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Autore: paige95    31/03/2024    2 recensioni
La guerra in Afghanistan è il filo rosso che lega il destino di due uomini e due famiglie, due mondi distanti che non sanno di essere molto vicini tra loro.
Nell'estate del 2018, in pieno conflitto, il tenente comandante dei Navy SEALs Christian Richardson e l'inviato speciale del Los Angeles Times Samuel Clark verranno chiamati al fronte, lasciandosi alle spalle vissuti, affetti e i vasti territori californiani.
[Questa storia partecipa al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" indetto da BessieB sul forum di EFP]
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Destino'
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Il fronte più vicino

 
 
 

Base militare semidiroccata, confine Nord/Est; 6 novembre 2018
 
In anni di onorato servizio militare, diverse missioni e un distintivo a grado di tenente, Christian non si era mai domandato come avrebbe potuto giudicare sua madre una scelta professionale così usurpante. In realtà, non si era mai fermato a riflettere quanto le avrebbe frantumato l’anima immaginare il figlio fra quattro mura sudice di umidità, impegnato a giocare a dadi con il proprio destino.
Christian non era certo che avrebbe assistito ad una nuova alba. Eppure, quella stessa notte accompagnato dalle stelle e da un cielo terso, aveva elaborato con le sue mani un piano d’azione, aveva dato ordini precisi ai suoi uomini, aveva escogitato ogni possibile ritirata in caso di emergenza.
La planimetria di Kabul e dell’ospedale erano costellate da cerchi, linee e croci per dare una forma chiara e tangibile allo schema della missione.
Era seduto sul suo materasso pieno di acari. Avrebbe dovuto immergersi nel geraniolo[1], prima di trovare il coraggio di riabbracciare la piccola Alisia. Ogni tentativo di dare un assetto a quel giaciglio era una sfida persa in partenza.
Accanto alle cartine, aveva posato fucili, pistole e ogni genere di strumento offensivo che gli sarebbe potuto tornare utile. Avevano scoperto che la fazione opposta difendeva gli ideali per cui combatteva con le stesse loro armi. Non vinceva chi era un più abile cecchino, ma chi senza remore avrebbe sparato per primo e Christian in quello aveva evidenti limiti. Avrebbe voluto ammettere il contrario, ma era un uomo perfettamente imperfetto e con quei difetti al fronte si sarebbe giocato la vita.
Dalle ore più buie gli era balenato il pensiero di chiamare la sua famiglia, prima di affrontare quell’impresa. Continuava ad allontanare da sé il cellulare dopo averlo afferrato, non si sentiva in diritto di spaventarle.
Si era accertato di essere solo in quella stanza, prima di concedere ad una lacrima il permesso di sciogliersi e ad un sospiro più pesante il tempo di districarsi. Alcun soldato avrebbe potuto affidare la propria vita e quella dei propri cari all’incoscienza di un capitano che si abbandonava senza controllo ai sentimenti.
Si coprì gli occhi con i palmi delle mani e si perdonò di provare tanta frustrazione in un momento così delicato. Scoprì che trattenere il respiro rendeva meno reale lo sgomento che avrebbe inferto fino a San Diego per non essere riuscito a tradire se stesso.
