Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: dragun95    28/03/2024    1 recensioni
Keto è una città portuale in cui vige la legge del più benestante. Chi ha i soldi può permettersi tutto, mentre i poveri hanno poco o niente. Nergal fa parte di una minuscola parte della parte bassa della città che può vantarsi di avere ricchezza e potere, tanto che tutta la città lo conosce come "Il maestro oscuro".
In genere non gli interessa niente di chi abita la parte alta, basta che non danneggino i suoi affari. Almeno finché non si ritroverà coinvolto suo malgrado in un intrigo che serpeggia in tutta Keto e che sembra voler riportare alla luce un segreto rinnegato nelle profonde acque nere che bagnano e danno vita alla città.
Genere: Noir, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 7

 

 
Camminò spedito per i corridoi della sua magione. Una serie di domande riempiva la testa del capo famiglia dei Bàthory. Possibile che quella piccoletta avesse scoperto che stava indagando su di lei.
La cosa non lo stupì troppo, anche se non si aspettava che sarebbe stata così veloce. Inoltre non poteva venire in un momento peggiore, quando aveva un colloquio con Corinna. Affettò il passo, sperando che quelle due donne non si fossero già saltate alla gola.
 
In uno degli studi della villa, le cameriere avevano fatto accomodare le due ospiti, offrendogli anche del tè. Corinna Villan membra della famiglia Villan. Una delle famiglia che stavano al disotto della piramide dei cinque, non erano potenti quanto le altre, ma i loro patrimoni gli permetteva una vita molto agiata.
 
“Che diavolo ci fa lei qui?” si chiese guardando l’altra persona seduta sul divanetto opposto al suo, come se con lei non volesse averci niente a che fare.
Era una ragazza piuttosto minuta e non molto alta, dalla carnagione chiara e un viso di porcellana, ornato da dei capelli che arrivano fino al collo e leggermente mossi di colore bianco con delle sfumature di azzurro. Tra di essi spuntavano la punta delle orecchie. Segno che non era umana.
Era vestito in modo elegante, con una giacca a coda di rondine blu scuro con i risvolti delle maniche in oro, una camicia nera dal bavero a foglia con doppia fila di bottoni in zaffiro. Una gonna corta blu con il bordo bianco. Lunghe calze nere con degli stivaletti blu e oro e un piccolo cappello a cilindro blu con delle punte in oro sul lato destro della testa.
 
Astrea Silverash, era l’attuale capo della famiglia più influente di Kētō. Coloro che stavano in cima alla piramide e che deteneva più potere di tutto il resto dei nobili della parte alta e forse di tutta la città. Era conosciuta per essere una grande inventrice e soprattutto per essere la più giovane dei capi famiglia. Anche se la sua natura di vampira faceva dubitare degli anni che dimostrava.
Seduta composta si guardo intorno per osservare meglio lo studio. Le pareti erano coperte da della carta da parati bianca e azzurra, con un pavimento in tavole di mogano che si abbinava al resto dell’ambiente e alla scrivania. Agli angoli della stanza c’erano delle grosse colonne levigate che davano l’impressione di sostenere il soffitto.
 
“Stanza carina per uno studio” ammise prendendo un orologio da taschino per vedere l’ora, infastidita. Quello stupido cane l’aveva fatta accomodare e non si era ancora presentato. Questa cosa la faceva innervosire.
 
-Non mi aspettavo di vedere la capo famiglia dei Silverash qui- Astrea punto gli occhi azzurri con delle pagliuzze rosse sull’altra persona nella stanza. Non ci aveva fatto caso prima, quando era arrivata.
 
Ad occhio doveva avere la stessa età del Bàthory. Con un fisico magro e voluminoso coperto da un abito vittoriano viola a bianco e nero che faceva intravedere la spaccatura dei seni, una cintura metallica in oro e argento con una gemma rossa che separava la parte superiore dalla gonna ampia, che presentava una spaccatura al lato fino alla coscia così da lasciar intravedere le lunghe calze di pizzo che portava.
Aveva un viso delicato ed era molto bella, con dei lunghi e vaporosi capelli marrone scuro con un ciuffo viola scuro, occhi color porpora e labbra leggermente carnose ornate con un neo sotto il labbro inferiore.
 
