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Autore: luvsam    17/03/2024    2 recensioni
Che cosa mi è preso? L'avevo seppellito dentro di me e lì doveva restare, e invece ho straparlato del Gran Canyon e di Lindsay Lohan. Era ovvio che avrebbe mangiato la foglia e che mi avrebbe fatto mille domande. Posso salare e bruciare cadaveri, mozzare teste ai vampiri , ma quello sguardo è per me peggio della kriptonite per Superman e alla fine ha sentito uscire dalla mia bocca qualcosa che un figlio non dovrebbe mai ascoltare: suo padre ha chiesto a suo fratello di ucciderlo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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Quando Sam riaprì gli occhi, non realizzò subito che ora potesse essere perché le tende erano tirate e lo isolavano efficacemente dalla luce esterna e a dirla tutta, non riusciva nemmeno a ricordare come era tornato al motel.  Cercò di concentrarsi e a poco a poco gli tornò in mente l’immagine di suo fratello nella fabbrica e la loro conversazione. Sentì lo stomaco muoversi di nuovo e si chiese se dovesse tentare di raggiungere il bagno prima di combinare un casino, ma il solo sollevare il capo dal cuscino gli portò una vigorosa ondata di vertigini. Si affidò al brevettato metodo Winchester di riprendere il controllo e per fortuna quella volta l’universo sembrò concedergli una tregua. Chiuse di nuovo gli occhi e non li riaprì per una manciata di minuti, poi decise di fare un nuovo tentativo e tornò ad apprezzare la penombra della stanza garantita dalle tende. Probabilmente Dean le aveva chiuse non appena erano arrivati, un po' per proteggere la loro privacy, un po' per rendere più confortevole il suo riposo e si domandò per quale motivo suo fratello continuasse ad agire con il solo scopo di proteggerlo e dargli conforto. Sapeva che era opera di suo padre e anche se nel tempo aveva provato a perdonarlo, c’erano ancora delle cose sulle quali proprio non riusciva a passare, e una di queste era l’infanzia rubata a Dean. Lo aveva obbligato a svolgere un compito non suo per tutta la vita, lo aveva addestrato ad essere tutto tranne che un ragazzino e infine in punto di morte gli aveva dato il compito più difficile di tutti.
Sam sospirò e cercò di ricacciare indietro le lacrime, che lottavano per uscire. Era chiaro che suo padre si era portato nella tomba la madre di tutti i segreti e che ciò che non aveva condiviso nemmeno con Dean, ammettendo che fosse vero, riguardava lui e quello che era successo tanti anni prima a Lawrence. Non ne aveva le prove, ma non ci voleva certo un genio per capirlo e si chiese che destino lo attendesse. Aveva paura, più di quanto ne avesse mai provata in vita sua, perché aveva sempre pensato a se stesso come una brava persona, però quella richiesta rimescolava il mazzo e metteva in discussione le sue poche certezze.
Non aveva la forza di affrontare la realtà, così tornò a concentrarsi su ciò che lo circondava e su quello che con uno sforzo di immaginazione poteva essere chiamato letto. Era davvero uno dei peggiori su cui avesse mai chiuso gli occhi, ma in ogni caso era grato a suo fratello per averlo messo in una posizione comoda dopo averlo liberato delle scarpe e dei jeans. Lo era decisamente meno per il fatto che Dean lo avesse spogliato, era una cosa che lo faceva sentire a disagio. Nonostante avesse conquistato negli anni un fisico davvero invidiabile, fedele al suo carattere più riservato, aveva ancora difficoltà ad esporsi e non aveva mai acquisito la stessa faccia di bronzo di suo fratello. Non aveva mai gongolato davanti alle occhiate interessate delle ragazze, anzi aveva sempre cercato di evitare situazioni imbarazzanti nascondendosi dietro una postura raccolta e la lunga frangia, un altro dei motivi di contrasto con John. Avrebbe voluto che capisse che non tutti sono maschi alfa e che l’essere stato basso e grassottello aveva minato la sua autostima per anni, ma non c’era spazio per simili sentimentalismi nel clan Winchester.
Un rumore persistente disturbò i suoi pensieri: nel parcheggio c’era movimento di uomini e macchine e tutto quel caos mal si conciliava con il suo epico mal di testa. Si diede dell’idiota per aver mandato giù una bottiglia dopo l’altra, ma poi si assolse ricordando perché lo aveva fatto.
