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Autore: Milly_Sunshine    20/03/2024    1 recensioni
"Quando Sir Duncan lo adottò, ricordo i commenti sdegnati. In molti pensavano che, se Sir Duncan avesse desiderato un figlio, avrebbe potuto adottare me, che avevo nelle vene il sangue della sua famiglia. Anch'io fui indispettito da quella scelta, ma per ragioni ben diverse." /// Dopo essere stati scagionati dall'accusa di avere assassinato Sir Duncan, il nipote Nicholas e il figlio adottivo Duncan Jr ritornano alle loro vecchie vite. Il viaggio in treno che li porta, insieme, lontani dal luogo del delitto, dopo che ciascuno ha lanciato accuse rivolte verso l'altro, si prospetta difficile. I due riflettono sulla situazione che hanno appena lasciato e come l'accaduto abbia stravolto le loro esistenze per sempre. /// Il viaggio sul treno è ispirato a una vecchia poesia in inglese scritta diversi anni fa, il delitto e i personaggi no.
Genere: Drammatico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Duncan Jr]

Solo una persona aveva bevuto tè con il cianuro e l’aveva fatto per una ragione ben precisa. Mi ero chiesto fin dal primo momento come sarebbe andata, se Nicholas non avesse rivelato all’ispettore la verità sul mio concepimento, che ero davvero figlio di Sir Duncan, nato dalla sua “relazione proibita” vissuta lontano dalla madrepatria quando il malefico zio era ancora in vita. Avrebbe voluto portarla con sé in Inghilterra, mi aveva raccontato, fregandosene del giudizio della ristretta cerchia che aveva intorno. Era stata mia madre a rifiutare, aveva preferito rimanere nella sua terra natia, continuare a incontrare mio padre soltanto quando andavamo da lei, durante le lunghe vacanze che si concedeva ogni anno.
Aveva mantenuto il più totale riserbo sulla mia effettiva identità e sulle ragioni per cui mi aveva adottato, ma mi aveva confessato di sentirsi almeno in parte incompleto. Era quella la ragione per cui aveva convocato a casa sua me, mio cugino Nicholas e la solita ristretta cerchia di gente che gli stava accanto. I ricconi vari e i nobili, siano essi abbienti o decaduti, finiscono sempre per ritrovarsi insieme, senza avere quella libertà che mio padre aveva assaporato soltanto quando riusciva a eludere la stretta sorveglianza del malefico vecchio. Del resto non aveva la possibilità di fare nuove amicizie, tanto valeva continuare a frequentare le solite persone di un tempo, invitarli sporadicamente nella propria dimora e sperare che se ne andassero dopo qualche settimana. Chissà quanto a lungo sarebbero rimasti, i soliti vecchi amici, se non fosse accaduto il delitto. Chissà come sarebbe andata se mio padre avesse accettato il corteggiamento di Lady Virginia, oppure non le avesse raccontato in anteprima di avere amato mia madre e di essere il mio padre biologico, oltre che adottivo.
La lettera che Lady Virginia lasciò fu piuttosto chiara. Fu la cuoca a trovarla, accanto al cadavere. La lesse ad alta voce, davanti a tutti, quando l’ispettore ci convocò. Fu proprio quella lettera che mi spinse a riflettere, che mi fece capire quanto non bisognasse colpevolizzare chi si sentiva giudicato o non accettato. Vomitava parole di odio contro mia madre e contro di me, sosteneva che Sir Duncan era stato rovinato da noi: dalla donna che l’aveva sedotto e dal figlio che aveva come unica colpa quella di essere nato. Sosteneva che l’aveva sempre amato e che non rinnegava i propri sentimenti mai ricambiati, ma che non si sarebbe mai potuta pentire di quello che aveva fatto. Quando mio padre le aveva rivelato la verità, aveva preso quel vaso e l’aveva colpito alla testa talmente forte da ucciderlo e avrebbe continuato a fingere di credermi colpevole, se Nicholas non avesse rivelato quanto scoperto dalla cuoca.
Si uccideva soltanto perché, per sua ammissione, era convinta che nessuno potesse comprenderla fino in fondo. “Perfino le persone che hanno sempre condiviso i miei valori penseranno che io abbia sbagliato, quando sono sicura di avere semplicemente ristabilito la giustizia” scriveva, nella sua lettera di addio. “Sir Duncan si è unito alla feccia e ha generato feccia, rifiutando il vero amore con una rispettabile nobile inglese.”
Non ero sicuro al cento per cento che gli altri inviati le avrebbero voltato le spalle, ma mi spingevo a ritenerlo probabile. L’omicidio non è accettato, a parte da coloro che ne ricavano vantaggi, e tra i presenti nessuno aveva guadagnato alcunché dalla morte di mio padre, a qualche piccolo cimelio senza grosso valore. I possedimenti e il denaro passavano tutti a me, a parte la quota, piuttosto generosa, che aveva lasciato a mio cugino. Stranamente tutti sembravano aspettarselo, dato che nessuno era apparso particolarmente deluso. Non so dire se furono delusi dal suicidio di Lady Virginia, quando la scoperta della sua colpevolezza era ormai imminente, certo è che fu uno shock per tutti quanti; uno shock che generò anche conseguenze positive, tuttavia, dal momento che finalmente Scotland Yard chiuse il caso e ci lasciò liberi di abbandonare una volta per tutte il luogo del delitto.
