groá era bianco come l’osso di una seppia, con capelli grigi sottili come fili di ragnatela e occhi infossati neri come pozzi senza fondo, ne iride e ne pupilla. Sembrava emanare un’aura oscura che nascondeva il sole raggiante di Vanheimer. Ne giovane ne vecchia, ne viva ne morta, ne tangibile ne fumosa, tutta una serie di metà e nullezza.
“Qui è Gróa, moglie di Aurvandill l'ardito, che risponde sempre alla chiamata” aveva risposto la voce della donna, con una voce cavernosa, ma distante, come se non avesse parlato dalle sue labbra – che si erano sì mosse – ma da un posto oscuro e profondo, lontano, come il centro della terra.
“Oh, che orribile vista” aveva commentato Gullibursti, “Oh, che lingua insolente” aveva risposto lo spettro con un atteggiamento leggermente indisponente.
“La prego ignori il verro” aveva miagolato Stellan, con pieno disagio, prima di voltarsi verso Jason, in cerca d’aiuto, ma prima che lui parlasse era stata Fred a palesarsi per primo, facendo un passo in avanti: “Mia rispettabile Groá ti offriamo latte-e-miele, vino e acqua per dissetare la tua fame” aveva soffiato, “E cosa chiedi guerriero per questo lauto banchetto?” aveva chiesto la spirito, che senza vergogna si era poi avventata sul calice colmo di latte, “Prima che tu ponga la tua manda e bene che tu sappia che il futuro è una coltre di nubi della tempesta” lo aveva avvertito con quella sua voce profonda, da scavare le ossa.
“Nessuna profezia, nessun presagio, noi cerchiamo una persona che ci è cara e che ci è stata sottratta” aveva ammesso Fred, “Ella risiede ad Nilfheim e volete che io parli per voi?” aveva chiesto Groá, “No, mia signora, lei risiede nel Valhalla e mangia al tavolo di Odino, ma ora è scomparsa” aveva spiegato.
Groá aveva bevuto il vino rosso, che era colato dalle sue labbra avvizzite, come sangue viola, “Il suo nome?” aveva domandato la strega.
“Ella è Astrid Einardottir, nata come Auat occhi-di-ambra-verde, dalle trecce nere e il cuore impavido. Figlia di Einar Acre-acciaio figlio di Sif” aveva recitato Fred, come un poeta, con colore e calore.
Groá aveva abbandonato la coppa di vino vuota ed aveva bevuto l’acqua, “Essa è corrente di ogni energia e magia” aveva ammesso con voce cupa, “E dalle acque dovrete passare” aveva ponderato, “Lì nella terra della metà dove ogni cosa vive e muore assieme, dove il tempo scorre e l’inevitabile accade” aveva spiegato, “Lei riposa tra le viti selvatiche, lì alla baia dei pianori, nel Regno di Saguenay” aveva stabilito la strega.
“E?” aveva provato Fred, “E questo è tanto e tutto guerriero” aveva detto Groá, poi era scomparsa in un fumo verde e polvere nera, senza alcuna altra parola.
La fossa era rimasta vuota, senza ne ossa, ne maschera, il cibo, tutto il cibo, era stato consumato e solo la candela spenta e consumata era rimasta nella fossa.
“Non è stata molto chiara” aveva ponderato Flavus, “Un po’ lo è stata” aveva considerato Italicus, “Dobbiamo andare a Midgard mi sembra ovvio” aveva dato man forte Mel, “La terrà a metà dove si vive e muore assieme” aveva specificato.
“Sì, ma dove?” aveva chiesto Madina, “Forse le acque ci porteranno lì … comunque credo sia in Canada” aveva provato Jason, era stato fortunato ultimamente con i fiumi magici.
“Canada?” aveva chiesto Hnoss confusa, “Sì, è una città del Canada, l’abbiamo studiata a Geografia perché è stata creata all’inizio degli anni 2000 unificando altre tre città” aveva risposto Jason, rispolverando le sue conoscenze di geografia e quella particolare relazione in collegio.
Come cittadino di Nuova Roma aveva sempre trovato interessate la geografia, conoscere i limites era fondamentale. “È in Quebec comunque” aveva aggiunto Jason, “Non ricordo molto altro, tranne che è un luogo turistico.”
“Be, se è l’unico indizio che abbiamo, io lo prendo” aveva considerato Fred, “Bene andiamo in questo posto noto come Canada” aveva ammesso Stellan, grattandosi una guancia, “In realtà ho sempre desiderato andare a Midgard” aveva ammesso.
“Be, se è l’unica cosa che sappiamo, penso sia il caso di cominciare da lì …” aveva rivelato Jason, “La strega ha detto che le acque ci avrebbero portato, nella città c’è un fiume con lo stesso nome” aveva ponderato, ammiccando alla forca d’acqua davanti loro – era stato fortunato con le acque nelle ultime volte.
“No, troppo … semplice” aveva ponderato, prima di voltare lo sguardo verso Mel. “Perché mi guardi?” aveva chiesto confuso il gladiatore, “Questo è il momento in cui intervieni spiegando tutto per filo e per segno” aveva risposto, “Mi sembra un po’ troppo moderno per i miei canoni” aveva risposto il guerriero, leggermente imbarazzato. “Per favore, tesoro, sei uno dei pochi che ha capito cosa è l’internet” aveva detto Madina, “Oh, mi lusingate, non smettete” – si era pavoneggiato Mel – “Ma devo ammettere che in questo caso non ho idea a cos’altro si possa riferire.”
