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Autore: Star_Rover    28/02/2024    4 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XXXVII. Un futuro incerto
 

Winkler osservò la lunga colonna di mezzi e soldati in lontananza, lentamente le forze tedesche stavano abbandonando la capitale. L’ufficiale provò intensa malinconia nel vedere le bandiere imperiali sventolare all’orizzonte.
«Sembra che la guerra sia destinata a concludersi» commentò il maggiore Stein.
Bernhard confermò: «presto potremo dichiarare la vittoria»
L’altro non espresse particolare entusiasmo.
«Temo che per noi non ci sarà tempo per festeggiare»
Winkler notò un velo di tristezza nello sguardo del suo commilitone.
«Si tratta della guerra in Europa?»
Il maggiore confermò.
«Stiamo ancora combattendo sul fronte occidentale»
Bernhard ripensò alla sua esperienza in prima linea.
«Com’è la situazione laggiù?»  
Reinhard tentò di fare del suo meglio per nascondere ogni turbamento.
«Nonostante tutto, non siamo disposti ad arrenderci»
Winkler si interrogò sul destino della Germania, dopo quattro lunghi anni di guerra, tutto ciò che restava era la speranza.
Il maggiore Stein si accese una sigaretta per distrarsi da più cupi pensieri.
«E lei? Che cosa ha intenzione di fare adesso?»
Bernhard si ritrovò impreparato a rispondere a una simile domanda.
«A dire il vero non ho ancora preso alcuna decisione» ammise.
Reinhard mostrò un mezzo sorriso.
«Non deve essere male la Finlandia in tempo di pace»
Winkler rifiutò l’idea di tornare a indossare i suoi abiti civili.
«In ogni caso non ho intenzione di abbandonare l’esercito» affermò. 
Il maggiore poté comprendere le sue motivazioni.
«Certamente, ha dimostrato di essere un’ottima risorsa sul campo…eppure c’è ancora una cosa che non riesco a capire della sua persona»
Bernhard parve perplesso.
«Di che si tratta?»
«Lei considera la guerra come un mercenario?»
«No, affatto. Combatto in nome di valori e ideali, non per denaro»
«Allora perché indossare una divisa tedesca al fine di sostenere la causa finlandese?»
Winkler sospirò.
«È una questione complicata»
«So che ha cambiato bandiera per portare avanti la causa dell’indipendenza. Una scelta azzardata, ma devo ammettere di ammirare la sua devozione»
«Ho sempre sostenuto questa alleanza»
«Ha ottenuto quel che voleva, il sostegno militare della Germania per conquistare l’indipendenza della Finlandia»
Winkler sapeva di aver raggiunto il suo obiettivo, eppure non riusciva a provare piena soddisfazione. Avvertiva ancora qualcosa di irrisolto, dentro di sé avvertiva che con l’indipendenza della Finlandia non avrebbe trovato pace.
Reinhard percepì la sua inquietudine.  
«Che cosa la turba così profondamente?»
Bernhard fu sorpreso da quella domanda.
«La mia identità. Sono sempre stato uno straniero qui, in passato mi sono solo illuso di poter diventare un vero finlandese»
«Dopo tutto quello che ha fatto per questa nazione non dovrebbe più avere dubbi a riguardo»
Winkler scosse il capo.
«Non è così semplice»
Reinhard lo rassicurò: «ha combattuto due guerre per liberare il popolo finlandese dall’egemonia russa, lei è un eroe per questa gente»
«Ho soltanto adempito al mio dovere»
«L’importante è che sia riuscito a conquistare la fiducia dei suoi connazionali»
Winkler si insospettì.
«Di che sta parlando?»
«La Germania potrebbe aver ancora bisogno di lei come rappresentante e sostenitore dell’Impero»
«La mia carriera politica è terminata ormai da tempo»
Il maggiore Stein rimase impassibile: «le ricordo che ha degli accordi da rispettare»
Il giovane rimase in silenzio, trattenendosi dall’obiettare.
