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Autore: Arwen297    16/03/2024    0 recensioni
Il primo giorno della specializzazione in medicina, Sophie e Michael si incontrano, lui responsabile degli specializzandi, e lei che dopo aver conseguito il Bachelor of Medicine, si appresta a iniziare il percorso di specializzazione in Medicina alla School of Medicine a Los Angeles, la città degli angeli. Entrambi, non sembrano ciò che sono davvero e nessuno dei due sa di essere parte importante di uno stesso destino.
Storia nata su facebook scritta a quattro mani con la mia pdr. Genere Urban-fantasy, romantico, sentimentale e introspettivo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il dottor Collins

7 Dicembre 2022, Los Angeles

 « 7 Dicembre 2022, ore 22.24, domani inizio il tirocinio al Cedars Sinai e sono letteralmente nel panico» 

Registrare su nastro è un qualcosa che facevano gli studenti di psicologia, o al massimo di psichiatria non un futuro medico che, tutto voleva, meno che studiare la mente e le malattie mentali della razza umana. Il silenzio della stanza la opprimeva, mentre l'ansia relativa a quella nuova avventura sembrava quasi stringerle il cuore. La nonna era qualche stanza più in là, a guardare la TV, unico suo punto di riferimento ormai da una vita intera, unico membro della sua famiglia ancora in vita.  Erano uguali, entrambe destinate a vivere a lungo, almenoché qualcuno non decidesse di porre fine alle loro vite, arrivando a compiere il suo obbiettivo.

« Sono fottutamente nel panico e non so come cavolo comportarmi domani mattina, improvvisamente tutte le nozioni che ho studiato sembrano essere scomparse dal mio cervello. Persino quelle della tesi"

La ragazza si lasciò cadere con la schiena sul letto, con un sordo tonfo. 

«E questa cosa mi mette fottutamente paura!»

Il suo sguardo rimase fisso sul soffitto sopra di sé mentre il click del registratore schiacciato da lei stessa risuonò nella stanza. 

«Morirò di certo! Non arriverò a domattina in queste condizioni»

Con ogni probabilità, se sua nonna avesse percepito il suo reale stato d'animo, sarebbe intervenuta lei stessa per porvi rimedio, insinuandosi nella sua mente, sfruttando il fatto che lei ancora non era brava a schermare la mente per evitare che gli altri vi ci si fiondassero conoscendo i suoi più reconditi segreti. Soprattutto se gli "altri" erano circoscritti a sua nonna che conosceva bene ogni singolo angolo della sua psiche e del suo carattere.

Una battaglia persa in partenza, insomma per la ragazza. Battaglia che a rigor del vero aveva smesso di combattere a riguardo già diverse centinaia di anni prima.
 

***

Los Angeles, 8 Dicembre 2022

Quella notte non aveva chiuso occhio, troppo presa dall'agitazione di quello che sarebbe stato un nuovo inizio portato dal suonare della sveglia alle sei in punto.

Timore di non sentirla prima, e agitazione sul cosa aspettarsi poi, le avevano tenuto compagnia tutta la notte regalandole una stanchezza anomala quando in fine, il suono di quella, le aveva rotto il timpano. Avrebbe discusso la tesi per il Bachelor prima di Natale, ma intanto aveva già ottenuto l'accesso alla Scuola di Medicina e al periodo di tirocinio relativo ad essa.

Quel mattino era il suo primo giorno. Con due esami su tre per l'abilitazione superati con un punteggio discreto, era pressoché pronta a iniziare quella nuova fase del percorso che l'avrebbe portata a diventare un medico a tutti gli effetti. Di lì a un anno avrebbe affrontato il terzo esame per l'abilitazione, in perfetta tempistica di uno studente di medicina e finalmente avrebbe potuto vantarsi, dopo tanti sacrifici, di essere un Medico in medicina generale, per poi proseguire con gli anni della specializzazione che sarebbero iniziati proprio quel mattino.

Nel frattempo, con quei primi mesi di turnazione nei reparti, sperava di arrivare a capire realmente quale delle branche su cui era indecisa fosse al caso suo. In cima alla lista Pediatria. Desiderava da sempre venire a contatto con dei bambini, per curarli e farli stare bene e ora dopo centinaia di anni passati in attesa di dimostrare l'età giusta per una studentessa universitaria, era finalmente giunto il momento di poterlo fare.