Peccato solo non aver premuto il grilletto prima che Dean lo rintracciasse…
Cosa aveva detto?
Lo aveva trovato perché lo aveva chiamato?
Sam cercò di mettere ordine nella sua testa e se ricordava solo a tratti quello che aveva fatto nell’ultima settimana, era assolutamente certo di non aver telefonato a suo fratello.
Perché diamine avrebbe dovuto farlo se aveva deciso di piantarsi una pallottola nel cranio?
Possibile che fosse andata proprio come aveva detto lui e il suo istinto di sopravvivenza aveva prevalso?
Non ne era per niente sicuro e poi c’era altro che gli si affacciava nella mente. Non un ricordo preciso, più flash, e quell’odore di zolfo….
Sam si lasciò andare sul letto e si portò un braccio sugli occhi domandandosi per quale motivo gli sembrava di essere sempre preso a calci in culo dalla vita, perché non c’era stato un solo momento in cui si era sentito al sicuro e finalmente normale. Certo, c’erano stati i due anni con Jessica e il loro tempo insieme era stato preziosissimo, ma anche allora qualcosa nel suo profondo gli urlava contro e non lo faceva davvero stare in pace con se stesso. Glielo aveva detto anche la ragazza mentre erano ospiti per Natale della famiglia di lei e non aveva potuto controbattere. La cena, i regali, le decorazioni e tante chiacchiere accompagnate da cioccolata calda e biscotti, era stato tutto bellissimo, ma anche allora la nostalgia per suo fratello e suo padre gli aveva oscurato lo sguardo. Si era allontanato dal salotto con una scusa e si era rifugiato nella stanza che lui e Jess occupavano sempre, quando andavano a trovare i Moore ad Aspen. Ed era stato lì che la sua ragazza lo aveva trovato mentre stingeva tra le mani il cellulare, combattuto tra la voglia di chiamarli e accertarsi che stessero bene e il rancore per averlo completamente cancellato dalle loro vite da più di un anno. Né una telefonata, né un messaggio, niente da suo padre, e questo lo aveva messo in conto, ma c’era stato silenzio assoluto anche da parte di Dean e questo lo aveva davvero ferito. Jessica aveva provato a convincerlo a chiamare, a sotterrare per primo l’ascia di guerra, ma il suo orgoglio aveva prevalso e le aveva detto che non poteva capire che cosa provava. L’affermazione li aveva portati quasi a litigare perché lei aveva ribattuto che era lui a tenerla fuori e da lì le cose stavano prendendo una brutta piega, poi si erano guardati negli occhi e il reciproco amore aveva avuto la meglio. Quando erano andati a letto, Sam le aveva chiesto scusa per il muro che alzava quando si trattava di suo padre e di suo fratello, ma allo stesso tempo la pregò di non cercare di sapere di più del suo passato e lei lo aveva rispettato, perché Jess lo amava davvero.
Il flusso dei pensieri del cacciatore si interruppe quando dall’esterno sentì il rumore dell’Impala in avvicinamento e capì che suo fratello stava tornando. L’idea gli provocò due emozioni contrastanti: da un lato era sollevato perché voleva dire che la promessa di non mollarlo era stata vera, ma dall’altro una parte di lui avrebbe preferito che Dean se ne fosse andato e lo avesse abbandonato al suo destino.
Sam aggrottò la fronte e una terza ipotesi fece capolino: e se fosse tornato perché aveva trovato il coraggio di ubbidire agli ordini di papà e di ucciderlo? Un essere umano qualsiasi, dinanzi a quella prospettiva, avrebbe alzato i tacchi all’istante e avrebbe fatto prevalere lo spirito di conservazione, ma lui non si mosse, non voleva complicare le cose. Aspettò disteso che la macchina si fermasse, ascoltò il rumore dei passi di suo fratello in avvicinamento e non spostò un muscolo nemmeno quando lo vide entrare con dei sacchetti tra le braccia.