-Nemmeno io volevo venirci. Ma sono stata costretta per una questione di massima importanza!- rispose secca la bianca distogliendo lo sguardo: “Chi sarebbe questa comunque?”.
Non gli sembrava di conoscerla, anche se il suo vestito era molto carino. Ma di certo non avrebbe usato quel miscuglio di colori, troppo pacchiani per lei.
 
-Capisco…io sono un membro dei Villan, mi chiamo Corinna- allungò la mano guantata in segno di cortesia. Astrea la guardò pensierosa.
 
-Villan…scusa il nome non mi dice niente- il sorriso sul volto della castana sembrò farsi tirato, mentre avvertiva una certa irritabilità per quella risposta.
 
-La mia famiglia si occupa di vestiti, abbiamo molti negozi di abiti e moda. Il cappello che indossate è una nostra creazione-
 
-Ah davvero, non ci ho fatto caso- ammise lei prendendo e guardando il suo cappello per trovare il marchio di fabbrica. Quell’atteggiamento fece spuntare una vena sulla fronte di Corinna. Era sempre così, le famiglie più influenti non si ricordavano di quelle che stavano sotto di loro. Almeno i Bàthory avevano la decenza di ricordarsi i nomi con cui avevano degli affari.
 
“Piccola nana succhia sangue. Chi si crede di essere?!” avrebbe tanto voluto prenderla a schiaffi. Ma in quel momento la porta si aprì e Fenrir fece il suo ingresso.
 
-Buona sera, signore. Scusa il ritardo ma ero…-
 
-Stupido botolo, tu mi devi dare delle spiegazioni!- la capo famiglia dei Silverash fece uno scatto interrompendolo e arrivandogli per guardarlo dritta in faccia. È vista la differenza di altezza che c’era tra di loro, essere guardata dall’alto in basso la faceva incazzare di più. Erano così vicini che l’argenteo poté vedere le pagliuzze rosse negli occhi della ragazza farsi più intensi.
 
-Uhm…lady Astrea, cosa dovrei spiegarvi di preciso?- chiese lui senza capire. Lei lo afferrò per il bavero della camicia costringendolo ad abbassarsi al suo livello, guardandolo con le sopracciglia inforcate sugli occhi. Anche Corinna era rimasta stupita, cosa aveva fatto Fenrir per meritarsi le ire dei Silverash.
 
-Non fare lo gnorri con me, Bàthory!- disse subito mostrandogli i canini lunghi ed appuntiti in un segno istintivo di minaccia: -So che stai indagando sui miei recenti spostamenti. Credevi davvero di fregarmi eh?-
 
A quella domanda, serrò la mascella. Aveva detto ai suoi uomini di non farsi scoprire ed essere discreti. Ma sapeva quanto un vampiro potesse avere sensi più sviluppati di quelli umani. Evidentemente dovevano aver fatto un passo falso, più tardi li avrebbe puniti. Ora doveva risolvere quella situazione che era diventata ancora più fastidiosa.
 
-Posso spiegarvi tutto- lei lo lasciò andare facendo un passo indietro ed incrociando le braccia al petto.
 
-Non serve, posso intuirlo da sola! Immagino riguardi l’esplosione del tuo deposito portuale- il silenzio che si creò nella stanza e il linguaggio corporeo gli diedero già la risposta. E ciò non poté che farla arrabbiare ancora di più.
 
-Sei proprio un sesquipedale idiota. Credi davvero che una donna bella e intelligente come me, possa fare qualcosa di simile?- gli chiese gonfiando le guance. Non avrebbe mai attaccato i Bàthory, anche perché era più il tipo da difesa che d’attacco. Sempre che non fosse stata costretta. Gli occhi di Fenrir si fecero più affilati, mentre il sorriso svanì dalla sua faccia.
 
-Uhm…forse dovrei tornare un’altra volta- se ne uscì fuori Corinna, sentendosi di troppo in quella conversazione tutt’altro che rosea e che non la riguardava minimamente.
 
-Non preoccuparti Corinna. Finisco con le spiegazioni e sono subito da te- le disse lui.
 
-Allora dammele invece di parlare con la tua amichetta- quel termine non piacque per niente alla castana, che si sentì chiamata in causa.
 
