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Autore: _Atlas_    06/03/2024    1 recensioni
1997.
Axel, Jake e Jenna vivono i loro vent’anni nella periferia di Mismar, ubriacandosi di concerti, risate e notti al sapore di Lucky Strikes. Ma la loro felicità è destinata a sgretolarsi il giorno in cui Jake viene trovato morto, spingendo gli altri nell’abisso di un’età adulta che non avrebbero mai voluto vivere.
Diciotto anni dopo, Axel è un affermato scrittore di graphic novel che fa ancora i conti col passato e con una storia di cui non riesce a scrivere la fine.
Ma come Dark Sirio ha bisogno del suo epilogo, così anche il passato richiede di essere risolto.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XXV
 
 
 

 
 
 
Il brusio dell’aula magna si stava poco a poco riducendo mentre gli studenti si avviavano verso l’uscita. Al termine delle conferenze c’era sempre qualcuno che si avvicinava per chiedere un autografo o qualche curiosità e malgrado non riuscisse a scollarsi del tutto dall’imbarazzo, con il tempo quei momenti erano diventati più tollerabili. Con tutta probabilità, poi, l’unico che forse era in grado di cogliere appieno il suo sforzo di esporsi era il professor Layton, che anche in passato era spesso orbitato intorno a lui nei momenti più complessi.
Quel pomeriggio di maggio di tanti anni prima, dopo che Jenna li aveva lasciati per andare a studiare, Axel e Jake avevano deciso di bere insieme una birra e lui aveva insistito per andare da Andy, un locale che aveva aperto da poche settimane a due isolati dal Lenox Blues.
Il volto di Jake, che per qualche ora gli era sembrato più rilassato, era diventato di nuovo teso e il suo sguardo sempre in allerta, quasi avesse timore che qualcuno gli facesse un agguato alle spalle.
L’unica persona che incontrarono quel pomeriggio fu proprio il professor Layton e vedendolo Jake aveva recuperato tutto il suo buon umore, iniziando con lui una fitta conversazione che era partita dalla montatura dei suoi nuovi occhiali ed era arrivata al richiamo che si era beccata la professoressa di letteratura per aver portato a lezione il suo barboncino di undici anni malato di cancro.
Axel aveva continuato a sorseggiare la sua birra, ma vederli così affiatati gli aveva provocato una fitta di gelosia all’altezza dello stomaco pur non riuscendo a trovare una scusa per inserirsi in quello scambio. Lo aveva infine fatto Jake al suo posto, saltando da un discorso all’altro fino ad arrivare alla data di chiusura del concorso della C.A.M., ormai imminente.
«Lui non vuole partecipare» sciorinò al professore, indicandolo con aria di rimprovero.
Axel, sentendosi improvvisamente al centro dell’attenzione, non aveva osato dire niente anche se lo sguardo magnetico dell’insegnante gli aveva fatto venire voglia di scavare una fossa direttamente sotto la sedia su cui si era accomodato.
Layton aveva ascoltato fino alla fine ogni parola e silenzio di Jake, ma alla fine si era rivolto verso Axel e con tutta la semplicità del mondo gli aveva chiesto: «Non è che per caso hai paura di vincere?»
 
Quella domanda gli era risuonata nella testa tutte le volte che negli anni, in qualche modo, aveva vinto. Tutte le volte che Dark Sirio aveva toccato le vette delle classifiche, tutti i premi e riconoscimenti che portavano il suo nome, tutte le parole di stima, le foto, gli autografi e i grazie stridevano con l’immagine che aveva di sé come un gessetto rotto sulla lavagna. Ogni volta pregava che quei momenti finissero il prima possibile e ogni volta si chiedeva se quella fosse la paura di vincere di cui gli aveva parlato il professor Layton o solo il peso degli errori che aveva commesso per aiutare un amico che contava i centesimi per avere un grammo di cocaina.
«Stai bene?»
Axel scosse appena la testa e tornò alla realtà, sotto lo sguardo divertito di Layton che evidentemente era lì di passaggio.
«Sì, stavo solo…» tentò di giustificarsi.
«Lo vedo. Ho una riunione con altri insegnanti, sono passato a salutarti» disse l’uomo con cordialità, prima di lasciarlo di nuovo da solo.
Axel si stropicciò gli occhi, decidendo che fosse giunto anche per lui il momento di andarsene.
Diede un’occhiata veloce al telefono e con sollievo lesse l’anteprima di un messaggio di Jenna: Darryl era stabile, si era svegliato un paio di volte ma le sue condizioni non erano più critiche come quando era arrivato in ospedale due giorni prima.
Dopo qualche ripensamento e con il passo incerto di sempre decise poi di non rientrare subito a casa e di fare un salto al Lenox Blues.
 
