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Autore: Star_Rover    14/03/2024    4 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XXXIX. Una via di salvezza  
 

Il primo proiettile si conficcò nel tronco di un albero, ad altezza del suo cranio. Il secondo invece cadde nella neve, ben più distante dall’obiettivo.
Verner rimase immobile per qualche secondo, quando intuì che il terzo colpo non sarebbe arrivato, si voltò lentamente.
Jari aveva abbassato la pistola, l’espressione sul suo volto era rigida e severa.
Il prigioniero si rialzò in piedi e guardò il suo presunto avversario negli occhi. Nel suo sguardo non riconobbe né odio né rancore, soltanto profonda delusione. 
«Vattene! La tempesta sta rallentando l’avanzata delle truppe, con un po’ di fortuna puoi ancora raggiungere il confine»
Egli non si mosse.
Il tenente gli indicò la strada.
«Se proseguirai in quella direzione arriverai in Carelia, laggiù sarai al sicuro»
Il giovane esitò ancora.
«Avanti, corri! Non hai molto tempo!» lo spronò Jari.
Finalmente Verner obbedì, mosse i primi passi arrancando nella neve, per poi allontanarsi sempre più velocemente. Ai margini della radura si fermò per guardare indietro un’ultima volta, poi riprese a correre fino a svanire nella nebbia.
Jari restò a fissare il punto in cui Verner era scomparso, senza riuscire a trovare la forza di muoversi. Sapeva che non avrebbe potuto agire diversamente, per quanto fosse fedele alla sua causa, non avrebbe mai potuto eseguire quell’ordine.
Solo nella tormenta, il giovane ufficiale si abbandonò alle sue incertezze. Pur non avendo rimpianti, non poté evitare di interrogarsi sulla legittimità del suo gesto. Per la prima volta aveva scelto di disobbedire al volere dei suoi superiori. Era terribile, eppure era consapevole che Verner fosse l’unica eccezione.  
Il freddo lo riportò alla realtà, costringendolo a lasciare la foresta prima di avvertire i primi sintomi di ipotermia.
 
Il tenente Koskinen tornò all’accampamento pallido e silenzioso come un fantasma. Non interrogò le sentinelle e non si fermò a chiacchierare con i suoi compagni davanti al fuoco. Attraversò il campo a testa bassa e si diresse a immediatamente verso il suo alloggio.
Aveva solo voglia di restare da solo, a meditare su ciò che era appena accaduto. Aveva infranto il suo giuramento, aveva mentito ai suoi uomini e tradito la fiducia dei suoi commilitoni.
Un buon ufficiale avrebbe semplicemente eseguito gli ordini.
Era tormentato da questi dubbi quando all’improvviso avvertì dei battiti alla porta.
«Jari! Per favore, apri! Ho bisogno di parlarti!»  
Il tenente riconobbe la voce di Yrjö, soltanto per lui si sforzò di andare ad aprire.
«Che succede? Non puoi aspettare domani mattina?»
«No, si tratta di una questione importante!»
Jari lasciò entrare il medico e lo invitò a prendere posto al tavolo. Senza fretta recuperò due bicchieri e una bottiglia di acquavite.
Yrjö rifiutò, l’ufficiale scosse le spalle, versando nel suo bicchiere una doppia dose di liquore.
«Ho saputo dell’ordine del generale Mannerheim…» iniziò il dottore.
Jari buttò giù un lungo sorso.
«La guerra è guerra, non è così?» rispose con finta indifferenza.
«È vero che hai sollevato due reclute dal loro incarico?»
«Era mia responsabilità occuparmi del prigioniero»
Yrjö rifletté sulla questione.
«Se avessi ritenuto giusto quell’ordine avresti organizzato una regolare esecuzione»
«Che differenza fa? Una pallottola è sempre una pallottola»
Il giovane medico guardò l’amico negli occhi. Il suo sguardo era vitreo e assente, a stento riusciva a riconoscerlo.
Jari riempì nuovamente il bicchiere.
«Dimmi la verità, perché sei venuto qui? Credi che stia perdendo il senno? No, purtroppo sono pienamente conscio di quel che sto facendo»
«Non penso affatto che stia impazzendo, ritengo solo che tu abbia bisogno di parlare di quel che è successo»
Il tenente valutò la quantità di liquido rimasto nella bottiglia.
«Credimi, è meglio che nessuno sappia la verità»
Yrjö scelse di essere sincero nei suoi confronti.
«Sono preoccupato per te. Non vorrei che questa tua decisione abbia a che fare con la morte di Lauri»
Jari scosse la testa: «puoi stare tranquillo. La vendetta non ha niente a che fare con questa storia»
«Tutti noi abbiamo sofferto in questa guerra, non potrei biasimare il tuo rancore»
«Se potessi odiare il nostro nemico sarebbe tutto più semplice»
Yrjö ribatté: «l’odio non è mai utile in guerra»
«Hai ragione, ma almeno non avrei dubbi sul mio dovere»
«Il tuo lato umano non è una debolezza»
Jari dimostrò di non poter più reggere quella conversazione.
«Per favore, se davvero sei mio amico, non parlare mai più di quello che è accaduto questa notte»
Yrjö non capì, ma nel vedere l’amico ridotto in quello stato, non poté far altro che rispettare la sua volontà.
«D’accordo. In ogni caso, voglio che tu sappia che non hai alcuna colpa. Sei un buon comandante, hai sempre agito per il bene dei tuoi uomini»
L’ufficiale si prese la testa tra le mani, nella sua mente quelle erano soltanto menzogne.
Il medico si rialzò dal tavolo.
«È ora che ti lasci riposare, sono certo che domani ti sentirai meglio»
Prima di andarsene Yrjö afferrò la bottiglia di liquore.
«Questa la porto via con me, per questa notte hai già bevuto abbastanza» concluse con tono severo.
 