“Ehi, Sammy, finalmente ti sei svegliato. Come ti senti? Immagino che la tua testa e il tuo stomaco ti stiano massacrando, ma è risaputo che sei un verginello in fatto di bere. Mi ricordo ancora la prima volta che lo hai fatto e lo spasso che ne è seguito. Eri fuori come un balcone quando sono venuto  a recuperarti nel bel mezzo di una tormenta di neve e per tutto il viaggio di ritorno hai vuotato il sacco su una serie molto interessante di cose. Ti ricordi che mi raccontasti di Margot e del vostro incontro ravvicinato negli spogliatoi della palestra della scuola? Eri abbastanza scioccato perché lei aveva preso l’iniziativa e ti era letteralmente saltata addosso, ma immagino che quella prima esperienza ti abbia comunque fatto rivalutare il genere femminile. E ti ricordi quando siamo tornati al motel e dopo qualche ora si è presentato papà? Non doveva venire a prenderci prima di qualche giorno e mi è venuto un infarto quando l’ho visto entrare e scrollarsi da dosso la neve. Tu eri in bagno a vomitare e giuro che ho cercato in tutti i modi di nascondergli che eri andato alla festa di un tuo compagno di classe, ma era troppo in gamba per non riconoscere un ubriaco. Quando ti ha raggiunto, mentre eri nel bel mezzo del fidanzamento con il cesso, ho pensato che ti avrebbe attaccato al muro all’istante e invece si è messo sul pavimento accanto a te e ti è rimasto vicino per tutto il tempo in cui hai consegnato il contenuto del tuo stomaco alle fogne. Ero stupito, sai? Non mi aspettavo una simile reazione da papà e infatti la versione genitore comprensivo è durata poco e quando è partito, cazzo, quante te ne ha consegnate. Non la smetteva di cantartele nonostante il fatto che stavi palesemente male e mi ricordo che ti costrinse anche ad allenarti quel giorno, anzi per la precisione costrinse entrambi perché avevo cercato di coprirti.
Devo ammettere che fu proprio uno stronzo quella volta, avrebbe potuto lasciar correre, ma lo sai com’era papà, un marine fino in fondo nel bene e nel male. Con me però non corri quel rischio, fratellino, niente paternali, né hell week, anzi sono andato a fare rifornimento per rimetterti in piedi e quando sarai di nuovo abile e arruolabile, ci metteremo a tavolino e faremo il punto della situazione. Ce la caveremo, vedrai, lo facciamo sempre, no?”
Come al solito, quando Dean era nervoso, parlava a raffica e Sam lo guardò con tenerezza mentre andava avanti e indietro per mettere in ordine gli acquisti. Anche questo era un segnale della sua agitazione, quando erano nei guai, aveva il bisogno inconsueto di tenere le cose sotto controllo.
“Ho svaligiato il reparto ortofrutticolo per te, sai? Ho comprato banane, mele e carote, e mi sono anche ricordato che mandi giù solo cracker per qualche giorno dopo che ti sei scolato una bottiglia di troppo. Quando te la sentirai, ti preparerò della carne bianca e se proprio vuoi esagerare, del riso. Ah, ovviamente ti ho preso da bere del Gatorade, anche se onestamente non ho mai capito come fai a mandarlo giù! Ho letto però che aiuta a riprendersi dalla disidratazione, quindi ho fatto scorta”
Dean mostrò al fratello la bottiglia e chiese:
“Ne vuoi un pò?”
Sam guardò il fratello e decise di assecondarlo. Annuì anche se in realtà non aveva voglia di nulla e cercò di tirarsi su, ma il suo corpo gli mostrò il semaforo rosso ancora una volta. Fu un attimo e Dean fu al suo fianco sostenendolo per i gomiti.
“Vacci piano, ragazzino”
Con una mano continuò a tenerlo saldamente e con l’altra recuperò un cuscino dal suo letto.
“Ce la fai a rimanere in posizione orizzontale da solo per qualche secondo?”
“Credo di sì”
“Bene”
Dean lo lasciò andare e si mise a sistemare i cuscini dietro le spalle del fratello, in modo che potesse appoggiarsi.
“Ancora okay?”
“Sì”
“Provi a mandare giù qualche sorso di quel Gatorade? Hai le labbra che sembrano il deserto dell’Arizona”
Sam annuì di nuovo non fidandosi di parlare troppo e restò in attesa della bottiglia, che il maggiore dei Winchester recuperò dal tavolo.
“Sorsi brevi”
“Lo so”
Dean si augurò che il peggio fosse passato, ma, per andare sul sicuro, recuperò un cestino dei rifiuti e lo tenne a portata di mano. Per fortuna però non accadde nulla e il giovane ringraziò il cielo per questo perché suo fratello aveva già un aspetto di merda senza che tornasse a vomitare.