La Hall dell'ingresso del Cedars Sinai Medical Center di Los Angeles la accolse silenziosa, fatta eccezione per i sussurri dei dipendenti che attaccavano il turno o magari staccavano dal turno. Sussurri ai quali si aggiunsero i rumori provenienti dal bar e un odore di disinfettante mischiato a quello del caffè persistente nell'aria che echeggiava ancor di più al suo olfatto sovra-sviluppato.

Gli occhi verdi della ragazza andarono alla receptions speranzosa nel fatto che la signora presente all'interno potesse darle qualche indicazione a riguardo di dove si trovasse l'aula magna dove avrebbe dovuto svolgersi alle otto in punto il discorso di benvenuto ai nuovi specializzandi per poi iniziare con la giornata a tutti gli effetti lavorativa. Emozione e agitazione erano ciò che la facevano da padrone in lei. Unite alle altissime aspettative che riponeneva in quella nuova fase della sua vita.

«Buongiorno, scusi se la disturbo, sono Sophie Renard e sono una dei nuovi specialisti, inizio la specializzazione oggi e via email c'era scritto di recarsi nell'aula magna dell'ospedale ma dove la trovo?».

Chi aveva fatto quella email, comunque, avrebbe potuto dare indicazioni più precise, magari fornendo una piantina del primo piano così che fosse immediato e semplice arrivare lì. Probabilmente, invece, chi aveva redatto quel messaggio era totalmente svampito o svampita.

  «Buongiorno a lei signorina, l'Aula magna dell'ospedale la può trovare superato il salone, seguendo le indicazioni per gli ambulatori del primo piano, troverà ad un certo punto la freccia aula magna». 

La signora guardò l'orologio, per poi tornare a sorriderle con una calma conciliante.

    «Stia tranquilla, è in perfetto orario manca mezz'ora ma vedrà che in dieci minuti è lì». 

Sophie sapeva anche lei di essere in perfetto orario, si era svegliata alle sei proprio per esserlo, nonostante la casa di sua nonna non fosse troppo lontana dalla struttura. Anche se avesse voluto, comunque, i suoi occhi non avrebbero di certo collaborato nel fare in modo che lei potesse dormire quella notte.

 

Arrivata in aula magna, Sophie si guardò intorno, rimanendo quasi sorpresa nel trovarla quasi vuota fatta eccezione di una decina di altri specialisti che come lei avrebbero iniziato la specializzazione quel giorno. Un numero decisamente basso, ma sapendo la selezione accurata che era stata fatta dall'Ospedale nell'accogliere i nuovi specializzandi non ne rimase nemmeno troppo sorpresa in merito

Lei stessa aveva dovuto superare quella selezione che teneva conto di una marea di parametri, compreso i risultati ottenuti nel percorso pre-med. Erano stati valutati anche sulla base del punteggio ottenuto nei primi due Step degli esami per l'abilitazione e supponeva che gli altri, come del resto lei, avessero ottenuto un punteggio decisamente alto se non il massimo. 

Avere piena consapevolezza di ciò, la mise anche davanti al fatto che la competizione all'interno di quelle corsie sarebbe stata davvero molto alta, oltre alla pressione dovuta dalle situazioni mediche con cui sarebbe entrata a contatto durante quei primi mesi e gli anni successivi. Negli USA in fondo era così, soprattutto nel campo medico: c'era un'altissima selezione meritocratica e un sogno poteva infrangersi davvero con poco. Tutte quelle considerazioni non fecero che aumentare l'agitazione della volpe, la quale trovo un posto a sedersi dopo aver accennato un saluto ai colleghi già presenti, mentre poco dopo la sua attenzione fu attirata da un uomo sui cinquant'anni almeno, il quale salì sulla pedana dell'aula magna controllando il microfono per poi guardarli tutti in attesa che gli altri facessero silenzio. Silenzio che arrivò poco dopo.

«Buongiorno, ragazzi».

Esordì, focalizzando definitivamente l'attenzione su di sé, scrutando ciascuno di loro come se stesse già valutando quanto della figura professionale del medico fosse nascosto in ciascuno di loro. Lo sguardo scuro, attento, severo e addolcito da un sorriso bonario messo a corredo di quel buongiorno. Alcuni dei presenti risposero a loro volta un buongiorno, Sophie, invece, si astenne dal pronunciarlo. Rimanendo attenta alla sua figura, chiedendosi se fosse il caso di prendere alcuni appunti o se potesse essere davvero solo un discorso di benvenuto, il più breve possibile. 