-Tanto per chiarire, non sono una sua “Amichetta”. Ma una collaboratrice e avevamo un appuntamento per discutere d’affari. Siete voi quella imbucata qui!- rivolgersi in quel modo alla famiglia Silverash, credeva che non l’avrebbe mai fatto in tutta la sua vita. In pochi si rivolgevano sfrontatamente alle cinque famiglie. Ma quella piccoletta non le faceva paura.
 
-Tu stanne fuori! Stiamo discutendo di una questione tra capi famiglia- gli rispose rossa di rabbia. Già c’è l’aveva con quel cagnaccio, non aveva voglia di sorbirsi anche una persona che non c’entrava niente in quel discorso. A prima vista e dal vestito che indossava e che scopriva molta pelle, pensò che fosse una meretrice o un’amante del Bàthory.
 
-Detto da un capo famiglia, senza alcun potere magico- ridacchiò Corinna divertita prendendo una tazza di tè. Un suono sferzò l’aria e la tazza che aveva in mano andò in frantumi facendo rovesciare il tè sul suo vestito.
Alzò lo sguardo sulla bianca, che teneva in mano quello che sembrava l’impugnatura di un fioretto con la guardia a cesto oro e nera. La lama però, invece che essere in metallo era in pura acqua. All’interno del manico si poté vedere un lieve bagliore bluastro.
 
-Oh…ti ho sporcato il vestito. Scusa, mi è scivolata la mano- rispose lei con aria da finta innocente, cercando di nascondere dietro la schiena il suo Elementi ffoyle.
Quello era proprio quello che Fenrir temeva, che una delle due diede all’altra un pretesto per attaccarla. Corinna si alzò dalla poltrona, togliendosi la cintura che portava. Tenendo la parte finale ne fece uscire delle piccole lame ricurve ai lati e distanziare lievemente le parti come se avesse una frusta.
 
-Quella non è la Royal fragellum. Uno dei modello che la mia compagnia produce- la Villan non rispose, ma era chiaro che fosse quella. Dopotutto era stata la famiglia di quella nanerottola ad inventarla, come arma di autodifesa per i nobili. Concentrò il suo mana lasciando che l’arma venne avvolta da scariche elettriche.
 
-Ora tocca a me rispondere, giusto?- chiese lei con un sorriso di sfida. Astrea storse le labbra mettendosi in posizione di attacco. Non avrebbe certo lasciato che quella sciacquetta gli facesse un singolo graffio senza prima avergliene fatti cento, per averla sfidata.
Prima che potessero scontrarsi però delle pareti di ghiaccio le impedirono di scagliarsi l’una contro l’altra.
 
-Signore vi chiedere di risolverla con diplomazia. Invece di rischiare di distruggere un’abitazione che non vi appartiene- doveva fermare quello scontro prima che degenerasse. Non voleva dover chiamare i restauratori per delle possibili riparazioni. Astrea si portò la mano al naso dolorante, per aver sbattuto contro il ghiaccio, lanciando uno sguardo di fuoco all’argenteo.
 
-Non intromettermi tu. Devo dare a questa vacca una lezione per la sua lingua spudorata- gli puntò la lama d’acqua contro in segno di minaccia. Agli altri quel cane poteva anche far paura, ma a lei no di certo.
 
-Cos’è sei gelosa piccola?- la provocò Corinna gonfiando il petto. Fenrir si portò la mano agli occhi, voleva proprio combattere. Astrea invece strinse i denti esponendo i canini, come si permetteva quella inutile donnaccia da due soldi. L’avrebbe volentieri dissanguata solo per sputare il suo sangue che sicuramente avrebbe saputo di aceto.
 
-Adesso ti faccio vedere io- fece per saltare sul muro di ghiaccio, ma questo scomparve improvvisamente. Il padrone di casa batté le mani attirando l’attenzione su di sé.
 
-Signore per favore vedete di ricomporvi e parliamone come persone civili. I modi definiscono chi siamo- tirò fuori dalla tasca un campanellino suonandolo. Dopo un’istante dalla porta della stanza entrò una cameriera: -So che è tardi, ma per favore di ai cuochi di turno di preparare un dolce per le nostre ospiti- così facendo sperava che almeno la piccola vampira si desse una calmata.
Sentendo la parola dolci, Astrea rizzò le orecchie. Guardò la donna che aveva osato insultarla. Voleva ancora fargliela pagare, ma voleva anche i dolci. Una scelta difficile. Alla fine mise via il suo fioretto e si risedette composta sul divano.
 
