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Autore: aurtemporis    24/03/2024    4 recensioni
André vive serenamente con la nonna e il padre che lavora come bracciante nella tenuta di un nobile da molti anni. Un giorno, qualcosa di ritorno dal passato innesca una serie di esiti nefasti che si portano via l'innocenza e la spensieratezza; e la bambina bionda, dal nome curioso, assiste inerme. Negli anni a seguire, un incontro fortunoso dà inizio all'inesorabile piano per appianare un grave torto.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
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"…mio padre morì quella notte, sul pavimento della chiesa, in agonia, per una colpa che non aveva commesso" André terminò il suo racconto e l'altra suppose che si riferisse alla chiesa con il campanile dissestato che aveva intravisto da lontano.

Oscar sedeva contro il legname dell'architrave del fienile, le dita tra i capelli e un ginocchio piegato a sostenere un braccio. Gli occhi scrutavano il vuoto nel quasi buio. Non aveva mai dimenticato la disperazione di quel bambino e le sue grida che aveva udito fin dal palazzo. Ora stava iniziando a capire il perché volesse imparare a tirar di spada con quella determinazione. L'aveva usata. Eppure non poteva dargli tutti i torti, chissà, magari anche lei avrebbe fatto uguale, si fosse trovata in una situazione simile. "Hai voluto imparare a usare la spada per questa ragione, ora mi è tutto chiaro"

"All'inizio, sì" il bruno non continuò, ma c'era altro che avrebbe voluto aggiungere. Piegò di nuovo le pagine e le ripose sopra la paglia.

"Perché Pascal ha architettato un piano come quello per colpire tuo padre? Cosa c'era tra di loro?"

"Mio padre era il solo a saperlo. Io non ho fatto in tempo" per le accuse che gli aveva rivolto, per il modo in cui gioiva nel colpirlo e per come inveiva contro di lui che era solo un bambino, doveva averlo odiato. Ma il perché, avrebbe dovuto chiederglielo.

"D'accordo, ma che vuoi fare adesso?" si alzò in piedi e indossò il mantello.

"Giustizia"

"Vuoi punire Pascal"

André annuì, in verità c'era anche il padre di lei di cui doveva vendicarsi, ma per il momento era meglio non farglielo sapere. "Concedimi questo, e poi potrai fare di me ciò che vuoi, per l'incendio. Io non opporrò resistenza, anche se vorrai uccidermi"

"Dammi quei fogli, li farò avere a mio padre, lui si vendicherà assai peggio di quanto faresti tu" propose Oscar. C'erano buone probabilità che il padre di Yves fosse morto sempre per colpa di Pascal, anche se sarebbe stato complicato dimostrarlo senza far prima saltar fuori la mano che l'aveva avvelenato; tuttavia, solo con quelle prove poteva pagare un unico conto salato per tutte le sue colpe, passate e presenti "Non ne uscirebbe vivo"

"Pascal è capace di mentire guardando le persone negli occhi. Dirà che la firma non è sua, che è tutto falsificato, incolperà qualche povero diavolo al suo posto. E tuo padre gli crederà" André non si fidava certo del generale, anche se nella tenuta era la sola autorità che poteva colpire impunemente quella dannata guardia, che lui stesso voleva vedere in rovina, prima di finire sotto terra.

"Ti prometto che se così fosse, gli darò personalmente il colpo di grazia" aggiunse lei "io sono la persona più sottovalutata in tutta la Francia, nessuno ha la minima idea di cosa sono capace" concluse.

"Ma tu non hai mai ucciso, giusto?" glielo leggeva in viso, aveva la faccia limpida e serena di chi non aveva mai tolto una vita, mai fatto del male gratuitamente, fosse anche stato qualcuno che lo meritasse.

"E tu chi hai ucciso, grand'uomo?" domandò infastidita. 

"Nessuno, ancora. Però, tu sei una donna"

"Le donne combattono dall'alba dei tempi, quando è necessario e senza clamore. Mai sentito parlare di Caterina Sforza? Grace O'Malley? Jeanne de Clisson?"

André fece cenno di no con la testa e gli occhi spalancati.

"L'Ordine dell'Ascia ti dice niente? … No? … Niente?" davanti al viso confuso di lui, strofinò le mani e proseguì "Comunque, sappi che il coraggio non si misura in base a quante vite si tolgono. Sta piuttosto nell'affrontare un avversario, un pericolo, anche quando si è in svantaggio, per difendere e proteggere. Come ti ho già detto, dammi una buona ragione, e lo farò" terminò così.

