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Autore: PrimPrime    28/02/2024    1 recensioni
Emily Lewis è sorpresa quando riceve la sua lettera per Hogwarts, ma inizia a frequentare la scuola con grandi aspettative.
Quello che una nata babbana come lei non sa, però, è che cinque anni prima in quella stessa scuola ha avuto fine una guerra che aveva spaccato in due il mondo magico.
Inoltre non sa che i pregiudizi tra i maghi non sono del tutto spariti, come anche la competizione e l’antipatia di una casa verso l’altra.
E così Emily, quando stringe le sue prime amicizie e viene smistata in una casa diversa dalla loro, non ha idea di cosa l’attende.
In quella scuola dove un tempo si era combattuta una guerra, dove in qualche modo lei riuscirà a sentirsi al sicuro, non sa che verrà messa alla prova da sfide ben più complicate di un compito in classe.
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Leggendo questa storia conoscerai Emily e i suoi amici, e li seguirai in un percorso di crescita ed evoluzione che avrà inizio al primo anno scolastico e continuerà fino al settimo e oltre.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Filius Vitious, Horace Lumacorno, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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CAPITOLO 42

 


La sera del ballo arrivò prima del previsto ed Emily si ritrovò nella sua camera a prepararsi insieme a Blue. L’amica le aveva regalato un abito ed era quello che avrebbe indossato per l’evento, anche se il rosso come colore le era sembrato eccessivo.

Il vestito in questione era morbido, lungo e per niente scollato, ma era anche tanto carino. Insomma, Blue aveva capito precisamente cosa desiderava quando si era proposta per sceglierle l’abito, dato che a Emily non andava di girare per negozi o a Hogsmeade in generale.

Colore a parte, si intende.

Probabilmente lo aveva scelto perché era il colore di Grifondoro e questo fece arrossire Emily, che lo provò e dovette ammettere che non era poi tanto male.

In quanto a Blue, aveva scelto un abito stranamente sobrio per i suoi gusti, ma aveva dichiarato che era abbinato a quello di Hanna Arsen.

In poco tempo furono pronte entrambe e, con il cuore già in subbuglio, uscirono dal dormitorio di Serpeverde.

Blue aveva detto ad Hanna che sarebbe andata a prenderla, Emily invece trovò Cecil lì fuori che l’aspettava. Il ragazzo rimase a bocca aperta vedendola e studiò il suo vestito con uno sguardo insistente che la fece sentire piacevolmente in imbarazzo.

La bionda le fece l’occhiolino, diede a Cecil un fazzoletto da taschino dello stesso colore del suo abito e si avviò verso il dormitorio di Grifondoro, lasciandoli soli.

Cecil si schiarì la gola.

“Vogliamo andare?” le chiese.

“Sì,” rispose timidamente Emily, porgendogli la mano.

Lui gliela prese e insieme salirono le scale per raggiungere la sala grande.

Ormai tenerlo per mano non era più un problema, ma la faceva sentire comunque tesa. Forse era così perché lui le piaceva, pensò.

La serata era già iniziata e molte persone affollavano la sala grande, il che mandò in agitazione Emily. Avrebbe voluto arretrare anziché raggiungere l’ingresso, ma si trattenne. Cercò di non darlo a vedere e si concentrò sulla mano di Cecil, consapevole che lui non l’avrebbe lasciata sola. Era lì per proteggerla e per sostenerla.

Su un lato della sala trovarono Parker insieme a una Grifondoro che lei non conosceva. Andarono da loro e presto vennero raggiunti da Blue, in compagnia di Hanna.

Come suggerito dall’amica, Emily e Hanna avevano passeggiato un po’ per il castello insieme. Era stato strano all’inizio perché il loro unico argomento di conversazione era Blue, ma era stato utile perché si riabituasse a girare per Hogwarts senza avere gli amici al seguito.

Non era ancora pronta a riprendere con tutti i suoi impegni né si sentiva davvero tranquilla, ma adesso era in grado di spostarsi da un’aula all’altra senza avere per forza un accompagnatore con sé. Si prendeva il suo tempo ed evitava di passare tra la folla, ma era un compromesso accettabile.

