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Autore: Elizabeth_3rd    29/03/2024    4 recensioni
[Tomarry - Sloooow burn - What if - Rewrite dal secondo libro in poi]
Per una serie casuale di eventi, Harry entra in possesso del diario di Tom Riddle prima che Ginny scopra di averlo ottenuto, e inizia a scrivere i suoi pensieri e i suoi sfoghi. Il Tom sedicenne, intrappolato nel diario da cinquant'anni senza sapere minimamente il tempo che è passato, pensa sia l'occasione perfetta per possedere l'ignaro ragazzino e concludere la sua missione di liberare Hogwarts dai nati babbani, ma qualcosa in Harry Potter lo colpisce più profondamente di quanto si sarebbe aspettato. Le loro due anime sembrano chiamarsi l'una all'altra, come se fossero connesse.
Insomma, praticamente il diario Tom diventa il confidente di Harry (e poi suo amico, e poi... ehhhh) e si affrontano tutti gli anni tranne il primo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Il trio protagonista, Tom O. Riddle | Coppie: Harry/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Scomode verità

 

“Tom… tu cosa sai della camera dei segreti?”

Tom si aspettava che prima o poi questa domanda sarebbe ritornata.

E si stava preparando ad affrontarla.

Solo che non credeva che sarebbe arrivata così in fretta.

Davvero Harry era riuscito a connettere le informazioni ricevute così rapidamente?! Che Tom lo avesse sottovalutato a tal punto?

No, probabilmente non era stato Harry.

In ogni caso, Tom doveva rispondere, ma non poteva dare per scontato che Harry avesse effettivamente scoperto il suo coinvolgimento.

Magari poneva la domanda per altri motivi.

Meglio non mettere tutte le carte in tavola.

“Perché mi poni questa domanda?” chiese, facendo il vago. 

Nel dubbio sempre fare il vago.

E si rese conto troppo tardi che fare il vago, in quella precisa circostanza, non era stata l’idea migliore del mondo.

Infatti, pochi istanti dopo aver rigirato appena la domanda, per prendere tempo e valutare quanto dire, sentì una sgradevole sensazione, come se il filo indissolubile che lo collegava a Harry da mesi e che ormai stava diventando una certezza sempre più spessa, gli venisse strappato via dalle mani, all’improvviso, lasciandolo a vagare da solo nel vuoto senza un faro che gli indicasse la via.

Fu una sensazione disorientante e anche particolarmente sgradevole.

Davvero bastava un attimo di esitazione per perdere la connessione con Harry.

Il ragazzo gli rispose dopo qualche secondo.

“Ogni volta che cerchi di evitare una domanda rispondi sempre così. Cosa mi stai nascondendo, Tom? Cosa sai della Camera dei Segreti che non mi hai detto?” c’era una certa pressione della penna, e qualche macchia di inchiostro. 

Secondo l’analisi di Tom, che aveva imparato a discernere il significato di ogni lettera scritta da Harry, al momento il dodicenne era nervoso, arrabbiato, possibilmente ferito e chiaramente agitato.

Ma Tom non sapeva cosa rispondere.

Per la prima volta, forse in tutta la sua vita, non aveva la minima idea di cosa fare.

Si era preparato a quel momento, l’aveva temuto, l’aveva aspettato, aveva creduto che non sarebbe mai arrivato perché Harry non sarebbe stato abbastanza sveglio da fare alcun collegamento, ma ora che lo affrontava, si sentiva in balia delle onde, perché qualsiasi cosa avrebbe detto in quel momento, avrebbe cambiato la concezione che Harry aveva di lui.

No, anzi, in realtà la concezione che Harry aveva di lui era già cambiata parecchio, vista l’improvvisa chiusura della porta che dava su di lui.

Tom non rispose.

Non riusciva a pensare.

Si sentiva soffocare nuovamente da quel nero che aveva sperato di non rivedere mai più.

Come poteva una persona che pochi giorni prima gli aveva detto che gli voleva bene, voltargli le spalle così facilmente?! Aveva ragione a non volersi fidare di nessuno! Nessuno, neanche Harry, era alla sua altezza.

Così, Tom, non rispose.

Lasciò Harry in attesa, in silenzio.

Per minuti, o forse ore, o forse anche settimane, chissà.

Non riusciva a capirlo.

Tom sperò che Harry lo gettasse via da qualche parte, così da non essere più costretto a provare quelle sgradevoli sensazioni.

Ma dopo quelli che parvero secoli, ma che si rivelarono essere pochi minuti, se non addirittura secondi, Harry gli scrisse di nuovo.

“Tu eri a Hogwarts quando è stata aperta. E hai ricevuto un premio per i servigi resi alla scuola quello stesso anno. Non può essere una coincidenza. Ti prego, Tom, dimmi cosa sai. So che potrebbe essere difficile, ma potrebbe aiutarci. Per ora è stato attaccato solo uno studente, ma potrebbero esserci altri attacchi. Ti prego parlami!” il collegamento sembrava ancora bloccato, ma le parole di Harry non erano piene di accusa o rabbia. Sembrava più che altro spaventato, timoroso, come se… come se stesse provando esattamente il senso di terrore che aveva assalito lo stesso Tom.