"Non posso permettere che tu ci finisca dentro, è affar mio, e lo manderò io all'inferno" 

Oscar tirò su il cappuccio e si avvicinò all'uscita "Se è riuscito a sottrarre tutte quelle scorte, significa che chi si occupa del granaio e dei depositi è suo complice. Cadranno diverse teste per questa storia. Lascia che faccia un tentativo prima io" protese una mano aperta. 

André sospirò, non riuscì a rifiutare ancora. Le mise le pagine piegate nel palmo e indugiò la mano lì. Moriva dal desiderio di sentirla di nuovo stretta nella sua, ma non osò muoversi. 

"Non ti fidi?" domandò lei, visto che lui faticava a lasciare la presa.

Lo vide chinare la testa "Non è per questo" sfiorò appena le dita con le sue e poi a malincuore le tirò via, tornando a sedersi sulla paglia.

"Che c'è allora?" rimase ferma lì, ripose i fogli dentro gli abiti "Se devi dire qualcosa, dilla e basta, non stare a pensarci sopra"

Scosse il capo e rimase muto. 

"Allora, vado" gli disse infine che sarebbe tornata in quel fienile, sempre al tramonto, ma non poteva dargli un giorno esatto, perché non poteva sapere quando ne avrebbe avuto di nuovo l'occasione. In quel giorno il padre aveva altro a cui pensare e di certo non avrebbe badato alla scomparsa della figlia per tutto quel tempo, ma era certa che non era un'occasione che si sarebbe ripetuta tanto presto. Nel caso fosse tornata lì e non l'avesse trovato, gli avrebbe lasciato un messaggio.

"Oscar!" si sentì chiamare, tornò indietro e si fermò davanti la porta "Fai attenzione, non fidarti di nessuno in quella tenuta" avrebbe voluto dire altro, ma ormai.

"E tu non prendere più iniziative, da solo" così riprese la via di ritorno, il fienile non era tanto lontano dalla tenuta. Il cavallo si doveva essere stufato di aspettarla. L'aveva legato a un albero lì vicino. Non vedeva l'ora di sdraiarsi, era stanca morta e devastata nello spirito. 

 

Quando tornò a casa, Pascal era davanti il passaggio principale. Si tolse il mantello e si fece riconoscere "Che ci fate fuori a quest'ora, signorina?"

"Ero uscita a cercare…" doveva pensare a qualcosa in fretta, assodato che l'uomo avrebbe certamente spillato parola per parola al generale "Un unguento alla farmacia, per lenire i danni dei fumi di stanotte"

"Un unguento?"

"Già, per respirare meglio" proseguì a cavallo, la perfidia dell'uomo la disgustava, nascose gli occhi dietro i capelli biondi. Quando arrivò davanti l'ingresso alla residenza, vide un cavallo, c'era un ospite. Ebbe l'impulso di tornare in camera sfruttando il raffio che teneva celato dietro una pietra, proprio sotto la finestra. Tuttavia ormai Pascal l'aveva vista e non era escluso che la stesse seguendo fino a perdita d'occhio. La desolazione dei campi le aveva ricordato che non aveva risolto il problema numero uno, il sostentamento delle famiglie che si trovavano senza profitti per tutto l'anno a venire. Entrò silenziosamente in casa e una delle giovani cameriere, non appena la vide, le fece segno con un dito che c'era un ospite in salotto. Oscar sorrise e rispose che andava a cambiarsi indicando le scale, la supplicò di coprirla con uno sguardo. La cameriera sospirò e andò a pararsi davanti l'ingresso del salotto, mentre fingeva di raddrizzare uno de soprammobili sopra una colonna di marmo. Poté così passare indisturbata.

Era stanca ma non importava, una volta in camera prese un vestito e si cambiò. Non aveva mai voluto aiuto per vestirsi, al contrario di tutto il resto della famiglia. Niente di più vantaggioso, per mantenere quel poco di libertà che si era ritagliata con le sue sole mani. Eccetto le pettinature, quelle erano complicate da gestire da sé, a ogni modo, quella sera si sarebbe accontentata di una coda un po' meglio pettinata di quella che aveva al momento. Ed era veloce a vestirsi, quando chiuse la porta si accorse di aver dimenticato i guanti, tornò indietro a prenderli. Mentre usciva una seconda volta, udì qualcosa che le impedì di aprire la porta; passi. Poi qualcuno bussò. "Avanti" camminò all'indietro prendendo distanza.

