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Autore: Carlos Shiny    08/04/2024    0 recensioni
Pokémon Grigio. E se Ash non avesse mai viaggiato ad Unima prima di ora?
Ash ora diciottenne e Campione del mondo, vuole fare un passo importante nel suo viaggio per diventare Maestro Pokémon. Non si tratta di partecipare di nuovo ad un Torneo della Lega Pokémon o di sconfiggere altri campioni, ma fare qualcosa di nuovo e totalmente diverso.
Era passato molto tempo dall'ultima volta che Ash si era recato in una nuova regione. Viaggiava spesso tra le regioni che aveva visitato in precedenza, Kanto, Johto, Hoenn, Sinnoh, Kalos, Alola e Galar e aveva ottimi amici da tutte queste regioni.
Anni fa aveva capito quale fosse uno dei passi fondamentali per diventare un Maestro Pokémon.
Dopo essersi a lungo interrogato sul significato di cosa volesse dire essere Maestro Pokémon, capì che solo un nuovo viaggio avrebbe potuto dargli la risposta che cercava. Riuscirà il nostro eroe a compiere questo importante passo nel suo viaggio? (AmourShipping AshxSerena) (ChiliShipping CarlosxAnita)
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Nuovo personaggio, Serena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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Buongiorno e salve signori, sono uno degli scrittori, per i lettori e gamer sono Reshiram Lego, per i followers ASEK…
io ho voluto aiutare il signor Carlos con questo capitolo ideato da me, quattordicenne che esercita il suo lavoro come una passione in qualsiasi situazione favorevole, ma non siamo qui per una mia presentazione dettagliata. Siamo qui per la grana, il succo, le storie, ma bando alle bande e ciancio e De Ciancio, leggete questo e anche gli altri capitoli dall’inizio alla fine, fino all’ultimo punto.

Ash, Anita, Serena e Carlos sono arrivati a Zefiropoli. Lungo la strada hanno fatto la conoscenza di un Houndour, che apparentemente, si era separato dal suo Allenatore.
Il Pokémon Buio fa amicizia con Pikachu. Il Pokémon Topo riesce a convincerlo a seguirlo, e a fare amicizia con i ragazzi. Questi, accorgendosi delle sue ferite, decidono di portarlo al Centro Pokémon della città.
Durante la ricerca dell’Allenatore, i quattro decidono di partecipare al Torneo a doppi incontri della città. Dopo una serie di lotte, Ash e Anita spuntano una grande vittoria, anche grazie all’evoluzione della Snivy di Ash in Servine.
La cerimonia di premiazione viene interrotta da un attacco del Team Plasma, che rapisce l’Agente Velaurora, agente della Polizia internazionale estremamente abile nell’assumere l’aspetto di altre persone.
Ash viene convocato per recuperarla in una delicata missione, che, fortunatamente, ha successo.