Si asciugò il viso con la manica della divisa che avrebbe indossato durante l’irruzione nell’edificio. Quella stoffa presto non si sarebbe macchiata solo delle sue lacrime.
Impugnò il telefono senza ripensamenti e compose il numero di sua moglie. Il vero atto di temerarietà nelle ore a venire sarebbe stato quello che stava per compiere. Dopo qualche squillo sentì riattaccare la linea e nell’istante successivo ricevette la richiesta di un videocollegamento. Il panico lo pervase, era impresentabile nel fisico e nell’anima.
Il seal scivolò lungo il materasso, il più lontano possibile dalle armi che aveva posizionato pronte all’uso. Accettò la chiamata solo quando fu sicuro di trovarsi in un angolo del capanno spoglio da ogni riferimento bellico.
L’ambiente fatiscente venne illuminato all’istante dal consolante sorriso di Katherine.
«Credevo avessi cambiato idea e non volessi più sentirmi. Amore, cosa sta succedendo laggiù? Non vedo altro che preoccupazione nei tuoi occhi»
I lineamenti della moglie si indurirono ed era proprio l’effetto che Christian temeva di sortire in quella trepidante mattinata di preparativi.
«Ti prego, non smettere mai di sorridere…mi è di conforto»
La richiesta del marito la rese pensierosa.
«Christian, stai bene?»
L’uomo le rivolse un cenno rincuorante per non angustiarla, ma preferì non concentrarsi sulla telecamera del telefono.
«Katherine, ho perso la catenina che mi hai dato prima di partire. Mi dispiace»
«Hai perso la fede?»
«No, quella è al mio dito»
La mostrò soddisfatto alla moglie, ma non la vide sollevata. Era faticoso sostenere lo sguardo di Katherine, sapendo di non potersi permettere la verità.
«Chris, non avere paura. Io e Alisia ti siamo accanto»
«Vi sento vicine»
Uno schermo li divideva, ma i sentimenti dell’uomo che amava le erano nitidi, come se gli fosse accanto. Lo spazio circostante era di maggiore interesse per lui oppure era solo un pretesto, una banale fuga da una conversazione scomoda.
«Christian, sei ancora in tempo per tornare a casa»
«Un capitano non abbandona mai la nave prima dei suoi uomini»
«Anche a rischio della vita?»
La domanda fu inaspettata dalle labbra della moglie. Venne avvertita da Christian al pari di un’accusa. La sua non era una decisione, ma un dato di fatto, una legge per coloro che avevano scelto il mare come filosofia.
«Anche a rischio della vita»
Katherine non sapeva in quale modo fosse riuscita a ricevere quella sentenza, celando il dramma che il suo cuore stava attraversando.
«Sapevo di non potermi fidare di un seal»
Un sorriso amaro si dipinse sulle labbra della donna, ma non era sintomo né di rabbia né di delusione. Era una consapevolezza con cui aveva imparato a convivere da diverso tempo.
Le mandò un bacio con la mano e lei fu costretta ad accontentarsi. Non potevano permettersi di più.
«Hai sposato proprio il peggiore. Ti amo tanto. A presto, Kathe»
«Christian. Ricorda le stelle di agosto. Alisia ha desiderato che fossimo al suo fianco. Non c’è niente che possa andare storto»
Lasciò sua moglie con quell’illusione. Le regalò un sorriso, il pensiero della sua famiglia lo rese la manifestazione di serenità più sincera degli ultimi mesi.
 