La faccia scura del padre le chiese di scendere "Poi mi racconterai dove sei stata fino a quest'ora e deciderò il da farsi, per correggere questi tuoi comportamenti inadeguati a una giovane del tuo rango"

"Dal farmacista" disse lei, aprì il cassetto dello scrittoio che aveva in camera, prese un flaconcino "mi occorreva un rimedio per i fumi respirati stanotte" gli mostrò una piccola bottiglietta, e pregò di cuore che l'uomo non volesse visionarla da vicino, era un profumo.

"Ci sono i servi per commissioni del genere" anche se sapeva bene che la servitù era tutta impegnata da quella notte appena trascorsa. Il generale rimase a fissarla con quella sua faccia truce e indecifrabile allo stesso tempo. "Scendi, il sottotenente Renaud era preoccupato per la tua salute, ha saputo dell'incendio ed è venuto fin qui per vederti"

"Padre, perdonate se lo chiedo" spostò la boccetta all'altra mano e la chiuse nel pugno "a voi non piaceva, quel, come lo avevate chiamato, cascamorto insipido. Come mai avete completamente ribaltato la vostra opinione da combinare addirittura un matrimonio?"

"Non avevo ancora chiaro di che pasta era fatto. Scendi e non farti chiamare di nuovo!" uscì e sbatté la porta come se non dovesse più aprirsi. Oscar attese di calmare i battiti alterati. Ripose il profumo, però non nel cassetto dov'era prima, lo nascose in un altro vano dell'armadio, se al padre fosse saltato il grillo di andare a controllare quando lei non c'era. Quando aveva un tarlo per la testa andava fino in fondo, lo conosceva.

Raddrizzò l'abito verde chiaro e si avviò a lasciare la sua camera, anche se avrebbe solo voluto distendersi.

Quando Yves la vide, si alzò in piedi e le fece un inchino. Le mostrò un sorriso sincero "Sono davvero molto felice di vedere che state bene. Appena ho saputo stamane ero così preoccupato, sono felice… Cioè, non lo sono per l'incendio, ma perché state tutti bene, ho saputo che qualcuno si è intossicato però quel che conta è che niente di irreparabile è accaduto, a parte i danni dell'incendio intendo dire" si fermò lì, stava blaterando. Quando mai, quando mai, ne dici una giusta! Ripeté a mente e avrebbe voluto prendersi a schiaffi. Arrossito chinò la testa e attese che lei si sedesse. Oscar trattenne faticosamente una risata; ma non perché volesse ridere di lui, bensì perché quel tipo era una rarità, e averlo di fronte era come guardare una creatura di un altro mondo. 

"Grazie, Yves. Le vostre parole sono oneste come lo sono sempre state" Oscar fu contenta quando il padre li lasciò da soli. Comunicò a entrambi il perché, doveva riferire alle guardie come organizzarsi per contenere il malcontento dei braccianti.

"I danni al raccolto sono molto gravi?"

Lei confermò.

"Vostro padre ha affermato che provvederà al pagamento di quello che serve per la residenza, ma se posso, le terre della mia famiglia hanno delle eccedenze"

"Non preoccupatevi per noi a palazzo, non subiremo grandi cambiamenti. Il mio timore sono i contraccolpi di cui dovranno soffrire tutte le famiglie che hanno perduto il profitto per quest'anno"

"Capisco" Yves aveva indosso la sua divisa, con tanto di spada che aveva slacciato e riposava appoggiata al muro dell'ingresso, posta lì dal maggiordomo "Come posso aiutarvi?"

"Non pensatelo neanche, è compito della mia famiglia rimediare" doveva solo sperare che il padre lo comprendesse da solo, prima di troppo tardi.