Riunione di famiglia

Anita stava tornando dal negozio dove aveva comprato delle Poké Ball, delle pozioni e dei sali revitalizzanti. Aveva anche ceduto alla tentazione di comprare un berretto. Principalmente bianco, con la visiera rosa. Nella parte frontale vi era stampata una fantasia simile a quella di una Poké Ball, di colore rosa. C’era un venticello fresco, che soffiava tra i suoi capelli e cercava di rubare il palloncino a forma di Quagsire del bambino seduto su una panchina poco lontana.
In quel momento, la ragazza era sola con i suoi Pokémon. Ash le aveva raccomandato di fare attenzione al Team Plasma. Per questo la ragazza aveva deciso di farsi scortare da Oshawott ed Herdier.
I due Pokémon, ormai, erano abituati ad uscire dalle loro Poké Ball solo per lottare, per allenarsi o per mangiare. Bastò uno sguardo tra i due, per comprendere che quella era una delle poche occasioni che avevano per potersi divertire un po’.
L’attenzione di Oshawott e di Herdier era stata attirata dalla piuma di un Pidove, che svolazzava in aria. Mentre i due Pokémon si rincorrevano, facendo lo slalom tra le gambe dei passanti e rischiando di far cadere più di qualcuno, notarono uno Swablu. Il Pokémon Alidicotone, li stava guardando e, apparentemente sembrava volesse unirsi a loro, salvo poi spiccare il volo e allontanarsi.
«Ragazzi, non fate danni! Per favore!» L'Allenatrice, li rimproverò, guardandoli con aria fausta.
Era felice. La bella vittoria al torneo a doppi incontri al fianco di Ash le aveva dato una buona dose di fiducia. Pensava alle parole di Ash. Notando la sua espressione preoccupata, poco prima di lasciarla andare, le aveva detto: "Stai facendo degli ottimi progressi. Il tuo modo di lottare è migliorato molto. Mi sembri più sicura di te quando ordini ai tuoi Pokémon di attaccare. Loro se ne accorgono ed i loro attacchi diventano più forti.” Certo, le aveva anche detto “Se vuoi diventare Campionessa, la strada è ancora lunga, ma sono sicuro che ce la farai”.
Quelle parole di apprezzamento le suonavano strane. Ash era solito congratularsi con lei per i suoi progressi. Era molto felice di trovare finalmente qualcuno che l'apprezzasse.
Questo improvviso attacco di gioia venne smorzato da diversi pensieri che la tormentavano. Non riusciva a non pensare a Ivan e a come lui tentasse di sminuire in ogni occasione. Forse lui aveva ragione? Avrebbe dovuto viaggiare da sola ed imparare da autodidatta? Si meritava davvero Ash come maestro?
La ragazza si girò a controllare Oshawott ed Herdier, stavano saltando tra le mattonelle del marciapiede opposto, senza toccare i bordi, perché altrimenti dei Krookodile li avrebbero mangiati.
Ma cosa stanno facendo quei due adesso?” Si chiese Anita, piuttosto imbarazzata. Lo strano fare dei suoi Pokémon, la fece distrarre dai suoi interrogativi.
La ragazza guardò a destra e sinistra. Non voleva rischiare di essere messa sotto da qualche automobilista distratto, prima di attraversare il breve tratto di strisce pedonali, che conducono all’altro estremo della strada, dove i suoi due Pokémon facevano finta di sopravvivere al Pokémon Minaccia.
«Ma che cosa state combinando?» Il tono della ragazza era a metà tra il rimprovero e il divertito.
I due Pokémon misero in scena una rappresentazione quasi teatrale: Oshawott, mettendo in mostra un’abilità di imitazione seconda solo a quella del Pikachu di Ash, imitò la faccia del Pokémon Minaccia, estremamente simile a quella di un coccodrillo, e quando Herdier calpestò lo spazio tra le mattonelle, le diede un bel morso deciso.
Il Pokémon fedeltà cercò di trattenere l’urlo di dolore. Quello che sarebbe stato probabilmente uno dei più potenti Granvoce della Storia, si trasformò in una corsa sfrenata, che terminò addosso ad un anziano vecchietto. Il signore cadde rovinosamente a terra. La Pokémon, probabilmente non consapevole dei possibili danni che aveva causato, si mise a leccare la faccia dell’anziano. «Diavolo di un cagnaccio! Togliti da in mezzo alle…» Anita si precipitò dal signore in difficoltà. Dopo aver fulminato con lo sguardo la sua Pokémon, si affrettò a dare una mano all’anziano, un signore di altezza media, sui settantacinque anni. Indossava un completo marrone elegante. Aveva dei lunghi baffi bianchi e dei capelli corti dello stesso colore. I suoi occhi erano castano scuro.
Anita lo aiutò a rimettersi in piedi. «Mi scusi signore…» La ragazza fece un profondo inchino. «Ragazzina! Bada bene ai tuoi Pokémon! Potevo rompermi qualche osso! Sono vecchio io!» Anita si voltò nuovamente verso la sua Pokémon. «Hai sentito? Potevi fargli molto male!» La riprese. La ragazza cercò invano di essere autoritaria con la sua Pokémon, anche se la preoccupazione maggiore era un’altra: «Vuole che la accompagni al pronto soccorso?» Gli chiese, in tono preoccupato. «No! Tranquilla sto be…» L’anziano si bloccò a causa di una fortissima scarica di dolore. «Forse è meglio fare una visitina al pronto soccorso.» Commentò la ragazza.
Cercando di non impanicarsi, la ragazza prese il suo Smart Rotom e compose il numero dell’ambulanza. Per fortuna, un’operatrice rispose a pochissimi squilli. «Pronto?» «Presto! È un'emergenza! C’è stato un incidente e un signore anziano è caduto e ora ha molti dolori.» Cercò di spiegare la ragazza. «Capisco.» Rispose l'operatrice. «Dove ti trovi?» Chiese, cercando di essere il più gentile possibile. «Vicino al market di Zefiropoli… non lontano da un parchetto…» Spiegò, in maniera piuttosto approssimativa. «Si… ho capito dove sei. Cerca di non fargli fare movimenti bruschi. Un’ambulanza sarà da voi entro dieci minuti.» «Ottimo.» Rispose la ragazza. «Ha sentito? Presto verrà un’ambulanza.» L’anziano scosse la testa.
«Signorina, guardi che me la cavo benissimo anche da solo. Piuttosto… leva quel cagnaccio pulcioso dalla mia vista!» La ragazza, parecchio in imbarazzo, si trovò costretta a far rientrare la sua Pokémon nella Poké Ball.
L’ambulanza fu piuttosto puntuale, arrivando esattamente nel tempo stimato dall’operatrice al telefono. L'ambulanza si fermò e dalla porta uscì un giovane ragazzo. Poteva avere al massimo venticinque anni. Era vestito con un gilet ad alta visibilità, e dei simboli che lo riconducevano all’associazione per cui lavorava come volontario.
«Potevi anche dirlo che era tuo nonno! Non avremo fatto alcuna differenza!» Li redarguì.
«Guardi signorino, io non ho nipoti!» Il vecchio, in preda al dolore, era piuttosto sorpreso. «Il colpo deve avergli fatto perdere la memoria.» Commentò il ragazzo, mentre cominciava ad occuparsi dell’anziano. «Sicuro che non abbia battuto la testa?» Chiese il ragazzo. «Sono sicurissimo.» Rispose l’uomo. «Come del fatto di non avere…» L’anziano guardò meglio la ragazza, che, nel frattempo stava battendo il piede per terra, facendo tremare una mattonella del marciapiede, mezzo staccata. «Ora che ti guardo meglio…» Fece l’anziano. Assomigli tantissimo a mia figlia Jessica, sai?» Improvvisamente, all’interno dell’anziano si accese qualcosa come una scintilla.
«Che coincidenza…» Anita sembrava in imbarazzo. «Che coincidenza! Anche mia mamma si chiama Jessica.» Rispose, grattandosi la testa. «Effettivamente sì, è una bella coincidenza…» Rispose l’anziano.
«Ma questo non prova nulla. Come le dicevo io non ho nipoti!» L’uomo sembrava sempre meno convinto delle sue parole.
«E poi come può provarmi che lei è veramente mia nipote? Potrebbe anche essere una coincidenza, una strana coincidenza… me ne sono capitate tante nella mia vita, soprattutto quando ero giovane…» L’anziano guardò meglio la ragazza. «Ora che ti guardo meglio… assomigli davvero tanto a mia figlia… quando era una ragazzina… davvero troppo per essere una coincidenza.» La ragazza assunse un’espressione piuttosto perplessa. La corazza dell’uomo stava iniziando a sciogliersi. Il vecchio si mise le mani nei capelli e spiegò la situazione «Visto che ora ho capito che tu sei davvero mia nipote, in primo luogo vorrei sapere il tuo nome.» La ragazza allora lo disse chiaro e tondo al nonno «Il mio nome è ANITA» Il vecchio allora sorrise «Anita… che bel nome, è sinonimo di benedizione, siamo stati fortunati… hai qualche fratello o sorella?» Anita, piuttosto preoccupata, rispose: «No. Sono figlia unica» La ragazza, pensò ma non disse, un “fortunatamente”. «Come anche mia madre, del resto.» L’anziano allora tirò un sospiro di sollievo. «Questo vuol dire che sei la mia sola nipotina…» Commentò poco dopo l’anziano.
Pochi istanti dopo calò un gelido silenzio. L’anziano era ancora in attesa per l’esito del controllo, con il povero volontario che, suo malgrado, aveva assistito ad una riunione familiare. «Possiamo continuare questo discorso a casa mia? Ciò che ti devo raccontare deve rimanere tra noi, la nonna e i tuoi Pokémon… a proposito cosa stavano facendo?» La ragazza si sentì in leggero imbarazzo a spiegarlo. «Credo stessero giocando.»
Oshawott partì di nuovo con l’imitazione di Krookodile. Anche se, l’assenza di Herdier fece perdere parecchio Pathos alla scena. «Forse è meglio che esca anche tu, Herdier… almeno puoi chiedergli scusa.» La ragazza fece uscire la sua Pokémon della Poké Ball, permettendo ai due di inscenare il teatrino.
Herdier iniziò a saltare da una mattonella all’altra e quando toccava il bordo il Pokémon Lontra lo provò a prendere. Questa volta senza masticarla davvero.
«I tuoi Pokémon sembrano davvero molto intelligenti e vivaci, si vede che tengono a te.» Si complimentò. la nipote allora arrossì e ringraziò, quello sì che era un complimento inaspettato. «Beh, insomma… la mamma mi ha sempre raccontato della tradizione di famiglia…» Mentre Anita parlava delle abilità dei suoi Pokémon, gli stessi si accorsero che il Pidove si era ripreso la sua preziosa piuma, approfittando della loro distrazione.
Ignorando il consiglio del volontario di fare una visita più approfondita all’ospedale, i quattro si incamminarono verso la casa dell’anziano che, fortunatamente, non era molto lontana da lì.
Improvvisamente si sentì una musica potente che fece sobbalzare Anita e suo nonno; Era l’ultimo singolo di Velia, una Capopalestra, specializzata nel tipo Veleno e famosa cantante. Lo smart Rotom si librò davanti ai due;
Era Ash. Anita si mise le mani in faccia come per dire “Ma che vuole questo adesso?”
La ragazza non poté far altro che accettare la chiamata. Sullo schermo del dispositivo vide subito Ash intento ad allenarsi con i suoi Pokémon, come al solito: «Ciao Anita, Servine… usa frustata per arrivare sull’albero, Sandile avvicinati e usa Morso per deviare i colpi!» Anita era scioccata dal tempismo perfetto. L’amico doveva fare una chiamata proprio in quel momento tanto importante? «Ash, tranquillo… sto bene. È tutto a posto. Deve essere urgente… mi hai chiamata durante la tua sessione di allenamento. E tu di solito non interrompi mai un allenamento…» Il ragazzo, percependo la preoccupazione dell’amica, spiegò la situazione «Lo ammetto. Ero un po’ preoccupato. Avevi detto che eri andata a prendere delle Poké Ball, e siccome ci stai mettendo molto ho pensato ti fosse successo qualcosa. Sai, dopo quello che è successo con il Team Plasma. Quindi, vedendo che stai bene, volevo solo chiederti che cosa stessi facendo e se avessi preso le Poké Ball. E poi chiederti quando tornavi da noi, così potevamo allenarci un po’ e…» «Stai tranquillo… va tutto bene. Sono al sicuro.» «Ok, tranquilla. Forse sto diventando un po’ troppo apprensivo… a parte questo… quando pensi di tornare?» Anita sospirò «Non saprei, penso di essere da voi per cena… non mi perderei nulla di cucinato da lui per nulla al mondo…» La ragazza non trattenne un sorriso. «Però… tornando seri… ho una buona notizia da darti. Guarda chi c’è!» Ash allora si voltò, dopo aver fatto usare un’altra Frustata a Servine. «Scommetto il mio panino che quello è tuo nonno!» Scherzò Ash, strappando un altro sorriso all’amica. «Ash te la sei rischiata a scommettere sul tuo hamburger, preparato tra l’altro da …Carlos…, proprio tu che in quanto ad appetito sei secondo solo a Snorlax…» La ragazza pensò anche di fargli una battuta sul fatto che nonostante l’amico mangiasse così tanto, rimanesse comunque molto magro… una battuta del tipo “anche se sei comunque un chiodo”.
Ash allora motivò le sue parole con un’affermazione filosofica «Nella vita come nelle lotte bisogna anche rischiare qualche cosa per vincere.» Il vecchio si complimentò con Ash per la frase.
«Il tuo amico secondo me deve davvero essere molto bravo nelle lotte per dire questa cosa. Bravo ragazzo, sono sicuro che sei già un fenomeno nelle lotte!» Anita appariva piuttosto perplessa. Possibile che il nonno non lo avesse riconosciuto?
«Sai… Ash è un Allenatore molto molto abile.» «Lo ho notato dalla sicurezza con cui comandava i suoi Pokémon.» Rispose l’anziano. «Mi ricorda il Campione… com'è che si chiama… Nando… Nardo…» Anita scosse la testa. «Ora non è più lui il Campione. È Iris, ed è una Campionessa.» Il nonno ci rimase un po’ male. «Ah… non è lui… eh!?! Si è fatto battere da una ragazza?» Il nonno sembrava incredulo. «Eh sì! Ed è un’amica e rivale di Ash.» Spiegò Anita. «Ma se lei è la Campionessa e Ash è un suo rivale… allora lui non è poi così forte.» Si lasciò scappare l’anziano. «Beh… non è proprio così.» Gli rispose la ragazza. «Come? Se lei è la campionessa…» La perplessità dell’anziano aveva raggiunto livelli stellari. «Ash fa parte degli Otto Professionisti… gli Otto Allenatori più forti del Mondo. Iris e Ash ne fanno parte. Iris è ottava… Ash è il primo.» L’uomo sorrise. «Allora devi essere davvero essere davvero un Allenatore molto abile.» Ash era davvero felice del complimento ricevuto dall’anziano. «Non per nulla è il mio maestro.» La ragazza lo annunciò con fierezza. «E mi immagino che la mia Anita sia una brava allieva, è così?» Ash lo assecondò rispondendogli «Non si sbaglia signore.» «Ne sono felice, rispose l’anziano.»
La ragazza, l’anziano e i Pokémon ripresero il passo. Il nonno Alessandro attaccò «I tuoi amici mi sembrano davvero molto simpatici, mi fa piacere che ti sei trovata una bella compagnia… quasi quasi mi ricordi il me alla tua età.»
Anita, piuttosto sorpresa, chiese spiegazioni «In che senso alla tua età?» Il vecchio prese un bel respiro e cominciò il racconto: «Vedi… sono passati cinquanta o sessant’anni… e a quei tempi non c’era ancora la tecnologia di oggi. Il Pokédex era scritto su carta. Era formato da un libretto e da una piccola fotocamera istantanea. Che tempi! Io e i miei amici viaggiavamo di regione in regione per vedere i Pokémon più diversi, per studiarli e per lottare.
E, più di qualcuno è diventato anche un mio compagno, Purtroppo ora mi è rimasto solo la mia cara Azumarill, che aiuta tua nonna con le faccende di casa e il mercoledì va all’ospedale con lei.
Tornando al discorso della mia età, inizialmente eravamo quattro amici, più i nostri Pokémon… poi ho conosciuto tua nonna e ho dovuto scegliere se proseguire il mio viaggio con i miei amici o abbandonarli e stare con lei. A dire il vero quando io e tua nonna ci siamo fidanzati eravamo solo in tre. Uno dei miei amici aveva fatto la mia stessa scelta, preferendo l’amore all’avventura. Anche da genitori, io e tua nonna non perdemmo la nostra passione e il nostro amore verso i Pokémon. Lottavamo tanto tra di noi, ma finiva sempre con un pareggio. In cerca di quelle emozioni che avevo perso, decisi di cominciare con le lotte in Palestra. Sono riuscito, insieme ai miei Pokémon a vincere le medaglie e a sfidare la Lega di Unima. Riuscì a sconfiggere i Superquattro, tuttavia venni sconfitto dal Campione. Sono riuscito a sconfiggere cinque dei suoi Pokémon, prima di capitolare. Ah, che bei tempi le gioventù!» Anita ascoltò attentamente la sua spiegazione. Pur di non finire preda di una cascata infinita di pensieri, decise di fargli delle domande. «Ti mancano i tuoi amici vero?» «A essere sincero la cosa che mi manca di più è il poter lottare con i miei Pokémon. Era davvero bello viaggiare con i miei amici, ma la a cosa che preferivo di più, erano le lotte.» Anita era abbastanza sorpresa da quella risposta. Per quanto tentasse di elaborare un’altra domanda, questo le risultava impossibile. «Eccoci arrivati!» Disse nonno, che nel frattempo si era presentato a sua volta, rivelando di chiamarsi Alessandro.
L’anziano indicò una grande casa di legno di ciliegio. Era circondata da alberi di ciliegie che spuntavano dal giardino sul retro. Oshawott rimase sbalordito dalla possenza di quella casa. La Herdier della ragazza era di tutt’altro parere. La trovava poco funzionale per la vita di un Pokémon domestico.
«Allora…. Anita, benvenuta nella mia umile dimora.» L’anziano le diede il benvenuto.
«È… è veramente imponente… meravigliosa!» Commentò la ragazza. Il nonno sorrise e suonò il citofono.
«Alessandro è alla porta e abbiamo ospiti!» Si sentì così un suono elettrico e il cancello si aprì. Il nonno entrò invitò Anita e ai suoi Pokémon ad entrare: «Volete rimanere fuori?» Lì invitò con un gesto della mano. Oshawott corse a tutta velocità verso uno dei fiori seguito a ruota da Herdier.
Anita varcò la soglia del cancello si guardò attorno. Rimase meravigliata da quanto il giardino fosse curato. Era talmente perfetto da sembrare finto. Vincendo la timidezza iniziale, decise di chiedere lumi all’anziano. «Perdona se sono indiscreta… ma come fate a tenere le piante così in salute? Utilizzate qualche fertilizzante, dell’acqua magica, o qualche Pietrafoglia?»
Il nonno, dopo aver vinto una crisi di riso, rispose alla nipote «Ah, beh questo lo devi chiedere a Picernese» “E chi sarebbe questo Picernese?”. Si chiese Anita.
Con ancora quella domanda in testa, la ragazza continuò a guardarsi attorno chiedendosi chi fosse questo giardiniere con un nome così peculiare… doveva proprio essere un mago dell’erbologia, del giardinaggio, o di qualsiasi altra cosa si occupasse.
«Io e la mia mogliettina amiamo tanto i Pokémon. Ormai ci sono rimasti solo loro.».
I due Pokémon decisero di proseguire il loro gioco, che consisteva nell’evitare gli spazi tra le mattonelle.
Ad un certo punto delle spine velenose sfiorarono i baffi di Herdier. La Pokémon alzò lo sguardo e notò quelle che, all'apparenza, erano solo due semplici rose. Una era rossa e una blu. Erano ferme al centro di un’aiuola. Il Pokémon Fedeltà riportò la situazione al collega Oshawott. Il Pokémon Lontra era piuttosto incredulo. Credeva fosse solo una sua impressione. Quando i due Pokémon tornarono sul luogo del misfatto, la spina velenosa era sparita.
Poco dopo, un secondo colpo tagliò leggermente il pelo di Herdier e fece cadere la mollusciabola del Pokémon Lontra a terra. Solo in quel momento Oshawott si accorse del fatto che era tutto vero. Herdier non aveva detto una bugia. I due Pokémon si girarono e notarono che le due rose adesso erano sul sentiero di rocce che conduceva dal cancello all’entrata.
Solo allora le due rose rivelarono la loro vera identità. Non erano dei semplici fiori. Era un Pokémon. Un Roselia. Quel Pokémon viveva in quel giardino da chissà quanto tempo e non sembrava apprezzare la presenza dei due.
«Lei è Picernese, una Roselia.» L’anziano presentò la Pokémon alla nipote. «Vedo che ha già fatto amicizia con i tuoi Pokémon.» Commentò. La ragazza, fino a quel momento, non aveva mai incontrato un Roselia, per cui decise di scansionarla con il suo Smart Rotom. «Roselia. Pokémon Spina. Tipo Erba e Veleno. Esemplare femmina. I bellissimi fiori sulle sue braccia possiedono spine velenose. Non cercare di raccoglierli! Mosse conosciute: Gigassorbimento, Fiortempesta, Fangobomba.» Grazie alle informazioni del pokédex, Anita allora si rese conto di tante cose. “Eppure ci sarei dovuta arrivare da sola!” Si rimproverò. «Non so come ho fatto a non pensarci prima. Roselia è un Pokémon che sa esattamente quando un fiore ha bisogno di un qualcosa perché lo è anche lei!»