«Non tutte le guerre sono combattute sul campo di battaglia, ma questo lei lo sa già molto bene, non è così?»
Bernhard si limitò ad annuire.
«Si goda la vittoria, capitano. Quando la guerra sarà finita la sua missione avrà inizio»  
 
Dopo il tramonto la città fu avvolta dall’oscurità e dal silenzio. Le macerie di Helsinki al chiaro di luna avevano un aspetto ancor più triste e inquietante.
Winkler si ritrovò a vagare senza meta per i vicoli deserti. Nella sua mente continuava a ripensare alla conversazione avuta con il maggiore Stein. Era consapevole che l’alleanza con la Germania non si sarebbe conclusa con quella guerra, egli era sempre disposto a rispettare gli accordi e compiere il proprio dovere, ma quella volta era diverso.
Fino a quel momento era sempre stato solo un intermediario. L’Organizzazione gli aveva assegnato quel compito, il suo scopo era trovare un accordo equo per entrambe le parti.
Servire la Germania e combattere per la Finlandia era soltanto un’illusione. Non poteva restare fedele a due Patrie, non senza accettare l’idea di non essere imparziale. 
In quel momento Bernhard ripensò al dialogo avuto con il maggiore Bayer durante il viaggio per Berlino. L’ufficiale tedesco non l’aveva mai considerato come un finlandese, non si era mai posto il dubbio che egli avrebbe potuto rifiutarsi di servire ciecamente la Germania.
Lo stesso era accaduto poche ore prima in presenza di Stein.
Winkler era convinto di aver trovato la sua identità nell’esercito imperiale ed era disposto a tornare a combattere per la Germania, ma non aveva intenzione di limitare la sua carriera alla politica.
Era evidente che l’Impero volesse mantenere il controllo sulla Finlandia anche dopo la sua indipendenza. Bernhard non voleva tradire i suoi vecchi compagni.
Quegli uomini avevano combattuto per ottenere la libertà, non poteva illuderli con false promesse.
In passato Winkler non era stato un esempio di lealtà, per raggiungere i suoi obiettivi era stato costretto a scendere a compressi con la sua moralità. Aveva sempre sostenuto che tutto fosse necessario per la causa, dal suo punto di vista non aveva mai tradito i suoi ideali.
Le cose erano cambiate, a quel punto non poteva più sapere cosa fosse meglio per la Finlandia.
Sapeva però per cosa stesse ancora combattendo la Germania.
Winkler era perso in questi ragionamenti quando la sua mano scivolò nella tasca della giubba. Il giovane si stupì nel trovare la lettera di Jari. Aveva deciso di non scrivergli più, era giusto così.
Era consapevole che, se avesse tentato di riavvicinarsi a lui, sarebbe stato solo l’ennesimo errore. Ogni volta che aveva tentato di non lasciarsi coinvolgere con Jari, non era mai riuscito a resistere alla tentazione.
Per questo non vedeva altra soluzione. Non voleva illuderlo. Per lui quella relazione era nata come una distrazione, i sentimenti avevano complicato tutto, soprattutto perché sapeva che ciò non sarebbe durato.
Ovviamente faticava a distaccarsi da quel giovane, a modo suo si era affezionato a lui, dentro di sé però sentiva che rompere quel legame fosse meglio per entrambi.
Tentare di dare spiegazioni o giustificare le sue scelte non sarebbe servito, avrebbe solo reso il loro addio ancor più difficile.
Bernhard rimase ad osservare i bagliori argentei della luna riflessa nell’acqua con sguardo malinconico. Probabilmente era vero: era troppo egoista per saper amare.
 
***

La cantina era fredda e buia. Evert poteva udire i passi e le voci dei soldati sopra di lui. A volte sentiva la musica di un pianoforte, i bianchi stavano ancora festeggiando, dopo la conquista di Helsinki erano certi della vittoria.  