« È sempre splendido vedere giovani medici, scegliere il nostro ospedale per la specializzazione, anziché rimanere alla Ronald Regan, permettetemi di darvi il benvenuto in questo nuovo capitolo della vostra vita».

Un sospiro sfuggì dalle labbra della ragazza, la quale trovo il tutto fin troppo pomposo anche se tipicamente americano.

«Ognuno di voi arriva qui pieno di speranze, desideroso di scendere in campo. Un mese fa alla facoltà di medicina, i medici erano i vostri professori, oggi i medici siete voi. I sette anni da specializzandi in chirurgia saranno i più belli e i più brutti della vostra vita. Verrete messi sotto pressione. Guardatevi intorno, salutate la concorrenza. Otto di voi passeranno a una specializzazione più facile, cinque di voi non reggeranno la pressione e a due di voi verrà chiesto di andarsene. Questo è il punto di partenza, la vostra arena, la vostra partita… Il risultato e il successo dipende da voi». 

Per quale assurdo motivo gli americani riuscivano sempre a essere così melodrammatici? Era una caratteristica che mal sopportava, ma con cui aveva dovuto imparare a convivere, negli ultimi novant'anni suo mal grado. Augurandosi ogni volta che ci aveva a che fare, che quel vizio cosi tanto radicato in loro potesse in qualche modo evolversi fino a scomparire. Speranza che la rossa sapeva già essere mal riposta. 

«Qui con me avrebbe dovuto esserci anche il responsabile degli specialisti, il Primario di neurochirurgia, ma è stato chiamato in sala operatoria un paio di ore fa e quindi vi attende in pronto-soccorso non appena avremo finito qui, qualcuno ha qualche domanda da porre? Dubbi, perplessità?».

Un leggero silenzio accolse quella disponibilità del medico anziano nel dare informazioni a riguardo,  e gli aspiranti medici per qualche minuto si guardarono tra loro, quasi timorosi di fare qualche domanda o forse di apparire stupidi nel porla agli occhi del Direttore. O per chissà quali pare mentali da primo giorno.

«Come sono organizzate le turnazioni? Possiamo decidere noi da quale reparto iniziare o verremmo assegnati a un reparto senza possibilità di cambio per i mesi necessari a quel reparto?».

Lo sguardo del direttore del Cedars si posò sul ragazzo scuro di pelle che aveva posto la domanda, facendo un lieve sorriso, che tuttavia fu quasi invisibile a chi aveva davanti, se non aveva occhio per i dettagli.

«Sarete assegnati questa mattina ai reparti da cui dovrete partire con le turnazioni, in Pronto-Soccorso sarete sottoposti a un test attitudinale per conoscervi meglio e il vostro responsabile deciderà in base alle vostre risposte da cosa farvi iniziare, non chiedetemi su cosa verterà il test, lo vedrete tra poco quando vi sposterete in Pronto-soccorso, anche perché se volessi darvi spiegazioni, se ne è sempre occupato il dottor Collins, lasciandomi allo scuro di tutte le procedure con cui vi assegna ai reparti, e solitamente ha buon occhio e fa le scelte giuste quindi io lo lascio fare».

Oh perfetto, quindi se questo fantomatico dottor Collins non la riteneva adatta a Pediatria, lei non avrebbe mai fatto i mesi di turnazione lì?  Quella considerazione le fece  storcere non poco il naso a riguardo. Non era ben disposta a farsi dire da un perfetto sconosciuto che cosa dovesse intraprendere come percorso di specializzazione. Se si fosse rivelata una cosa del genere, avrebbe sicuramente smosso mari e monti per arrivare a fare ciò che desiderava e voleva da tantissimi anni.

«Bene ragazzi, se non c'è nessun'altra domanda potete raggiungere il prontosoccorso, di preciso la stanza 4A-B, il dottor Collins vi raggiungerà sicuramente a breve».
 