 
 

Milat Super Speciality Hospital, Kabul
 
Le puntuali informazioni fornite da Alexander si erano rivelate preziose. Conoscere il funzionamento delle catene di rifornimento e l’appostamento delle guardie all’interno dell’edificio aveva rappresentato la svolta per l’irruzione.
Flores, dall’alto della sua esperienza, sapeva prima di altri quale fosse il momento giusto per sferrare l’attacco finale e uscirne vittoriosi.
La sola operazione d’ingresso nell’ospedale era costata cara ad afghani ribelli e a soldati americani della loro unità. Il percorso per raggiungere la meta era stato turbolento.
Il generale aveva deciso di rischiare dividendo le loro strade, a detta sua, per riuscire a perlustrare l’ospedale ad ampio raggio. A nulla valse il disaccordo del tenente Richardson, che avrebbe preferito tenere sotto la sua ala protettiva le reclute al loro primo battesimo di fuoco.
Nei primi minuti all’interno delle mura, Christian si era procurato una leggera lussazione alla spalla nel tentativo di aprire una porta difettosa e liberare quanti più civili possibile, intrappolati in condizioni miserabili. Di rado i militari erano in grado di scortare gli ostaggi all’esterno con discrezione, dipendeva dallo stato in cui riversavano e dal fondamentale intervento dei medici, che in quella galera avevano mantenuto fede al giuramento di Ippocrate.
Con ordine e disciplina – virtù che ogni buon soldato aveva allenato in Accademia – Christian si prodigava per evacuare l’ospedale di Kabul, affiancando i suoi compagni.
Non era la sua prima missione, eppure avvertiva il peso dell’inesperienza, come quando suo padre gli aveva insegnato a nuotare nelle gelide acque del Pacifico. Più volte, proprio come allora, si sorprese a recuperare una boccata d’aria.
Non era il solo a rivangare il passato davanti a quell’inferno di dolore. Per Flores il ricordo della popolazione innocente del Vietnam era ancora vivo. Salvare quei civili significava per lui espiare in parte le sue colpe, lo aveva confessato al tenente prima di lasciare la base.
Beatriz procedeva a pochi metri da Christian. Non aveva perso la concentrazione e la metodica affinate in addestramento. Era rimasto intatto il rigore dei suoi vent’anni.
Richardson vide scomparire la compagna dietro un angolo di parete attraverso l’occhiello del fucile. Ebbe l’istinto di aumentare il passo per non perderla di vista, ma la ragione gli suggerì di non farlo. Tentò di sopprimere un’autentica sensazione di apprensione nei suoi confronti che lo pervase. Non vi era la necessità e i piani concordati erano diversi. Beatriz non aveva bisogno di essere protetta, non più di qualsiasi altro soldato a cui coprire le spalle in un’operazione militare.
Sebbene Christian non avesse conosciuto l’amore con lei, era rimasto affascinato dalla sua intraprendenza e non aveva smesso di esserlo. Non riusciva ad immaginare in quale stato di impotenza avesse abbandonato una donna così profondamente artefice del proprio destino, quel giorno in cui lasciò per sempre la caserma della sua formazione militare.
Christian procedeva con prudenza. Elijah – da buon amico – gli aveva raccomandato di non lasciarsi sopraffare dall’umanità verso persone senza scrupoli. Era necessario essere anche egoisti. Secondo la legge militare esistevano coloro con cui era lecito mostrare il proprio istinto di sopravvivenza.
Persino Flores aveva tentato in ogni modo di preservare la vita di Christian, difendendolo dai suoi lampanti difetti per riportarlo sano e salvo dalla sua famiglia. Tutti i consigli del generale erano volti a non lasciare una bambina orfana di padre. Di questo Christian doveva iniziare a darne atto al superiore.
Alcuni spari ravvicinati si mossero nella direzione del seal e lo riscossero dai pensieri. Cercò riparo dietro la parete che stava costeggiando. Gli stavano svuotando contro un caricatore di proiettili che presto o tardi avrebbe raschiato il fondo.
Christian tolse la sicura del suo M40 e preparò l’arma all’azione facendo scattare il carrello delle munizioni.