Erano parole che mostravano una grande paura di essere tradito, di non potersi fidare di qualcuno, perché le persone non erano mai disinteressate.

Tom si rese conto, per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare con Harry, di quanto fossero effettivamente simili.

E non solo per il serpentese, o per qualche similitudine nel passato che nessuno dei due voleva rivelare.

Tom aveva sempre dato per scontato che Harry si fidasse un po’ troppo del prossimo. Dopotutto si era aperto al diario in poco tempo, ed era sempre stato molto disposto a parlare, sfogarsi, e mostrare tutte le proprie debolezze.

Ma ora che Tom rifletteva sulle possibili debolezze da usare contro di lui, si rendeva conto che non ne conosceva poi molte.

Sì, voleva bene a Ron e Hermione, ma Harry non gli aveva mai parlato della sua famiglia, del suo passato, della strana fama che sembrava seguirlo ovunque andasse, ciò che attirava i sospetti, l’odio e l’ammirazione di persone come Colin Canon.

Harry era stato criptico quanto Tom, e aveva posto tante domande al ragazzo nel diario, a volte pure troppe. Tom, abituato a scoprire informazioni in modi meno evidenti, aveva dato per scontato che fosse solo un ragazzo curioso, ma forse, anche solo inconsciamente, stava indagando e analizzando Tom quanto Tom stava analizzando lui?

Forse non agli stessi livelli, era chiaro che non avesse secondi fini… probabilmente… ma il commento sull’esitazione di Tom dimostrava che prendeva appunti sui suoi comportamenti, e che lo aveva inquadrato più di quanto Tom si sarebbe aspettato.

E Tom si rese conto, analizzando tutte le interazioni avute con Harry, che i momenti in cui il loro legame era stato più forte, erano stati i momenti in cui Tom aveva lasciato andare un po’ della sua vera essenza.

Anche quando avevano litigato, anche quando Tom aveva creduto che fosse finita per sempre, Harry era tornato più legato a lui di prima, dichiarandosi felice di aver scoperto un nuovo lato di lui.

Mettere su una maschera non avrebbe aiutato a riconquistare il suo favore.

E neanche essere vago l’avrebbe fatto.

Harry gli aveva chiesto risposte.

E avrebbe ottenuto risposte.

Se Tom avesse avuto un corpo, avrebbe tirato un profondo sospiro preparatorio.

Sarebbe stato difficile essere sincero e nascondere la verità allo stesso tempo, ma doveva farlo.

Avrebbe giocato sulle sensazioni che gli procurava il ricordo di ciò che aveva fatto, e poi avrebbe semplicemente raccontato i fatti come li conoscevano tutti, senza dare dettagli inutili.

“Non credo che la mia testimonianza potrebbe essere utile” disse infine, preparando la risposta alla inevitabile successiva domanda di Harry.

“Come può non essere utile?! Se la camera è stata già aperta una volta e tu sai chi è stato, può essere più che utile!” disse infatti Harry, come da copione, sollevando un’obiezione molto normale e logica da fare.

“Ma il colpevole è stato scoperto e mandato ad Azkaban! Non può essere stato nuovamente lui, sono stato io stesso a scoprire chi era stato” Tom disse la verità… circa… il capro espiatorio era stato effettivamente scoperto e mandato ad Azkaban, da ciò che Tom sapeva.

Insomma, sarebbe stato stupido non mandare il mezzogigante omicida ad Azkaban dopo quello che aveva fatto, no? Il processo era ancora in corso quando Tom aveva creato l’horcrux, ma era naturale supporlo.

Harry ci mise qualche secondo a rispondere.

“Perché non me lo hai detto prima, se lo sapevi?” scrisse poi, in una scrittura stranamente ordinata vista la circostanza, e molto lenta, come se Harry si stesse sforzando al massimo per non lasciar trasparire emozioni attraverso l’inchiostro.

Poi, proprio alla fine della frase, una goccia cadde sul diario.

Una goccia che cercò di essere asciugata dal ragazzo prima che Tom riuscisse del tutto a identificarla e assorbirla lui stesso.

Ma Tom non era uno sciocco.

Quella era una lacrima.

Tradimento…

Delusione…

Dubbio…

Sfiducia…

Tom riusciva a percepire, flebili, quelle strane e inaspettate sensazioni farsi largo dentro di sé, e non appartenevano a lui, di questo era certo. Ma come era possibile, se il legame era stato spezzato, al momento? 

Tom non voleva sentire quelle emozioni indirizzate verso di lui, non da Harry! 

Non… voleva… 

La consapevolezza lo colpì come un pugno nello stomaco, anche se uno stomaco, lui, non lo aveva: non era stato Harry ad allontanarsi da lui per sfiducia, o almeno, non era stato un trancio da parte solo sua. Lui stesso aveva allontanato le emozioni, il legame, il collegamento, per evitare di soffrire come stava effettivamente capitando.

Aveva già appurato che le emozioni negative erano meglio di non sentirne alcuna, ma non voleva assolutamente sentire la delusione che Harry stava provando per lui in quel momento.

