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Autore: whitemushroom    29/03/2024    0 recensioni
Un investigatore della Santa Sede indaga sulla scomparsa di un potente magus, muovendosi in una Roma distorta, più interessata a proteggere i propri segreti che a rivelarli. In un' isola poco lontana Njal, un giovane turista, perde una persona di a lui cara e scopre che qualcosa, nel suo corpo, inizia a non comportarsi come dovrebbe.
Il primo ha dedicato la sua intera vita alla caccia di uomini e creature sovrannaturali, il secondo si ritrova suo malgrado in un universo di cui nemmeno conosceva l'esistenza; eppure entrambi rincorrono fantasmi presenti e passati sulla scia di qualcuno che, come un pittore, lascia la sua Firma su degli eventi di cui è impossibile rimanere soltanto passivi spettatori.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Via del Mare.
Anni addietro, quando era rimasto bloccato sulla Pontina per oltre quattro ore a causa di un incidente, si era ripromesso di non recarsi nelle periferie a sud della capitale se non per casi riguardanti come minimo la sicurezza del Papa in persona.
Grazie al cielo quel pomeriggio la strada era trafficata soltanto nel verso opposto, la luce del sole era gradevole e non aveva nemmeno bisogno di accendersi l'aria condizionata. Il pullman davanti a lui viaggiava a una velocità accettabile, che dava all’esecutore il tempo di voltarsi e lanciare qualche sguardo al mare.
La prima volta che aveva visto il mare aveva quindici anni. Era appena arrivato in Italia dall'Egitto, impacchettato insieme ad un'altra decina di ragazzi della sua età.
Non tutti loro erano risultati idonei alla vita di esecutori, ed erano finiti a dire messa o a predicare in qualche angolo sperduto del globo. Di quelli che erano risultati idonei, non ne aveva più saputo nulla. Ma di quelle facce esili, affamate, di quella Babilonia di accenti incomprensibili e sogni confusi di un futuro ancora più confuso poteva ricordare una ad una le facce sorprese di tutti quei ragazzi davanti alla bellezza del Mediterraneo al tramonto e di quella sabbia scura che si appiccicava sotto i sandali. Aveva trascorso la sua intera esistenza nella sabbia del deserto, ad averla come unico panorama per giorni e giorni quando con i suoi genitori accompagnava i turisti fino alle oasi o alle riserve dei safari, ma non avrebbe mai potuto immaginare che potesse diventare pastosa, modellabile come un gioco. Conosceva la sabbia dei fiumi, quella sì, ma quel lungomare gli aveva rapito un pezzo di anima.
Probabilmente lo sguardo curioso dei suoi compagni doveva essere stato dipinto anche sulla sua faccia, ma purtroppo non vi era più nessuno a ricordarselo. Nemmeno Freki.
Parcheggiò un po’ distante dal ristorante e sbuffò. Non era il momento di farsi prendere dai ricordi. Se era ancora vivo lo doveva al fatto che negli anni era diventato piuttosto bravo a separare il lavoro dalla vita privata.
Anche se, mormorò una vocina nell'angolo della sua testa, questo avrebbe potuto spiegare perché fosse in missione ventotto ore su ventiquattro.
L'unico pagamento eseguito a Ostia dalla carta di Pontieri era stato effettuato in un ristorante sul mare, nella stessa data indicata da Violet. La Vecchia Pineta era un edificio elegante, luminoso, con tavolini sia all'interno che su delle terrazzine. Era ormai metà pomeriggio, ma già dall'esterno riusciva a vedere il personale affaccendarsi nell'edificio in via di apertura, e dal piano inferiore già si sentiva rumore di pentole all'opera. Un paio di furgoni si fermarono per scaricare casse di bevande e cibo, e l'uomo contò almeno cinque persone intente ad aprire il locale e scaricare. Una cena in quel luogo e avrebbe potuto salutare buona parte del suo stipendio, ma a giudicare dalla cifra spesa da Pontieri era chiaro che la paga di un magus pontificio non era quella di un esecutore.