Stavo pensando a quando, finalmente, mi ero sentito leggero, mentre chiedevo a una cameriera di preparare i miei bagagli. Certo, era stata una sensazione durata molto poco ed era bastato un istante per tornare ad avere il cuore pesante come un masso, ma almeno c’era un punto di svolta, la fine di una situazione di stallo durata per quello che mi era sembrato un tempo a dir poco infinito. Ero immerso in questa riflessione quando Nicholas riprese a parlare.
«È per quello che ha scritto Lady Virginia, vero?»
Eravamo due maestri, quando si trattava di dire le cose a metà, doveva essere questo che aveva minato definitivamente il nostro rapporto.
«Di cosa parli?»
Era da un po’ che stavamo - di nuovo - in silenzio, ciascuno rinchiuso nel proprio mutismo dal quale sembrava non esservi via d’uscita.
«Parlo di quello che hai detto sui giudizi» chiarì Nicholas. «Nessuno dovrebbe colpevolizzare né Sir Duncan né te, se avete taciuto la verità per paura di essere visti in maniera negativa, perché nessuno avrebbe dovuto ritenersi in diritto di giudicarvi.»
Annuii.
«La lettera di addio di Lady Virginia era molto chiara. Riteneva che la colpa dell’accaduto fosse di mia madre, mia e infine di mio padre. Non ha mai preso in considerazione l’idea di avere sbagliato... e il tutto dopo avere sfondato la testa di mio padre perché non aveva accettato di sposarla e di mantenerla, avendo amato soltanto un’altra donna nella sua vita. Riusciva non solo ad assolversi per le proprie azioni, ma addirittura a ritenere di non avere fatto nulla di male, eppure al contempo considerava un male inaccettabile il fatto che i miei genitori si fossero amati pur appartenendo a due etnie e a due culture diverse.»
«Hai ragione» ammise Nicholas. «Non spetta a te sentirti in colpa perché non puoi essere davvero te stesso alla luce del sole, né spettava a Sir Duncan. È chi impedisce agli altri di essere sé stessi che dovrebbe fare un passo indietro, che dovrebbe smetterla di tarpare le ali a chi ha intorno. Su questo non posso far altro che essere d’accordo con te.»
Mentre pronunciava quelle parole, il treno iniziò a rallentare. Mio cugino guardò fuori dal finestrino, come ad accertarsi di dove fossimo.
Capii subito.
«È la tua stazione?»
«Già.»
Non avevo altro da aggiungere, per quanto mi riguardava, pertanto ripresi a leggere il giornale. Superai le pagine di cronaca, in fondo non avevo alcun desiderio di leggere altro a proposito di delitti e disgrazie. Mi chiesi se Nicholas avrebbe detto qualcos’altro, prima di scendere, e rimasi invano ad aspettare le sue parole.
Il treno era ormai fermo del tutto e già si vedevano le luci della stazione, quando si alzò in piedi e recuperò le proprie valigie. Rimase immobile un attimo e, alzando lo sguardo dal giornale, mi accorsi che mi fissava. Si stava senz’altro chiedendo come dovesse congedarsi, se dovesse farlo in qualche modo.
Fui io a rompere il ghiaccio.
«Spero di rivederti.»
Non sapevo se il mio tono era apparso convinto oppure no, ma Nicholas rispose: «Spero di rivederti anch’io.»
Pronunciate quelle parole, mi voltò le spalle e si allontanò. Lo guardai scomparire fuori dallo scompartimento e, quando il treno si arrestò e aprì le porte, lo intravidi sulla banchina accanto al binario. Poi il treno sparì. Non distolsi lo sguardo, ma bastò un attimo affinché mio cugino sparisse dalla mia vista. Probabilmente non avrebbe mai più fatto parte della mia vita, né io avrei più fatto parte della sua. Da ragazzini non ci saremmo mai immaginati il nostro addio, ma la realtà non è mai come ce la aspettiamo quando siamo troppo giovani per averne la giusta percezione; sempre che la giusta percezione sia quella che maturiamo da adulti, cosa di cui tendo a dubitare.



*** FINE ***
Ringrazio Swan Song per avermi seguita in quest'altro racconto, commentando tutti i capitoli e dimostrando ancora una volta il suo apprezzamento. <3
Ringrazio anche tutti gli altri lettori futuri, questo racconto si conclude qua ma, come ho scritto nell'introduzione, la vicenda è stata ispirata da una mia vecchia poesia in inglese, il cui titolo era "Fallen Angel". Come "B-Side" la pubblicherò come capitolo extra.

 
   
 
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