Lo faceva sentire… strano.

Doveva recuperare la situazione, e giustificare le sue menzogne e omissioni. 

“Perché non volevo che mi guardassi con occhi diversi, Harry. Non volevo che mi giudicassi per qualcosa che non mi rappresenta davvero. È lo stesso motivo per il quale non ti ho detto a quale casa di Hogwarts sono stato smistato” porse metaforicamente la mano verso Harry, ammettendo una sua debolezza in modo più chiaro di quanto avesse fatto fino a quel momento.

I nodi arrivavano al pettine, e prime confessioni venivano alla luce.

Tom sperò solo che non gli si sarebbero ritorte contro nei modi peggiori.

“Serpeverde… Hermione ha fatto una ricerca” scrisse Harry, con la stessa scrittura rigida e cauta.

Stavano camminando in punta di piedi l’uno intorno all’altro, cercando di ritrovare il vecchio equilibrio o crearsene uno nuovo.

“E che cosa dice, Hermione?” provò ad indagare Tom, esponendosi meno, e in parte leggermente curioso circa cosa avrebbe potuto trovare.

Non aveva idea di cosa gli fosse successo in quei cinquant’anni, e il fatto che Harry non avesse mai nominato Lord Voldemort non lo faceva ben sperare sul successo della sua vita, anche se poteva benissimo aver cambiato nome, in quegli anni. E poi Harry non sembrava così particolarmente preparato in politica, forse non sapeva il nome del ministro della magia che poteva tranquillamente essere lui.

Forse Lord Voldemort agiva nell’ombra e stava cercando il momento perfetto per attaccare. Il tempo, dopotutto ce l’aveva. Era immortale, grazie agli horcrux.

“Ha scoperto che sei stato prefetto, caposcuola, e che poi si sono perse le tracce…” scrisse Harry, senza offrire quasi nessun dettaglio.

Oh, caposcuola! Beh, ovviamente lo era. Era solo naturale che l’avessero reso caposcuola. 

…in che senso si erano perse le tracce? 

Forse era perché aveva cambiato nome? Giustamente, meno persone conoscevano il suo nome babbano, meglio era. 

Tom però era turbato, aveva una brutta sensazione addosso. 

Ma non aveva tempo di pensare a ciò.

“Tom, chi ha aperto la camera, cinquant’anni fa?” Harry tornò al punto del discorso, scoprendo le carte e pretendendo la verità.

Rubeus Hagrid… era una risposta semplice da dare.

Ma Tom non poteva essere così chiaro, non avrebbe avuto senso dopo essere stato così misterioso… doveva provargli che diceva la verità, assicurarsi che Harry si fidasse di lui, mostrargli la via…

Mostrargli…

Tom tornò a sentire il legame che lo univa a Harry. Non era forte come prima, ma aveva un’intensa energia magica, quasi un’attrazione.

Era riuscito ad uscire dal diario, e andare nel corpo di Harry, possederlo per un po’, non fisicamente, ma comunque entrando nel suo mondo abbastanza da fargli fare ciò che voleva lui.

Forse era in grado di fare un processo inverso.

No… non era un forse, ne era in grado, lo sentiva.

“Se vuoi posso mostrartelo…” suggerì, senza sapere neanche lui esattamente come sarebbe riuscito nell’impresa, ma guidato dall’istinto che quella potesse rivelarsi la scelta migliore.

“Cosa?” La scrittura di Harry tornò più simile alla solita, un po’ confusa, disordinata, veloce.

“Se ti fidi abbastanza di me, potrei farti entrare in uno dei ricordi del mio diario, quello della notte in cui ho catturato il responsabile. Non dovrai credermi per forza, ma è la mia verità, come l’ho vissuta” spiegò, e riusciva a sentire l’apertura sul mondo di Harry farsi più ampia. Anche senza impegno, riuscì a vedere la sua soggettiva. Vide il diario con le parole che aveva appena scritto, l’inchiostro che brillava appena sotto la luce delle candele, e l’energia magica nell’aria, pronta a risucchiare Harry all’interno del libro.

Lesse la frase scritta di Harry prima ancora di sentirla nel suo essere.

“Mi fido, Tom… mostrami…”

Sentì una sensazione di calore mai provata prima, e per un secondo, un singolo istante, gli sembrò di toccare l’anima stessa di Harry.

Abbastanza da trascinarlo nel diario con lui.

 

Il palco era allestito, e per certi versi, il palco era Tom.

Era stato incredibilmente istintivo, ma anche molto strano ritrovarsi nel mezzo del suo stesso ricordo, ed era come aprire un piccolo cassetto e mostrare una parte di sé.

Tom non aveva niente da nascondere, nel ricordo che aveva scelto, ed era pronto a nascondere qualsiasi minima eventuale traccia della sua colpevolezza, ma per il resto avrebbe lasciato che la scena procedesse senza muovere un dito, come un film babbano impresso nella pellicola.

E quando il palco fu allestito, entrò il pubblico.

E per un singolo istante, tutto rimase completamente immobile, mentre Tom finalmente vedeva per la prima volta, interamente, senza filtri, il famoso giovane Harry Potter.