Yves prese un sorso del calice che se ne stava da un pezzo sul tavolino dinanzi, il vino si era intiepidito. Cominciava a far caldo. "Mio padre aveva dei progetti, degli affari in corso" raccontò che quasi tutti erano naufragati dopo la sua morte ma uno solamente stava cercando di mandarlo avanti con le sue mani, poiché gli sembrava una cosa giusta "tra questi c'è la bonifica di una palude, dove dovranno sorgere degli appezzamenti di terra per allevamenti e coltivazioni in affitto" spostò gli occhi su di lei per un lasso di tempo millesimale poi tornò a guardare il calice "nel caso in cui ci fossero difficoltà, non voglio dire che non sarete in grado di far fronte al problema, però" si stava incartando di nuovo "sì, insomma, se i vostri lavoranti avessero bisogno di un ripiego, in quella palude cercano gente, si tratta di spalare e trasportare detriti per adesso, la paga però è appropriata, me ne sono occupato di persona" prese fiato e notò che la ragazza lo stava ascoltando in silenzio "non voglio portarvi via i vostri braccianti, era per farvi sapere che avete ancora un'altra alternativa, per il tempo necessario a far riprendere i vostri terreni"

La bionda sorrise "Vi ringrazio, ho compreso le vostre intenzioni da subito" Oscar Renaud aveva un buon fiuto per gli affari, questo aveva sempre sentito dire dal padre negli ultimi giorni, in cui sembrava tessere solo le lodi del suo vecchio amico. "Yves, per caso avete mai sentito parlare vostro padre di qualcuno che gli doveva del denaro? Qualcuno indebitato con lui?"

Ci stette a pensare e poi le disse di no. "Con me non parlava che di matrimonio e di politica, si divertiva a controbattere ogni mio pensiero. Lo faceva di proposito, chiedeva della mia opinione solo per poterla contraddire, era fatto così" ma gli aveva voluto bene e ne sentiva la mancanza. "Non credo che chi l'ha ucciso fosse uno sprovveduto. Per farlo alla reggia avrà avuto buoni appoggi, chiunque sia, mio padre aveva molti nemici per il suo tenore di vita squallido. Ma non mi sono arreso e non smetterò di cercare, anche se più passa il tempo e meno probabilità ci sono di arrivare a un colpevole. Immaginate per i sovrani cosa è significato, sotto al loro naso… Ho sentito che da allora gli assaggiatori sono triplicati" era già insperato che fino a quel momento nessuna testa fosse finita in una cesta.

"Non siete più tornato a corte da allora?"

"Non più"

"Il tempo non aiuta in questo caso" Oscar si alzò e lui fece subito uguale "vi posso consigliare una cosa. Se non l'avete già fatto, setacciate ogni angolo e ogni stanza dove vostro padre ha soggiornato anche di rado, cercate indizi"

"I cavalieri della forza pubblica hanno già provveduto, non è rimasto un solo cassetto chiuso, uno scrigno, un armadio, hanno rivoltato anche il suo letto, bucato una parete che suonava vuota, niente di niente è uscito fuori, solo cose inutili" concluse amareggiato. Invece di setacciare Versailles erano andati a rovistare tra le sue cose. E la ragione che avevano esibito era quella della sicurezza della corona. Credevano che il padre potesse essere coinvolto in chissà cosa, stavano deviando le indagini. E temeva che volessero accertarsi che non avesse niente di losco in atto, più che scoprire chi l'avesse ucciso. Il suo comandante gli aveva acceso solo false speranze.

"Voi conoscevate vostro padre assai meglio di loro. Sono stati trovati dei documenti conservati da un legale?"

"No, mio padre non si fidava di alcuno per la ragioneria dei suoi affari, svolgeva tutto da sé, e aveva tutto sempre a portata di mano. Il resto dei suoi investimenti fuori dai confini li gestiva un amministratore ma non portava via mai nulla, tutte le carte sono rimaste nel suo studio. E non ha mai stilato un testamento. Forse si credeva immortale"

Oscar gli disse di servirsi, c'era ancora la bottiglia di rosso sul tavolo, lui non ne volle più "Sapete chi è che non redige mai un testamento, di solito?" da interi minuti il giovane l'ascoltava meravigliato ancora di più di quanto già l'ammirasse. Nessuna donna aveva mai parlato così e tante ne aveva conosciute tra le amiche della madre "Chi non ha mai avuto niente, oppure chi ha perduto tutto"

"Ma nessuno dei due era il suo caso"

"Ne siete sicuro?"