In quanto a Blue, il suo abito era degli stessi colori di quello di Hanna, ma si trattava di due modelli diversi. Stavano bene entrambe ed era chiaro che si fossero vestite abbinate. Anche la ragazza di Parker, che si era appena presentata come Lexi Lee, era molto carina nel suo vestito rosa confetto.

Tra la folla Emily intravide Ana che ballava con Nathan e Patricia insieme al suo nuovo ragazzo. C’era anche Solomon, se ne stava in disparte in compagnia di altri ragazzi.

La Serpeverde si sentì sfiorare il braccio e, voltandosi di scatto, si accorse che era solo Blue. La ragazza, felice, prese a braccetto lei da una parte e Hanna dall’altra.

“Vado a prendere da bere, tu vuoi qualcosa?” le chiese Cecil.

Emily annuì. Doveva aver scelto quel momento proprio perché sapeva di lasciarla in buone mani.

“Parker, tu non vai? Resti qui, circondato da quattro belle ragazze?” gli domandò scherzosamente Blue.

“Io vedo solo tre belle ragazze… e te,” la provocò lui, guadagnandosi un’occhiata di fintissima offesa da parte della diretta interessata.

Lui cedette e lasciò Lexi con loro per unirsi a Cecil al tavolo con il buffet.

“Allora Lexi, raccontaci di te,” le chiese Blue. “Tu e Parker state insieme?”

La ragazza, dai capelli mossi color castano scuro, avvampò.

“N-No, siamo solo amici!”

Guardandola bene Emily capì che l’aveva già vista, faceva parte della squadra di quidditch. Doveva avere un anno meno di loro, probabilmente.

Blue ghignò, consapevole di averla smascherata. Continuò a farle domande su cosa ne pensasse di Parker, imbarazzandola sempre di più.

Quando i due ragazzi tornarono, lui intuì la situazione e le rivolse uno sguardo serio, al che Blue scrollò le spalle.

Cecil porse a Emily un bicchiere di punch e lei sciolse la presa sul braccio dell’amica per accettarlo. Un attimo dopo, le due coppie andarono sulla pista da ballo lasciandoli soli.

“Allora, come ti sembra la serata?”

Emily sospirò piano.

“Sono un po’ tesa, ma credevo che sarebbe andata peggio,” ammise.

“Almeno non dobbiamo ballare,” commentò Cecil, bevendo un sorso dal proprio bicchiere.

“Odi così tanto ballare?” gli chiese lei, curiosa.

Ricordava che era stato molto restio una volta, quando lei lo aveva invitato, ma forse il problema principale era stare al centro dell’attenzione.

“No… Non quanto tu odi volare, almeno.”

Lei gli sorrise.

“Tutti hanno qualcosa che non vogliono fare, o che li spaventa. Per me è il volo,” si giustificò.

“Pensavo che fossero le noccioline,” ribatté Cecil, fingendosi sorpreso.

“Te lo sei ricordato?” ridacchiò. “Sì, ma anche l’idea di avere un problema con la scopa e precipitare non mi sembra molto allettante.”

Cecil annuì guardandosi intorno, evitando di replicare.

“Tu invece non sopporti ballare davanti a tutti?” insistette.

“No… Sono altre le cose che mi preoccupano davvero, ma non mi lascerò bloccare,” rispose rivolgendole uno sguardo che lei non riuscì a interpretare. “Ballare con… una ragazza così bella... attirerebbe un po’ troppa attenzione per i miei gusti, ma se tu volessi davvero farlo per me andrebbe bene.”

Emily sentì di avere le guance in fiamme. Era la prima volta che le diceva che era bella e, ne era certa, non se lo sarebbe dimenticato mai. Abbassò lo sguardo e con la mano libera cercò la sua.

Non se la sentiva di ballare e non ne aveva nemmeno voglia, ma era felice di essere lì con lui.