 
Yrjö tornò nella sua stanza con aria afflitta. La guerra era un’edera velenosa, impossibile da estirpare dall’animo di chi l’aveva combattuta.
Il medico si posizionò alla scrivania, rilesse la lettera che aveva terminato la sera prima e la strappò a metà. Prese un foglio bianco e ricominciò a scrivere.
 

Mia cara,
la fine della guerra è ormai vicina, questa è la mia unica consolazione.
È un periodo difficile per tutti noi, nell’animo portiamo ferite che non si rimargineranno solo con il tempo.
Voglio sperare che la pace possa alleviare ogni tormento, e che questi uomini ritrovino se stessi lontano dal campo di battaglia.
Mi dispiace, ma devo avvertirti che anche tuo fratello non è più lo stesso. Jari è un uomo leale e onesto, la dura realtà della guerra però ha messo a dura prova la sua integrità. Ha dovuto affrontare tante difficoltà, tra cui le responsabilità come ufficiale e la recente dipartita del nostro amico Lauri.
Per lui non sarà facile fare i conti con il passato, dovremo avere pazienza e rispettare il suo silenzio.
In quanto suo amico, tutto quel che posso fare è restare al suo fianco offrendogli supporto. Sarà lui a decidere se accettare o meno il mio aiuto.
Spero di rivederti presto, l’attesa è ormai insopportabile. Ogni notte sogno di tornare da te, ma ogni mattina mi risveglio in questo incubo.
Ti prometto che quando potrò stringerti nuovamente tra le mie braccia non ti lascerò andare mai più.

 
 
***

Verner continuò a correre con i polmoni in fiamme e il cuore che batteva all’impazzata nel petto. Le gambe cedevano per lo sforzo, gli mancava il respiro e il freddo era ormai insopportabile.
Il vento gelido gli feriva le guance, era costretto a continuare a muoversi per dare sollievo agli arti assiderati.
Al chiaro di luna era difficile orientarsi, aveva cercato di seguire le indicazioni di Jari, ma non era più certo di star proseguendo nella giusta direzione.
Finalmente giunse ai margini di un villaggio. Dopo aver ispezionato con attenzione l’intera zona trovò riparo all’interno di un vecchio fienile.
Verner tentò di fare del suo meglio per scaldarsi in quel giaciglio improvvisato. Nonostante la stanchezza, non riuscì a chiudere occhio. Ripensò a quel che era accaduto. Era pronto a morire, invece Jari gli aveva salvato la vita. Aveva scelto di concedergli la possibilità di fuggire, trascurando i suoi doveri come ufficiale delle Guardie Bianche.
Verner sapeva che per Jari non doveva essere stato semplice prendere quella decisione. Aveva dovuto andare contro ai suoi stessi ideali e disobbedire agli ordini dei suoi superiori.
Per tanto tempo aveva considerato Jari come un traditore, l’aveva incolpato per il suo abbandono. Alla fine però aveva mantenuto fede alla sua promessa, era rimasto al suo fianco, nonostante tutto.
Verner si commosse a quel pensiero, ma provò anche profondo dolore nel realizzare che Jari non avrebbe mai potuto perdonarlo per quel che aveva fatto.
 
