Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Sailorkyoko    04/04/2024    4 recensioni
Un incontro casuale, in un momento di svolta. Il ritrovarsi di due anime così diverse eppure così simili. Il sogno di una vita è ancora lì, imprescindibile guida, eppure un nuovo sentimento si fa strada e sembra pian piano dare un senso a ogni cosa.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

San Valentino con l’Uomo Tigre

 
 
Arrivarono di buon umore, dopo un percorso di battute e punzecchiamenti ma anche di occhiate fugaci e sorrisi sinceri. I bambini accorsero festanti a salutare Luna ed esultarono ancora di più quando riconobbero il portiere della loro squadra del cuore. Quando aprirono il portabagagli, i più grandi aiutarono a portare dentro i sacchi della spesa; Luna e Genzo dovettero cominciare a distribuire i dolcetti ai più piccini che si bloccarono a bocca spalancata davanti alle buste piene di cioccolatini.
Una bimba sui sei anni, con due simpatici codini castani, adocchiò un orsacchiotto bianco con un grosso cuore al centro del petto. Luna glielo porse: – Vuoi questo? Puoi prenderlo tu, se vuoi.
– Davvero?
La bambina allungò le mani, incerta, e guardò bene il morbido pupazzo.
– “Gen-zo”. C’è scritto ‘Genzo’, vero? Perché c’è il nome di lui, sopra?
Genzo si vide un indice puntato contro e due occhioni verdi che lo fissavano indagatori. Con una prontezza invidiabile, Luna le rispose: – Si chiama come lui, così ti ricordi chi te l’ha regalato!
La bambina guardò l’orso seria. Poi fece un gran sorriso e tirò con forza una manica di Genzo, fino a farlo abbassare alla sua altezza. Gli depositò un sonoro bacio sulla guancia e si allontanò con l’orsacchiotto stretto al petto: – Me lo ricorderò, grazie!
Un’altra bambina, più piccola, stava facendosi leggere da un’amichetta la scritta su un altro peluche e chiese spiegazioni a Luna: – Perché qui c’è scritto “Ti voglio bene, Genzo. Tua Katrina”?
– Oh, perché lei è una femmina. Si chiama Katrina, appunto. Ed è tua. E Genzo ti dice che ti vuole bene. Proprio a te, sì.
Gli occhi della bambina si illuminarono e anche lei regalò al portiere un magnifico sorriso e un tenero bacetto.
Genzo guardò incredulo la sua compagna di distribuzioni, ora impegnata a controllare i doni e le loro etichette prima di consegnarli.
– A volte mi fai paura, lo sai?
– Beh, ho dovuto improvvisare. Piuttosto, questi sono “sicuri”: consegnali, dai!
Genzo scosse la testa sorridendo. Dopo un po’, si accorse che Luna lo guardava soffocando un risolino dietro la mano.
– E ora che hai da ridere?
– Sembri Naoto Date in visita all’orfanotrofio! Hai anche la macchina rossa come lui!
Gli tastò i bicipiti, compiaciuta, con un tocco leggero.
– E i suoi muscoli.
– Devo mettere la maschera da Tigre?
 