Non sapeva esattamente cosa aspettarsi, ma si era fatto un’idea del suo aspetto, dalla sua soggettiva.

Era basso, aveva i capelli neri, le mani piccole e le unghie rovinate. Era tutto ciò che era riuscito a vedere con chiarezza dal suo sguardo e dai fugaci riflessi che era riuscito a cogliere.

Adesso, Tom lo percepiva e osservava da ogni angolo, interamente, come se Tom fosse completamente intorno a lui. Vide il suo fisico mingherlino anche per un ragazzo della sua età, il volto magro ma comunque con i tratti dell’infanzia, i grandi occhi verdi che iniziavano a guardarsi intorno in quello che era l’ufficio del preside Dippet ai tempi in cui Tom frequentava Hogwarts. Il suo sguardo era confuso, disorientato, stranamente maturo e sull’attenti per un ragazzo di soli dodici anni, come se avesse visto già molte cose che molti adulti non potevano neanche immaginare, ed era uno sguardo circondato da occhiali tondi.

Sì, Tom aveva sempre intuito che portasse gli occhiali, riusciva a vederne i riflessi dai suoi occhi.

I capelli erano molto più disordinati del previsto, di un nero corvino, sparati ovunque.

E tra i capelli e gli occhi, un dettaglio colpì e attirò l’attenzione di Tom.

Una cicatrice a forma di saetta, molto peculiare, molto interessante, della stessa forma dello squarcio che si era aperto la prima volta che Tom era riuscito a raggiungere Harry.

Se avesse avuto un corpo, Tom avrebbe sollevato la mano per sfiorarla, irrimediabilmente attratto da quella strana e inusuale caratteristica.

Ma si limitò ad osservare, mentre Harry, con la sua poca lungimiranza, si approcciava al preside Dippet dietro la scrivania scusandosi di essergli piombato nell’ufficio.

Non si poteva negare che fosse un ragazzino educato e rispettoso, almeno, anche se un po’ tonto.

Un bussare alla porta interruppe la presa di coscienza di Harry che quello era un ricordo e lui non poteva interferire con gli attori in scena.

-Avanti- disse Dippet, con voce flebile.

E nell’ufficio entrò il Tom Riddle del ricordo, la versione completa, prima dell’horcrux, poco dopo il suo primo omicidio ad opera del basilisco.

Tom sapeva di avere fascino, ma a vedersi da fuori non poteva che confermarlo. Era proprio un bel giovane, modestamente.

Ma non poteva concentrarsi troppo su di sé, doveva carpire ogni singola emozione e reazione di Harry, era il momento migliore per analizzarlo perfettamente, capire i suoi pensieri dalle sue espressioni e atteggiamenti, e non solo dalle sue parole scritte. Era un’occasione irripetibile.

E quando Tom Riddle entrò nella stanza, Harry si girò verso di lui, e aggrottò le sopracciglia, confuso.

…reazione inaspettata.

-Ah, Riddle- lo accolse Dippet, in tono un po’ impacciato.

Harry sgranò gli occhi.

-Tom?!- lo indicò, incredulo, a bocca aperta.

…perché questa reazione?! Qual è il problema, Harry?! Che ti aspettavi?! 

-Voleva vedermi, professor Dippet?- chiese il sé del passato, professionale e formale, anche se un po’ nervoso.

Harry continuava a fissarlo a bocca aperta.

-Siediti, ho appena letto la lettera che mi hai mandato- annunciò Dippet, indicando una sedia davanti alla scrivania.

Il Tom del passato si sedette, leggermente a disagio. Harry continuava a fissarlo, girandogli intorno, e sembrava più interessato a lui che alla loro conversazione.

-Sei davvero Tom?- sussurrò molto tra sé, come se il ricordo potesse rispondergli, mentre Dippet gli dava delle brutte notizie.

-Mio caro ragazzo, non ho la minima possibilità di farti rimanere a scuola per l’estate. Non vuoi tornare a casa per le vacanze?- stava dicendo infatti, in tono contrito.

-Ma sei… bello…- borbottò Harry, le guance leggermente rosse.

…aspetta, cosa?!

Perché questo tono sorpreso?! Ti aspettavi una persona brutta, Harry?! Ma come ti permetti! 

-No, preferirei molto di più restare a Hogwarts che restare in quel… in quel…- intanto la conversazione continuava.

Ma visto dove stava andando a parare, era una buona cosa che Harry fosse distratto.

Forse Tom poteva cambiare un attimo il ricordo e…

-Se non sbaglio trascorri le vacanze in un orfanotrofio di babbani- troppo tardi, Dippet aveva rivelato tutto.

Colpa di Harry che distraendosi aveva distratto anche lui con i suoi strani commenti inaspettati.

Dai, magari non se n’era accorto.

Harry si girò verso Dippet.

-Orfanotrofio?!- esclamò, sorpreso.

Maledizione, Harry! Tu e la tua attenzione selettiva! 

Beh, tanto valeva approfittarne per costruire fiducia. Almeno si toglieva sospetti sull’essere l’erede di Serpeverde se diventava chiaro quanto ci tenesse a Hogwarts per via delle sue umili origini.