“Vedi perché una cosa non mi torna? Perché Mel non la conosce” aveva sottolineato Fred.
Il cheruscio era arrossito colto in imbarazzo da tutti quei complimenti, Jason aveva annuito, comprendendo il punto del crociato: niente era mai così semplice.
Ricordava che la città si trovava nello Scudo Canadese, protetto dalle intemperie naturali ed una zona temperata anche negli inverni, un’oasi verde … non aveva neanche idea perché al suo professore di geografia così importato così tanto studiare quell’insignificante città nel Canada francese.
Però, iniziava a sospettare che forse, in qualche modo, il Wyrd doveva aver avuto il suo ruolo – ben, prima che ricevesse anche la profezia sulla sua morte.
Fin da allora.
Madina si era morsa un labbro, “Cosa succede?” aveva chiesto Jason preoccupato, “Lo sai che sono morta nel 1600, vero?” aveva chiesto retorica Madina, “Sì” aveva ammesso lui confuso, “Anche se andava scemando il fenomeno in quegli anni si parlava sempre di El Dorado – non sai quanta gente europea, americana e quant’altro si è persa in amazonia per cercare le ricchezze di El Dorado” aveva ammesso, “Anche su nelle alture fredde del Wyoming, erano arrivate le voci” aveva raccontato. Jason aveva annuito, non molto stupito, il mondo era stato costellato di terre leggendarie e uomini che avevano fatto quanto era necessario per trovarle: alcuni per la gloria, alcuni per l’avventura e alcuni per la ricchezza. Alcune di quelle terre erano davvero esistite ma la nebbia le aveva celate agli uomini, altre erano leggende, altre erano posti a metà – come Ogigia. Immaginaria e reale.
“E ricordo che c’era questo ragazzo apachese che diceva sempre che era nella natura dei bianchi morire per la loro fame dell’oro – non prenderla male, riporto solamente quello che aveva detto” aveva raccontato, “Nessuna offesa” aveva ammesso Jason, “Sono romano, ricordi? Uno dei popoli più affamati di sempre” aveva ricordato, “E questo ragazzo, non ricordo il suo nome … è passato tanto tempo da quando ho saputo quella storia. A mia madre non piacevano gli uomini e le persone in generale” aveva raccontato.
“Madina mi sto perdendo” aveva ammesso Jason, “Sai ci sono persone come Mel che hanno vissuto quasi duemila anni e la loro mente è una biblioteca che può immagazzinare volumi e volumi senza essere mai piena, ma io? Io molto meno” aveva detto, “Diciamo che il giro era lungo e non ricordo perché stavo pensando a El Dorado ma ho sentito parlare del Regno di Saguenay e decisamente non relativo a una cittadina del Quebec” aveva ammesso.
Lo aveva detto solo a Jason, ma probabilmente il loro discorso era arrivato anche agli altri, “Non ricordi altro?” aveva chiesto preoccupato, “El Dorado del Nord America? Può avere senso?”.
“Comunque sia, questo è il momento in cui vi devo interrompere” aveva miagolato Hnoss, tutti avevano guardato la Dea-Ragazzina. “Tecnicamente non potete lasciare i domini di mia madre fino al ritorno della Dísir che vi ha condotto qui. Avete il permesso di Bragi di venire qui e di mia madre di restare, ma formalmente …” aveva provato imbarazzata Hnoss, “… Non possiamo andare via” aveva concluso Jason.
“Sì, se vi accadesse qualcosa: mia madre e Odino potremmo entrare in conflitto. Non litigano spesso ma un tempo c’è stata una guerra tra Vani e Aesi prima che io nascessi” aveva ammesso Hnoss.
Ecco, sì, quello che serviva in quel momento non era sicuramente una guerra tra pantheon norreni.
Forse, Heidi aveva organizzato anche quello.
“Be, Hnoss mi piacerebbe proprio vederti provare a fermarci” aveva risposto Fred.



[1]

[2] OVVIAMENTE è un tributo a Lady Loki del MCU, ahaha.

[3] Flavus perse uno dei suoi occhi mentre combatteva la rivolta illirica durante l'assedio di Andetrium nel 9 d.C.

[4] Sappiamo che Flavus aveva ottenuto la cittadinanza ma non sappiamo quale nome romano avesse, ho scelto letteralmente il primo nome romano che mi è venuto in mente e la gens la stessa di Arminio. Tecnicamente il grado di Flavus doveva essere centurione ma probabilmente anche prefetto di coorte – che era il grado delle coorti ausiliare.

[5] Buona parte di questo rito è copiato da quello proposto da Eschilo ne Gli Evocatori e ne I Persiani con alcune semplificazioni (tipo le patatine al posto del sacrificio animale, infondo Nico fa così nei libri e, be, Octavian legge il futuro nelle interiora dei peluches) e dei cambiamenti – tipo la maschera. Purtroppo, degli Evocatori non abbiamo una versione integrale o comunque ampia e o trovato pochissimo in materie. PERO’ vi lascio comunque un link di riferimento: file:///C:/Users/User/Downloads/207-393-1-SM.pdf; https://core.ac.uk/download/pdf/74322296.pdf

 

   
 
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