***

Evert non poté evitare di rammentare l’ultimo desiderio che aveva espresso prima di salire sul furgone.
Se potessi scegliere vorrei essere gettato in mare.
Ora che avvertiva l’odore del sale e il moto delle onde, quella prospettiva non sembrava così lontana.
Il traghetto aveva lasciato il porto di Helsinki con a bordo una quindicina di prigionieri, le Guardie Bianche non avevano fornito alcuna spiegazione.
Evert non aveva alcun punto di riferimento, ma non ebbe bisogno di sofisticati strumenti di navigazione per individuare la meta di quel viaggio. Infatti, l’unica destinazione possibile era la fortezza di Viapori, l’isola-prigione a sud-est della capitale.  
Evert si domandò se sarebbe riuscito a raggiungere la costa. L’infezione alla gamba era peggiorata, in preda alla febbre, il giovane era quasi certo che sarebbe morto su quella barca. Allora sì che il suo cadavere sarebbe stato gettato in mare.
Un prigioniero per non cedere alla disperazione aveva iniziato a cantare a bassa voce.
Le strofe di una triste nenia furono tutto ciò che sentì prima di perdere i sensi.
 
Evert riaprì gli occhi sulla terraferma. Fu sorpreso di non trovarsi all’interno di una cella. Inizialmente pensò di essere vittima delle allucinazioni. La stanza in cui si trovava era ampia, pulita e ben illuminata. I mobili sembravano antichi e raffinati. C’era persino un quadro alla parete, un paesaggio di mare con un veliero all’orizzonte.
Evert si sollevò leggermente poggiandosi allo schienale di legno.
Ad un tratto sentì dei rumori, dei passi si stavano avvicinando, qualcuno aprì la porta.
L’uomo che varcò la soglia indossava abiti civili ed eleganti, doveva avere circa trentacinque anni, l’espressione sul suo viso era seria, ma allo stesso tempo aveva qualcosa di rassicurante.
«Lieto che si sia svegliato. Ero certo che un po’ di riposo le avrebbe fatto bene»
Evert era sempre più confuso.
«Dove sono? Chi è lei?»
«Purtroppo non sono un esperto di Storia militare, ma suppongo che questa fosse l’abitazione di un ufficiale della marina svedese prima che fosse ceduta ai russi. In ogni caso, siamo all’interno della fortezza di Viapori. Io sono il giudice Sebastian Manner, ho l’ingrato compito di decidere la sorte di tutti voi»
«È stato lei a portarmi qui?»  
«Il tenente Lehtinen voleva alloggiarla nell’infermeria delle prigioni, ma io ho preferito sistemarla in un posto più accogliente, almeno finché non si sentirà meglio. In ogni caso, non può andare da nessuna parte» 
Evert giunse subito al punto.
«Ha intenzione di condannarmi a morte?»
L’uomo rispose con onestà: «ho optato per la pena di morte soltanto in casi riguardanti crimini di guerra»
«Io non sono un criminale» affermò Evert con decisione.
Il giudice abbassò lo sguardo: «spero davvero che abbia detto la verità. Mi creda, il mio mestiere non è affatto piacevole in questi tempi»
Evert manifestò il suo ribrezzo: «dunque è questo il suo compito? Decidere se una persona deve vivere o morire restando seduto dietro a una scrivania?»
«Per quanto possa sembrare assurdo, è così che funziona la legge»
Evert continuò a guardare il giudice con diffidenza.
 «Hanno già provato a uccidermi due volte, forse la terza sarà quella buona»
«Se lei si rivelerà un uomo onesto non dovrà temere per la sua vita»
«I Bianchi ci odiano, perché dovrebbero sottoporci a un equo processo?»
Sebastian scosse il capo.
«Bianchi, Rossi…la legge è uguale per tutti»
«Lei è un uomo di belle parole, ma i fatti dicono ben altro. Lei sa quanti Rossi sono stati giustiziati senza alcun processo?»
Manner emise un profondo respiro.
«Adesso il suo caso è nelle mie mani e le garantisco che non riceverà una pena ingiusta. Sarà giudicato per il peso delle sue azioni»
Evert tornò a poggiare la testa sul cuscino, quella situazione non gli piaceva affatto, ma non poteva fare nulla per cambiare le cose. Non voleva illudersi che quell’uomo potesse realmente salvarlo.
Il giudice stava per allontanarsi, ma il prigioniero richiamò la sua attenzione.
«Posso chiederle un favore?»
«Di che si tratta?»
«Dica al tenente Lehtinen che voglio essere trasferito in cella insieme agli altri prigionieri»
Manner richiuse la porta con rassegnazione, quel caso sarebbe stato decisamente complicato.
 