-Sì, signore- ammise quindi il Tom del ricordo, un po’ imbarazzato anche lui dal dover ammettere da dove venisse.

Beh, sì, non era esattamente piacevole ammettere di essere un orfanello dalla nascita. Non erano ben visti.

-Tu sei figlio di babbani?- chiese Dippet.

Eh no! Quello no, se permetti!

-Sono un mezzosangue, signore. Padre babbano e madre strega- si affrettò a correggerlo Tom, mantenendo la calma.

Harry faceva passare lo sguardo tra i due come se fosse ad una partita di tennis, senza perdersi neanche una parola.

-E i tuoi genitori sono tutti e due…- indagò Dippet.

I fatti tuoi mai, preside?!

-Mia madre è morta appena sono nato, signore. All’orfanotrofio mi hanno detto che ha vissuto abbastanza da darmi il nome: Tom come mio padre, Orvoloson come mio nonno- spiegò il Tom del ricordo, a voce bassa.

Harry lo fissava.

-Sei… un orfano…- nel suo sguardo però non c’era delusione o disgusto, e neanche la fastidiosa pietà che Tom detestava.

Gli occhi di Harry avevano solo partecipazione ed empatia, come se avesse trovato un’anima affine.

Sollevò una mano, e provò, esitante, a posarla sul braccio di Tom, trapassandolo con una certa delusione.

La conversazione proseguì con faccende molto più importanti, e Harry scoprì della morte di una ragazza a causa dell’erede di serpeverde, degli attacchi, e di come stessero pensando di chiudere la scuola.

Harry ascoltò con interesse, curiosità e preoccupazione, ma Tom non riusciva a smettere di pensare allo sguardo che gli aveva lanciato quando aveva scoperto delle sue origini. 

Era chiaro che si doveva preparare ad avere una conversazione al riguardo, in futuro.

Un pensiero che gli metteva timore, anche se per il momento doveva concentrarsi sul presente… ovvero il passato che stava rivivendo in quel momento.

Il colloquio con Dippet diede informazioni sull’attacco e la morte della ragazza.

E una volta concluso tale colloquio, per i corridoi, Tom del passato e un piccolo Harry che lo seguiva zompettando, incontrarono anche Silente, che come sempre guardò Tom con cipiglio un po’ sospettoso, anche se Harry non sembrò troppo accorgersene perché era occupato a fissarlo a bocca aperta. Doveva essere invecchiato molto se Harry era così stupito nel vederlo così giovane.

Se avesse avuto un corpo, Tom avrebbe fatto un sorrisetto soddisfatto.

E poi finalmente si giunse alla parte saliente di quel ricordo, quello che avrebbe finalmente dato un nome e un volto al temibile erede di Serpeverde.

Tom ricordava come se fosse ieri… e per certi versi era più o meno il suo ieri dato che aveva creato l’horcrux pochi giorni dopo quel fatto… la soddisfazione nell’aver trovato il capro espiatorio perfetto per quella sua malefatta.

Aveva scoperto del ragno nascosto circa a metà anno, durante il pattugliamento dei corridoi, e si era segnato l’informazione nell’eventualità di dover dare la colpa a qualcosa o qualcuno se avessero deciso di chiudere la scuola o fossero arrivati troppo vicini a scoprire lui.

In realtà aveva altri cinque o sei piani alternativi, a seconda della circostanza, ma quello di usare Rubeus Hagrid come capro espiatorio era il più semplice e attuabile in quella circostanza nella quale doveva agire in fretta.

Beh, in fretta relativamente, dato che dovette aspettare parecchio prima dell’arrivo del suo bersaglio… una noia mortale.

Anche se, a differenza che per il Tom del ricordo, costretto a restare immobile in attesa, il Tom diario poteva osservare Harry e analizzarlo ancora meglio, mentre Harry analizzava lui, fissandolo come se non riuscisse a credere che la persona con la quale aveva parlato nel diario per tutto questo tempo fosse lui.

-Tom… mi senti? Possiamo comunicare, da qui?- provò a chiedere Harry dopo quasi un’ora.

Forse Tom avrebbe potuto rispondergli mentalmente, ma non lo fece. Non poteva togliere il realismo e l’immersione di quel ricordo, o non sarebbe sembrato abbastanza autentico. 

Anche se Harry gli sembrava così lontano, in quel momento… 

-Tom… dura ancora molto, il ricordo?- insistette Harry, provando a toccarlo, ma trovandosi a trapassarlo di nuovo, come se Tom fosse un fantasma. 

E il Tom del ricordo non diede segno di essersi accorto di nulla. E come avrebbe potuto, non era che un ricordo costretto a compiere gli stessi gesti che aveva già compiuto in precedenza.

-…non mi aspettavo che fossi così, sai?- borbottò Harry dopo qualche secondo, poggiandosi al muro e scivolando a terra, distogliendo lo sguardo da Tom un po’ imbarazzato da ciò che stava dicendo.

E cosa ti aspettavi, Harry?

Questo era ciò che Tom gli avrebbe voluto chiedere, ma ovviamente non poteva farlo, e si limitò ad ascoltare sperando che Harry parlasse senza aver bisogno di ricevere un input.