Si lanciò un ultimo sguardo in una vetrina. Investigare in tonaca sarebbe stato il modo migliore per farsi notare, e da almeno dieci anni la sua copertura era sempre la stessa. L'abito formale era la cosa più scomoda che l'essere umano avesse mai inventato insieme ai lacci delle scarpe, e la camicia e la giacca lo comprimevano alle spalle facendolo sudare in maniera indicibile. Si sentiva sempre un gigante ridicolo e, ancora peggio, aveva la sensazione che se si fosse ritrovato a combattere con quegli abiti sarebbe stato inefficiente e inutile. Senza citare quanto la cravatta potesse essere una potenziale arma nelle mani di un nemico.
Notificò il suo arrivo a Samuel con un vocale, poi entrò.
I tavoli non erano ancora vestiti, l'ingresso era pieno di prodotti da catalogare, ma la vista del mare attraverso le vetrate riusciva lo stesso a indurre un senso di meraviglia. Non avrebbe mai osato dirlo davanti ai colleghi, ma il riflesso del sole tra le onde era, a suo dire, la più grande prova materiale dell'esistenza di Dio. E le Asrai, la forma più pura della Firma del Signore sulla superficie dell'acqua, erano l'emblema di quella connessione.
“Il signor Torre?” fece un uomo in divisa da cameriere. Padre Tsekani annuì al suo nome da copertura.
“Per di qua. È arrivato in anticipo”.
“Ho solo avuto molta fortuna col parcheggio” disse, scandendo le parole con lentezza. Per quanto nella Chiesa si parlasse in latino, con l'italiano si sentiva sempre in difficoltà.
Con estrema sorpresa, venne accompagnato all'esterno; un tavolino era stato preparato proprio all'estremità del terrazzo, leggermente rialzato dalla spiaggia. L'uomo notò che era preparato per due persone, ed al centro una bottiglia di vino bianco in un secchio con del ghiaccio. Si voltò verso l’inserviente, e quello gli fece cenno di sedersi.
Esitò, pensando ad un errore, ma una voce si fece strada alle spalle del cameriere. “Non si preoccupi, signor Torre, è gratis”.
Un uomo anziano apparve all'ingresso del terrazzino, ed il giovane dipendente si dileguò. Degli occhiali da sole rotondi gli coprivano gli occhi, ma l'espressione cordiale sulle labbra sottilissime si trasformò in una leggera smorfia non appena i loro sguardi si incrociarono.
“Si sieda”.
Padre Tsekani si accomodò, imitato dal suo ospite. Fece per tendere la mano e stringergliela, ma l'altro arricciò il naso. “Sono Lucio Danieli, il proprietario della Pineta”
“Piacere di conoscerla”.
L'altro non rispose subito. Un inserviente, diverso da quello di prima, si affacciò ed il titolare gli fece un cenno, per poi sparire nei meandri del locale.
“Ammetto che fino a quando non ho visto il bonifico della sua agenzia, signor Torre, sono rimasto un po’ scettico. Uno studio legale d’oltreoceano non si vede tutti i giorni nelle periferie di Roma”.
“La Polish&Dagger opera in tutto il mondo, signor Danieli. Diciamo che ci occupiamo solo di casi incredibilmente selezionati”.
Prima o poi avrebbe voluto vedere in faccia quegli imbecilli del dipartimento Cupola per capire come si fossero fatti venire in mente un nome così idiota per la copertura delle investigazioni vaticane. Anche perché poi era lui a dover mantenere una faccia seria davanti ai clienti. “Spero che il pagamento sia andato a buon fine”.
“Non vi avrei ricevuto, ovviamente. Posso farle portare uno stuzzichino?” disse “È incluso nel bonifico che mi avete fatto”.
Il secondo rimando al prezzo gli fece supporre di avere davvero la faccia di un morto di fame. Il che, a giudicare dai suoni minatori che erano usciti dalla sua carta all'ultimo pieno di benzina, poteva anche essere molto vicino al vero. Annuì, e a un cenno del titolare, arrivarono sul tavolo una decina di ciotole con un antipasto di mare dal profumo invitante. Un cestino del pane venne messo in mezzo al tavolo, e il cameriere stappò la bottiglia e ne versò il contenuto nel calice. Padre Tsekani per sicurezza aspettò che il suo ospite si servisse, poi attaccò dei polipetti al sugo che lo stavano chiamando dallo stesso momento in cui erano entrati in tavola.