Il nonno la incalzò: «Grazie a Roselia non solo il giardino ha un magnifico aspetto, e gli alberi di ciliegio danno delle ottime ciliegie. Le usiamo per fare della marmellata che vendiamo anche magari ai cittadini o ai supermercati della zona.» Anita rimase scioccata dal lavoro che Roselia stava facendo. Sembrava instancabile. Non smetteva mai di curare i fiori e le varie piante, tagliava con una precisione millimetrica tutte le erbacce e i fili d’erba di troppo andando da una parte all’altra del giardino a gran velocità.
«E questa è la casa al suo interno.» Appena l’anziano aprì la porta, la ragazza si trovò davanti un televisore che trasmetteva una serie che non conosceva, probabilmente una telenovela, tanto amata da quel genere di pubblico. Alla sua destra c’erano il piano cucina e la lavatrice sostenibile, più avanti c’era una porta, che portava al bagno.
Alla sinistra c’erano dei pouf con delle coperte e dei nomi sul parquet fatto anch’esso realizzato in legno di ciliegio, i nomi incisi erano “Minnie” e “Picernese”.
Anita capì immediatamente che quelli erano i letti di Roselia e dell’ Azumarill di cui il nonno le aveva parlato.
Davanti al televisore vi era un enorme divano. Ai piedi del divano un piccolo tavolo, solitamente usato per sgranocchiare degli snack o per servire il tè. Ai lati del divano, un po’ distanti, vi erano due poltrone.
Il piano di sopra era accessibile tramite una scala che copriva tutta la parete dietro la televisione.
Di colpo si sentì un rumore statico. Anita si girò verso il televisore. Era prodotto dalla Mechas. Sullo schermo era apparso un effetto simile alla neve. Grigia e nera.
Quel televisore era stato installato su quella parete il giorno stesso del suo lancio sul mercato. Era un apparecchio estremamente affidabili. Lo statico di quelle televisioni era dovuto solo ed esclusivamente da alcuni Pokémon volanti o fluttuanti che interrompevano il segnale dal satellite mettendosi in mezzo tra la parabolica e il segnale del satellite.
Immediatamente si sentì una signora sbuffare: «Perché quel Gliscor è ancora qui? Ci vorrebbe qualcuno che gli dia una bella lezione! Magari il suo allenatore, ma quel brutto sbruffone pensa che non sia un problema! Vorrei vederlo io se succedesse a lui! Come dobbiamo fare adesso?»
Ad Anita iniziò a battere il cuore forte dall’emozione, stava per conoscere sua nonna. Non aveva grandi aspettative. Per lei era sufficiente che la signora l’accettasse.
La vecchia era una donna di circa settant'anni, di non molto alta. Aveva i capelli grigi, dei piccoli occhi marroni, un naso grande naso grande e un neo sulla parte destra della fronte. Indossava un grembiule azzurro che copriva una semplice maglietta rossa e dei jeans blu.
L’anziana si alzò dal divano e si girò per andare a vedere chi c’era alla porta. Il marito non era solo. Era accompagnato da una giovane fanciulla con un berretto con visiera e una borsa da allenatrice. Era accompagnata da un Oshawott e da una Herdier. Entrambi i Pokémon avevano un’aria energica e vivace. L’anziana domandò al marito, con tono di rimprovero: «Alessandro! Simmu un po’... chi è questa bambina che è venuta a farci visita oggi?» Il nonno la contraddì con un piccolo gesto della testa. «Guarda che lei non è più una bambina, è una ragazza grande e matura! Non come sua madre. Ha già… eeeeeeeee…..» Anita tossì «Coff… sedici anni.» L’anziano riprese: «…sedici anni. Si chiama Anita ed è tua nipote.» L’anziana venne colta da un enorme turbinio di emozioni. «Oddio! Bella di nonna vieni qui fatti abbracciare, noi non sapevamo della tua esistenza, ed è tutta colpa di tua madre! Si è allontanata quando aveva la tua età e da allora non l'abbiamo più vista. Aveva iniziato il suo viaggio come Allenatrice, ma dopo poco non ci aveva più contattato. Eppure, anche allora i Centri Pokémon avevano un telefono! Ah… ma io so che tu non sei come lei! Se lo dice il mio amato Alessandro allora deve essere per forza così!» Anita colse la palla al balzo: «Anche per me è bellissimo incontrarti nonna… solo potresti evitare di stringermi così forte per favore! Stringi più forte della Servine di Ash!» La nonna, non senza aver accennato un sorriso per quella battuta, si scusò «Oh… perdonami bella, ma noi pensavamo di non avere nipoti, vedo che mangi bene e ti tieni in salute, sei molto in forma!» Anita passò i meriti a Carlos «Tutto ciò che mangio in realtà è preparato dal mio amico Carlos non lo decido io. A dire il vero neanche lui decide per noi, è Ash che detta i menù.» Il nonno attaccò: «Si sapeva già che in effetti noi maschi sappiamo come tenerci in forma e anche come cucinare bene.» La nonna allora disse: «Alessa… guarda che se non ci fossi io tu moriresti di fame, sete e forse anche di sonno!» Anita provò a fermare così la discussione «Calmatevi… vi prego!» La ragazza alzò le mani, come gesto di resa. «O almeno… beh… finiamo con le presentazioni?»
La nonna, ragionevolmente la assecondò «Si… giusto… perdona tuo nonno, l’età gli ha un po’ dato alla testa… Sai…a volte dimentica di prendere le medicine e…» La ragazza fece cenno di aver capito. «Comunque», L’anziana tornò all’argomento principe. «Io sono nonna Noemi!» Si presentò l’anziana. «Se vuoi ti faccio fare un giro della casa… se vuoi ti posso offrire anche qualcosina da mangiare… mi sembri un po’ a corto di energie. E poi è quasi ora di fare merenda?! Lo vuoi il panettone? È fresco fresco… l’ho preparato ieri! Oppure preferisci dei biscotti? Ho capito! Vuoi del succo d’arancia!» Anita, educatamente, rifiutò le gentili proposte dell’anziana. «No… no! Grazie! sono a posto così! Magari forse i miei Pokémon vogliono qualcosina… che ne dite?» L’anziana si avvicinò ai due compagni di Anita «Sono sicura che hanno molta fame, questi piccoli pasticcini» L’anziana donna si inginocchiò per poterli coccolare. Gli accarezzò e gli accarezzandoli e spupazzò di coccole, arrivando a stirar loro anche le guance «I tuoi Pokémon sono davvero bellissimi! Ma dimmi un po’...ne hai altri da presentarci?» Anita rispose con un piccolo gesto affermativo alle parole dell’anziana. Tirò fuori la Poké Ball che conteneva Vivillon «Lei è l’ultimo Pokémon che ho catturato, giusto qualche giorno fa. VIENI FUORI VIVILLON!».
Dalla Poké Ball uscì una stupenda Vivillon motivo marino. Quella Pokémon che ispirava alla nonna un grande senso di sicurezza. Al nonno, invece, causò una diversa reazione. Al signor Alessandro venne in mente un episodio della sua gioventù. In particolare, del giorno in vide per la prima volta un Pokémon shiny. La farfalla appariva un po’ spaventata dai due anziani. Capendo il disagio della Pokémon, l’anziana la nonna prese un contenitore di metallo, con stampati sopra dei Pokémon. Conteneva degli snacks per Pokémon. Pochi istanti dopo l’anziana chiamò i suoi aiutanti: «MINNIE! PICERNESE! ABBIAMO OSPITI E SERVIAMO DEGLI SNACKS!» Picernese arrivò immediatamente. Era proprio lì davanti. Minnie, invece dovette scendere per le scale. «Anche se è un po’ anzianotta è comunque arzilla, come se avesse vent’anni.» Raccontò l’anziana. «È anche bravissima nelle lotte» Aggiunse poco dopo. «Certo… non più come una volta… ora non riesce più a scacciare quel maledetto Gliscor che ogni volta interrompe il segnale della televisione…»
Minnie arrivò rotolando dalle scale. Rivelando il suo aspetto. Minnie era l’Azumarill del nonno. Fino a poco tempo prima, la Pokémon stava spolverando la camera da letto al piano di sopra. Appena giunse al piano terra, la Pokémon si mise a salutare gli ospiti e a fare conoscenza con loro.
«Quando Azumarill era giovane riusciva a battere anche dei Pokémon forti e in salute come i tuoi, adesso, invece, aiuta tua nonna con le faccende domestiche.» Raccontò il nonno.
Minnie si avvicinò ad Anita e le strinse la mano con l’orecchio. «Piacere, io sono Anita.» Si presentò la ragazza. «E sono l’allenatrice di queste tre giovani promesse. Oshawott, Herdier e Vivillon.» Azumarill si avvicinò ai tre Pokémon della ragazza. Iniziò da Herdier e cominciò a chiacchierare con la Pokémon Fedeltà. «Az-zu-ma-ma» (Mi sembri molto forte e in forma) «Zu-zu-zu-ma» (Hai ancora molta strada da fare, e diventerai ancora più grande e forte.) «Rill-Rill» (Questo ti aiuterà anche nelle lotte più difficili)
Dopo aver incoraggiato Herdier, la Pokémon passò a Vivillon. «Ma-ma-Rill-Rill» (Hai davvero tantissimo potenziale. Sono sicura che sei una spalla perfetta per la tua Allenatrice.) «Zu-Zu-Zu» (Credo che presto farai un grosso salto di qualità).
Infine, si rivolse ad Oshawott, ma non gli diede la mano, piuttosto decise di accarezzarlo in testa con la manina. «Azu-ma-Azu!» (Avrai un futuro radioso davanti a te, devi solo ascoltare i consigli della tua allenatrice. È una ragazza gentilissima.) Il Pokémon Lontra sembrava estremamente felice delle parole della Pokémon.
«Non è comune questo comportamento.» Spiegò l’anziano. Anita era stranita da quella frase. Azumarill si comportava con una tale naturalezza… «Come?» Chiese. Il nonno capì che avrebbe dovuto dare una spiegazione alla nipote. «In tutti questi anni è successo solo tre o quattro volte. È molto raro che Azumarill si comporti così con i nuovi ospiti. Se ho capito bene, sembra che abbia visto in Oshawott un potenziale immenso.»
Oshawott arrossì a quei complimenti. Anita guardò il suo Pokémon con aria pensierosa.
L’anziana signora tornò dalla cucina reggendo tra le mani un grande vassoio di legno di ciliegio. Appena giunta in salotto, lo appoggiò sul tavolino, in modo da poter far permettere ai Pokémon di mangiare.
Herdier e Oshawott si fiondarono immediatamente sul vassoio. Gli altri Pokémon si scambiarono uno sguardo divertito, per poi mettersi a mangiare a loro volta, sia pur molto più tranquillamente. Poco dopo la nonna della ragazza era di nuovo sparita, salvo ritornare poco dopo. Questa volta aveva preparato dell’ottimo panettone. Il dolce aveva un aspetto molto invitante.
La pasta era di un bel giallo e sembrava incredibilmente soffice. Era guarnita con delle gocce di cioccolato e con della crema bianca. Il tutto era racchiuso in una sorta di cilindro dalla forma piuttosto schiacciata e ricoperto di panna montata a sua volta decorata con delle ciliegie. Una goduria per il palato.
Anita non poté non pensare ad Ash. Probabilmente l’amico avrebbe divorato quel ben di Arceus in un battito di ciglia. La visione del ragazzo che mangiava quel dolce a quattro ganasce le strappò più di un sorriso.
Anita e i nonni ritrovati, si fermarono a guardare i cinque Pokémon che mangiavano gli snack. Dai loro sorrisi sembrava quasi volessero unirsi a loro…
Il quadretto venne interrotto dal nonno, alle perse con una delle sue uscite. «Ah, i Pokémon creature misteriose, quando poi conosciamo moltissime cose di loro, misteriose perché col tempo cambiano comportamento, abitudini, anche l’habitat, se ancora penso a quei Ninetales di Alola comparati a quelli normali…» Nonna Noemi rise sotto i baffi: «Alessandro, non iniziamo con i termini tecnici che la bambina poi non capisce» Il vecchio si fece una bella risata «Ancora? Ti ho detto che è una ragazza responsabile e sveglia, brava e intelligente, bella ed educata, avventurosa e modesta» Anita lo fermò arrossendo «No… non, non sono tutte queste cose…» L’anziano, in disaccordo con le parole della nipote, disse qualcosa che fece vergognare la ragazza a tal punto da farla ritenere fortunata che nessuno li stesse ascoltando. «Ma non dirmi che non è vero! Sono sicuro, e te lo dico da grande conquistatore… quindi suppongo di averti passato quei geni… per cui sono sicuro che là fuori ci sono tanti ragazzi che farebbero la fila pur di stare con te… che cadrebbero ai tuoi piedi anche solo per un tuo sorriso!» Anita era piuttosto imbarazzata da quelle parole. Non si sentiva pronta ad avere quel genere di relazioni… non ancora. “Menomale che questa cosa rimane tra noi! Però caspita… che imbarazzo!” Il nonno, non contento, decise di rincarare la dose con una frase che sembrava studiata apposta per far vergognare la ragazza: «Sicuramente quei tuoi “amici” beh… come li chiami tu… sono già i tuoi fidanzati…. Beh… in quel caso…. devi solo decidere chi sarà tuo marito. Ma stai tranquilla! Hai molto tempo per decidere» Anita, in quel momento sarebbe voluta evaporare. Come minimo. O se non altro, non solo voleva chiudersi nella sua stanza e non uscirne mai più. Per l’imbarazzo, era diventata tutta rossa, peggio di un Darmanitan. In quel momento si accorse anche di quanto stesse sudando.
Oddio e se ci fossero stati i miei amici cosa sarebbe successo?” Pensò, “Non lo voglio scoprire né ora né mai” Quelle
visioni non abbandonarono la mente della ragazza per diverso tempo.
La nonna, per fortuna, si accorse dell’imbarazzo della ragazza. «Ehm, caro, non so se questo argomento sia consono…. è un po’ imbarazzante. La mia povera nipotina è completamente scioccata, non la vedi? Ti rendi conto che hai esagerato?» La
donna riprese il marito, il quale, pur di non rispondere, cercò di cambiare argomento.
«Adesso devo proprio andare in bagno, scusate.» L’anziano si alzò ed indicò col dito la porta del bagno, facendo capire alla giovane ospite dove si trovasse il servizio.
«Tesoro, sicura di stare bene?» L’anziana assunse un tono ancora più comprensivo. Anita non si era ancora ripresa del tutto da quelle affermazioni. Nonostante questo, cercò di tranquillizzare l’anziana «Si si nonna tutto a posto, non ti preoccupare… sto bene… solo che non mi sarei mai aspettata venisse tirato fuori questo argomento… ecco tutto» Capendo la situazione, l’anziana si prese la responsabilità di quanto accaduto. «Se non ci penso io a fargli prendere le medicine, lui se ne dimentica e quando lo fa, a volte dice delle fesserie» Spiegò. La ragazza assunse un’aria comprensiva. «A proposito, ALESSÀ PRENDI LE MEDICINE DOPO CHE FINISCI!» L’anziano rispose al rimprovero della moglie «SONO AL PIANO DI SOPRA!»
La nonna sospirò «Perché deve sempre lasciare le cose in giro? Anita, cara, puoi andarle a prendere tu al piano di sopra? Le medicine saranno sicuramente sul comodino» Anita non poté rifiutare. «Certo… vado subito.» La ragazza si alzò dal divano e si diresse al piano di sopra. Non fece quasi in tempo a posare il piede sul primo gradino, che subito inciampò. Stava per sbattere la faccia sulla scala.
Alla sua destra della ragazza comparve un velo rosato. Contemporaneamente una strana figura la sollevò di peso e portò sul materiale rosa. Quello strano materiale ricordava una sorta di materasso. Grazie a questo salvataggio Anita non ebbe nemmeno un graffietto; Sembrava venisse tenuta da qualcosa di ovale, con due grandi orecchie. La ragazza abbassò lo sguardo e si accorse di una creatura azzurra a forma di uovo. Due stanghe le coprivano la bocca. Ara Azumarill. Le aveva appena salvato la faccia da una bruttissima fine.
«Anita… mamma mia! mi hai fatto preoccupare! Meno male che Minnie si è accorta della tua caduta… forse è meglio che vada io.»
Il nonno uscì così dal bagno e si scusò con la nipotina: «Scusa per prima… forse non dovevo toccare questo argomento… ma è da quando tua madre...» L’uomo si fermò alcuni istanti. «Ah giusto… dobbiamo continuare questa conversazione con la nonna…» Manco a farlo apposta, l’anziana gli raggiunse in quello stesso istante, con in mano una specie di contenitore e un bicchiere pieno d’acqua. «Adesso non hai più scuse.» L’anziana, praticamente, obbligò il marito a prendere le medicine. «E dai che sennò facciamo notte!» Si lamentò, notando il tentennamento del marito.
Una volta finito, o finto, di prendere le medicine il nonno riattaccò «Allora, continuiamo il discorso di prima, non abbiamo più avuto contatti da parte di tua madre da quando aveva più o meno la tua età.
Era un’Allenatrice davvero molto promettente. Aveva sconfitto senza praticamente difficoltà le prime due Palestre, grazie ai suoi Pokémon. Un Tepig e un Herdier… anche se… nelle ultime volte che la sentivamo ci sembrava sempre meno convinta.
Parlava di questo suo amico e dei suoi ideali. Per quanto non li condividessi, decisi di lasciare correre. Dopotutto era la sua vita.» L’anziano scosse la testa. «È da allora che prendo queste medicine. Sai cosa significa per un padre non avere più contatti con sua figlia…» Spiegò. «Queste medicine mi servono per non impazzire. Probabilmente senza queste non sarei qui. Quando non le prendo, il primo sintomo che mi capita è il dire cose fuori luogo… comunque ti ha detto del suo passato?» Chiese l’anziano. La ragazza annuì e affermò: «Si... tranquillo, giusto pochissimo tempo fa. Il giorno in cui io sono diventata Allenatrice lei mi ha anche raccontato di come lei non volesse che io facessi il suo stesso errore.»
La nonna allora si distese per la gioia «Grazie ad Arceus! Almeno nostra figlia si è svegliata!» L’anziano cambiò totalmente espressione, divenne pensieroso e riflessivo «Meno male che tua madre non ti ha influenzato con quelle strane idee, ma che, anzi, ti abbia detto di non fare i suoi errori.» Anita si stava stancando di sentire sempre le stesse storie e cambiò discorso «Nonna…. prima il nonno mi ha raccontato degli episodi di infanzia…» L’anziana fece cenno di aver capito.
«Vuoi che te ne racconti qualcuno pure io?» La ragazza fece un piccolo cenno affermativo.
L’anziana si tolse gli occhiali e posò la fetta di panettone che stava masticando sul piattino che aveva sulle gambe.
«Sono passati tantissimi anni… ero una bambina come a te…» Il nonno la interruppe subito. «Ragazza…» L’anziano tossicchiò. La signora, scocciata dall’interruzione, riprese il suo racconto. «Avevo la tua età, va bene? Non è molto importante. Sono tempi lontani. Il mondo è veramente cambiato da allora. Pensa che all’epoca, i pokédex erano cartacei. Oggi il Pokédex è solo una delle tante funzioni dei vostri telefoni…» La signora iniziò a divagare. «In ogni caso, la mia vocazione non era quella di completare il Pokédex. Io mi dedicavo più che altro al prendermi cura delle persone bisognose, una cosa che, nel mio piccolo, cerco di fare anche oggi. Non so se conosci l’ospedale in Via Laven…» L’anziana notò lo sguardo perso della ragazza. «Non importa se non lo conosci… davvero. Comunque sia… io ci vado tutti i mercoledì, compreso anche ieri. Sai, dai primi giorni che ci andavo ad adesso sono cambiate tantissime cose… per esempio l’entrata. Prima la hall principale non era grande come adesso, era molto stretta, ci passava a malapena il carrello delle pulizie, giusto per quei tre centimetri… altrimenti sarebbe rimasto incastrato. Dobbiamo ritenerci fortunati. La scienza è andata avanti, per esempio, adesso ci sono più cure rispetto a tanto tempo fa… prima alcune malattie non potevano essere curate in alcun modo. Oggi, per fortuna molte di esse sono diventate curabili. Certo… il processo è comunque lungo e a volte doloroso… ma adesso ci sono anche molti più medici rispetto alla mia epoca. Sai? Prima tutti volevano diventare avvocati e uomini d’affari. Oggi invece ci sono molti medici… il che è positivo. Anche se è probabile che, in futuro, ce ne saranno di meno. Voi ragazzi oggi purtroppo pensate a stare su quegli Smart Rotom. Ai miei tempi non c’erano tecnologie così avanzate. Ora è tutto più semplice e in futuro lo sarà ancora di più. Mi ricordo ancora il giorno in cui ho iniziato a fare volontariato…