La frenesia e la paura con cui l’aggressore lo stava attaccando erano sintomi della sua giovane età. Era estenuato di dover assistere a quel traffico di esseri umani. Erano ragazzini che agivano sotto minaccia e da cui Christian era costretto a difendersi.
Uno degli ultimi proiettili – una mina vagante senza controllo – sfiorò il braccio del marine procurandogli un graffio superficiale, mentre con pessimo tempismo usciva allo scoperto per rispondere al fuoco nemico. Si concesse qualche secondo per prendere con cura la mira, supportato dal suo fucile di precisione.
Un primo tentativo andò a vuoto, complice il dolore alla spalla che non rispondeva del tutto ai suoi comandi. Evitò di colpire gli organi vitali, riuscendo comunque a disarmarlo con successo. Quando Christian lo vide cadere al suolo, si avvicinò a lui con passo felpato. Fu sollevato nel constatare che era vivo, solo la mano con cui il ragazzo aveva sparato era sanguinante.
Il tenente fece scivolare l’arma del giovane con un calcio per allontanarla da loro. Si abbassò all’altezza del ferito, gli afferrò il polso e valutò i danni che aveva causato. L’afghano ebbe l’istinto di indietreggiare sul pavimento, ma Christian catturò affabile i suoi occhi per rassicurarlo. Non aveva preso un’ottima mira, aveva colpito il fucile del ragazzo, ma il colpo in canna era esploso anche sulla mano di chi lo reggeva.
Lo aveva risparmiato, ma avrebbe perso qualche dito. Estrasse un pezzo di stoffa dalla sua divisa e avvolse la mano mutilata, invitando il giovane a stringerla forte con la mano sana.
Si scambiarono solo qualche sguardo. Non vi era gratitudine, ma grande sorpresa e confusione per il trattamento che gli era stato riservato. Temeva di essere in balìa del suo carnefice, invece lo aveva salvato.
Christian proseguì rapido il sopralluogo con il fucile spianato di fronte a sé. Superò l’ennesimo anfratto e incrociò gli occhi umidi di Beatriz. La trovò inginocchiata accanto ad un muro imbrattato di sangue fresco, contro cui vi era accovacciato un giovanissimo talebano privo di sensi.
Le mani della donna tentavano di contenere una copiosa emorragia. Era sconvolta al pensiero di aver spezzato una vita nel fiore degli anni. Christian tentò di aiutarla imitandola e facendo pressione sulle ferite visibili. Dal collo del militante fluiva una grande quantità di sangue, doveva aver reciso un’arteria importante.
Il capitano sapeva che non vi era più alcuna speranza per quella giovane vita, ma pronunciare ad alta voce quella sentenza l’avrebbe fatta sprofondare negli abissi.
Non lo lasciarono spirare in solitudine. Beatriz strinse la mano di quel ragazzo, come se davanti a lei ci fossero gli occhi sofferenti di suo figlio e non quelli di un qualunque sconosciuto.  
Per la donna assistere ad una morte così violenta fu uno strazio. Le stesse mani che avevano ucciso il giovane, con delicatezza abbassarono le sue palpebre, per celare quelle iridi vitree e nella resa innocenti.
«Mi dispiace»
Dalla gola di Beatriz uscì un soffio di fiato reso gutturale dal pianto. Con la manica della divisa si asciugò le guance bagnate di lacrime e sudore.
Era consapevole che in quegli ultimi istanti Christian fosse rimasto al suo fianco. Si rivolse a lui, senza mai incrociare il suo sguardo mortificato.
«Avevi ragione. Stiamo versando sangue. Nessun uomo, donna o bambino merita una fine simile»
Christian osò porgerle una carezza sul viso con una falange del dito rimasta intonsa dal sangue della vittima, ma la compagna si ritrasse risoluta da quel gesto di conforto.
Beatriz imbracciò la sua arma, nonostante tutto era ancora animata dalla solita determinazione, appena sporcata – quanto bastava – dall’anima di una donna che era anche madre. Riprese il suo cammino senza più voltarsi indietro. Si lasciò alle spalle ciò che era stato per trovare il coraggio di portare a termine il compito che gli era stato assegnato da un suo superiore.
Il seal rimase solo davanti a quel cadavere ancora tiepido. Non doveva essere più maturo del figlio di Beatriz, dedusse che a sconvolgerla in quel modo fosse stata la giovanissima età del nemico.
 