“Non so come funzioni nel vostro paese, ma qui non si discute di argomenti delicati a stomaco vuoto” disse il signor Lucio. Si sistemò il tovagliolo sulle ginocchia. All’esecutore non sfuggì il tono canzonatorio della sua espressione; il colore scuro della sua pelle gli aveva dato delle grane durante qualche missione, ma finse che l'insulto fosse caduto nella ciotola di cozze.
L'ultima volta che qualcuno gli aveva rivolto un insulto dello stesso tipo poteva aver violato un sacramento o due. Grazie al cielo esistevano la confessione e le palline antistress. “Direi di andare al punto. Si rende conto che il nostro bonifico copre anche la sua discrezione”.
“Si capisce. Ma non è solo una questione di soldi” mormorò. Staccò un pezzo di pane e lo lanciò sul terrazzo, a meno di un metro dal loro tavolo. Un gabbiano arrivò al volo ed afferrò il bottino, per poi rifugiarsi sulla tettoia. Il recente incontro con il cigno nero mise immediatamente l’esecutore in allarme. “È successo qualcosa a Tonio, vero?”
Padre Tsekani non nascose un sospiro. “Dall'agenzia le hanno anticipato della questione? Di norma non…”
“Sarete pure americani, ma guardate che anche qui in Italia sappiamo fare due più due, sa? Pensate che siamo imbecilli?”
La conversazione stava per evolvere in un chiaro esempio della sua carriera lavorativa: l'unica volta che riusciva ad ottenere qualcosa di positivo, ad esempio un pranzo gratis in un ristorante di lusso, prima o poi un problema sarebbe saltato fuori. Era chiaro che il vecchio Danieli si sarebbe impegnato per mandare al diavolo la sua digestione. “No, anzi. Sono contento, questo velocizzerà la nostra chiacchierata. Ne desumo che conosca il signor Zurlì”.
“Certo. Tonio è un amico. Ci conosciamo da più di vent'anni. E una cosa ve posso dire… qualunque cosa sia successo…” abbassò la voce “... è una brava persona”.
Padre Tsekani aspettò che l'altro bevesse il terzo bicchiere di vino. Era certo che dalla centrale avessero contattato il signor Lucio preavvisandolo solo che avrebbe ricevuto qualche domanda, senza il benché minimo accenno. Il fatto che il suo interlocutore avesse già intuito l'argomento era un indizio sufficiente a farlo preoccupare. L'altro non si era levato gli occhiali, ma si stringeva le mani in maniera nervosa. “Non posso dire nulla che ricada sotto la privacy dell'agenzia. Ma sappia che, oltre a consulenze legali, il nostro compito è anche raccogliere prove e fatti. Qualunque cosa lei possa dirmi, andrà a beneficio del signor Zurlì”
“Va bene…”
Girò la testa verso il mare. Altri gabbiani, leggeri come soffi d'aria, si erano poggiati lungo la riva. Il sole stava avviandosi al tramonto, e gli ultimi bagnanti iniziavano a riordinare le loro cose. A breve la Vecchia Pineta avrebbe aperto i battenti. “... Che volete sapere?”
L’esecutore aprì il telefono, selezionò una foto di Angelo Pontieri e gliela passò. “Avete visto quest'uomo?”
“Certo che sì. Immaginavo che fosse lui il problema. Mi dà proprio l'idea del tipo di persona su cui degli americani come voi possano indagare. Che ha fatto? Droga? Armi?”
“Purtroppo non posso scendere in questi dettagli” rispose l'uomo, riprendendo il telefono reprimendo la soddisfazione. Dall'altra parte dello schermo, la foto di Pontieri sembrava sfidarlo ad inseguirlo. Come tutti i magi, aveva una faccia che sembrava fatta apposta per sfilargli due schiaffi dalle mani.