“Vuoi qualche cracker?”
“No, grazie! Dean, io ancora non ricordo di averti chiamato e…”
“E cosa?”
“Ho avuto la sensazione di non essere solo in quella fabbrica!”
“Sam, eri completamente sbronzo”
“Non sto parlando di ieri sera, ho avuto questa sensazione anche nei giorni precedenti quando ero lucido”
“Che cosa ricordi esattamente? Hai visto qualcuno? Magari qualche altro senzatetto ha preso posto nella suite”
“Non sto scherzando, c’era qualcuno”
“Ma non l’hai visto”
“No, però a volte mi svegliavo perché mi sentivo osservato”
“Non dico che non ti credo, ma questa settimana è stata dura e non puoi essere sicuro di quello che hai fatto o non fatto. Anche Bobby pensa che ti ci vorrà un po' per…”
“Che cosa c’entra Bobby?”
“Quando te la sei filata, ho pensato che fossi andato da lui e l’ho chiamato”
“Gli hai detto di papà e di quello che ti ha chiesto di fare?”
“Sì e gli ho detto delle tue visioni, ma non ti devi preoccupare di lui, è sempre dalla nostra parte”
“Ne sei sicuro? Sono potenzialmente un mostro e lui è un cacciatore”
“Tu non sei un mostro, coglione. Papà può essersi sbagliato e…”
“Lo sai che non è così. Quando eravamo a Salvation, continuava a tenermi gli occhi addosso dopo che ha saputo delle visioni, non mi ha mollato un attimo”
“Era solo preoccupato per te, Sam, anzi era terrorizzato da quello che ti stava accadendo. Tu non puoi rendertene conto fino in fondo, ma per chi ti guarda da fuori è abbastanza sconvolgente. Ricordi che dopo la visione su Rosie non riuscivi a stare in piedi? Ad un certo punto sei arrivato quasi a svenire per il dolore e papà avrebbe spaccato il mondo in quel momento per evitarti la sofferenza. Il vederti in quello stato lo scosse nel profondo e quella stessa notte, mentre tu dormivi, parlammo delle tue visioni. Volle sapere quanto spesso le avevi, se faceva sempre così male e quando gli risposi che nel tempo erano peggiorate, aveva uno sguardo così triste. Uscì all’aperto e si andò a sedere nell’Impala. Non sapevo se seguirlo, poi lo feci e mi confessò che aveva una paura fottuta di perderti come era successo con la mamma.
Puoi pensare quello che vuoi di papà, Sam, ma non che non ti amasse perché non è così. Capisco che sia difficile da credere visto quello che mi ha chiesto di fare, però devi fidarti di me, avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenerti al sicuro”
“Davvero non sai più di quello che mi hai detto?”
“Davvero”
“E hai intenzione di uccidermi?”
“Ti ho già detto di no”
Sam sospirò e chiuse gli occhi.
“Vuoi dormire ancora?”
“Voglio scoprire che cosa ci ha nascosto papà e perché lo ha fatto”
“Lo faremo, ma prima ci prendiamo una pausa. Bobby ha detto che ci aspetta da lui e…”
“Non voglio andare da Bobby, voglio capire, ho bisogno di capire”
“Cioè che cosa vuoi fare?”
“Cercare altri come me, provare a…”
“Assolutamente no, è una pessima idea. Non ti sono bastati Max e Andy? Per come la vedo io devi stare alla larga, non lanciarti nella mischia a testa bassa”
“Non puoi capire come mi sento”
“Spiegamelo, sono tutto orecchi”
“Dean”
“Sam, non voglio perderti! Promettimi che non farai di testa tua, promettimi che mi darai il tempo di capire che cosa fare. E’ la seconda volta che ti prego nel giro di pochi giorni, per favore”
Il cacciatore più giovane rimase in silenzio e capì che non avrebbe ottenuto nulla continuando quel braccio di ferro con suo fratello. Se voleva delle risposte, doveva trovarle per conto proprio e pur a malincuore, qualche ora dopo si ritrovò a scassinare la portiera di un’auto e ad andarsene.
“Perdonami, Dean, ma devo farlo”
Premette il piede sull’acceleratore e si diresse verso il Nebraska: se c’era qualcuno che poteva aiutarlo si trovava alla Roadhouse e il suo nome era Ash.
 
   
 
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