«Fa freddo qui sotto…oggi non ci hanno ancora portato niente da mangiare…» si lamentò Aimo, il compagno con cui condivideva la cella improvvisata.  
«Abbiamo sopportato anche condizioni peggiori» replicò. 
L’altro prigioniero assunse un’espressione preoccupata.
«Che cosa succederà?»
Evert scosse le spalle: «non lo so»
«Credi che ci uccideranno?»
Il giovane evitò di incrociare il suo sguardo.
«Se avessero voluto ucciderci, probabilmente l’avrebbero già fatto» sentenziò.
Aimo si nascose il viso tra le mani, abbandonandosi allo sconforto.
Evert rimase immobile nell’oscurità, il silenzio era interrotto da lamenti e singhiozzi.
«Adesso basta! Disperarsi non servirà a niente» l’ammonì con tono severo.
Aimo si asciugò le lacrime.
«Mi dispiace, ma non si tratta solo di me. Non posso evitare di pensare alla mia famiglia»
«I tuoi cari sono al sicuro?»
Egli annuì.
«Allora non devi preoccuparti»
«Se dovesse accadermi qualcosa, chi si occuperà di loro?»
«Non devi pensare al peggio»
«La mia bambina ha solo cinque anni, è la ragione per cui ho scelto di unirmi ai rossi. Non volevo che anche lei dovesse soffrire la fame»
Evert non si lasciò commuovere dalla sua storia.
«Tornerai presto dalla tua famiglia»
Aimo non credette a quelle parole, ma apprezzò la comprensione del suo compagno.
«Tu non hai nessuno?» chiese con discrezione.
Il ragazzo fu tentato di mentire, ma dopo le confidenze di quell’uomo ritenne di dovergli la verità.
«Mia sorella ha sposato uno jäger, non ho sue notizie da molto tempo»
«Mi dispiace»
Evert ignorò quel commento, non aveva bisogno di commiserazione.
Aimo fu colpito dalla sua freddezza. 
«Sei ancora convinto di aver fatto la scelta giusta? Insomma, dopo tutto quello che è successo…»
«Non ho alcun rimpianto»
«Dunque saresti pronto a morire con la convinzione di aver combattuto per la giusta causa?»
Evert poggiò la schiena alla parete umida.
«Non ho alcuna certezza, so soltanto di aver fatto quel che ritenevo giusto. Sono disposto a pagare le conseguenze delle mie azioni»
Aimo era sempre più spaventato.
«Davvero non provi nulla in questo momento? Come puoi essere così indifferente al tuo destino?»
Il giovane continuò a fissare l’oscurità, il suo sguardo rimase vacuo e spento.
«C’era un ragazzo nella mia squadra, non conoscevo il suo nome, gli altri lo chiamavano semplicemente Poika. Aveva soltanto sedici anni, ai nostri occhi era ancora un bambino. A stento riusciva a sostenere il peso del fucile, eppure era il più coraggioso di tutti. È morto tra le mie braccia, probabilmente senza nemmeno sapere perché stava combattendo questa guerra…»
Aimo ascoltò quelle parole con sincera commozione.
Evert non lasciò trasparire alcuna emozione.
«In tutto questo tempo ho sofferto per i miei commilitoni e per i miei cari, ma ora che tutto è finito non sento più nulla»
«Suppongo che anche questo sia un metodo di difesa per evitare di essere sopraffatto dal dolore» azzardò.
Il ragazzo scosse la testa: «in questo momento vorrei davvero sentire qualcosa, qualsiasi cosa. Ma non posso fare niente per aiutare Marja, non posso più sostenere i miei ideali senza speranza…non ho nemmeno provato odio nei confronti del Bianco che mi ha arrestato»
Aimo fu sorpreso da quella confessione: «forse sei solo stanco della guerra»
Evert rimase in silenzio, il dolore alla gamba era sempre più intenso, in quel momento avrebbe solo voluto restare solo con i suoi pensieri.
«Davvero hai perso ogni speranza?»