-Va bene Cagnaccio. Risolviamola da gentil uomini e gentil donne- gli disse seccata prendendo un sorso di te, trovandolo amaro. Gli serviva dello zucchero.
 
 
---Ψ---Ψ---Ψ---Ψ---Ψ---
 
 
I cuochi della villa si stavano mettendo a lavoro, nonostante l’ora tarda. Sapendo che quel dessert era per la capo famiglia dei Silverash, non potevano certo servire qualcosa di imbarazzante. Ne andava sia del loro onore che di quello del loro signore.
 
-Torta al cioccolato con ripieno di frutti rossi. Pronta!- gridò il capo cuoco del turno serale, poggiando la torta marmorizzata al cioccolato. Una cameriera la prese subito e camminò spedita verso lo studio. Era meglio non far aspettare un ospite influente e volubile come quella persona.
Anche se una parte di sé, si chiedeva perché mangiasse dolci. Considerando che era una vampira, non doveva nutrirsi di sangue. A meno che nella torta che stava portando non ce ne fosse. Storse le labbra disgustata a quel pensiero, evitando di farsi quella domanda.
 
-Se permetti vorrei spiegarti le ragioni dietro il tuo…uhm “pedinamento”- iniziò l’argenteo. Astrea gonfiò le guance come uno scoiattolo con il cibo in bocca, facendogli segno di tacere.
 
-Prima voglio il dolce che mi hai promesso! Poi puoi prendere ad abbaiare le tue spiegazioni- il padrone di casa restò zitto, ma strinse i denti. Quella nanetta dava troppi ordini per essere solo un’ospite in casa sua. Avrebbe tanto voluto congelarla e farla volare fuori dalla finestra. Ma per lui era meglio evitare scontri inutili con la famiglia più in alto della sua. Anche Corinna si trovava infastidita dal suo comportamento.
 
“Vorrà anche atteggiarsi a capo famiglia. Ma è solo una bambina che gioca a fare l’adulta!” eppure anche se si comportava in modo infantile, non toglieva che riuscisse a mandare avanti un’attività da ben otto zeri. Una cifra esorbitante anche per una nobile come lei.
La cameriera entrò nella stanza con la torta richiesta. Appena la vide gli occhi della bianca si illuminarono. Appena gliene servirono una fetta, Astrea la guardò con occhi indagatori, come quando analizzava gli oggetti da lei creati. In cerca di imperfezioni da migliorare. Alla fine ne prese un pezzo con la forchetta portandolo alla bocca. Subito sentì un’esplosione di cioccolato, seguito dal gusto acido della crema di frutti rossi.
 
-Wow…i tuoi cuochi ci sanno fare- ammise prendendo un altro boccone. Fenrir non sapeva se trovare quella scena carina o imbarazzante, vedere una donna che si definiva adulta, sembrare una bambina. Ma se non altro sembrava si fosse calmata.
 
-Ora puoi anche spiegarmi perché credi che io c’entri con l’esplosione al deposito!- disse lei prendendo ancora del te per mandare giù il boccone di torta. La cameriera provò ad offrirne anche a Corinna ma lei rifiutò con un gesto della mano.
 
-Non sto dando la colpa a te, ho molti nemici. Ma ho scoperto che c’entrava qualcuno con la magia…-
 
-Allora avresti dovuto escludermi subito stupido Bàthory. Un’altra fetta!- mostrando il piatto vuoto e la cameriera si affrettò a servirla: -Inoltre come hai detto tu hai molti nemici, non dovresti iniziare da loro-
 
-Acuta osservazione. Ma dimmi, se provassero a farti un torto. A chi penseresti subito che abbia il coraggio di prendersela con te?- gli fece di rimando. Astrea serrò la mascella, sapendo dove voleva arrivare. Era ovvio che avrebbe pensato subito alle altre quattro famiglie sotto di lei, prima di tutto.
Avevano i mezzi e i fondi per assoldare qualcuno per non sporcherebbe le mani e danneggiarlo nell’ombra. E soprattutto il fegato per farlo.
 