“C’è qualcosa che ti preoccupa?” le chiese Cecil, dopo qualche istante di silenzio. “È da un po’ di giorni che ti vedo strana… Pensavo fosse per il ballo, ma ora non ne sono più tanto convinto.”

Emily gli rivolse lo sguardo, sorpresa che se ne fosse accorto.

“Sì… è perché domani si ritorna a Londra. Rivedrò i miei genitori e dovrò parlare con loro di… molte cose,” tagliò corto e sospirò.

Lui le accarezzò la mano con la sua.

“Andrà tutto bene, lo sai?”

Lei annuì ma non riuscì a dimostrarsi convinta.

“Penso solo che sarà difficile… E che mi mancherai molto,” ammise, sempre senza guardarlo in faccia.

“Anche tu mi mancherai.”

Blue e Hanna tornarono da loro, interrompendo quel momento di condivisione.

“Ehi, hai reso triste la mia migliore amica?” si intromise la prima, con un finto tono accusatorio.

Emily non poté fare a meno di sorridere, malgrado la preoccupazione non fosse scomparsa completamente.

Andarono a sedersi tutti e quattro su un divanetto semicircolare posto su uno dei lati della stanza e continuarono a chiacchierare lì. Ogni tanto Blue si alzava per andare a prendere un piatto e tornava indietro con dolci per tutti.

Circa un’ora dopo Emily decise che era stanca e ne aveva avuto abbastanza. Era stata una bellissima serata, era rimasta con i suoi amici e aveva mangiato delle cose buone, ma non riusciva a godersi a pieno quell’atmosfera festosa.

Cecil si offrì di accompagnarla fino all’ingresso del suo dormitorio e lei accettò di buon grado, sollevata sapendo di non doversi aggirare per i sotterranei a quell’ora da sola, quindi si incamminarono insieme.

“Grazie… per avermi invitata, intendo. Mi sono divertita,” disse, riempiendo il silenzio che si era creato.

“Meno male. Temevo che avresti preferito restare da sola in camera questa sera, a studiare.”

“Lo credevo anche io, ma invece ho preferito così,” ammise, rivolgendogli un sorriso.

Se fosse rimasta da sola avrebbe finito per lasciarsi andare ai pensieri negativi, altro che stare tranquilla a concentrarsi sullo studio.

“Sono solo preoccupata per domani, ma vorrei che questa serata non finisse mai,” aggiunse, quando ormai erano arrivati al passaggio.

Cecil sollevò la sua mano e ci posò un bacio facendola rabbrividire.

“Se hai bisogno di qualsiasi cosa, scrivimi. Prometti che lo farai?” le chiese, rivolgendole uno sguardo intenso.

“Sì, e ti scriverò anche com’è andata,” rispose e sospirò.

Cedette al desiderio di avvicinarsi di più per essere abbracciata. Si aggrappò con le mani alle spalle di Cecil mentre lui l’avvolgeva tra le sue braccia. La stringeva a malapena, come se fosse fragile, e purtroppo lei temeva di esserlo davvero.  

“Va tutto bene?” le domandò, forse perché quel contatto si stava prolungando a lungo.

“Sì… Ho solo bisogno di ricaricarmi un po’, prima di domani…”

“Ma ci vedremo sul treno, faremo tutto il viaggio insieme,” le ricordò, accarezzandole la schiena coperta dal vestito rosso.

“Lo so, ma…” si zittì e sospirò, perché non era abbastanza. “Potresti stringermi di più?”

Cecil non rispose, si limitò a fare come gli aveva chiesto ed Emily emise un gemito strozzato per la sorpresa. Non le stava facendo male né la stringeva troppo forte, anzi finalmente la stava abbracciando davvero.

Cercò di rimanere calma inalando il suo profumo inconfondibile. Fece scivolare le mani fino a incrociare le braccia dietro al suo collo per farsi più vicina. Le parve di sentire il suo cuore battere veloce, talmente si erano avvicinati dopo così tanto tempo.

“Cecil…” sospirò vicino al suo orecchio e lo sentì tremare.