Circondati da bambini saltellanti, entrarono infine nella struttura, dove i responsabili lo ringraziarono sentitamente. La maggior parte dei ragazzini presenti si fecero avanti, facendo a gara per dimostrargli quanto ne sapessero di calcio e quanto fossero informati sui risultati conseguiti dal Bayern. Un paio lo squadravano diffidenti, appoggiati al muro con le braccia conserte e atteggiamento ostile. Genzo capì cosa intendesse Luna quando gli aveva parlato di doversi conquistare la loro fiducia.
Accettò di partecipare a una partitella nel campetto della comunità, capitanando prima una squadra e poi l’altra, istruendo senza risparmiarsi piccoli emuli suoi o aspiranti punte, accogliendo anche un’agguerrita rappresentanza femminile (il gruppetto delle ragazzine era diviso equamente fra giovani promesse del campo, semplici spettatrici e tifose ultrà). L’annuncio della cena imminente dei ragazzi funse da fischio di fine partita. Prima di andare via, cambiò la tuta impolverata con quella di riserva che aveva nel borsone e promise di ritornare, assicurando la presenza almeno del grande Kaiser. Lui e Luna furono salutati da un coro affettuoso di vocine, e persino i ragazzi ‘difficili’ esibirono dei timidi sguardi di riconoscenza.
Si rimisero in auto col cuore più leggero.
– Ti ringrazio per questa esperienza, ­– le disse con sincerità, e lei gli sorrise con tutto il suo candore.
– Seppure sfortunati per tanti versi, quei bambini, con la loro gioia di vivere, ci hanno donato molto di più di quello che gli abbiamo portato noi, non credi?
– Già.
Era come diceva lei. Ma ora era il momento di pensare anche alla loro serata. Nessuno dei due nominava la festa di San Valentino, ed entrambi parlavano genericamente di cercare un posto ‘per cenare fuori’, evitando con accuratezza di commentare le decorazioni e i palloncini a forma di cuore che incontravano lungo la strada. Assicuratasi con una telefonata che Robi stava bene, e si stava godendo una salutare tisana accucciata sul divano davanti alla tv, Luna sembrò finalmente pronta a dedicarsi al suo accompagnatore. Che, memorizzata tutta una sfilza di locali a la mode suggeritagli da Karl, aveva individuato nell’incrocio fra due quartieri centrali il luogo più adatto da cui partire la ricerca.
Trovato a fatica un parcheggio, s’incamminarono verso la zona pedonale sotto un cielo grigiastro e un freddo pungente.
– Ma questo è il ristorante prenotato da Anna e Karl!
Luna si fermò davanti a un’area che delimitava un palazzetto dall’aria rétro.
– Sembra perfetto per una cena romantica!
Genzo fece un gesto d’impazienza.
– Vieni, più avanti ce ne dev’essere uno simile.
– Eh? Vorresti andare in un posto così lussuoso?
– Ho detto che ti avrei offerto la cena: per una volta tanto vorrei portarti in un vero ristorante, non nei soliti pub in cui andiamo con i ragazzi.
– Mah, – Luna si agitò – e se qualcuno ti riconoscesse? Potrebbero scattare delle foto, e…
– In realtà proprio questi posti sono i più sicuri: hanno una clientela selezionata e ci tengono ad assicurare la privacy. Karl mi ha assicurato che anche senza prenotazione, con un po’ di fortuna, potrebbero procurarci un tavolo.
Luna lo guardò perplessa e lui la invitò a seguirla fino al palazzo adiacente, sede di uno dei locali sulla lista di Karl. Genzo tirò il grosso pomello sulla porta e si fermò all’ingresso con Luna, subito accolto da quello che sembrava essere il maître di sala. L’uomo in livrea sistemò sul naso i suoi occhiali rotondi e si schiarì la voce.
– Prego, signori. Posso fare qualcosa per voi?
– Buonasera. Vorremmo un tavolo per due.
L’uomo sollevò appena un sopracciglio e parlò con aria compassata.
– Temo di non potervi aiutare. I tavoli sono già tutti occupati, stasera.
Genzo guardò oltre le sue spalle, in cerca di un tavolo disponibile.
– È sicuro di non poter trovare neanche un posto? Forse non mi ha riconosciuto…
– Mi dispiace, signore. Devo chiedervi di lasciare la sala.
L’uomo chiamò silenziosamente due camerieri che fecero per avvicinarsi. Luna gli strinse il braccio e cercò di tirarlo via: – Andiamo, Genzo. Proviamo da qualche altra parte.
– Certo! – Genzo si sbloccò. – Neanche mi piace un granché, questo posto!
Si ritrovarono di nuovo all’aperto, dove soffiava un vento gelido. Genzo aguzzò la vista e attraversò la piazza, intimando a Luna di seguirlo e parlando tra sé e sé.
– Questo è un altro ristorante della lista.
– Lista? Quale lista?
Genzo lasciò correre la domanda di Luna e la spinse a farsi avanti con lui alla porta di un locale da dove stava uscendo una distinta coppia di cinquantenni, accompagnata da un cameriere con baffi e pizzetto.