***

Leena strinse la mano di Hjalmar, trattenendolo a sé. Il ragazzo ricambiò la sua stretta, avrebbe voluto fare di più per rassicurarla, ma anch’egli annaspava nell’incertezza.
La stazione di Ruovesi era particolarmente affollata, tra civili in fuga e truppe in mobilitazione. Hjalmar si sentì a disagio circondato da tanti soldati bianchi, se solo avessero saputo la verità non avrebbero esitato ad arrestarlo. In quel momento, però, ai loro occhi era soltanto un ragazzino ingenuo e innocente. Nessuno sospettava che quel giovane avesse preso parte alla rivolta con un fucile e una fascia rossa al braccio.
In quel momento Hjalmar provò intensa vergogna, non avrebbe voluto nascondersi come un vigliacco, sentiva di star tradendo i suoi compagni. Una parte di sé però desiderava soltanto tornare a casa.
Al pensiero di Verner a stento non scoppiò in lacrime, non aveva più avuto sue notizie, temeva che il loro ultimo saluto fosse stato un addio.
«Stai bene?» si preoccupò Leena.
Hjalmar annuì, seppur con poca convinzione, poi tornò a scrutare la folla.
«Dov’è quell’uomo? Aveva promesso di aiutarci!»
Leena tentò di rassicurarlo.
«Frans tornerà presto, dobbiamo fidarci di lui»
«E se ci avesse mentito? Se avesse deciso di denunciarci?»
Lei rispose senza esitazione: «lui non ci tradirà»
«Come puoi esserne certa?»
Leena ammise la verità: «senza il suo aiuto non sarei mai riuscita a trovarti in tempo»
Hjalmar era ancora sospettoso, ma proprio in quel momento vide il soldato attraversare i binari.
Frans raggiunse Leena e le consegnò un foglio che riportava il timbro della Guardia Civile.
«Che cos’è?» domandò lei.
«Un permesso speciale, è il vostro lasciapassare per Helsinki»
Leena non credette a quelle parole, le sembrava impossibile che fosse vero.
«Come hai fatto ad ottenerlo?»
Il soldato rimase vago: «ho soltanto chiesto un favore»
La ragazza intuì che quel genere di favori avessero in realtà un caro prezzo.
«Io…non so cosa dire…»
«Un grazie sarebbe sufficiente»
Leena esternò la sua preoccupazione.
«Dico sul serio, sai che cosa stai rischiando?»
Frans rimase impassibile: «ad essere sincero non mi importa, voglio solo che tu e il ragazzo siate al sicuro»
Leena era ancora titubante, ma la presenza di Hjalmar la convinse ad accettare l’ennesimo aiuto da parte dello jäger.
I tre si incamminarono tra la folla, l’unico treno diretto a Helsinki era quasi pronto alla partenza.
Hjalmar non esitò a saltare sul vagone, Leena invece attese ancora un istante sulla banchina.
Frans si avvicinò a lei, sorrise nel pensare al loro primo incontro, avvenuto sempre su un treno.
«Eri così la prima volta in cui ti ho vista, mi sembravi una ragazza dolce e innocente»
«Suppongo che ora ti sia fatto un’idea diversa di me»
«Quel che provo per te non è cambiato»
«Dopo tutto quello che ho fatto, avresti il diritto di odiarmi»
«Probabilmente sarebbe stato più semplice…»
Lei si guardò intorno con discrezione, poi si protese in avanti e sussurrò al suo orecchio.
«Sei un uomo buono, non dovresti indossare questa divisa»
«Smetterò di fare il soldato quando la guerra sarà finita»
Leena approvò la sua decisione: «mi sembra giusto»
Frans disfò il nastro bianco che portava al braccio e glielo porse.
«Ecco, prendilo tu»
«Non indosserò un simbolo dei Bianchi!» protestò lei.
Il soldato insistette: «portalo con te, potrebbe sempre esserti utile»
Leena nascose il nastro nella tasca della giacca.
«Almeno ti ricorderai di me» aggiunse Frans.
«Non dimenticherò mai quello che hai fatto per me»
Egli la guardò negli occhi, erano così vicini da poter avvertire i loro respiri. Delicatamente le cinse i fianchi, riducendo ancora le distanze. Lei non si ritrasse dal suo abbraccio.  
Frans l’attirò a sé e la baciò con passione.
Lei ricambiò, sorprendendosi nell’avvertire la reazione del suo corpo, fremente per l’emozione.
Quando si distaccarono lui le rivelò la verità.
«Ti amo»
Leena rimase a fissarlo con gli occhi lucidi. Era consapevole di aver già causato abbastanza dolore a quell’uomo, si detestava per questo, ma sapeva anche che il miglior modo per dimostrare di tenere davvero a lui, era mettere fine a quell’illusione. Anche se questo avrebbe significato spezzargli il cuore.
«Addio, Frans»
Quelle furono le sue ultime parole, se ne andò senza più voltarsi, scomparendo all’interno della carrozza.
Il giovane restò immobile sul bordo dei binari finché del treno appena partito non restò che una nube di vapore.
Era ancora nella medesima posizione quando udì la voce di un suo commilitone.
«Frans! Finalmente ti ho trovato! Il tenente Henriksen ci vuole tutti al rapporto!»
Il soldato si rimise il fucile in spalla.
«Che cosa succede?»
Il suo compagno non riuscì a mascherare un certo turbamento.
«Siamo in partenza per Lahti, torniamo al fronte» 
   
 
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