***

Dopo che si fu congedata insieme ai suoi compagni, Sophie si diresse con loro proprio nel pronto soccorso, arrivando lì poco dopo entrando nella stanza che era stata indicata loro. Notando quanto fosse caotico e fibrillante quel reparto. Insomma, sembrava davvero facesse al caso suo! Tutta quella frenesia continua, tutto quel lavorare e con ogni probabilità quel continuo essere sotto pressione avrebbe messo a dura e seria prova corpo e mente ma, era davvero curiosa di vedere come il suo stato d'animo avrebbe reagito. Soprattutto come i suoi poteri si sarebbero modificati e affinati nello stare continuamente a contatto con tutte quelle persone. Se per le persone quel reparto era stressante a livello emotivo e fisico, per una che poteva percepire i pensieri e le agitazioni mentali delle persone lo sarebbe stato di più. Un'autentica sfida. E a lei, le sfide, non piaceva rifiutarle. Di certo, mentre era persa in quei pensieri non si sarebbe aspettata di vedere comparire quello che ad occhio e croce doveva essere il responsabile del tirocinio, lo vide schivare alcune barelle mosse incautamente da alcuni infermieri che le stavano spostando, essendo vuote, là dove non avrebbero dato fastidio. Un uomo che pareva avere sui trentacinque anni ad occhio e croce, dai capelli biondi e con il camice sganciato che procedeva a passo svelto e per nulla insicuro verso la loro stanza.

Il primario, come era già stato detto ai ragazzi era stato costretto a saltare il discorso di benvenuto del direttore a causa di un intervento d'urgenza a seguito di un incidente. Non che avesse bisogno di ascoltarlo in realtà, dato che a ogni nuovo ingresso era sempre lo stesso, ormai da anni, e lui lo sapeva decisamente a memoria. Ciò che però gli piaceva maggiormente, riguardo a quella giornata di inizio dei nuovi specialisti era leggere in loro tutte le emozioni che scorrevano sotto la loro pelle. Poteva leggere nei loro occhi gioia, preoccupazione, ansia e voglia di mettersi in gioco, tutto riunito in un'unica espressione stampata sul volto di ciascuno di loro.

Il passo era sicuro, mentre si dirigeva verso la sala medici del pronto-soccorso, la dove i nuovi specializzandi lo stavano sicuramente attendendo come era di fatto abitudine in quelle circostanze. Il camice bianco, non allacciato, lasciava vedere sotto di esso il blu scuro dell'abbigliamento da strutturato mentre, con una mano, andò a togliersi la cuffia chirurgica proprio nel preciso momento in cui varcò la porta della sala medici.

«Buongiorno a tutti, scusate il ritardo ma ero in sala operatoria».

Esordì mentre piegò la cuffia nera, riportante dei disegni di ali bianche su tutto il tessuto, in una mano per poi lasciarla scivolare all'interno della tasca del camice. Solo in quel momento il dottore alzò lo sguardo incrociando quello di ciascuno di loro, soffermandosi in particolar modo su una delle ragazze, dai lunghi capelli di un colore rosso acceso.

Il gruppo all'interno della stanza ammutolì all'ingresso del Primario, facendosi silenzioso e quasi improvvisamente timoroso. Timore che Sophie non riuscì nemmeno a sentire giustificato dato che il dottore non aveva detto niente di aggressivo, ma solo salutato tutti loro rispettando le regole di una buona educazione. Dal canto suo la rossa non aveva potuto fare a meno di percepire i pensieri delle sue compagne di corso nell'appurare che il responsabile era proprio il dottor figo che poco prima stava procedendo a passo svelto attraverso il reparto. Pensieri e frasi davvero poco ortodosse, riempirono la sua mente, costringendola a ritrarsi dall'ascolto mentale per non arrossire e rischiare di fare una pessima figura.

«So che vi è stato fatto il discorso di benvenuto e non serve che io ve ne faccia un altro, perciò mi limiterò a presentarmi»

    Chi ne apprezzava il fisico, chi il viso, chi la voce. Manco fossero liceali in piena crisi ormonale. Lei, al contrario, si soffermò un po' meglio ad osservarlo mentre parlava.  Lo osservò anche quando lui stesso posò lo sguardo su di lei, fermandosi per un lungo momento dal continuare il suo discorso e permettendole così di osservarne meglio gli occhi.  Gli occhi. I suoi occhi.