«Non c’è nulla in cui credere adesso»
Aimo continuava a non capire.
«Io voglio credere di poter tornare a casa, sarei già impazzito senza questa speranza»
Evert sospirò, pensò che quell’uomo fosse soltanto un povero illuso. Stava per voltargli le spalle per provare a riposare un po’, ma lui si avvicinò ulteriormente.
«Devo sembrarti davvero patetico, non è così?»
Il ragazzo scosse la testa.
«No. È solo che non ti capisco, ma non importa»
Aimo avvertì le mani tremanti.
«Ho paura, non voglio morire. Non adesso»
«Non devi pensare a questo»
«Perché no? L’hai detto tu, il resto sono solo illusioni…»
Evert fu colto da una risata nervosa.
«Non sei tenuto ad ascoltare tutto quel che dico. Perché dovrei saperne più di te?»
«Sei così convinto di quel che dici…»
«Potrei essermi sbagliato. Forse sto solo delirando per la febbre»
Aimo non era convinto, ma in ogni caso tentò di fare come gli era stato detto.
«La mia famiglia vive a Tammisto, non è molto lontano da qui»
Evert socchiuse gli occhi, nella speranza di riuscire a riposare un po’.
«Mia moglie si chiama Ada Malin, mia figlia Nina. Si assomigliano molto, sono entrambe molto belle, con i capelli biondi e gli occhi azzurri»
L’altro sollevò leggermente le palpebre.
«Perché mi stai raccontando tutto questo?»
«Perché voglio che qualcun altro, oltre a me, si ricordi di loro»
Evert stava iniziando a spazientirsi, non ne poteva più di sentire i piagnistei del suo compagno. Allo stesso tempo però provò una certa invidia nei suoi confronti. Si domandò cosa si provasse ad amare qualcuno così intensamente. Il suo cuore non sarebbe stato così freddo e vuoto, se avesse avuto qualcuno a scaldarlo.
Evert era sul punto di addormentarsi quando udì dei passi sulle scale. La musica si era quietata, la festa era finita.
Un sottufficiale e tre soldati scesero in cantina, la luce delle torce abbagliò entrambi i prigionieri.
«Dannazione, non ci hanno lasciato nemmeno una notte di riposo!» si lamentò uno jäger alto e smilzo.
«Già, ma quando la guerra sarà finita festeggeremo alla grande!» rispose il suo compagno.
Entrambi erano abbastanza ubriachi da barcollare nella penombra.
«Zitti! Abbiamo degli ordini da eseguire!» li ammonì il sottotenente.
I soldati si ricomposero per quanto fosse nelle loro capacità.
Senza esitare il sottufficiale aprì la cella e ordinò ai suoi uomini di occuparsi dei prigionieri.
Evert non oppose resistenza, era troppo debole anche solo per reggersi in piedi, dovette sostenersi ai due uomini che lo sorreggevano per le spalle.
Era ormai certo che fosse giunto il suo momento, sapeva bene quale fosse l’ordine che dovevano eseguire: giustiziare i prigionieri.
Pur con questa consapevolezza, riuscì comunque a rassicurare Aimo con poche frasi sussurrate. Non aveva il diritto di privare quell’uomo della sua ultima speranza.
Uscirono in strada sotto alla pioggia, altri prigionieri attendevano inermi il loro destino. Meccanicamente i soldati iniziarono a dividere i Rossi per caricarli sulle due camionette.
Ci stanno portando fuori dalla città, forse abbandoneranno i nostri cadaveri nel bosco, oppure saremo scaricati in un fosso in campagna. Se potessi scegliere, vorrei essere gettato in mare.
Evert fu distolto da quei pensieri quando non percepì più la presenza alle sue spalle. Istintivamente si voltò, Aimo gli rivolse un ultimo sguardo prima di scomparire sull’altra vettura.
Evert obbedì agli ordini dei bianchi, sperò che il viaggio fosse breve per non prolungare quell’agonia.