Lui spostò le mani sfiorando una parte scoperta della sua schiena e questo fece rabbrividire anche lei. Un attimo dopo abbassò il viso per guardarla ed Emily si perse nei suoi occhi profondi.

Fu lei ad avvicinarsi ulteriormente per cercare le sue labbra, sulle quali lasciò un bacio appena sfiorato. Cecil, quasi avesse ricevuto il via libera, ricambiò dandogliene uno a sua volta, in un incontro di labbra più intenso.

Emily allungò la lingua e incontrò la punta della sua, potendone assaporare il gusto dolce tra un bacio e l’altro.

Lui mise fine a quel contatto sciogliendo l’abbraccio per primo. Era arrossito e aveva rivolto lo sguardo altrove, evidentemente troppo imbarazzato per guardarla.

“Ehm, si sta facendo tardi… Se restiamo qui, presto arriverà qualcuno.”

Emily annuì, in imbarazzo a sua volta. Se fosse stata un’altra lei, in un altro momento, probabilmente gli avrebbe proposto di entrare. Chissà, forse lui avrebbe accettato… o forse no.

Poco importava, perché le circostanze non era più ottimali. Se da una parte avrebbe voluto invitarlo nella sua stanza, dall’altra l’idea la lasciava senza fiato in senso negativo. Le serviva tempo e doveva fare un po’ di lavoro su se stessa.

“Allora… buonanotte,” si limitò a dirgli, per poi aprire il passaggio.

“Buonanotte,” rispose lui, che rimase ad aspettare che entrasse.

 
L’indomani fecero colazione separati, Emily con i suoi amici Serpeverde e Cecil con il solito gruppetto di ragazzi Grifondoro, ma ogni tanto lei alzava lo sguardo dal cibo per cercarlo. Un paio di volte lo sorprese a osservarla e gli rivolse un sorriso timido.

Sul treno presero posto nella stessa cabina, dallo stesso lato. Cecil si era seduto abbastanza distante per non rischiare di toccarla per sbaglio. In ogni caso era la prima volta che, sull’Hogwarts Express, si sedevano vicini e non l’uno davanti all’altra.

Presto vennero raggiunti da Blue, in compagnia di Hanna, e da Parker che invece era solo.

“Ehi, dove hai lasciato la tua dolce metà?” lo provocò Blue, facendogli segno di sedersi accanto a lei.

Parker assottigliò lo sguardo e si accomodò di fianco a Cecil.

“Prima di tutto non stiamo insieme, e poi tu ieri l’hai spaventata, quindi forse non staremo mai insieme,” sottolineò.

“Ma come, sembrava così presa da te,” continuò la bionda.

In suo supporto, Hanna annuì.

“Allora l’avete solo messa in imbarazzo e non vuole vedere voi,” ipotizzò il Grifondoro, rivolgendosi sempre a Blue.

Continuarono a battibeccare per un po’, divertendo Cecil e Hanna. Emily invece dopo un po’ smise di ascoltarli. Con lo sguardo puntato fuori dal finestrino, si faceva più tesa man mano che il tempo passava.

“Tutto bene Emily?” le domandò Parker, quando le altre due ragazze si erano alzate per fare acquisti dal carrello.

“Sì… è solo che… quando saremo tornati a casa, dovrò parlare con i miei genitori di una cosa importante,” rispose senza guardarlo negli occhi.

“Ehi, le hai chiesto di sposarti?” chiese all’improvviso a Cecil, facendo sobbalzare lui e arrossire entrambi.

Blue, appena tornata nella cabina, scoppiò a ridere.

“Lascia stare,” gli intimò Cecil.

“Piuttosto, ho preso del dolci per tutti,” annunciò la bionda, mostrando loro il suo bottino.

Ripresero a chiacchierare del più e del meno mentre scartavano i loro snack.

Emily non era l’unica silenziosa della loro cabina, infatti anche Hanna sembrava tesa. Era una ragazza molto timida, o forse era solo un po’ a disagio perché loro erano tutti più grandi di lei, ed era in confidenza solo con Blue.