-Okey Cagnaccio, ma considerando che il danneggiarti non mi darebbe più profitti di quanti non ne abbia già. Anzi andrebbe solo a favore di quelli sotto di noi. Inoltre dovresti sapere che i tuoi affari inclusi quelli dei tuoi hobby, non sono di mio interesse!- lanciando poi uno sguardo a Corinna. Questa si sentì offesa da tale insinuazione. Come se avesse avuto l’ardire di pugnalare un suo collaboratore alla schiena. Lo avrebbe fatto sì, ma non certo con uno come i Bàthory.
 
-Per quanto detesti dirlo. Do ragione a questa sanguisuga nana- gli occhi azzurri di Astrea la squadrarono come a dirgli che se avrebbe continuato così, l’avrebbe morsa: -Inoltre si vocifera anche che potrebbe c’entrare il Maestro oscuro-.
 
Ora si che a Fenrir, stava iniziando a venire mal di testa. Sapeva che le voci sarebbero girate in fretta, ma non si aspettava che questo particolare fu già sulle bocche degli altri. Già non gli andava di tirare in mezzo quel tipo, se poi la gente cominciasse a pensare che era coinvolto. Sapeva che al corvino non interessavano le voci, ma se non avesse mostrato forza. La sua immagine come capo famiglia ne avrebbe risentito.
 
“Devo chiamare Nergal per parlargli, al più presto” pensò irritato.
 
-Ilg maescro oscukho?- chiese con la bocca piena di torta, non capendo cosa stessero dicendo.
Gli altri due rimasero scioccati da quella domanda. Davvero non lo conosceva, tutta Kētō sapeva il suo nome. Su che pianeta o grotta viveva quella ragazza.
 
-Sul serio? Il Maestro oscuro, non ti dice niente?…il tipo inquietante che vive nella parte bassa, con quel forte e denso mana nero che va venire i brividi e gli occhi rossi che sembrano trapassarti l’anima congelandoti- il solo pensiero fece venire un brivido lungo la schiena della Villan che si strinse nelle spalle. L’altra sembrò pensarvici sopra, finché non gli si accese una lampadina.
 
-Oh, vuoi dire il Cervo nero della parte bassa!- Fenrir deglutì freddo come una statua, muovendo la testa per annuire. Chiamare in quel modo Nergal, non sapeva se era coraggio o stupidità guidata dal suo lato infantile. Anzi era una fortuna che lui non fosse lì ad ascoltare, non credeva gli sarebbe piaciuto essere chiamato in quel modo. Si sistemò il colletto della giacca prima di rispondergli.
 
-Si, proprio lui- Astrea si accorse del suo blocco e non ne capiva neanche il motivo. Possibile che quel tipo con le corna di cui si vociferava, facesse tanta paura anche ad un bastardo sanguinario come Fenrir Bàthory.
Prese il suo orologio da taschino vedendo l’ora tarda che si era fatta. Certo non lo era per lei e di certo aveva ancora voglia di dirgliene ancora a quel botolo. Ma la mattina seguente avrebbe dovuto mettersi a lavoro per finire un progetto e aveva bisogno di dormire.
 
-Scusate ma si è fatto tardi per me- disse poggiando la tazzina sul tavolo per togliere il disturbo. Ma prima si fermò davanti all’argenteo con le mani sui fianchi, puntando gli occhi in quelli di ghiaccio dell’uomo.
 
-Ma ti avverto…osa ancora dubitare della mia illustre parola. E ciò che ti capiterà, sarà paragonabile all’inferno, cagnaccio pulcioso. Rammenta che un Silverash non rinnega mai le proprie parole, nemmeno quando si tratta di velate minacce alla tua persona!- lo avvertì con tono glaciale e serio. Mostrandogli i canini, come a dirgli di non scherzare con lei.
 
-Sei stata cristallina- a quel punto Astrea prese la torta rimasta ed uscì sbattendo la porta dietro di sé. Quando finalmente se ne andò, la tensione della stanza si allentò.
 
-Finalmente se n’è andata- sospirò Corinna e per fortuna, quella peste riusciva a fargli saltare i nervi. Il Bàthory non disse alcuna parola limitandosi ad andarsi a sedere sul divano dove prima stava la vampira.
Sperava di avere una serata tranquilla ed invece, l’ultima cosa che voleva era una Silverash arrabbiata.
 