Quando avvertì il rombo dei motori era ormai pronto ad accettare la sua sorte, ma al primo incrocio percepì qualcosa di inaspettato, le due camionette avevano preso strade diverse.
 
 
***

Il sentiero proseguiva nella foresta, l’intricato labirinto di betulle sembrava estendersi all’infinito. Il percorso era diventato troppo stretto e pericoloso per proseguire con la slitta, così avevano dovuto continuare a piedi lungo l’ultimo tratto.
Frans alzò lo sguardo, oltre le ombre allungate dei rami intravide gli ultimi bagliori del giorno. Ad un tratto interruppe la marcia, restò immobile con gli stivali impiantati nel fango, alle sue spalle avvertì i passi cauti e leggeri di Leena, la quale continuava a mantenere una debita distanza da lui.
Si voltò lentamente, rivolgendole la parola quando fu abbastanza vicina.
«Potresti spararmi adesso» disse con estrema freddezza.
Leena ebbe un lieve sussulto.
«Mi chiedevo quando avresti deciso di utilizzare la tua pistola, questo mi sembra un momento adatto»
Lei non fu sorpresa, sapeva di non poter nascondere a lungo la presenza dell’arma. Dato che non era più necessario nasconderla, estrasse la pistola, lasciandola puntata a terra.
«Un buon soldato avrebbe perquisito un civile»
Frans ammise il suo errore: «se avessi voluto, avresti avuto l’occasione di uccidermi. Ma credo che ora non sia più tua intenzione liberarti di me»
«L’unica ragione per cui ho scelto di venire con te è per trovare Hjalmar»
Frans mosse un altro passo nella sua direzione.
«Chi sei in realtà?»
La ragazza sostenne il suo sguardo.
«Ormai non ha più importanza»
Frans era ormai al limite dell’esasperazione.
«Oh, maledizione! Che cosa vorresti che facessi? Dovrei lottare per disarmarti e puntarti contro il mio fucile per costringerti a dirmi la verità?» urlò.
Leena non esitò a sfidarlo.  
«Non avresti il coraggio di farlo»
Frans prese un profondo respiro: «non è una questione di coraggio. Non potrei mai farti del male, non sono quel tipo di uomo. Sono un soldato che rispetta le sue promesse»
«Mi dispiace, ma non sono quel tipo di donna che crede alle promesse degli sconosciuti»
Lo jäger allontanò da sé il fucile. 
«Non so più che fare per convincerti a fidarti di me»
«Ti ho già rivelato più di quanto dovresti sapere»
«Non vuoi mettere in pericolo il ragazzo, questo lo comprendo. Ma il tuo silenzio non farà altro che complicare le nostre ricerche»
«Non sei stupido, hai già capito di che si tratta»
Frans mostrò un mezzo sorriso: «suppongo che da te non riceverò un complimento migliore di questo. In ogni caso, voglio che sia tu a dirmi la verità»
Leena avvertì le mani tremanti, il dito si era spostato dal grilletto.
«Non ho niente da confessare»
Frans si arrese ancora una volta.
«D’accordo, abbiamo perso anche troppo tempo con questo giochetto. Posso ancora aiutarti, ma devi darmi quella pistola»
Leena esitò, per un istante fu tentata di rifiutare, ma fu costretta ad ammettere che il soldato aveva ragione. L’intera area era occupata dai Bianchi, se avessero incontrato un posto di blocco, sarebbe stato difficile giustificare la presenza di quell’arma.
Così si convinse a consegnare la pistola nelle mani esperte del soldato.
«Se fosse stato necessario non avrei esitato a premere il grilletto» puntualizzò.
«Non ho dubbi a riguardo. Ma per farmi del male non hai avuto bisogno del piombo dei proiettili»
Leena fu colpita da quelle parole.
Frans nascose l’arma all’interno della giubba, poi si allontanò senza dire altro.
La ragazza provò l’istinto di fermarlo, ma alla fine si limitò a seguirlo in silenzio. 
   
 
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