Era una mattinata d'inverno. Una ragazza non molto alta e piuttosto magra, dai capelli castani e dagli occhi dello stesso colore, vestita una semplice camicia, una giacca e una gonna scura, che indossava delle semplici scarpe in pelle nera, notò un anziano vecchietto si stava scaldando vicino a un piccolo fuocherello che bruciava all’interno di un barile giallo. Stava sfruttando quel fuoco per cuocere delle salsicce. «Signore ha bisogno di una mano?» Gli chiese quasi istintivamente.
Solo in quel momento, la ragazza si accorse che l’anziano aveva una ferita alla gamba.
La ragazza si avvicinò e gli chiese, nuovamente, con un tono ancora più gentile: «Signore, ha bisogno di una mano?» L’uomo guardò la ragazza atterrito e rispose: «In realtà sì, giovanetta, vedi io sono un povero senzatetto. Sembri molto gentile, ma non penso che tu possa fare molto.» La ragazza guardò l’anziano con aria dispiaciuta. “Effettivamente ha ragione. Non posso fare molto.” Pensò. “Ho solo sedici anni. Magari i miei genitori o qualche altro parente più grande che potrebbe dare qualcosa in più… ma comunque non faceva la differenza” Un secondo pensiero si aggiunse poco dopo.
La ragazza, presa da un impeto di generosità, misto ad un pizzico di follia, decise di trascorrere tutta la notte con l’anziano.
La mattina seguente, la ragazza chiese a suo padre: «Babbo, ieri ho incontrato un senzatetto, come posso aiutarlo?» Il padre della ragazza, piuttosto sorpreso dalla domanda disse: «Tesoro, io sarò anche una delle persone più ricercate della nostra città, ma proprio non so cosa possiamo fare. Potremo fare delle piccole donazioni. Magari, per ora, potremo comprare qualcosa per lui. Ma, se proprio volessi aiutare queste persone dovresti rivolgerti a un’associazione, come una casa di cura, oppure all’ospedale in Via Laven. Non è molto lontano se usi la bicicletta.» La mamma intervenì: «Se ci tieni, tesoro, dopo la scuola, puoi andare e vedere se puoi dare una mano in qualche modo.»