-Perché l’hai fatta seguire?- più che una domanda quello sembrava un rimprovero, come una madre che rimproverava il figlio: -Credo che tu sappia meglio di me com’è fatta quella piccola sanguisuga-
 
Per la Villan l’aveva quella era la prima volta che ci parlava. Non si aspettava certo che una persona temuta in tutta la città avesse quel carattere da bambina capricciosa. Fenrir le lanciò uno sguardo di ghiaccio, ma che alla donna non fece né caldo e né freddo. Finendo per sospirare nuovamente.
 
-Quegli idioti…li dovrò punire duramente- era ciò che si meritavano, per essersi fatto prendere una strigliata da quella nanetta. Il solo pensiero lo faceva innervosire.
Corinna ebbe i brividi, sentendo la temperatura della stanza abbassarsi di colpo. In sincronia con la rabbia del capo famiglia che cresceva, il suo mana vibrava sprigionando freddo, come in una cella frigorifera. Mentre aveva i muscoli della fronte tesi per la rabbia, il tocco gentile e caldo della castana richiamò la sua attenzione.
 
-Su Lord Fenrir, ormai lei non c’è più. Potete rilassarvi- gli sussurrò gentilmente massaggiandogli le spalle. Quel tocco deciso e statico ebbe l’effetto di fargli sciogliere i muscoli.
 
-Hai ragione mia cara. Devo scusarmi per avervi dovuto far assistere e tirata in ballo in questa scenata- Corinna sorrise abbassandosi per portare la bocca all’orecchio dell’argenteo. Soffiandoci sopra per fargli venire un brividio.
 
-Se volete essere scusato…- inizio con tono sensuale per poi muoversi arrivando al fianco dell’uomo, infilando lentamente la mano sotto alla gonna accarezzandosi la coscia, giocando con la calza. Come ad attirare la sua attenzione in quel punto ed infine tirarne fuori un foglio di carta.
 
-Potremmo finalmente discutere di affari- guardò prima lei e poi il foglio. Facendosi scappare un piccolo sbuffo, che per lui era più una risata. Alla fine la invitò ad accomodarsi per parlare finalmente dei loro affari.
Ma su una cosa era sicuro, ed era che Astrea quell’affronto se lo sarebbe legato al dito. E nel suo interesse oltre per evitare di mettersela ulteriormente contro, sarebbe stato il caso di trovare un modo per farsi perdonare o quanto meno per farle passare un po' la rabbia nei suoi confronti.
 
 
---Ψ---Ψ---Ψ---Ψ---Ψ---
 
 
La parte della città bassa che dava proprio vicino ai porti, era piena di locande e bar per i marinai che arrivavano con le navi. Anche se non potevano di certo essere definiti confortevoli e molto igienici. Ma erano anche gli unici luoghi a buon mercato nelle vicinanze.
Il Fiskben era uno di questi. Un posto poco raccomandabile, ma ottimo per farsi una bevuta dopo una dura giornata. Anche se l’atmosfera era tranquilla Demah teneva tutti i suoi quattro occhi ben aperti, mentre serviva al bancone. Perché sapeva che sarebbe potuta nascere una rissa in qualunque momento. E non gli andava di usare il suo pungiglione quella sera.
 
In quel momento una persona entrò e con passo deciso si andò a sedere al bancone, ignorando tutti gli altri posti ai tavoli. Appena vide di chi si trattasse, gli disse.
 
-Ehy Rhaul, come mai qui? Sei in servizio?- gli chiese preparando dei boccali grazie alle sei braccia che terminavano con tre dita e di cui un paio era dotato di pinze, come uno scorpione. Avere più arti era normale per un membro della razza Aranki. Una specie di umanoidi con caratteristiche degli aracnidi, come ragni e scorpioni.
 
-A te che sembra?- dagli abiti normali che portava sembrava fuori servizio. Gli servì uno shot con un liquido quasi ambrato. Lui ringraziò bevendolo tutto in un colpo. Il bruciore dell’alcool gli riempì la gola, sicuramente doveva essere stato distillato in proprio. Avrebbe dovuto chiederglielo, ma era lì per altro.
 