-Pensavo fossi più tipo Percy… il fratello maggiore di Ron. Lui è molto secchione e rigido… oppure un po’ tipo Neville, impacciato e solitario... non è un’offesa, è solo che… sembri così perfetto, a vederti così. È strano- Harry, il solito chiacchierone, non si fece desiderare a lungo, ma disse le ultime cose che Tom si sarebbe aspettato.

Neville? Neville Paciock?! Tom l’aveva visto di sfuggita, mentre osservava dagli occhi di Harry, e non potevano essere più diversi! 

Non sapeva se essere offeso da questa comparazione, o soddisfatto per averlo stupito ed essere considerato perfetto, cosa che, modestamente, sapeva già di essere. Ma, come sempre, Harry lo faceva sentire in modo strano e inusuale.

E mentre fissava Harry, che fissava la sua versione che lo ignorava, Tom sentì un’emozione mai provata prima, che lo colse del tutto impreparato.

Un’emozione che non avrebbe saputo definire, ma che si palesò con il pensiero irritato “Perché a Harry piace tanto il me del passato? Dovrebbe guardare il me di adesso!”.

Il fatto che Harry non potesse vedere il Tom di adesso, perché tale Tom era inconsistente, e che a dirla tutta, per certi versi, osservare il Tom del passato era uguale ad osservare il Tom del presente, dato che erano praticamente la stessa cosa, era del tutto ininfluente.

Tom voleva che Harry guardasse lui.

E lui voleva guardare Harry, davvero, non voleva solo percepirlo.

E fu ciò che accadde.

Tom si girò verso Harry, per un istante. Non si rese neanche del tutto conto di ciò che stava facendo, né del fatto che era qualcosa che poteva fare, ma si ritrovò nella sua versione adolescente, quella del ricordo, e si girò verso Harry.

I due si guardarono negli occhi. Tom non si era mai sentito così vicino a Harry  come in quel momento, ed era strano, a dirla tutta, dato che Harry era letteralmente dentro il suo diario, circondato interamente da Tom. Tom stesso aveva posseduto Harry più volte, anche se in quel caso era sempre stato più come muovere i fili di un burattino. 

In quel momento si sentiva fisicamente vicino a Harry, come se potesse toccarlo, come se fossero sullo stesso piano.

-Tom…- lo chiamò Harry, in un sussurro, sollevando una mano, e sfiorandogli la spalla.

Tom sembrò percepire quel contatto.

Ma durò solo un istante, perché un suono all’esterno della stanza attirò l’attenzione di entrambi, e Tom venne sbalzato fuori dal sé del passato, dato che doveva restare concentrato sul far procedere il ricordo come stabilito, e non poteva permettersi distrazioni occhialute.

La mano di Harry trapassò nuovamente Tom, che tornò a guardare il corridoio, ignorando il ragazzino, che sembrò disorientato e anche un po’ deluso per un attimo, prima di fare altrettanto, comunque interessato a ciò che stava per scoprire.

E l’antagonista principale entrò presto in scena, enorme, agitato e con il mano una scatola. Iniziò ad attraversare il corridoio, e Tom, silenziosamente, lo seguì, tallonato da Harry.

Era il ritratto perfetto di un villain, si vedeva lontano un miglio. Come si poteva dubitare che fosse colpevole, con quella stazza e quelle tendenze violente tipiche della sua razza? 

Harry però non sembrava spaventato o allarmato, ma fissava Rubeus molto confuso.

Lo seguirono fino ad una piccola stanza, e fu solo allora che il Tom del passato si palesò al suo capro espiatorio.

-Buonasera, Rubeus- lo salutò, secco.

Il mezzogigante sobbalzò vistosamente, e nascose con il suo immenso corpo la creatura che stava celando a tutti.

-Tom, che ci sei venuto a fare quaggiù?- chiese, preoccupato.

-È finita, sarò costretto a consegnarti, Rubeus. Se non trovano il responsabile, si parla di chiudere Hogwarts- lo affrontò il Tom del passato, sguainando la bacchetta, con decisione e carisma. 

-Che diavolo…- Rubeus sembrava confuso… giustamente, dato che non aveva idea di cosa Tom stesse dicendo, visto che non era responsabile di nulla.

Ma Tom era abbastanza carismatico da convincere anche lui di essere colpevole. 

-Il minimo che Hogwarts può fare per i poveri genitori della ragazza morta è assicurarsi che ciò che ha ucciso la loro figlia sia eliminato, e il colpevole catturato- continuò infatti, avvicinandosi pronto ad uno scontro.

-Ma non è stato lui!- provò a lamentarsi Rubeus, sollevando al contrario le mani invece della bacchetta. Tsk, che rozzo! 

Seguì uno scontro tra Tom e il ragno gigante che Hagrid teneva nascosto, uno scontro che si concluse con… diciamo una situazione di parità, ma solo perché erano in due contro uno, e comunque Tom riuscì facilmente a tenere Rubeus sotto scacco, restando anche perfettamente pettinato mentre lo faceva.

Il ragno sfuggì, questo era vero, ma in realtà anche quello era calcolato. Così non potevano interrogarlo e scoprire che non era stato lui.