 
 

Cattedrale di Nostra Signora degli Angeli, Los Angeles; 10 novembre 2018
 
Padre Ralph era impegnato a distribuire i libri dei salmi sulle panche in legno, in cui qualche fedele si era rifugiato per raccogliersi in preghiera.
Rivolgere un saluto a quegli uomini e a quelle donne e assolvere ai suoi impegni sacerdotali erano diventati gesti abitudinali.
Spesso la mente si posava su altre questioni, lontane nel tempo e nello spazio. Non era inusuale che i fatti di gioventù non dessero tregua alle sue giornate.
Nonostante il dolore che aveva vissuto e procurato, nonostante il Vietnam gli avesse imposto di vendere la sua anima per onore di patria, continuava a prestare il suo servizio per la nazione che lo aveva ferito nel profondo. Da un’intera esistenza camminava sul suolo americano con la vana illusione di nascondersi dai peccati commessi in giovane età. Le quattro mura di una chiesa erano una roccaforte troppo fragile per il suo cuore, un delicato castello di carte che un banale ricordo era in grado di polverizzare.
Si sentiva tradito da tutto ciò in cui in passato aveva creduto, nel corso degli anni il suo spirito patriottico si era ridotto ad un mucchio di cenere. Credere in quella bandiera lo aveva indotto a distruggere quanto di più puro avesse mai conosciuto, un amore per cui avrebbe offerto la sua vita. Per ordine di generali spietati e compagni d’armi soggiogati a disumane direttive, Ralph aveva compromesso il suo futuro.
Sorrise sovrappensiero ai fedeli, ma era solo un riflesso incondizionato per rispondere alla loro cortesia. Soltanto l’arrivo di una figura trafelata lo distolse davvero dai suoi tormenti e dai suoi doveri ecclesiastici.
Margaret varcò il portone, senza preoccuparsi di rivolgere un saluto al crocifisso. Ormai quella mancanza per lei era diventata una esecrabile abitudine, a cui Padre Ralph non riusciva a non far caso, fosse anche per il significato che ne attribuiva. Il luogo sacro in cui si trovava era un’inezia, un dettaglio di poco conto. Ciò che le importava era trovare il suo padre confessore.
Padre Ralph attese che fosse lei a raggiungerlo, si limitò a seguire con sguardo attento e preoccupato i passi nervosi della ragazza che si muovevano nella sua direzione. Ebbe il vivo timore che fosse giunta fin lì come foriera di terribili notizie. Il pensiero si posò su Samuel e presto il suo cuore accelerò i battiti. L’ansia placò solo dopo le parole concitate di Margaret.
«La prego, mi dica che le voci sul suo conto sono false»
Il sacerdote non prese in considerazione l’eventualità di mentirle, anche se forse con la consolazione di una bugia avrebbe potuto lenire la sua sofferenza.
«Mi hanno chiesto di portare conforto. Samuel è laggiù, cerco di capire come sta»
«Anche lei, no»
La giovane indietreggiò di qualche passo nella mera illusione di allontanare una dolorosa verità, che in pochi minuti aveva assunto contorni troppo reali da sostenere. Le iridi senza fondo della ragazza erano ricolme di suppliche e sincera disperazione.
«Margaret, per quanto tu creda il contrario, dall’Afghanistan si può fare ritorno»
«La smetta di dirmi di avere fede! Non mi basta più»
L’impotenza della giovane rimbombò in ogni angolo della cattedrale. Si voltarono tutti i presenti in cerca dell’origine di tanto frastuono, ma persino Padre Ralph ignorò i loro sguardi confusi. La sua unica inquietudine era rivolta alla pena ulteriore che aveva inferto a lei.
L’idea che una sua parrocchiana tenesse così tanto alla sua incolumità lo lasciò sorpreso e amareggiato. Era evidente quanto l’affetto tra loro fosse reciproco.
L’uomo avvertì rammarico nel petto, quando la vide ripercorrere a ritroso la navata centrale. Osservarla mentre fuggiva da un luogo che le offriva più dolore che speranza lo affranse.
Avrebbe voluto spiegarle che la sua decisione era stata suggerita dall’ardente desiderio di portare aiuto, di alleviare i turbamenti di due giovani innamorati e risparmiare loro le medesime conseguenze che aveva subìto lui a causa della guerra. Nessuno avrebbe dovuto conoscerle.
Tormentato nell’intimo, Padre Ralph riprese a riordinare i libri dal punto in cui si era interrotto. La presa non era salda. La visita inaspettata di Margaret e la sua reazione lo avevano scosso. Una copia dei salmi si schiantò a terra, aprendosi su un’immagine della Madonna che aveva visto centinaia di volte. Si chinò sulle ginocchia per raccoglierlo dal pavimento, ma nel contemplare quei lineamenti il suo sguardo non era  innocente come sempre: gli occhi celesti della figura rappresentata erano così simili a quelli che nel corso degli anni non era mai riuscito a cancellare dalla memoria.
Richiuse il libro e distolse la mente dalla pagina. Lo ripose in ordine sulla panca per non peccare di blasfemia.
Per codardia non aveva cercato notizie di quella donna. Aveva preferito restare all’oscuro delle gioie e dei dolori che avevano accompagnato gli anni trascorsi lontani. Temeva di scoprire fosse ancora furiosa per il percorso che aveva intrapreso. Si era arrogato il diritto di prendere una decisione irreversibile per la vita di entrambi. Viveva nella speranza di averle donato un futuro migliore, pregava ogni giorno affinché ciò si realizzasse.
 
 
 

Luglio 1968

 