 
*
 
 
Appena varcò l’ingresso del locale fu assalito da un profumo di ciambelle fritte che lo fece tornare subito indietro di vent’anni. Ai tempi d’oro del Lenox Blues di solito era Margaret l’addetta alla cucina, insieme a un paio di ragazze che davano manforte soprattutto nei fine settimana; Darryl invece stava al bancone, ma se per caso decideva di mettersi ai fornelli niente riusciva a frenare la sua voglia di ciambelle fritte. E a onor del vero, erano sempre squisite.
«Ciao Axel!» lo salutò Richie portandone un vassoio sul bancone e servendone subito un paio a due clienti in fondo alla sala.
«Ne vuoi una?»
Solo a quel punto si accorse della presenza di Jenna, appollaiata a un angolo del bancone con un quaderno tra le mani.
«Uhm, non ti avevo vista» si scusò facendole un cenno di saluto con la mano. Lei ricambiò e gli allungò una ciambella ancora fumante in un tovagliolo.
Axel tentennò solo per un istante ma poi cedette e si gustò il dolce.
«Tali e quali a quelle di Darryl» commentò con la bocca piena.
«Ovvio, Richie gli ha estorto la ricetta.»
La giovane posò il quaderno che aveva in mano e si morse le labbra con aria pensierosa. «Sono andata a trovarlo questa mattina,» disse poi « come ti dicevo è stabile. Non ci sono grossi miglioramenti, ma…»
«…non è neanche peggiorato» concluse per lei Axel.
«No, infatti.»
«Hai dormito?» le chiese poi rapidamente, quasi avesse paura di essere beccato a farle quella domanda.
Jenna esitò solo un’istante, ma poi annuì incerta «Più o meno. Siamo a un pelo dalla bancarotta, ma una dormita ogni tanto me la concedo» aggiunse giocherellando con le pagine del quaderno, che solo a quel punto Axel capì che registrava le entrate e le uscite della settimana. «Tu hai dormito?»
«Mh? Un paio d’ore, sì» rispose vago, dando un altro morso alla ciambella.
«Dov’è Lion?» chiese infine.
«Scantinato. Sono arrivati i nuovi tavoli, credo abbia bisogno di una mano per montarli. Richie è impegnato in cucina, e io non posso assen-»
«Vado io» si offrì con più sicurezza di quella che provava. Solo dopo aver pronunciato quelle parole si ricordò che al piano di sotto c’era un adolescente irrequieto e preoccupato per gli ultimi avvenimenti che lui non era assolutamente in grado di affrontare.
«Grazie» gli disse infine Jenna, guardandolo con un’espressione che non riuscì a decifrare. Si sentì schiacciato dal suo sguardo e trattenne il respiro quando si accorse che era sceso appena un po’ all’altezza delle sue labbra.
«Di niente» mormorò, ignorando con risolutezza i pensieri e rubando un’altra ciambella dal vassoio.
«È per Lion» si giustificò uscendo dal locale.
 
 
Lo trovò accovacciato a terra, intento a leggere le istruzioni di montaggio con aria affranta. Per il momento non vedeva tavoli montati in giro, solo un’accozzaglia di scatoloni e buste di imballaggio.
«Ehi, come va?» gli chiese avvicinandosi a lui con tutta la disinvoltura di cui era capace.
«Male. L’ho montato al contrario» borbottò il ragazzo mentre smontava la gamba di un tavolino. Con aria un po’ seccata recuperò le viti sparse sul pavimento, senza degnare Axel di uno sguardo.
«Succede. Ti ho portato una ciambella.»
Solo a quel punto decise di voltarsi e sotto lo sguardo imbronciato Axel vi lesse appena un accenno di sorriso.
«Beh?» gli chiese, in attesa di una qualsiasi reazione da parte sua.
Lion lo scrutò attentamente, prendendosi tutto il tempo per gustarsi la ciambella.
«Hai dello zucchero sulla barba» disse infine assottigliando un po’ gli occhi.
Axel si ripulì in fretta e con non poco imbarazzo si rese conto che forse Jenna lo aveva notato ben prima di lui.
«Buono a sapersi» mormorò con vena acida e scrollando le spalle. «Dai, ti do una mano.»
 