…ucciderlo sarebbe stato meglio, ma dettagli.

Tom era stato comunque fighissimo! 

Che audacia!

Che meraviglia!

Che prontezza!

Tom si sarebbe sposato da solo, se avesse potuto. Ora capiva perché riceveva sempre così tanti messaggi, a San Valentino. Harry non poteva più dubitare di lui dopo una performance così sentita.

-Hagrid?- sussurrò Harry. Non sembrava ammirato o spaventato, sembrava preoccupato. Ma non per Tom… fissava Rubeus… perché?

Un momento… come lo aveva appena chiamato? 

Tom non lo aveva mai chiamato per cognome, come faceva Harry a conoscerlo? 

-Hagrid!- gridò Harry, preoccupato.

Qualcosa non andava.

Interrompere, interrompere subito!

Harry venne sbalzato via dal ricordo. Tom era più confuso e disorientato di lui.

Come era possibile che conoscesse Rubeus Hagrid? Il mezzogigante doveva trovarsi ad Azkaban, in quel momento, ed esserci stato per cinquant’anni! 

Tom temeva che gli fosse sfuggito qualcosa di davvero importante, che avrebbe potuto mettere i bastoni tra le ruote a tutta l’operazione.

 

Harry non sapeva su quale pensiero concentrarsi prima.

Troppe informazioni scoperte tutte insieme, ma l’ultima era quella più scioccante. Non era oltremodo possibile che Hagrid fosse l’erede serpeverde e il responsabile dell’omicidio di una ragazza, neanche per errore. Ea vero che trattava con creature pericolose, e aveva messo in pericolo lui, Ron e Hermione lo scorso anno, tra draghi e cani a tre teste, ma non aveva intenti malvagi, non avrebbe mai permesso che le sue creature attaccassero o uccidessero qualcuno… vero?

“Harry… va tutto bene?” la frase preoccupata di Tom lo riscosse dai suoi pensieri carichi di turbamento.

“Hai sbagliato” si ritrovò a scrivere senza neanche rendersene del tutto conto. Sapeva che Tom fosse permaloso, e non voleva dubitare dei suoi ricordi, soprattutto considerando quanto si era esposto, ma era troppo sconvolto, e non voleva credere a quando aveva appena visto. 

Tom ci mise qualche secondo a rispondere.

“Odi così tanto i serpeverde da non credere neanche a ciò che vedi con i tuoi occhi se ti viene mostrato da uno di noi?” 

Nel leggere quelle parole, così piene di amarezza, a Harry saltò un battito, e si sentì profondamente in colpa.

“Non è vero! Ti credo, Tom!” si affrettò a rassicurarlo, ripensando alle tante cose che aveva visto in quel ricordo, ripensando a… Tom.

Era completamente diverso da come Harry se lo era figurato, e molte delle informazioni scoperte su di lui cozzavano profondamente con l’immagine che aveva visto nel ricordo. Come era possibile che un ragazzo così bello e sicuro di sé, con quel portamento, quello sguardo, e quel senso di giustizia, non avesse amici e nemmeno una ragazza?! No, seriamente, come poteva essere single?!

Non che fosse la cosa più importante, ma era un motivo di grande shock, in ogni caso.

Allock, avrebbe sfigurato davanti a Tom Riddle, ed era un dato di fatto. Non che Harry fosse esperto di bellezza maschile, era un maschio anche lui, dopotutto, ma comunque certe cose era normale notarle.

E non doveva distrarsi a pensarci.

“Mi credi ma pensi che mi sia sbagliato? Perché, Harry? Come conosci Rubeus Hagrid?” lo incalzò Tom, facendo tornare Harry concentrato.

“Hagrid è il custode delle chiavi e dei luoghi a Hogwarts! Non può essere l’erede serpeverde!” spiegò Harry, pensando al suo amico.

“Non è ad Azkaban?! Ma stiamo scherzando?! Lavora addirittura a Hogwarts?! Ma come è possibile?!” si lamentò Tom, sconvolto e indignato.

“Forse ti sei sbagliato ed è stato scagionato dopo che hai scritto il diario. Oppure hanno capito che è stato un incidente! È stato per forza un incidente, se è stato lui, Hagrid non farebbe mai del male a nessuno! È una brava persona!” lo difese Harry, deciso. 

Forse Hagrid poteva essere il responsabile, cinquanta anni prima, ma ora non era lui, questo era più che certo.

Non poteva essere lui!

“Perché lo difendi così tanto? Come ha ottenuto tutta questa lealtà da parte tua?” indagò Tom. Sembrava… geloso? No, impossibile! Offeso, forse. Incredulo che Harry si stesse fidando così tanto di un presunto assassino e non di lui.

Harry si rese conto che, con ogni probabilità, Tom era rimasto profondamente traumatizzato dall’apertura della camera dei segreti, e dall’aver catturato il colpevole.

Non lo aveva dato a vedere nel ricordo, perché era molto sicuro e coraggioso, ma era impossibile non essere spaventato da una cosa del genere. Sicuramente anche per questo motivo aveva esitato nel rivelare le informazioni che sapeva a Harry. Rivivere quel ricordo doveva essere terribile! 