Iniziarono a parlare delle loro famiglie, coinvolgendo nel discorso anche la più giovane. Lei raccontò che i suoi genitori erano maghi, Grifondoro da generazioni, e che aveva un fratello minore ancora troppo piccolo per frequentare Hogwarts.

Quel viaggio sarebbe stato quasi una tortura per Emily, se non fosse stato per i suoi amici che provavano a distrarla, ma arrivarono a Londra così presto che lei non avrebbe voluto crederci. Salutò tutti, ma quando fu il momento di separarsi anche da Cecil lui scosse la testa, la prese per mano e le fece capire che l’avrebbe accompagnata.

“Farai aspettare i tuoi genitori,” gli fece notare lei, sorpresa.

“Vengo con te solo per un pezzo, per toglierci da questa folla. Mio padre non mi aspetta mai sul binario quindi non si accorgerà di nulla.”

Emily annuì e continuò a camminare al suo fianco senza dire altro, facendosi strada tra gli studenti che riabbracciavano le rispettive famiglie. Varcarono insieme il passaggio e si ritrovarono in un punto meno affollato della stazione.

I genitori di Emily la stavano aspettando accanto a una delle uscite e lei li individuò subito.

“Allora ci vediamo dopo le vacanze,” le disse il ragazzo, rivolgendole un sorriso velato di tristezza.

“Sì. E grazie,” rispose Emily.

Prima di lasciargli la mano gliela strinse di più per un istante, poi si salutarono davvero.

Anche i suoi genitori l’avevano notata, infatti quando si voltò di nuovo nella loro direzione vide che le stavano andando incontro.

“Ciao tesoro!” la salutò suo padre, prendendo i bagagli per lei.

Sua madre invece l’abbracciò.

“Era Cecil quello?” le chiese poi. “È cresciuto molto dall’ultima volta che l’ho visto.”

Emily sorrise e annuì.

“Mi siete mancati molto.”

Nel tragitto in macchina verso casa li riempì di domande su ciò che avevano fatto nei mesi precedenti, così da far parlare solo loro. Una volta arrivati, poi, prese i bagagli insistendo nel dire che voleva disfarli subito. In realtà iniziava a essere nel panico, perché non poteva più rimandare il discorso.

La McGranitt le aveva dato una lettera da consegnare ai genitori perciò la cercò nella sua borsa, prese un respiro profondo e scese al piano di sotto.

Trovò suo padre seduto sul divano e sua madre in cucina che preparava il tè.

“Ci penso io, tu vai a sederti con papà,” le disse, togliendole di mano le tazzine per posarle su un vassoio insieme al resto.

Sorpresa ma felice, la donna non ribatté. Circa un minuto dopo, Emily posò il tutto sul tavolino basso del salotto. Sul vassoio aveva messo anche la lettera, che subito attirò la loro attenzione.

“E questa cos’è?” chiese suo padre, prendendola in mano.

Avevano entrambi l’aria preoccupata. In effetti la busta era sospetta e lei si era comportata in modo strano per tutto il tempo.

“Aspetta ad aprirla, papà. Prima… ho una cosa da dirvi,” annunciò, mettendosi a sedere rigidamente tra di loro. “Quella lettera è da parte della preside… Non so cosa ci abbia scritto di preciso, ma posso immaginarlo a grandi linee e prima voglio che lo sentiate da me.”

“Ti sei messa nei guai?” chiese sua madre, appoggiando una mano sulla sua spalla destra.

“No mamma, sono la solita studentessa modello di sempre e non intendo cambiare,” rispose, facendosi i complimenti da sola.

In realtà spesso aveva fatto cose che non erano proprio permesse dal regolamento della scuola, ma non era mai stata scoperta e punita, perciò non serviva che lo sapessero.

“Mi è successa una cosa… a ottobre, e non ho avuto il coraggio di dirvelo per lettera. Dovevo farlo di persona… quindi eccoci qui…” iniziò, a sguardo basso.