I primi venti minuti li passarono in rigoroso silenzio e Axel si chiese fino a quanto sarebbe durato ancora, se solo non si fosse deciso a interromperlo.
«Come mai non parli?» gli chiese mentre guardava compiaciuto il primo tavolo che era riuscito a montare. Lion seguiva un po’ a rilento i suoi movimenti, ma sembrava ormai aver capito il meccanismo.
«Neanche tu stai parlando» gli fece notare.
«Di solito non parlo molto.»
«Non è vero, quando ti interessa qualcosa non la smetti un attimo.»
Axel lo guardò di sbieco, stringendo tra i denti un bullone di un tavolo.
«In che senso?» domandò.
«Dicevo per dire…quella volta a scuola eri tutto preso da quella storia che stai scrivendo.»
«Mmh, quella era più ansia da prestazione» borbottò a voce più bassa, passando in rassegna con la mente tutti gli attacchi di panico che aveva avuto prima di entrare ina aula.
«Io quando ho l’ansia preferisco stare zitto.»
Axel soppesò le sue parole, riuscendo però a immaginare quali pensieri gli fossero frullati nella mente in quei giorni. Una stretta al petto gli rammentò che lui non aveva nessuna capacità di alleggerire il senso di colpa che provava, né tanto meno di cambiare il corso degli eventi o di stargli semplicemente vicino. Ci aveva provato, quando gli aveva detto che non doveva sentirsi responsabile di quanto accaduto a Darryl lo pensava davvero, ma quelle parole non avrebbero mai avuto effetto su un ragazzino che ci vedeva lungo e che aveva già capito che il primo a non crederci era lui. Così rimase zitto, di nuovo, convenendo che forse Lion aveva ragione e che la via del silenzio era l’unica percorribile in quel momento.
Di punto in bianco, però, fu proprio Lion infrangere quel tacito accordo.
«Ho chiesto a Amy di aiutarmi con algebra.»
Axel ringraziò il cielo di non avere più il bullone tra i denti, altrimenti avrebbe rischiato di strozzarsi.
«Oh, bene…» disse sperando che una risposta neutrale potesse salvarlo da qualsiasi pensiero frullasse ora nella testa di quel ragazzo.
«Bene?!»
Il livello di acidità che aveva usato era troppo per non essere preso in considerazione. Merda, pensò.
«Beh, non è una bella cosa? Quando vi vedete?» indagò senza osare alzare la testa dal tavolo che ormai aveva finito di montare da una manciata di minuti.
«Probabilmente mai, visto che non ha ancora risposto al mio messaggio» disse allora Lion, costringendolo con una certa irrequietezza a leggere la chat sul telefono.
«Dai, non è detto che non voglia. Magari è solo impegnata e non ha avuto il tempo di risponderti» rispose continuando a rimanere vago.
«Io non ce la faccio a pensarla così.»
Axel lo osservò incuriosito, mettendo per un momento da parte viti e bulloni.
«In che senso?» gli chiese.
«È molto più realistico pensare che non mi risponderà perché non sa come dirmi che non vuole uscire con me. Così come è quasi certo che Darryl non si riprenderà solo perché noi pensiamo che sia forte e che ce la potrà fare. Crederci non serve a niente.»
Lion non aggiunse altro e d’altra parte Axel rimase raggelato dalle sue parole, tanto che non si accorse nemmeno, dopo una manciata di minuti, di essere rimasto completamente solo nella sala.
Una parte di sé avrebbe voluto rispondergli a tono, dirgli che no, non era vero che crederci non serviva, ma fu proprio sul nascere di quell’impeto che il senso di colpa, intimo e personale, tornò a fargli visita e a ricordargli di quando tanto tempo prima era stato lui a pronunciare quelle stesse parole, scagliandole con arroganza contro chi anche di fronte alla sconfitta aveva deciso di crederci ancora.
Rimase inerme, circondato da dieci tavoli ancora da montare in una sala vuota e spenta ormai da troppo tempo.
 
_________
 
 
NdA
Eeeeh, questa volta sono puntuale!
Lasciamo il 1997 per un capitolo un po’ più di stallo ambientato nel presente, anche se “tira aria di cambiamento”, sapevatelo u.u
 
Passo e chiudo alla velocità della luce, ringraziando il supporto di tutti voi che continuate a leggere la storia, un abbraccio!
_Atlas_

 
 
   
 
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