L’anziana interruppe il racconto. «Ai miei tempi, la scuola finiva d'obbligo a diciott'anni, solo dopo aver concluso gli studi dell’obbligo si poteva cominciare a viaggiare. Nulla ti vietava di avere già dei Pokémon, ma la priorità era l’istruzione. Con il tempo le leggi cambiarono. Già quando andava a scuola tua madre… In alcune regioni gli Allenatori partono per il loro viaggio a dieci anni. Qui hanno abbassato il limite a sedici. Ma chi vuole può comunque continuare gli studi.» Conclusa la breve parentesi, l’anziana riprese il suo racconto.

La giovane arrivò a scuola. Quel giorno ci sarebbero state interrogazioni a tappeto. Nonostante questo, la ragazza ebbe comunque del tempo per riflettere.
All’uscita di scuola la giovane venne trascinata sul pullman da una sua amica, Miriam. Quest’ultima si era immediatamente accorta di come Noemi fosse estremamente pensierosa: «Cosa ti prende oggi? Sei così pensierosa, hai ancora dei dubbi su chi sia più attraente tra Pasquale e Franz?»

A questo punto fu l’anziano ad interrompere il racconto: «Che cosa?» La nonna rispose, senza battere ciglio. «All’epoca non mi rendevo conto del fatto che fossero poveri in canna. E poi… non li conosci… anche se, a questo punto saranno diversi metri sottoterra.» Il vecchio si tranquillizzò: «Meno male… anche se comunque credo di aver capito chi erano.»
La signora continuò con la storia:

La giovane Noemi rispose all’amica: «È per qualcos’altro, ed è molto più importante. Non so se tu possa capire.»
Miriam le chiese lumi: «Se non so di cosa stai parlando, come puoi pretendere che capisca? Dai, dimmi di più!» La giovane Noemi sospirò: «Da oggi, voglio aiutare le persone bisognose, non importa che siano persone ferite o senzatetto affamati. O altri tipo di persone in difficoltà. Perché mi dispiace per loro.» Miriam Sorrise. «E questo, per te era qualcosa di difficile da capire? È un gesto molto generoso da parte tua. Non posso che augurarti buona fortuna.»

Anita, timidamente, interruppe la signora: «Forse sono indiscreta, e in questo caso mi scuso, ma… questa tua amica non ha mai voluto accompagnarti?» La nonna guardò per un attimo Picernese e sospirò: «Purtroppo Miriam non aveva tempo. Tutti i pomeriggi, a parte la domenica, aveva lezioni di pianoforte. E il giorno in cui non aveva pianoforte usciva con i ragazzi della nostra scuola. Sai, ai miei tempi non assegnavano compiti per casa.» Chiusa l’ennesima parentesi, la signora tornò al racconto.

Quello stesso pomeriggio la ragazza prese la sua bicicletta e raggiunse Via Laven. Portò con sé anche Picernese. A quei tempi, la Pokémon era ancora una Budew, e non aveva ancora ricevuto il suo soprannome. Essendo un semplice Budew, purtroppo poteva solo fare da spettatore. Il suo corpo era piuttosto fragile e poteva solo trasportare oggetti molto leggeri con la sua punta. Per poter essere maggiormente d'aiuto si sarebbe dovuta evolvere almeno in Roselia. Non era ancora il momento. Noemi non poteva saperlo, ma non avrebbe dovuto attendere ancora molto.
Arrivata all’ospedale, la ragazza entrò e subito si accorse di quanto all’interno la hall fosse stretta. Lo stesso poteva dirsi di tutti i corridoi.
Appena entrata, la ragazza venne accolta da un’addetta all'ingresso. «Salve giovanetta, come posso esserle utile?» La donna sembrava piuttosto gentile. «Salve potreste prendervi cura di un senzatetto che ho trovato per strada?» Rispose la ragazza. La gentile addetta rispose educatamente: «Ma certo! Mi dia giusto un nominativo della persona di cui dobbiamo occuparci» Noemi sembrava piuttosto imbarazzata: «In realtà io non so né il suo nome né il suo cognome.» L'infermiera le spiegò la situazione: «Signorina, abbiamo bisogno dei suoi nominativi. Se non riesce in altro modo, possiamo farlo venire qui. Pensi di riuscire ad accompagnarlo? Se non riesce, mandiamo qualcuno a prenderlo.» La giovane si indispettì e domandò «Non potete mandare direttamente qualcuno? Io so dove alloggia, a meno che non sia un nomade.»
La signora accettò la proposta: «Questa è un’ottima idea in effetti» Noemi indicò la via in cui aveva incontrato l’uomo. Accompagnata da un grande e forte uomo dai pettorali che se bagnati ben visibili, andò a prenderlo.
Il palestrato sembrava piuttosto entusiasta della cosa, almeno dalle sue parole: «Andiamo a prendere questa persona signorina… potremmo almeno sapere almeno il tuo nome?» La ragazza rispose, arrossendo: «Mi chiamo … mi chiamo Noemi.» L’infermiera, sentendo quel nome, attaccò: «Che coincidenza! Anche mia sorella si chiama Noemi! Mi pare che anche tua madre si chiami così, giusto, Matt?» Si rivolse all’omone.
Questi rispose con un sorriso. «Esatto, Antonella, anche mia madre si chiama come lei. In ogni caso… smettiamola con le chiacchiere e andiamo, che ne dite?» Noemi si limitò ad annuire.
L’omaccione accompagnò la ragazza fino all’ingresso, quindi le fece cenno di attendere. Si trattava di pochi minuti. L’attesa fu sufficiente alla ragazza per chiedersi cosa l’uomo stesse facendo.
Questi arrivò davanti all’ingresso alla guida di un particolare mezzo di soccorso. A parte alcuni adesivi, all’esterno, appariva come una normale auto. Anche l’interno, all'apparenza, rispecchia quello del popolare modello di serie.
La ragazza non ebbe tanto tempo per quei dettagli. Doveva dare le indicazioni per raggiungere il senzatetto.
Vicolo dei Sentret.