“Qualche settimana fa Tonio mi chiama. Mi dice che ha degli ospiti, due amici che vengono da lontano e con cui vuole fare bella figura. Ammetto che mi sono fatto gli affari miei, Tonio ha origini siciliane, pure se non lo ho mai sentito parlare molto di altre amicizie non mi sono posto problemi. Insomma, gli ho prenotato un tavolo per tre. Tonio mi ha detto che avrebbe pagato lui per tutti, che avremmo regolato i conti tra di noi, da amici. Adesso, voi capite che con la sua pensione da professore Tonio non navigasse nell'oro, e il mio ristorante, senza falsa modestia, serve il pesce migliore del litorale. E, a giudicare dal vostro piatto, anche voi sarete d'accordo con me” fece. “Mi sa che al vostro paese certe cose ve le sognate…”
In effetti, a parte i gusci delle cozze, il piatto dell’esecutore era immacolato. Senza accorgersene aveva dato fondo anche al secondo cestino del pane. “Comunque, come le ho detto, Tonio è un amico. Ha pure dato ripetizioni di matematica a quella capra di mio figlio e non ha mai voluto un euro, quindi ho pensato che gli avrei fatto pagare solo il vino, e che la cena ai suoi amici la avrei offerta io. Non glielo avevo detto, ovviamente, che altrimenti avrebbe protestato, ma non è questo il punto della storia. Cioè, lo è per quello che poi è successo. Ma intanto le faccio portare una fritturina…”
Il vecchio tirò fuori un pacchetto di sigarette e se ne accese una. Fece il gesto di offrirgliela, ma l’esecutore gliela rifiutò. “E poi si dice fumare come un turco… lasciamo stare. Insomma, arriva la famosa cena. Io mi aspetto di vedere qualche vecchio rincoglionito della mia età, e invece vedo Tonio entrare con questi due tipi che giuro sembravano degli attori di Hollywood. Quella foto che mi ha fatto vedere non gli rende giustizia. Lui con degli occhi azzurri inconfondibili, e vestito con un completo da sera come se ne vedono solo ai matrimoni. E lei… signor Torre, spero di star parlando con un uomo vero, dai gusti sani”.
L’esecutore annuí, invitandolo a continuare.
“Dio, quella donna era una fata, parola mia. Non scherzo, si sono girati tutti. Meno male che mia moglie stava in cucina…”
“Una donna dai capelli tinti di blu?”
“Allora sa di chi sto parlando. Una così o è un'attrice, o una escort. Ma immagino non possiate dirmi nemmeno questo. In ogni caso, immaginatevi questi due giovani, forse trent'anni a testa, vestiti come per salire su una passerella, al tavolo col vecchio Tonio ed il suo cappello borsalino. Uno spettacolo che mi ricorderò finché campo”.
All’arrivo della frittura mista il gabbiano tornò ad affacciarsi sulla terrazza. L'uomo levò un po’ di fritto da un calamaro e glielo lanciò. L’esecutore decise che fotografare il piatto e mandarlo a Samuel sarebbe stato troppo poco professionale per l'emissario di uno studio legale, e si limitò ad annuire. “Ha avuto modo di ricordare qualcosa della loro conversazione?”
“No, non ascolto i miei clienti. Men che mai i miei amici. Sono andato solo a prendere di persona gli ordini ma poi non mi sono immischiato. Li ho fatti servire da Diego, uno dei camerieri. Capirà, quel ragazzetto era tutto rosso quando andava vicino a quella fata”
Lanciò altro pesce fuori dalla terrazza, quasi divertito dal nugolo di volatili attratti dal cibo, per un attimo distratto dai propri ricordi. “Tonio era davvero ossequioso verso l'uomo. Verso la donna non saprei dire, credo che lei fosse più un’accompagnatrice, avrà aperto bocca una volta o due. Ma una donna del genere non ha bisogno di parlare, si fidi di un esperto! Giusto… lei ha ordinato poco, doveva essere indisposta. Nemmeno il dolce, e le assicuro che Diego le aveva proposto di tutto. Però mi dispiace, non saprei dirvi di cosa abbiano parlato. Ho scritto a Tonio il giorno dopo, ma non ho più avuto risposta”
Nella testa dell’esecutore danzarono mille pensieri. Le informazioni del signor Danieli coincidevano con la versione della Asrai, e dunque era chiaro se Antonio Zurlì non era un estraneo per Pontieri. Probabilmente doveva dei favori al nobile romano, ma la relazione tra i due era ancora tutta da svelare.
Soprattutto come potesse un professore in pensione, estraneo alle dinamiche della Santa Sede e della Firma, essere entrato in contatto con un magus la cui intera esistenza era basata sulla segretezza. Un magus contrattista, ragionò tra sé, un essere famoso per non concedere alcun favore senza poterne ricavare un buon guadagno; e Antonio non sembrava il tipo di persona in grado di suscitare favori nella vittima della sua caccia.
Guardò sconsolato il piatto, accorgendosi di aver divorato fino all'ultimo anello di calamaro.