Una giovane donna, non ancora ventenne, ammirava l’altare con aria sognante.
Rachel era seduta accanto al fidanzato. Da quando Ralph era tornato dal Vietnam, il suo sogno più grande era diventare sua moglie e la madre dei suoi figli. Intrecciare i loro destini era un desiderio che contava di realizzare il prima possibile.
Le rughe di gioia che le increspavano il viso la rendevano ancora più bella agli occhi del giovane.
«Rachel»
La ragazza udì il dolce sussurro con cui era stata chiamata e si voltò nella sua direzione. Gli regalò uno dei suoi migliori sorrisi, dipinto sulle labbra dagli armoniosi pensieri di cui si stava beando.
«Ti prometto che sarai felice»
Rachel afferrò la mano del fidanzato e la intrecciò alla sua con intimità.
«So che lo saremo»
Stava conducendo le loro mani verso il suo ventre, quando Ralph la anticipò, ignaro di ciò che lei avrebbe voluto comunicargli. Il giovane avvolse in un palmo le loro dita ancora unite e si sporse verso di lei.
Rachel colse un velo di tristezza nel suo sguardo. La guerra l’aveva lasciato turbato, ma lei credeva fosse un sentimento comune ad ogni soldato di buon cuore che sperimentava un campo di battaglia. Vide gli occhi del giovane annacquarsi senza un apparente motivo e anche il suo sorriso di gioia sincera si affievolì.
Con la mano libera Rachel gli porse una carezza sul volto.
«Amore, posso aiutarti?»
«Dobbiamo interrompere la nostra relazione»
A malincuore Ralph bloccò il delicato tocco della ragazza sulla sua guancia. La notizia la pietrificò a tal punto da non riuscire a ribellarsi alla sua volontà.
Fu arduo per lui incrociare l’espressione confusa della fidanzata.
«Ho capito che il matrimonio non può essere la mia strada. Non riesco a portare avanti il nostro rapporto. Ti amo, ma non mi sento più degno di te»
La giovane si liberò dalla sua presa. Pensare che quella fosse l’ultima occasione in cui la sfiorava dilaniò Ralph. Era stata una decisione ponderata, rinunciava a lei secondo una logica maturata nei mesi.
«Ho intenzione di prendere i voti. Rachel, ti prego, non lasciamoci così. Mi piacerebbe non ci perdessimo di vista»
Il dolore che gli comunicò in una fugace occhiata risentita fu più letale di un colpo di fucile. Eppure non era mai stato così tanto altruista nei confronti di un altro essere umano.
La ragazza scivolò sconvolta lungo la panca, un centimetro dopo l’altro era sempre più lontana da lui. Si alzò lentamente, sperando stesse vivendo solo un incubo. Fuggì via, reggendosi ad ogni asse di legno si trovasse lungo la navata e sul suo cammino.
«Rachel!»
Anche il giovane soldato abbandonò la panca su cui erano accomodati insieme poco prima. La vide dirigersi verso le porte d’uscita, ma in coscienza non si sentì in diritto di seguirla per provare ad ottenere il suo perdono.
Ralph tornò al suo posto, si portò le mani al viso e appoggiò i gomiti sulle ginocchia. Non sentirsi più in grado di amarla come avrebbe voluto – con la pace, la purezza e la serenità nel cuore – era il più grande fallimento della sua vita.
Nei palmi riuscì a soffocare una sola e semplice parola.
«Scusami»

 

 
Ralph cercò aiuto, ancora una volta, in quel crocifisso, una croce che lo aveva accompagnato per buona parte della sua vita.
Tentò di seguire Margaret, ma l’abito talare glielo impedì. Era un limite che la sua mente non riusciva a valicare.
Aveva fallito nei rapporti con l’amore e non aveva la facoltà di confortare i fedeli affranti. Per un uomo che aveva perso l’innocenza in giovane età, era più il bene che riceveva rispetto a quello che riusciva a dare.
Ripercorse tramite i passi di Margaret i dolorosi momenti in cui aveva perso per sempre l’amata.
La ragazza si trovava già sul sagrato e provare a rincorrerla avrebbe attirato troppo l’attenzione dei presenti. Era l’ennesima scusa che raccontava a se stesso.
 
 
 

St. Vincent Medical Center, Los Angeles
 
Il bisogno di conforto condusse Margaret laddove sapeva di trovare consolazione.
Quando la giovane raggiunse il reparto di cardiologia, Delilah era impegnata a consultare alcune cartelle cliniche insieme a un collega.
La dottoressa si accorse subito della cognata accostata con la schiena alla parete; stava cercando di controllare con estrema difficoltà le proprie emozioni.
Le lacrime insolite di Margaret allarmarono Delilah. Fu sufficiente avvicinarsi a lei, la nuova arrivata non le diede nemmeno il tempo di domandarle spiegazioni, si buttò tra le braccia dell'amica.
In preda all'incertezza, il cuore del medico accelerò, mentre la stringeva ancora a sé. Le stava inzuppando il camice di lacrime, ma in quei mesi era uno sfogo comprensibile.
Non ricevere risposte era insopportabile, così afferrò con dolcezza il polso di Margaret e la trascinò verso il distributore dell'acqua, dove le riempì un bicchiere e la invitò a sedersi.
Delilah cercò di mantenere un tono pacato, ma nel petto l'ansia stava esplodendo.
«Margaret. Samuel sta bene?»
«Non ho sue notizie»
La giovane bevve distrattamente un sorso d'acqua. Il suo sguardo era disperso nel vuoto davanti a sé.
«Padre Ralph parte per l'Afghanistan»
 
Buongiorno, carissimi lettori e carissime lettrici!
Questa manciata di giorni di ferie mi ha dato l’opportunità di scrivere questo capitolo. Perdonate sempre il ritardo con il quale pubblico. Ringrazio di cuore chiunque continui ad attendere i miei aggiornamenti. ❤️
Vi auguro una serena Pasqua e vi abbraccio forte,
Vale

[1] Estratto dai fiori di geranio
   
 
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