L’anziana trovò il tempo per l’ennesima divagazione. «Sai, quel vicolo, nel corso del tempo, ne ha viste di ogni. Attualmente, è famosa per la rosticceria "Dependence Pasta”» A quanto pareva, le divagazioni non erano finite. «Abbiamo avuto solo una figlia, Jessica, ma se avessimo avuto un maschio, lo avremmo chiamato Matt.» L’anziano confermò queste parole «È vero Matt è un nome che mi è sempre piaciuto» Terminata l’ennesima interruzione, l’anziana riprese il racconto.

Il viaggio fino a Vicolo dei Sentret non fu molto lungo. L’uomo non disse niente durante il tragitto. Si limitò, prima della partenza, a chiedere alla ragazza quanti anni avesse. Noemi rispose che aveva sedici anni. Senza ulteriori chiacchiere, i due arrivarono nel vicolo. Lì trovarono il signore, intento a mangiare le salsicce che aveva con sé dal giorno prima. I due scesero dalla macchina. La ragazza si avvicinò all’uomo e gli spiegò la situazione: «Signore, io, da sola non posso fare molto, ma loro possono aiutarla.» Il signore sorrise: «Grazie giovanetta! Ho fatto bene a non spostarmi.» I due lo fecero salire a bordo. Matt salutò l’uomo: «Buongiorno signore, Matt Romaniello.» Il signore si presentò a sua volta: «Piacere! Mi chiamo Jean Balvano.» L’omone allora affermò: «Fantastico! Lei ci ha già dato i suoi nominativi, o sono falsi? Comunque, adesso andiamo all’ospedale, non sembra che lei sia molto in forma.» L’anziano non disse una parola. Matt non perse tempo. Accese il motore e partì. Sulla strada ringraziò la ragazza. «Grazie Noemi, adesso possiamo aiutare questa persona. Ed è grazie a te! Ti daremo una bella ricompensa, vedrai. Ti dirò di più. Mi sembri una ragazza sveglia, per cui cosa ne pensi? Potresti tornare e torna e aiutaci con la gestione dell’ospedale»

La signora fece una breve pausa dal suo racconto. «Ed è da allora che ogni Mercoledì vado all’ospedale.» Poco dopo, l’anziana volse lo sguardo sull’orologio a pendolo che troneggiava sulla parete.
«Incredibile! Si sono fatte già le cinque! Come vola il tempo quando stai insieme ai tuoi nipotini!» Disse l’anziana, strizzando l’occhio alla ragazza, rimasta meravigliata dalla vicenda.
Il nonno intervenne: «Qualcuno vuole un po' di quella gelatina di mirtillo rimasta lì da Venerdì sera?» La nonna, colta di sorpresa, disse: «Oh no! Ti prego! Non farlo di nuovo! Non davanti alla tua nipotina almeno!»
Il nonno, che sembrava non avesse sortito l’effetto delle medicine, negò: «Invece lo faccio! Ed è anche molto divertente!
Vuoi provare Anita?» Anita, un po’ preoccupata e alquanto spaventata, chiese al nonno: «Cosa dovrei… provare?»
Il nonno si alzò e raggiunse la cassettiera. Non trovando quel che cercava, sbuffò: «Uffa, Minnie! Mi prendi un cucchiaio?» Azumarill si alzò, portò la ciotola ormai vuota nel lavandino. Poi, con l’aiuto delle sue grandi orecchie, aprì il cassetto più basso di tutti e porse il cucchiaio al nonno.
Nonno Alessandro non riusciva a trattenere le risate per ciò che stava per fare. Prese il cucchiaio e si avvicinò lentamente alla gelatina di mirtillo; quindi, la toccò con la punta del cucchiaio.
La gelatina iniziò a traballare come una torre gigante di valigie e a tremare come se fosse perseguitata da un Gengar. Nel mentre, il nonno se ne uscì con una frase che fece scoppiare dal ridere Azumarill e Oshawott «WIIIIIIIIII, gelatina di mirtillooo!» La nonna si mise le mani in faccia mentre i due Pokémon acqua si misero a ridere a crepapelle. Vivillon arrossì; Herdier si limitò ad ignorarla, mentre Roselia guardava il vecchio con rassegnazione. Anita, invece, fece un sorrisetto come che poteva essere tradotto con: "Ma che cosa stai facendo, nonno? Possibile che un anziano faccia ancora queste cose neanche da bambini?” Al nonno non interessava ciò che la gente pensa di lui. La nonna intervenne «Ale! Fai una cosa! Prendi di nuovo le medicine! Sembra che sia finito l’effetto.» Il marito ribatté «Avanti! Lo so che piacerebbe anche a te! E, secondo me, anche ad Anita!» L'Allenatrice venne incitata anche da Minnie e da Oshawott a fare quel gioco con la gelatina di mirtillo. La ragazza accettò, non completamente sicura di ciò che stava per fare. Prese il cucchiaio e avvicinò la punta alla gelatina, sempre di più, mancava un centimetro, poi un millimetro, e prima che potesse toccare la sostanza il nonno la fermò «ASPETTA ANITA!» Alla ragazza scivolò il cucchiaio. Per fortuna, Oshawott lo prese al volo, prima di darlo alla sua Allenatrice. Il nonno aggiunse «Non dimenticarti di dire "WIIIIIIIIII, gelatina di mirtillo!» La ragazza allora toccò direttamente il cilindro di gelatina con la punta del cucchiaio e disse, molto poco convinta «WIIIIIIIIII, gelatina di mirtillo…»
L’anziano si mise a piangere. Era fiero della nipote, allo stesso tempo rideva. Trovava la cosa molto divertente, e lo stesso poteva dirsi dei due Pokémon Acqua.
Anita si vergognava un po’ della cosa. La nonna, accortasi dell’imbarazzo della nipote, sospirò e si alzò a prendere le medicine. Fortunatamente le aveva lasciate sul comodino, vicino alla cuccia di Azumarill. Le prese e obbligò il marito ad assumere, rimproverandolo. L’anziano, per nulla felice del rimprovero, ribatté dunque «Ok Noemi, le prendo, questa volta per davvero, però calma! Era davvero molto divertente.»
Il vecchio, come prima, prese un sorso d’acqua, si mise in bocca la pillola, e bevve nuovamente il liquido, deglutendo rumorosamente. «Così va molto meglio, ora, però, mangiamo la gelatina?» Roselia distribuì a tutti i tovaglioli e i piatti con la gelatina.
Anita non aveva mai provato i mirtilli, la gelatina invece la mangiava abbastanza spesso, perlomeno quando ancora era a casa, ma non aveva mai preso quella al mirtillo.
Anita allora allungò il cucchiaio verso il pezzo di gelatina, scavò dentro di esso, lo tagliò, facendolo così traballare come poco prima. Nella sua testa traboccava un pensiero “Anita, calmati, è come le altre gelatine, forse anche più buona, non devi per forza pensare che non sia buona perché diversa.” Solo a quel punto, la ragazza, decise di mettere il cucchiaio in bocca, arpionò la gelatina con la lingua, e se la trascinò sui suoi bianchi denti che i nonni desidererebbero avere di nuovo dopo tutti quegli anni… quando, improvvisamente, sentì una sensazione che aveva già provato in passato. Quella gelatina le piaceva… e poi?
Basta, semplicemente se la mangiò come tutte le altre volte con le altre gelatine.
Finiti i pezzi di gelatina Roselia raccolse tutti i piatti e si mise a lavarli delicatamente uno per uno.
La nonna le spiegò: «Picernese è molto laboriosa, è veramente instancabile. Insomma, vuole sempre avere le mani occupate. È diventata così da quando si è evoluta. Me lo ricordo come se fosse ieri.»
Herdier, rimasta per le sue per quasi tutto il tempo, chiuse gli occhi e durante tutto il racconto si immaginò la scena.

Era un soleggiato mercoledì di primavera, Noemi, come, praticamente ogni mercoledì, andò all’ospedale. Appena giunta, venne sorpresa dalla presenza, all’interno della hall, di Franz e Pasquale. Stando alle loro parole, non erano venuti per motivi di salute, ma per aiutare.
Questo fece insospettire non poco la giovane, che si sentì costretta a chiedere lumi. «Che vi siete fatti per venire qui? Mi sembrate freschi come dei Roselia!» Poco dopo, la ragazza si rivolse a Budew: «So che un giorno ti evolverai e diventerai una magnifica Roselia.» Quello che la ragazza non poteva ancora sapere era che quel giorno era arrivato. I due guardarono la ragazza e sembravano anche piuttosto divertiti: «Non siamo qui perché ci siamo fatti male, ma siamo venuti ad aiutare come volontari. Noi siamo brave persone, quindi dobbiamo farci notare per la nostra gentilezza.» A questo punto, la giovane chiese: «Ma Franz non voleva picchiare quel poveretto di Eugenius? Dopo che in palestra ti aveva lanciato un pallone in faccia. Tu te la sei andata a cercare per non farmi prendere? E tu, Pasquale non volevi fare una rissa con Andrea perché ha ricordato alla professoressa che c’era il compito?» I due risposero in coro: «Oh, ma per favore! Stiamo parlando della preistoria… sarà successo due o tre anni fa!» Sembrava che la ragazza si fosse solamente messa in imbarazzo davanti a tutti. «È successo tutto una settimana fa, tutto nell’arco di 48 ore. Non penso che da qui a una settimana fa sia passata la storia.» i due diventarono rossi come dei Darmanitan. I due cercarono di tirarsi fuori dall’ impiccio: «Beh, noi siamo solo vendicativi, ma, a parte questo, siamo delle persone dal cuore d’oro. Tutte le bravate che abbiamo fatto nel corso di questi anni erano solo vendette.» La ragazza, per quanto non condividesse affatto quel modo di fare, credette alla loro storia, almeno parzialmente. Si limitò a parlarne con Antonella: «Ciao, loro sono due miei compagni di classe che vogliono unirsi a noi, li faccio fare prima un giro per l’ospedale, ok?» Antonella si indispettì: «Dovrete dare prova di questa bontà di cui parlavate prima.» Pochi istanti dopo, uno dei due ragazzi, spuntò dal ripostiglio tenendo il mocio sulla spalla come fosse un sacco di patate. Al ché domandò: «Qualcuno mi ha chiamato?» La ragazza rispose: «No, no… stavamo parlando di quando ho dato prova di me stessa e tu l’hai riconosciuto.» Il ragazzo tornò dentro il ripostiglio: «Ok, ho anche finito qui. Adesso Marvin la può risistemare come prima… Audino andiamo a pulire il bagno!»