Il cuore di Sophie perse un battito nel rendersi conto che erano impari proprio come quelli di - lui - in duecento anni non aveva più incontrato nessuno con quella particolarità.

«Il mio nome è Michael Collins, primario di neurochirurgia e medicina d’urgenza nonché vostro referente generale, da oggi, alla specializzazione e responsabile per chi deciderà medicina d’urgenza o neurochirurgia».

  Disse Collins con tono sicuro di sé, quella presentazione era più che sufficiente, dato che era sì il primo giorno, ma era intenzionato a farli iniziare già quel mattino. Il tutto per mettere alla prova ciascuno di loro e vedere chi davvero aveva la stoffa per rimanere lì e continuare a fare un percorso specialistico o, al contrario, fosse più portato per la medicina di base e quindi non avrebbe potuto continuare. La medicina negli Stati Uniti era un ambito molto meritocratico, che non lasciava spazio a incertezze o insicurezze, ne tanto meno a sviste, progredivano le eccellenze, chi dimostrava davvero di fare il proprio lavoro in ogni possibile circostanza. Senza indugi o insicurezze nelle proprie capacità, Unendo competenza e empatia.

«Abbiamo un po’ di tempo a disposizione per le domande prima che vi  divida nei vari reparti»   

La rossa scosse appena la testa per scacciare i pensieri che, in quel momento, doveva  tenere fuori dalla mente e potersi concentrare sullo scopo per cui era in quella stanza. Limitando a un lato dei suoi pensieri la questione degli occhi, e dei ricordi che avevano fatto affiorare, non troppo piacevoli. A quel punto la ragazza prese la parola, a proposito di domande.

«Il reparto di assegnazione dipende dal nostro corso di specializzazione immagino giusto? Se qualcuno vuole sperimentare altri reparti è possibile?».  

Sophie sapeva che probabilmente a quella domanda ci sarebbe stata una risposta negativa, ma con la sete di conoscenza che l'aveva sempre contraddistinta, sperava proprio che fosse possibile.

Il medico, dal canto suo, ascoltò con attenzione la domanda della giovane ragazza dai capelli rossi, per poi risponderle.

«No, inizialmente non sarete fissi in un reparto ma girerete in tutti i reparti fino a quando farete la vostra scelta, di solito entro il primo anno, a meno che qualcuno non abbia già le idee chiare. I primi mesi saranno tutti uguali, ossia girerete tutti i reparti. Per chi di voi ha già le idee chiare dopo i primi mesi potrà fare richiesta per il reparto fisso».

Rispose allora, ignorando i commenti sottovoce di alcune delle studentesse. I soliti apprezzamenti, i soliti commenti, a cui da troppo tempo era abituato e che aveva imparato a ignorare totalmente. Sia per motivi professionali e sia perché non era realmente interessato ad avere storie, tanto che alcuni dei suoi colleghi erano convinti che fosse addirittura omosessuale.

  Nel sentire la risposta Sophie sperò che la assegnasse al pronto soccorso per i primi mesi iniziare con, forse uno dei reparti più stressanti a livello di impegno mentale, sarebbe stato il modo giusto per rompere il ghiaccio. Se di ghiaccio si potesse parlare, sebbene ciò da quanto aveva capito significava essere a stretto contatto con il dottor Collins e con i suoi occhi.

«Nel frattempo su quel tavolo troverete un questionario, servirà per capire da quale reparto farvi iniziare, e chi di voi ha già le idee chiare sulla specializzazione che intende fare».

Collins indicò con un gesto della mano il tavolo dietro di loro, su di esso vi era un plico di fogli e delle penne. 

«Qualcuno ha altre domande?».

I suoi occhi andarono ai colleghi della ragazza dai capelli rossi, mentre la sua mano andò a stringere la maniglia della porta della stanza per chiuderla e attutire almeno un poco i rumori del pronto-soccorso. 

    Sophie si avvicinò a quel tavolo, con alcune delle altre ragazze prendendo la penna e uno dei fogli con i test da svolgere.   

  «Quindi non è possibile scegliere da quale reparto iniziare?».  

  Uno dei ragazzi espresse quella domanda, mentre la sua sfera emotiva accusò lentamente l'effetto degli occhi impari di lui facendole provare una sorta di lieve confusione. Confusione che, tuttavia, scelse di non ascoltare in quel momento, a fine turno, quando sarebbe stata nel suo letto di casa allora avrebbe riflettuto. Le domande su quel foglio, di contro erano parecchio specifiche, a livello di competenze e di domande più attitudinali. Come ad esempio la concentrazione e il livello di sopportazione dello stress. 