-Dammi della birra- disse poggiando il gomito sul bancone, mentre l’altro versava della birra in un boccale e gliela passò con un colpettò del pungiglione.
 
-Ho saputo che siete indaffarati voi della Guardia cittadina- alludendo ai disordini degli ultimi giorni, che ormai erano sulla bocca di tutti quanti. L’uomo si limitò a digrignare i denti e passarsi una mano tra i capelli infastidito.
Più per il fatto che negli ultimi giorni non avevano ancora un singolo straccio di prova. Tutte le persone interrogate non erano di alcun aiuto e il resto della nobiltà non era certo meglio. Se uno più in alto di loro aveva problemi facevano festa, per quegli avvoltoi il potere e il prestigio erano le uniche cose che contavano.
 
-Non me né parlare, per favore- sbuffò. Brancolare nel buio con la pressione dei Bàthory non era la cosa migliore: -Più che altro…hai delle informazioni utili?-
 
Demah si portò una delle mani a tirarsi indietro un ciuffo di capelli nerastri, facendo spallucce.
 
-Perché pensi che sappia qualcosa. Ho la faccia di una spia, Rhaul?- gli domandò divertito, prendendo a servire altri avventori. Sapeva che non avrebbe parlato facilmente, se non gliene avesse dato motivo. Finì la birra e infilò nel boccale delle monete che tintinnarono. La mano a pinza si chiuse immediatamente sul boccale portandolo più vicino così da vederne il contenuto.
Mise il boccale sottobanco per poi battere il pungiglione sul bancone due volte per dirgli di aspettare. Dopo aver servito tutti ai tavoli, l’Aranki fu pronto discutere seriamente.
 
-Che cosa hai sentito tra questi porti. Qualcosa di utile?- Anche se erano tutti più o meno ubriachi, il detective tenne un tono basso per non farsi sentire.
 
-Beh….posso dirti, che nelle ultime settimane sono arrivati vari sicari provenienti da terre lontane- Non era quello in cui sperava. Di sicari e assassini ne veniva assoldati spesso. Soprattutto quando un nobile voleva eliminare delle minacce o un rivale.
 
-Per caso qualcuno di questi sa usare gli esplosivi e la magia?- l’altro si guardò intorno facendogli segno di allungarsi verso di lui, così che potesse sussurrargli. Come se avesse paura di dirlo a voce alta.
 
-Esplosivi non saprei…ma alcune mie conoscenze mi hanno confidato, che l’Imbalsamatore è qui in città- il solo sentire quel nome, gli si gelò il sangue e i peli della barba gli si rizzarono. Conosceva quel nome a causa della cattiva fama di chi lo portava.
L’Imbalsamatore era un sicario e un serial killer che solo pochi pazzi erano disposti ad assoldare. C’era anche un taglia da ricercato su di lui.
 
-E sai per cosa è venuto?-
 
-Così mi chiedi troppo Rhaul. Sarò anche curioso, ma ci tengo alla mia corazza- rispose secco tornando a servire dei nuovi clienti. L’agente sbuffò ma non poté certo biasimare la sua paura. Ma se non altro forse aveva trovato un’altra possibile pista, anche se non ne era del tutto sicuro.
Lo ringraziò per poi alzarsi ed uscire, venendo investito dall’aria fredda e salmastra del mare. Ora doveva comunicarle ai suoi colleghi le notizie ottenute. Anche se era scettico che quelli della parte alta lo avrebbero preso sul serio.
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Nuovo capitolo, anche se questa volta l’inquadratura si sposta su Fenrir. Prima però voglio precisare che il personaggio di Astrea Silverash è di proprietà della mia amica Stardust94. Lei me l’ha prestata per usarla nella mia storia e di questo la ringrazio molto.
 
Il capo famiglia dei Bàthory ha avuto di certo una serata movimentata, di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Ma quando si tratta di Astrea, allora è meglio tenersi pronti al peggio. Dato che come avete potuto vedere è un bel peperino.
Infine Rhaul ottiene nuove informazioni, e rispondono al nome “Imbalsamatore”. Con un soprannome così sarà di certo pericoloso.
Per ora è tutto, spero che abbiate apprezzato questo cambio di scena che dal prossimo si torna dal protagonista. Grazie ancora a tutti quelli che leggono e auguro buona pasqua a tutti.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: dragun95