L’anziana spiegò di come Audino fosse l’aiutante di Matt in ospedale e di come il ragazzo avesse anche un Pyroar, sebbene l’anziana non avesse idea di cosa potesse fare un Pokémon del genere. L’anziana raccontò di come il resto del giro non fosse stato particolarmente interessante, con i due ragazzi che si limitarono a “prendere appunti” anche se il loro prendere appunti era più che altro creare una mappa dell’edificio.
L’anziana riprese il suo racconto.

In quel momento, il gruppo sentì un rumore piuttosto familiare all’interno dell’ospedale. Quel rumore significava solamente una cosa: era arrivata l’auto di soccorso. Seguendo il protocollo, Noemi e gli altri si spostarono in modo tale da agevolare il trasporto della barella, diretta urgentemente in sala operatoria. Più precisamente si sedettero su dei seggiolini montati ai lati dell’andito. Erano stati montati appena un mese prima. Erano piuttosto comodi. I due ragazzi si sedettero in modo da far sì che Noemi fosse costretta a sedersi al centro. Posizionarono le braccia in modo da dare alla ragazza quasi la sensazione di essere imprigionata.
Dopo che la barella, che portava un Nosepass, shiny per di più, passò, la ragazza si alzò e fece una breve presentazione di ciò che faceva. I due le risposero immediatamente: «Guarda, ti verremo ad aiutare, però dovrai farci capire come fare.»
La ragazza sembrava alquanto contrariata: «Portare e spostare roba non mi sembra così difficile, penso che quattro braccia in più diano un grosso aiuto alle operazioni… un’altra cosa…» La ragazza spiegò ai due ragazzi che cosa succedeva quando non c’era del lavoro da fare: «È molto importante tenere pulita la struttura e intrattenere i pazienti, magari con qualche libro, oppure con delle attività. Le attività vengono scelte da un membro del personale sanitario su autorizzazione dei veterani.» I due si guardarono e uno dei due disse: «Intrattenere i pazienti potrebbe essere molto interessante, può essere un esercizio per alcune malattie, è il nostro campo, potrebbe essere la nostra occasione.» I due accettarono l'incarico, guardando la ragazza come se fosse una dea.
I due si misero subito all’opera. La ragazza li accompagnò sul retro, precisamente nella zona dove arrivavano le consegne dei farmaci e altre forniture. Non un locale molto spazioso, ma abbastanza da far entrare un furgone carico di scatoloni.
Alla guida vi era un signore di più o meno quarantacinque anni. Era famoso nel circondario per essere stato uno dei partecipanti ad un concorso in cui i partecipanti si sfidavano a chi avesse catturato il più piccolo Cutiefly. Si classificò centossesantacinquesimo su cinquecento partecipanti. Dopo aver parcheggiato, scese dal suo furgone e si avvicinò ai tre per far firmar loro la ricevuta della consegna. L’uomo conosceva tutti i nomi di chi lavorava lì. Come ogni volta si rivolse alla ragazza: «Ciao Noemi, è arrivato il carico di porri officinali, puoi firmare questo foglio?» L’uomo indicò il punto dove la ragazza avrebbe dovuto firmare e, pochi istanti dopo, quello dove segnare la data. Pochi istanti dopo aggiunse: «Gradirei la firma di un altro membro del personale.» Un attimo dopo alzò lo sguardo e si rivolse ai due ragazzi con aria amichevole: «Ma salve anche a voi ragazzi siete nuovi? Per regolamento potrete firmare solo dopo quindici giorni dal vostro arrivo.» L’uomo fece tutto da solo. Pasquale si grattò la testa e andò a chiamare un altro dipendente, così che potesse firmare. Matt stava già per apporre la sua firma sul documento, ma prima di poterlo fare, si scontrò con Pasquale. Il ragazzo, evidentemente, non si era accorto della loro presenza: «Oh scusami, ragazzo.» Pochi istanti dopo, il ragazzo si rivolse a Noemi: «Conosci quel ragazzo, per caso?» Non le lasciò nemmeno il tempo di rispondere. «Buongiorno Bob, e altro ragazzo che non ho mai visto» La ragazza, finalmente, ebbe modo di spiegare: «Sono miei compagni di classe (interessati in qualche modo a me) che vogliono fare volontariato perché dicono che vogliono provare la loro bontà agli altri.» Matt sussurrò qualcosa all’orecchio della ragazza: «Anche io facevo così, fai attenzione a qualsiasi loro mossa o parola.» Quindi si alzò e prese la tabella delle firme di Bob. «Allora Matt…oggi è 21 Aprile…perfetto, adesso devi firmare qui Noemi…» La ragazza firmò, mettendo, come sempre, un cuoricino come puntino della I. Bob annunciò: «Fate attenzione che sto aprendo le portiere!» I tre si allontanarono. Nel frattempo, Franz si rivolse a Pasquale: «Perché si sono allontanati?» Poco dopo disse: «Non lo so, ma è meglio che li seguiamo.» Bob aprì le portiere e dal vano di carico del furgone, dal quale sbucarono quattro Nosepass. I Pokémon Bussola erano degli assistenti dell’autista. Lo aiutavano a non far cadere gli scatoloni. I due Pokémon investirono i due poveretti. Riuscirono a trascinarsi fuori a fatica.

L’anziana spiegò di come quei Pokémon si facessero accarezzare e di come fossero di grande aiuto, per esempio mettendo in ordine gli scatoloni per categoria, colore, quantità di elementi. Spiegò di come fossero particolarmente bravi in questo. Spiegò di come con tante scatole, poter contare sul loro aiuto era molto importante.
Il racconto riprese.

Ai due ragazzi salì l’istinto che li rendeva cattivi. Si misero a confabulare tra di loro. Sembrava stessero parlando di qualcosa che riguardava i Nosepass. Sembrava infatti che i due stessero preparando uno scherzo.
I due fecero finta di andare in bagno, mentre ridevano sotto i baffi. La ragazza mandò la sua Budew, in modo che potesse controllarli, mentre continuava a spostare gli scatoloni. Matt era piuttosto pensieroso riguardo la situazione. Fece cenno alla ragazza di fermarsi e la avvisò: «Noemi, aspetta!» Le disse con aria preoccupata: «Mi spaventa che questi ragazzi ci stiano provando in modo non molto corretto, ho già capito quale sarà il loro destino…non farti travolgere dai loro pregi e trovati un bravo ragazzo che non sia così egoista»

Nonno Alessandro si vantò e confermò le parole della signora «Questo Matt sembrava essere molto saggio, mi spiace averlo incontrato solo qualche volta, perché ti ha indirizzato sulla giusta via… Insomma… io sono stato la scelta della nonna ma poteva essere anche qualcun altro. Mi spiace che tu non possa vederlo, non abbiamo neanche una foto.» Anita si sentì molto più coinvolta nel discorso, e lo stesso poteva dirsi dei suoi Pokémon. Nello stesso momento, Roselia fece l’occhiolino alla nonna, mentre Azumarill accarezzava Oshawott.
«Ricordo quando Azumarill si è evoluto… ma te lo racconto dopo lasciamo continuare la nonna.» Ad Anita brillavano gli occhi per la storia. L’anziana riprese il suo racconto.