Loro non proferirono parola. Erano chiaramente preoccupati e l’aria nella stanza si era fatta tesa. Emily non sapeva quali fossero le parole giuste per comunicare una cosa del genere. Sicuramente sarebbe stata male, ma come fare per non far stare troppo male loro? Sospirò.

“Sapete già che facevo da assistente a un professore, per imparare di più sulla materia e sull’insegnamento in generale… Beh, è stato cacciato da Hogwarts perché… Ecco… M-mi ha molestata.”

Calò il silenzio per un istante, poi sua madre singhiozzò e la strinse in un abbraccio. Lei stessa stava per piangere, ma cercò di farsi vedere forte per non peggiorare la situazione.

Suo padre, che sembrava essersi pietrificato, si riscosse e scattò in piedi, arrabbiato. Chiese cosa le avesse fatto ed Emily rimase sul vago per non farli stare male ma anche perché non voleva ripensarci. Le cose erano più gravi di come le aveva appena definite e descritte.

Alla fine piangere fu inevitabile, mentre cercava di calmare entrambi.

Quando suo padre riuscì a tornare seduto perché meno arrabbiato di prima, lesse la lettera e poi la passò anche alla moglie, che stava ancora abbracciando Emily nel tentativo di rassicurarla e, probabilmente, di rassicurare se stessa.

Anche Emily volle leggerla per scoprire cosa ci avesse scritto la preside.

Dopo un resoconto edulcorato delle vicende descritte dal suo punto di vista, si era scusata per non essersi accorta di niente prima che fosse troppo tardi e per non averli avvisati subito, perché Emily aveva insistito per farlo di persona.

Inoltre elencava i provvedimenti presi e sottolineava lo stato d’animo di Emily in tutto il periodo. La sua assenza iniziale dalle lezioni, ma anche come sembrava essersi ripresa dallo shock, anche grazie al supporto degli amici.

Insomma, l’aveva tenuta d’occhio bene e adesso i suoi genitori sapevano tutto davvero.

Erano sconvolti. Fecero una lunga chiacchierata su come stesse, mettendo da parte la rabbia. Alla fine la convinsero a vedere uno psicologo durante le vacanze, così che potesse affrontare quell’avvenimento nel modo giusto.

Ce l’aveva fatta, era stata dura ma adesso sapevano. Era felice di aver aspettato di essere con loro per dirgli tutto e ora, per quanto la sofferenza non si fosse dissipata, sentiva di avere un peso in meno sulle spalle.





Spazio di quella che scrive

L'ultima parte di capitolo non mi convince del tutto... ma era un momento necessario ed è andato così.

Ora, due cosine veloci:

1. Ho corretto il capitolo stanca morta, perché è sera e oggi mi sono svegliata molto presto... quindi scusate se ci sono errori o se alcune parti non sono scorrevoli! Purtroppo temo di non aver notato tutto. Ovviamente sentitevi liberi di segnalarmi tutto quanto, è sempre utile!

2. Hanna Arsen è una Grifondoro atipica, come Cecil, e se con lui era voluto... sinceramente, mi domando perché ho scelto questa casa anche per lei. Da quando ho iniziato a scrivere la storia è passato un anno, senza contare la fase di programmazione e scrittura appunti, e questa cosa proprio non la ricordo! A un certo punto della scrittura mi sono domandata se non avrei fatto meglio a rendere lei Tassorosso e Solomon Grifondoro (case invertite, quindi), ma ormai è andata così. E mi serviva che lui presentasse Hanna a Blue, non che loro si conoscessero già. Spero che almeno per lui diventeranno chiari alcuni suoi aspetti da Tassorosso più avanti, ma se penso allo scenario in cui lo conosceremo più a fondo... Non so, il suo lato Tassorosso potrebbe non comprendersi mai!

Aspetto il vostro parere su tutto quanto, come sempre. Se vi va di lasciare una recensione, la leggerò con molto piacere! So che la storia procede lentamente, perciò intanto vi ringrazio per essere arrivati fino a qui... Spero di avere ancora il vostro interesse.
Alla prossima!
   
 
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