“Però una cosa strana è successa…”
Il vecchio Lucio, con la sigaretta abbandonata nel posacenere, si portò una mano sotto il mento. “... come vi ho detto, mi ero riproposto di offrire la cena a Tonio. L'uomo giovane è venuto da me in cassa, si è offerto di pagare, ma io non mi rimangio la parola e gli ospiti degli amici sono anche miei ospiti, quindi gli ho detto di lasciar perdere. Non ci crederà, signor Torre, non ho mai visto un uomo insistere così tanto per pagare. Mai, giuro, mai. Non c'è stato verso. Allora ho acconsentito anche solo per levarmelo dai piedi, lo ho convinto, ed ha insistito per pagare con la carta. Che, per carità, questo è un posto a norma di legge, ma… per mia esperienza gente di quel tipo paga sempre in contanti”.
La questione non lo aiutò. Che Pontieri avesse pagato con la carta lo sapeva, ed era il motivo per il quale era riuscito ad arrivare fino alla Vecchia Pineta. Le preoccupazioni finanziarie di Danieli non erano l'argomento della discussione.
Aveva bisogno di scoprire cosa si fossero detti.
Poi un urlo.
Un urlo così agghiacciante che Lucio perse la presa sul bicchiere, per poi alzarsi di scatto nonostante l'età. La mano dell’esecutore d'istinto afferrò il coltello e fece un salto oltre il tavolo, oltrepassando il suo ospite e buttandosi verso la sorgente dell’urlo.
Veniva da dentro la Vecchia Pineta.
Entrò nel salone, e tutto il personale stava correndo verso le cucine. Al primo urlo se ne sovrapposero altre, più confuse; qualcuno gridava di chiamare la polizia.
Si fece strada sfruttando il proprio fisico: tracce della Firma si muovevano nell'aria, simili ad una tela stracciata o ad un odore sulla via di disperdersi. Entrò a forza nella cucina, maledicendo i pantaloni stretti e l'assenza delle sue armi.
I suoi occhi individuarono subito un corpo piegato in due davanti al frigorifero. Una macchia scura lungo l'anta colava verso il basso, lasciando poco spazio all'immaginazione. Per terra vi erano sparse delle posate e un piatto era rotto, caduti insieme al giovane in divisa da cameriere. Si avvicinò, rivolgendo un'espressione truce a un inserviente che cercò di trattenerlo; nessuno si azzardò a venirgli dietro e probabilmente fu per il meglio perché, quando si avvicinò per vedere se fosse possibile soccorrere il malcapitato, soltanto gli anni sul campo gli impedirono di distogliere lo sguardo dal disgusto.
Al posto di entrambi gli occhi c'erano pozze di sangue. Tagli e graffi su tutto il viso, tra i capelli, e non appena lo mosse un secondo fiotto di sangue acceso uscì da una ferita alla base del collo. Degli occhi non vi era rimasto più nulla.
Doveva aver cercato di difendersi perché alcune ferite erano anche sulle mani; al contrario il petto non riportava alcun colpo, l'uniforme era perfetta. Qualunque cosa lo avesse ucciso, aveva attraversato il cranio con una disgustosa precisione.
Si portò la mano al collo, sfiorando il crocifisso: l'energia nell'aria fluttuò come una scia, e l’esecutore la seguì con lo sguardo.
La finestra era aperta, e i suoi occhi percepirono il rapido battere di ali di un gabbiano che prendeva il volo.
“Che è successo a Diego?” gridò il signor Danieli apparso all'ingresso della cucina. “Chiamate subito la polizia!”
Padre Tsekani sudò. “Io provo ad andargli dietro!”
Lo disse più per levarsi i curiosi da torno che non per altro ma funzionò, perché l'intero staff del ristorante gli fece ala. Ritornò verso la terrazza dove aveva appena mangiato, accorgendosi di essere ancora armato solo di un coltellino da pesce. Si lasciò guidare dal crocefisso di nuovo, percependo il gabbiano allontanarsi. Maledì l'arsenale e la tunica ancora in macchina, ma non poteva perdere l'opportunità.
Si slacciò di corsa la cravatta, mandò un rapido vocale a Samuel, prese un bel respiro e iniziò a correre a perdifiato lungo il litorale.
La traccia della Firma volteggiava labile nel cielo, ma stavolta sapeva come fare.
  
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