  «No, ma Il test che c’è su quel tavolo servirà a capire da dove farvi iniziare perciò siate più sinceri possibili nella compilazione. Solo in questo modo tutto sarà più semplice e probabilmente inizierete proprio dal reparto da voi più ambito»

  La ragazza ascoltò la risposta alla domanda del ragazzo che aveva chiesto appena dopo la risposta alla sua di domanda. Finito di completare la prima facciata, Sophie volse il foglio per iniziare a completare la seconda, composta più da domande a crocette piuttosto che aperte come nel primo gruppo.    

«Avete 15 minuti, chi termina prima può consegnare il test per l’ assegnazione al reparto».

Detto ciò si andò a posare con la schiena al muro in modo da poter vedere tutti, osservare le loro espressioni alle domande e sentire i loro pensieri anche se non era una cosa che usava fare spesso se non strettamente necessaria e a fin di bene. Il tempo passava e nonostante Michael provasse a non guardare quella ragazza, i suoi occhi continuavano a posarsi su quella chioma rossa arrivando a fargli ricordare, attraverso dei flash, la morte di qualcuno a cui un tempo aveva particolarmente tenuto, giungendo alla fine ad amare. Erano passati anni, ma ancora quella ferita era profonda e nel vedere quella ragazza sembrava che avesse tutta l'intenzione di ricominciare a sanguinare. Riportando a galla emozioni e sofferenza che credeva ormai superate.

  Sophie all'ultima domanda che lesse sul foglio si portò la penna al mento, facendo un espressione pensierosa, indecisa su cosa rispondere, dando una rapida occhiata a Collins e scorgendolo appoggiato al muro con la schiena a osservarli tutti uno per uno. Quelle domande non la stavano facendo innervosire, anzi tutto il contrario, ma sull'ultima si stava trovando davvero a riflettere su cosa fosse meglio rispondere: con il cuore o con la testa. Era palese che fosse l'ennesima domanda sulla gestione dei momenti di maggiore criticità e lei era in parte istintiva. Alcuni dei suoi compagni intanto avevano già iniziato a consegnare mentre lei non sapeva bene ancora cosa rispondere. Il primo, il secondo... Mano a mano arrivò anche il tredicesimo, spingendola a rispondere sebbene il quattordicesimo la precedette, facendola arrivare per ultima dal responsabile. 

    «Recatevi pure nel reparto assegnato, lì troverete il referente per quel reparto. Ogni mattina al vostro arrivo troverete nella stanza degli armadietti che vi è stata fatta vedere al vostro arrivo qui stamattina, al primo piano, un calendario aggiornato con i vostri nomi e il reparto per quel giorno».  

Sophie si avvicinò quindi al dottor Collins, consegnando a lui il foglio che aveva compilato, scontrando involontariamente, forse meglio dire sfiorando, la mano di lui. Contatto non voluto che però le causò una visione mentale, un paio di occhi dorati e una quantità di luce insopportabile alla vista. Quella visione durò una frazione di secondo e non riuscì bene a comprenderla. La rossa rimase per un momento ferma davanti al medico, prima di tornare in sé e allontanarsi per tornare al suo posto, posandosi con i fianchi contro il bancone presente nella stanza. Ignorando il fatto che anche l'uomo, senza aspettarsi qualcosa di quel tipo aveva avuto una visione: una volpe dalle quattro code, e una raduna di un bosco.

Sophie rimase in attesa che le fosse assegnato il suo reparto. Pregando quasi che fosse il pronto soccorso. Sebbene fosse combattuta sul lavorare a stretto contatto con quel dottore, vista la somiglianza con... No! Non doveva pensarci, non doveva e non poteva. E non doveva nemmeno pensare a quella visione avuta poco prima, non in quel momento che era sul lavoro. Perché di quello si trattava, lavoro. Il lavoro che aveva sempre sognato di fare e per cui aveva studiato e fatto sacrifici.  Collins osservò uno ad uno gli specializzandi uscire dalla porta per recarsi nei loro reparti mentre anche l'ultima ragazza rimasta consegnò il test.