"Certo, ci sono la casa e i possedimenti" che erano rimasti al figlio maggiore e in cui viveva ancora sua madre, e dove secondo patti sarebbe rimasta fino all'ultimo. Era passata di proprietà direttamente a lui, perché gli altri due fratelli non avevano posto paletti. "Il suo denaro, conservato negli scrigni, è stato diviso equamente per tre. Perché non ci siamo messi a litigare, la sua miniera è nelle mani del secondogenito, che porta anche il nome del nonno che l'ha registrata senza mai ricavarci niente; prima che mio padre ci mettesse le sue mani e la facesse fruttare" scosse il capo, di cose ne aveva molte e aveva tre figli che fortunatamente andavano d'accordo abbastanza da non scannarsi per l'eredità.

"E a voi, Yves, a voi cosa è rimasto?"

"Nulla, eccetto il denaro, in famiglia tutti sono al corrente che la carriera militare è l'unica cosa che mi interessa" sarebbe stato più giusto dire che era ciò che più rassicurava la madre sul suo futuro.

"Quindi il testamento non è mai stato scritto ma esisteva un patto silente tra di voi, già da tempo"

"Si potrebbe dire così, ma è stato comunque irresponsabile da parte sua" si avvicinò a lei "mi devo correggere, c'è una cosa che è passata a me, la bonifica di quei terreni. Ma non è un'eredità vera e propria, sto continuando uno dei suoi progetti che altrimenti sarebbe terminato bruscamente e abbandonato. L'investimento è tutto sulle mie spalle adesso" 

"Avete scelto l'onere maggiore e il ricavo minore, ma vi fa onore" 

Il sottotenente cambiò idea, versò il rosso nei due calici sul tavolino e uno lo porse a lei, poi innalzò il suo "All'onore, e a coloro che lo conservano fino alla fine" disse Yves.

"E a chi lo difende anche a scapito dei vincoli di sangue" replicò lei guardandolo negli occhi. Vide uno sguardo perplesso sul viso del giovane. "Voi sareste disposto a fare tutto ciò che la vostra famiglia esige, giusto o sbagliato che sia?"

"No" per qualche secondo sostenne lo sguardo, poi mandò giù il vino. "Forse mi credete coinvolto nell'omicidio di mio padre…" posò il calice sul tavolino.

Oscar sorseggiò il vino e non rispose.

"Non ci conosciamo da molto, però, vi posso giurare che il mio onore non lo calpesterei neppure se mi costasse la vita. Neppure se mia madre mi avesse supplicato, per una sua vendetta personale, avrei mai potuto agire in tal modo" 

"Perdonatemi, non volevo sembrasse un'accusa" gli occhi verdi del giovane soldato erano sinceri.

"Non preoccupatevi, preferisco la sincerità diretta alle doppie facce, e me lo aspetto soprattutto da coloro che stimo"

"Vale anche per me, Yves" Oscar indicò un mazzo di carte sullo stesso tavolino "Ve la sentite?"

Il soldato agitò una mano "Non sono bravo a giocare come mio padre"

"Fa niente, la fortuna arriva quando uno meno se lo aspetta" la bionda sorrise e iniziò a mischiare le carte.

 

Pascal era stanco quella sera, rientrò a casa e tirò la porta dietro di sé. Tolse la giacca consunta e la gettò su una sedia. Andò a sciacquarsi il viso con il secchio d'acqua del pozzo che si era portato appresso. Lo versò in un catino e si lavò. Accese le candele e illuminò la cucina. Aveva con sé del pane e della carne affumicata, sarebbe stata la sua cena. Si era fatto tardi, e non aveva voglia di andare in nessuna locanda. C'era ancora puzzo di fumo, nonostante le finestre spalancate da quella mattina. Fortuna che faceva abbastanza caldo, le avrebbe lasciate così tutta la notte. Prese la candela e si avviò verso la stanza da letto, ma si bloccò accanto al quadro. Il fumo l'aveva appannato, però aveva messo in evidenza delle impronte di dita agli angoli. Il viso si deformò in una smorfia di confusione e irritazione. Gli occhi vitrei gli fecero immaginare in anticipo cosa avrebbe scoperto. Lo staccò e controllò al suo interno, vuoto. Per un attimo la testa gli parve fluttuare, non riuscì a pensare a niente. Spaccò il quadro sull'angolo del tavolo con tutta la forza. Il vetro esplose. E continuò a percuotere finché la cornice si divise in tre pezzi schizzando per la camera e quasi uno lo sfregiò. Lasciò andare il resto dello scheletro di legno quando tutto era ormai ridotto in frantumi.

   
 
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