Nella sua ottica, Hagrid era un assassino che aveva ucciso una ragazza poche ore prima. Si era sentito obbligato a fare qualcosa perché altrimenti avrebbe rischiato che la scuola venisse chiusa, e di tornare in quell’orfanotrofio babbano.

Harry… poteva capirlo.

Si sentiva allo stesso identico modo. Anche lui era un orfano. Anche per lui Hogwarts era casa. E pure lui si sentiva costretto ad indagare e a intervenire perché non poteva rischiare che chiudessero la scuola.

Tom e Harry… erano molto più simili di quanto Harry pensasse. Non era solo una buona valvola di sfogo in quanto diario, era una persona che poteva capire Harry, capirlo davvero, molto più di Hermione, Ron, o chiunque altro che conoscesse.

“Hagrid mi ha portato via dai Dursley” confessò Harry, con una leggera punta di incertezza, decidendo, però, di ammettere tutto ciò che aveva tenuto nascosto a Tom. Tom lo aveva fatto per lui, gli sembrava corretto ricambiare e aprirsi.

Poteva fidarsi di Tom, Tom lo avrebbe compreso.

“I Dursley?” chiese Tom, confuso. Harry li aveva citati, in precedenza, ma non era mai sceso nei dettagli.

“I miei zii. Io vivo con loro. Hagrid mi ha raggiunto quando loro volevano impedire a tutti i costi che scoprissi di essere un mago. Mi ha spiegato tutto, mi ha portato a Diagon Alley, mi ha regalato la mia civetta Edvige, è sempre stato gentile con me. È mio amico, e una delle persone più importanti, per me, non voglio credere che sia capace di fare del male a qualcuno come Colin, o chiunque altro” aprì il suo cuore, e non trattenne né provò ad asciugare le lacrime che bagnarono le pagine del diario, venendo in fretta assorbite.

Tom ci mise un po’ a rispondere.

“Perché vivi con i tuoi zii, Harry?” chiese poi, continuando ad indagare.

Harry si morse il labbro inferiore, nervosamente. Se doveva dire la verità, doveva andare fino in fondo.

“Ti ho tenuto nascosto qualcosa, Tom. Su di me. Il motivo per il quale Allock è così pressante. Il motivo per il quale Colin mi scatta sempre foto, Malfoy mi odia, e tutti sono sempre attenti ad ogni cosa che faccio. Non volevo tenertelo nascosto, ma… sei la prima persona che conosco che non lo sa, nel mondo magico, e volevo… restare per un po’ nell’anonimato e farmi conosce solo come Harry, e non come Harry Potter… con i miei tempi” spiegò, facendo un enorme preambolo.

“Capisco, Harry. Ma puoi fidarti di me. Qualsiasi cosa mi dirai, se vuoi dirmela, non cambierà nulla del nostro rapporto, te lo assicuro” gli scrisse Tom, confortante. Era sempre così gentile, Harry si sentiva sempre meglio quando parlava con lui, e sapeva di potersi fidare. Se non l’aveva giudicato per il fatto che parlava con i serpenti, non l’avrebbe fatto neanche per quello. Soprattutto perché era qualcosa che in parte avevano in comune.

“Quando avevo un anno, i miei genitori sono stati uccisi da un mago oscuro. Ha tentato di uccidere anche me, ma per qualche motivo la maledizione è rimbalzata e ha colpito lui, sconfiggendolo. Era un mago terribile che aveva generato un regno del terrore, quindi tutti mi consideravano il responsabile della sua sconfitta e della pace arrivata dopo. E tutti mi conoscono, mi chiamano il bambino che è sopravvissuto” spiegò Harry, arrossendo appena nel narrare la cosa come se lui fosse importante per davvero. La sua era stata solo fortuna, ed era stata sua madre la vera eroina.

“Un potente mago oscuro? Parli di Grindelwald?” chiese Tom.

Grindelwald? Chi era? Harry non lo aveva mai sentito nominare… forse di sfuggita da qualche parte, ma il nome non gli diceva nulla di importante.

“No, probabilmente è vissuto dopo di te. Si chiamava Voldemort”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Wow… wow… Harry l’ha detto… chissà come l’ha presa Tom (si scoprirà nel prossimo capitolo ho già scritto la scena).

Questo capitolo è stato davvero pieno, pensavo che uscisse anche più lungo, ma ho riassunto qualche scena poco importante. C’è stato tutto il flashback della cattura del povero Hagrid, con tanto di rivelazione di Voldemort da parte di Harry, pare che la trama stia decisamente decollando…

Ho fatto un cambiamento piccolo dal canon e ho fatto che Tom crede che Hagrid sia stato mandato in prigione, perché se avesse saputo che era in giro, lo avrebbe accusato prima, probabilmente.

Scusate se ci ho messo così tantissimo, ma questo periodo davvero non ho tempo neanche di respirare, il lavoro mi prende tantissimo, ma spero che il capitolone ripaghi l’attesa, e il prossimo dovrebbe uscire un po’ prima perché l’ho già scritto in parte, ma non faccio promesse

   
 
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