«Ci sono state domande difficili signorina...»

Andò a leggere il nome di lei sul questionario restando impassibile nonostante il flash avuto.

«Sophie Renard».

Molti demoni volpe erano morti durante la guerra e ne erano rimasti davvero pochi, se lei fosse stata una di questi poteva essere sia buona che malvagia, ma cosa era davvero?

«Penso siano state domande nella media, dottor Collins»

  Ne facili, ne difficili, qualcuno forse un po' noiosa e troppo specifica ma erano chiaramente domande mirate a inquadrare la personalità di ognuno di loro. Come se un test potesse poi rivelare davvero chi si ha di fronte e non dare un'infarinatura del suo vero carattere e di tutte le sfumature che potevano esserci. Lui d'altro canto sembrò non accorgersi dell'empasse momentanea in cui era caduta a seguito della sua visione. Visione che probabilmente non c'entrava nemmeno con lui, ma era rivolta a chissà quale altra cosa. Non sarebbe stata la prima volta che qualcosa del genere accadeva a Sophie, dopo tutto.  

    Michael con quel contatto non aveva sentito il classico freddo dei demoni e delle creature malvagie, come non aveva sentito la presenza di una creatura malvagia nel vederla la prima volta, ma forse il giudizio non era veritiero, forse la somiglianza con chi in passato aveva provocato la ferita che aveva nel cuore lo stava facendo sbagliare. Collins si mise a leggere le risposte da lei date per poi annuire appena con la testa.    

«Starai con me in pronto-soccorso, vediamo come te la caverai».

Alzò lo sguardo dal foglio, guardandola negli occhi in attesa di una sua risposta.

  «In realtà avevo puntato proprio questo reparto, esservi assegnata lo trovo stimolante».  

  Impegnativo, certo ma stimolante. Se non fosse che sarebbe stata a contatto con lui diverse ore al giorno e per il suo mondo interiore vedere quegli occhi non sarebbe stato semplice. Avrebbe dovuto, però, a quanto pare, imparare a convincerci e forse - finalmente - lasciarsi indietro quella brutta esperienza senza trascinarsela ulteriormente dietro. Forse il destino le aveva messo davanti una persona con quegli così particolari appositamente per quello. Forse era un'occasione quella di evolversi spiritualmente in vista della quarta coda che le sarebbe comparsa al compiere dei suoi trecento anni a marzo. O forse no, forse doveva tenere tutti quei pensieri a freno e non vagare con la mente in orizzonti che non avevano ne capo ne coda.  

«È un reparto tutt'altro che semplice ma se la medicina d'urgenza farà al caso tuo lo vedremo. Solitamente i nuovi specializzandi chiedono di essere spostati dal pronto soccorso prima del termine della prima settimana e altri vengono allontanati perché non sopportano lo stress del reparto».

Il dottore staccò la schiena dal muro e andò a mettere tutti i test in un cassetto per poi tornare verso di lei.

  «Da dove devo iniziare?».

Chiese, senza mascherare il suo entusiasmo a riguardo. Era un reparto decisamente attivo quello ed era sicura che non sarebbero mancate cose da fare, anzi!

«Da qualche parte dovrò pur farlo».

Magari senza passare dalle noiose questioni burocratiche. Quelle le odiava proprio e non c'era molto da imparare al lato pratico. Non per un dottore. Si spostò quindi dal tavolo avvicinandosi a lui, in attesa che egli le desse le prime indicazioni. Perché, non avrebbe dovuto fare da sola proprio il primo giorno, giusto?Se quella eventualità fosse stata corrispondente alla verità, infatti, probabilmente sommersa dalla quantità di attività che la stava circondando non avrebbe saputo da che parte cominciare.  

  «Non ti chiederò di limitarti ad osservare ma voglio che tu dica, nell’esatto ordine, ciò che faresti. Ti lascerò poi farlo e osserverò attentamente i tuoi movimenti, se avrai un dubbio chiedi ma non fare mai nulla senza esserne sicura e aver ricevuto l’ok per farlo .Ogni vita è importante, il nostro lavoro è salvarle e il tempo è vita».

Detto ciò andò verso la porta e la apri per poi andare verso il pronto soccorso assicurandosi che lei lo seguisse.  

«Avanti Renard».

 

 

 

 

 

   
 
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