– Buonasera. Possiamo entrare? Vorremmo un tavolo per due.
Il cameriere li squadrò con disappunto e, scandendo bene ogni parola, rispose: – Sono desolato, ma non abbiamo posti liberi.
– Però, – Genzo insistette – ho appena visto due persone andar via: il loro tavolo si sarà liberato, no?
– Vede, signore, – il cameriere strinse gli occhi mentre eseguiva un altro giro di ricognizione visiva – in ogni caso qui abbiamo un dress code da rispettare.
In quel momento Genzo si rese conto che il suo giaccone lasciava intravedere la tuta di ricambio che aveva indosso e che Luna stava mettendo nervosamente una gamba dietro l’altra, forse nell’inutile tentativo di dissimulare i pesanti stivaletti che aveva ai piedi.
Genzo sbottò: – Dress code?! Un momento, è chiaro che lei non mi ha riconosciuto!
– Genzo, lascia stare…
Luna prese a tirarlo da un braccio, mentre il cameriere, impassibile, chiudeva la conversazione con un “mi dispiace, signore”, andando ad accogliere una giovane coppia affacciatasi sulla soglia.
– Quindi, per loro c’è posto?!
Genzo sbraitò esasperato, prima di venire trascinato via da Luna.
– Lascia perdere! Non vedi come sono eleganti, quei due?
Genzo continuò a borbottare, e ostinatamente si diresse verso il successivo ristorante lussuoso della lista. Luna lo fermò prima che cominciasse un’altra discussione.
– Genzo, si è fatto tardi e c’è uno strano odore nell’aria: credo che presto comincerà a nevicare.
Luna si strinse nella giacca passandosi le mani su e giù per le braccia.
– Mi dispiace, – Genzo mormorò frustrato. – Non sono riuscito a concludere nulla.
– Ma che dici? Non è mica colpa tua! Senti, che ne diresti di andare da un’altra parte? Temo che qui non troveremo niente di adatto a noi, e fra poco le cucine chiuderanno. Perché non torniamo alla macchina? Lì vicino c’era un posto che potrebbe fare al caso nostro.
– Davvero? Non ricordo niente del genere nelle vicinanze.
– Fidati: c’è! Sbrighiamoci, però: fa freddissimo!
Rifecero la strada verso il luogo del parcheggio quasi correndo, le punte dei nasi rese insensibili dal gelo, fin quando il guanto rosa di Luna indicò impaziente un camioncino.
– Ecco la nostra salvezza!
– Un furgoncino di street food?! Vuoi davvero che mangiamo panini?!
– Non vedo altra scelta, – disse Luna allegramente mentre raggiungeva svelta il camioncino illuminato.
Genzo la seguì malvolentieri.
– Possiamo sempre prendere la macchina e provare in un’altra zona.
– Ma dai! E poi mangiamo sempre cibo sano: per una volta possiamo sgarrare con un bel panino, no? Senti qua che odore di wurstel e patatine.
– Ma non possiamo mica mangiare qui fuori: sta anche per cominciare a nevicare!
Genzo guardò esasperato verso l’alto, e un soffice e gelido fiocco per poco non gli cadde dritto in un occhio. Luna si guardò intorno.
– Dovremmo metterci in macchina. Lo so, hai paura che si sporchi… Farò attenzione, te lo prometto!
– Non è questo!
Genzo provò ancora a ribattere, poi si arrese. Pagò i panini e raggiunsero di corsa l’auto, sotto la nevicata che si infittiva.
– Uh, qui si sta decisamente meglio!
Luna entrò allegra in macchina e si mise comoda, dispiegando un grande tovagliolo di carta e cominciando a spacchettare la sua cena. Genzo la raggiunse mogio, abbattuto per non essere riuscito a offrire a Luna la serata che aveva in mente. Sospirò, scuro in volto, e si accinse a mangiare il suo panino. Se non altro il sapore era buono, anzi decisamente ottimo. Voltò lo sguardo: Luna lo osservava sorridendo.
– Va meglio, ora? – gli chiese con gentilezza. – Questo panino è buonissimo!
Genzo schioccò la lingua, lasciandosi cadere pesantemente sul sedile.
– Avrei voluto portarti in un bel posto, una volta tanto.
Luna lo guardò sorpresa, e lui aggiunse: – Per ricambiare tutte le cene a casa tua.
Se fosse riuscito a portarla in un ristorante come si deve, forse avrebbe trovato il coraggio di infrangere il tabù della loro amicizia, che ostinatamente li faceva rifuggire dal considerare questa loro uscita un vero e proprio appuntamento. Tuttavia, visto il fallimento dei suoi progetti, non gli restava che continuare sulla linea di quella finzione, e mantenere un’atmosfera asettica, come immaginava avrebbe fatto anche lei. Si sforzò di nascondere la delusione, per cui si stupì delle parole successive di Luna: – Non ti nascondo che entrando in quei locali così trendy ho provato a immaginare come potesse essere, passare una serata lì. Però oggi non era proprio il caso. Insomma: è vero che non avevamo l’abbigliamento adatto, saremmo stati proprio fuori luogo!
– Mi dispiace, – farfugliò Genzo, ancora più frustrato. – Non ci avevo pensato.
– Ehi, – Luna gli poggiò una mano sulla sua. – Il tuo è stato un bel pensiero e lo apprezzo molto. Ma credo che questo posto mi si addica di più. Guarda: non c’è nemmeno bisogno di accendere la luce, perché c’è quella che arriva dai lampioni! E anche la luna stasera è luminosissima! È tutto molto roman… suggestivo!
Luna ritirò la mano e tornò ad addentare il suo panino.
Genzo si rizzò a sedere. Era stata un’impressione, o stava per dire romantico? Guardò di sfuggita l’immensa palla argentata dal bordo luminescente e commentò, gli occhi fissi sulla Luna seduta al suo fianco: – È vero. La luna è bellissima stasera.
Percepì un brivido e un’ombra di tensione. Luna fissava seria il suo panino, mentre masticava piccoli bocconi, apparentemente attenta a non sporcare l’auto. Continuò a mangiare pure lui, tornando a guardarla di tanto in tanto, fino a quando sentì la tensione allentarsi un po’. Si appoggiò allo schienale e cominciò a gustare davvero il suo panino.
– Sai che è proprio buono? Sarà anche che avevo una fame da lupi!
– Vero, che buono?! Certo che eri affamato: ti sei dato parecchio da fare con i bambini!
– Ecco perché mi avevi detto di restare in tuta: avevi previsto tutto.
Finì di divorare il panino davanti alla faccia perplessa di Luna, che sembrava indecisa sul dirgli qualcosa.
– Che c’è, adesso?
– Mmh, hai una briciola enorme che penzola vicino la tua bocca!
– Eh? Dove?
– Qui…
Luna allungò una mano e puntò il dito verso il suo viso, bloccandosi incerta poco prima di raggiungerlo. Genzo si avvicinò quel tanto da colmare la distanza e avvertì il lieve tocco dell’indice di lei all’angolo della sua bocca. Lei scostò il dito, ma lui le bloccò la mano con la sua. Con il cuore in gola, fissò avidamente i suoi occhi e le sue labbra. Forse troppo, perché lei sussultò e il suo sguardo si colorò di un timore che lo indusse a riprendere il controllo del suo respiro e a lasciarle andare la mano. L’attimo di imbarazzo che seguì sembrò devastante, ma in qualche modo riuscirono a superarlo. In fondo, non era successo niente. Restò sottinteso che si fosse trattato di un momento di cui non parlare. Mai.
Pensò di sigillare l’argomento con la classica frase di circostanza di chiusura serata.
– Sarà meglio rientrare, adesso.
– Sì, – Luna ne convenne.
– Mettiamo un po’ di musica?
Lo proposero simultaneamente, e sentì di nuovo riaccendersi la complicità fra loro.
– C’è un cd che volevo farti ascoltare.
Si sporse per raggiungere il cassettino davanti alle ginocchia di Luna e le porse il compact disc. Le loro mani si sfiorarono e il suo cuore andò in tumulto, un’altra volta. Ma ancora una volta lei si ritrasse. Che fosse a causa di un naturale riserbo o di un calcolato rifiuto non riuscì a determinarlo e, nel dubbio, preferì non indagare oltre.
Con la musica in sottofondo, tornarono a chiacchierare del più e del meno. Quando arrivarono davanti a casa di Luna, Genzo si sentì combattuto fra il sollievo per la fine di quella situazione penosa, in cui aveva temuto costantemente di fare passi falsi, e il rammarico che fosse finita. Un’altalena di emozioni l’aveva accompagnato per tutto il tragitto di ritorno.
Si augurarono la buonanotte cordialmente, ma quando Luna cercò di sganciare la cintura di sicurezza, questa si inceppò costringendola a premere più volte sul pulsante per disincastrarla.
– Aspetta, faccio io.
Genzo afferrò la cintura dall’estremità e le loro mani si incontrarono ancora. Di nuovo uno sfioramento, ancora la sensazione che fosse inevitabile sfuggire a quella vicinanza, che anzi la ricerca di un contatto si facesse più stringente… Ma era così solo per lui? Cercò di leggere in quel suo sguardo schivo, inseguendo una flebile speranza. La liberò dalla cintura e lei abbassò gli occhi formulando un sommesso ringraziamento. Aspettò che scendesse dall’auto, ma con sua grande sorpresa Luna non si mosse subito.
– Grazie per questa serata, Genzo.
– Un panino mangiato in macchina: davvero un grande serata.
– Beh, però oggi non era una serata qualsiasi. Era San Valentino… E tu oggi hai realizzato un mio sogno.
Genzo si voltò a guardarla sbigottito.
– Sai, da bambina una volta ho partecipato a un sondaggio di Ribon. Chiedevano con chi avresti voluto trascorrere la serata di San Valentino, scegliendo fra personaggi reali o immaginari. Io ho risposto l’Uomo Tigre.
Lei lo guardò in modo malizioso, lui ricambiò.
– Devo ruggire?
Sorrisero e si augurarono la buonanotte. Voleva farlo impazzire, ora ne era certo. Eppure, la cosa non gli dispiaceva.
 
 
 
 
 
E questo è tutto per ora! Appuntamento fra un mesetto circa!
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Sailorkyoko