Noemi e Matt stavano continuando a lavorare, mentre i due ragazzi stavano architettando il loro piano. Appena si accorsero della presenza di Budew, la legarono al muro con dello scotch. Una volta finito uscirono dal bagno e si riunirono con Noemi e Matt. «Abbiamo un regalino per i Nosepass» Dissero, con aria convinta. Franz aprì la borsa, mentre che il suo complice prendeva l’oggetto dallo zaino. In quel momento, la giovane Noemi pensò: “Per favore fa che siano dei bei fiorellini e non la solita roba per fare gli scherzi. Ti prego, Arceus!” ma Arceus, in quel momento aveva altro a cui pensare. I due tirarono fuori un rotolo di carta igienica dicendo in coro «Usate questo per pulirvi il naso Ahahahahahaha… coff… coff…» I Nosepass a causa del comportamento dei due, persero il lume della ragione. I Pokémon cominciarono ad attaccare tutti, indistintamente.
«Ma che combinate? Ma siete scemi? Audino usa botta!» Il Pokémon tentò di caricare uno dei Nosepass, ma quest’ultimo lo placcò e tenendolo con quelle piccole braccia, quindi generò un grande sasso, proprio dietro ad Audino. L’altro Nosepass lo attaccò con Spaccaroccia, colpendolo Audino con una certa violenza. Il colpo fu sufficiente per mandare l’avversario ai box. «Noemi scappa! Qua ci pensiamo noi!» La intimò Matt, mentre lanciò una Poké Ball. Da essa uscì un Pyroar maschio. Un Pokémon simile ad un leone. Il suo corpo era principalmente marrone scuro, come la zona intorno agli occhi. Gli occhi, invece, erano azzurri. Le zampe, la punta della coda, la testa e l'esterno delle orecchie, invece, erano color nocciola. Trattandosi di un maschio, aveva una folta criniera rossa e gialla.
In breve tempo, il Pokémon venne accerchiato dai Nosepass. «Usa Rogodenti per deviare le rocce!» Ordinò Matt. Sembrava che il piano stesse funzionando, il Pokémon si girava molto velocemente, ma, nonostante riuscisse a deviare la maggior parte degli attacchi, subiva comunque dei colpi. Nel mentre i due geni del male se ne erano scappati dicendo cose non molto carine.
Noemi si rese immediatamente conto che avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa. Le sole due alternative erano andarsene o rimanere. In quel momento, la ragazza non poteva neppure contare su Budew, legata dai due ragazzi. Ad aggravare la situazione, Bob era rimasto pietrificato, come se fosse diventato una statua di Sunflora al centro di Las Brasas.
A quel punto un Nosepass si lanciò e si aggrappò alla criniera del leone. Questi cercò di liberarsi, senza successo. Tentò allora di liberarsi della sua presenza con Bottintesta, sfruttando i potenti muscoli del collo, mentre i suoi colleghi bombardavano il Pokémon di Matt con delle rocce «PYROAAAAAR! No, no aspettate» In difficoltà, Bob mandò in campo il suo Tentacruel, un grosso Pokémon marino simile tanto ad una medusa quanto ad un calamaro. La parte superiore del corpo ricordava un grosso cappello celeste, decorato con tre gemme rosse. Le due ai lati erano più grandi, mentre la terza, incastonata al centro, era molto più piccola. Le tre gemme formavano una sorta Y. La sua testa era semisferica e nera con due grossi occhi bianchi e un gigantesco becco celeste; possedeva un gran numero di tentacoli dal colore grigio-marrone. «Finché non li placo non li posso far rientrare nella Poké Ball. Tentacruel, usa Idropulsar» ordinò Matt. Il Pokémon Medusa, per quanto si sforzasse di dare la massima potenza a quel getto d’acqua, non riusciva a respingere i Nosepass infuriati che arrivarono velocemente sul suo dorso, bombardandolo di colpi di rocce volanti e botte a ripetizione. A quel punto i Pokémon guardarono Noemi come a farle capire che lei sarebbe stata la prossima vittima. La ragazza tentò di scappare, ma, sbagliando strada, la ragazza finì in un vicolo cieco. La ragazza era spaventatissima e urlò: «QUALCUNO MI AIUTI! AIUTATEMI!» A quel punto dal bagno di fianco si vide un potente bagliore, bianco, tendente all’azzurro, molto luminoso e si sentirono rumori di nastro adesivo che si strappava. Quello era il bagno dove Franz e Pasquale avevano attaccato al muro Budew. Anche se ora non era più un Budew. Si trattava di un Pokémon diverso, dall’aspetto diverso, era più alta, più delicata, più spinosa, e anche più verde, aveva due fiori come mani… Ormai non era più una Budew, ma era si evoluta in Roselia.
Immediatamente, la Pokémon sbarrò la strada ai Nosepass, che stavano arrivando a tutta velocità. Guardò Noemi come se stesse aspettando sue istruzioni. L’evoluzione aveva cambiato il carattere della Pokémon, appariva più fredda, più sicura di sé, sembrava si fosse rinvigorita. Era finalmente pronta a lottare sul serio.
Noemi, prima di ordinare un qualsiasi attacco, sembrava volesse prendersi un attimo per ammirare la sua Pokémon appena evoluta. «Roselia! Usa Megassorbimento!» A causa della grande quantità di energia assorbita dalla Pokémon, che si manifestava agli occhi dei presenti tramite una corrente di energia dal colore verde, i Nosepass cominciarono a rallentare il loro passo. A causa della grande quantità di energia che venne risucchiata dal loro corpo, i Pokémon apparivano sempre più stanchi. A quel punto Roselia, senza che la sua Allenatrice ordinasse un singolo attacco, sfoderò una nuova mossa. Si mise a roteare molto velocemente, più andava avanti più stava creando un vortice di petali, appariva come un vero e proprio tornado. Pochi istanti dopo, la Pokémon si innalzò e sbaragliò i Nosepass con i petali rispedendoli dentro il furgone delle consegne.
Noemi era incredibilmente emozionata dalla repentina evoluzione della sua Pokémon, che si limitò unicamente a dire: «Roselia…sei … bellissima!» A quel punto, la ragazza scoppiò a piangere. A quel punto, la Pokémon fece intendere alla ragazza quello che le fosse successo. Era stata legata da Franz e Pasquale.
Il giorno dopo, a scuola, durante l’ora di pranzo, la ragazza tirò tanto a Franz quanto a Pasquale un grosso schiaffo.

«E questo è come Picernese si è evoluta. Da lì ha anche ed ha ottenuto il suo soprannome.» Concluse l’anziana. Anita rimase a bocca aperta per qualche secondo. Era davvero una storia incredibile.
La ragazza, ancora scioccata guardò il vuoto e pensò “Mi sarebbe piaciuto conoscere questo Matt, sembrava veramente saggio, magri potrebbe essere una di quelle persone di cui potersi fidare di cui parlava la mamma.”
Quindi attaccò: «Chiedo scusa se sono indiscreta… ma come mai Roselia non si è ancora evoluta in Roserade?» La nonna rispose: «Roselia è un Pokémon piuttosto piccolo, questo lo aiuta a pulire anche gli angolini più nascosti. Ho anche comprato una Pietrabrillo» L’anziana indicò uno dei cassetti del mobile. «Ma lei mi ha fatto capire che proprio non ha voglia di evolversi.» Aita capì cosa l’anziana intendesse. Non bisogna forzare i Pokémon ad evolversi. A dire il vero per lei non era una novità, dato che già conosceva un Pokémon che non voleva evolversi e che si sentiva benissimo nella sua forma attuale.
La ragazza prese il suo Smart Rotom dalla borsa e guardò l’ora. Erano solo le cinque e un quarto. Molto più presto di quanto si sarebbe aspettata.
All’improvviso si sente una musichetta allegra. La ragazza non fece in tempo a riporre il suo Smart Rotom all’interno della borsa, che subito quest’ultimo si mise a squillare. La stava chiamando Serena.
La ragazza tentò di prendere il telefono, che, per una sfortunata coincidenza, le scivolò dalle mani e finì nelle piccole braccine di Azumarill. Volontariamente o meno, il coniglio acquatico rispose al telefono.
«Pronto? Sono Serena! Va tutto bene? Hai trovato le Poké Ball? E le pozioni?» Chiese, senza nemmeno guardare lo schermo.
Anche lei, insieme ad Ash e a Carlos aveva fatto la spesa. Insieme ai due ragazzi, si era occupata di rimpinguare le scorte alimentari del gruppo.
All’interno dell’abitazione calò un silenzio di tomba. Si poteva udire persino il dolce cinguettio di un Fletchling, su uno degli alberi di ciliegio intorno all’abitazione.
Azumarill rispose alla ragazza con un dolce «Zumaa!» Lasciano la nativa di Kalos piuttosto perplessa e costringendola a dare un’occhiata allo schermo. Notando il particolare interlocutore, un Pokémon blu, con delle grandi orecchie, lo salutò «Ciao Azumarill! Sai che sei proprio carina? Sei per caso uno dei Pokémon di Anita?» Chiese. La Pokémon fece un piccolo gesto di negazione con il capo. «Oh! Scusami! Non fa nulla!» La ragazza si scusò per l’errore, venendo immediatamente perdonata dalla Pokémon. «Immagino che vicino a te ci sia una ragazza che si chiama così. Ha i capelli castano scuro… molto lunghi… una giacchetta scura… dei pantaloni neri…» La nativa di Kalos cercò di descrivere l’aspetto dell’amica. La Pokémon sembrò capire le parole della Performer. «Ecco, per favore, potresti passarmela? Le devo chiedere una cosa importante.» La Pokémon passò il telefono alla giovane Allenatrice, sentendo il ringraziamento da parte della nativa di Kalos.
Anita si sentì alquanto imbarazzata dalla situazione, tanto da arrossire. Appena ricevette il telefono da Azumarill, cercò di spiegare la situazione alla ragazza più grande.
«Ciao, non ti preoccupare! Va tutto bene! Ma no… non è come pensi…» Serena aveva, in parte già capito, ma decise comunque di ascoltare la sua amica: «Vedi… Azumarill non è un mio Pokémon…» «Non ti preoccupare di questo. Pensavo fosse un tuo Pokémon… sai. Azumarill è un Pokémon molto simpatico e carino. E, secondo Ash, può anche diventare molto forte. Ecco come mai ho pensato fosse tua…» Le spiegò. Cercò anche di farle capire che una piccola incomprensione del genere non doveva essere motivo di imbarazzo. «A proposito… sarai con noi per cena?» Le chiese. La giovane dovette riflettere alcuni istanti. «Penso di sì. Dovrei riuscire ad arrivare per le sette e mezza, o al massimo alle otto. Non preoccuparti, sono al sicuro qui.»
«È una tua amica?» Chiese l’anziana. «Posso conoscerla?» Chiese. Anita non disse una parola, limitandosi a passare il suo telefono all’anziana.
Mentre la nativa di Kalos venne bombardata di domande da parte dell’anziana, Vivillon si avvicinò alla sua Allenatrice, sorridendole con gli occhi. Anche la Pokémon aveva capito quanto l’anziana non riuscisse proprio a starsene zitta.
L’anziano si sedette accanto alla ragazza. «Anita…Anita, Anita cara, non credevo che mia nipote potesse andare in crisi per così poco. Per quanto sia difficile, devi cercare di essere più sicura di te stessa. Eri in giro da sola e ti sei separata dai tuoi amici perché volevi dimostrare loro di cavartela da sola. È così?» Chiese l’anziano. Non notando reazioni da parte della ragazza, decise di rincarare la dose. «Se è per questo… non è il modo giusto di affrontare la cosa. Non so cosa ti abbia
spinto a farlo, ma non è il modo giusto di affrontare le difficoltà.» Ancora nessuna reazione. «Non è restando in silenzio che cambierai le cose. Questa è la realtà, per quanto possa sembrare cruda. Anche io all’inizio del mio viaggio ero come te.»
Anita fissò per qualche secondo il tappeto con lo sguardo perso.
«Ho capito.» L’anziano la fece quasi spaventare. «Vuoi sapere come sono passato dall'essere un ragazzo timido e insicuro ad essere diventato un Allenatore che ha sconfitto i Superquattro ed è stato in grado di fronteggiare il Campione?»
La ragazza rimase silenziosa.
«È stato solo grazie a Minnie. La sua evoluzione mi ha dato fatto capire cosa mi mancava per diventare più forte. Sarei dovuto diventare più sicuro. Mi sarei dovuto rimboccare le maniche e comportarmi come un leader. Per quanto fosse difficile. Questo mi ha aiutato a migliorare i legami con i miei Pokémon. Finalmente vedevano in me un punto di riferimento, non solo qualcuno che gli dice “usa Pistolacqua!” “usa Morso” e così via. Anche se, ormai mi è rimasta solo Minnie. Non fraintendermi. Si vede che tu tieni ai tuoi Pokémon. Che gli vuoi bene e che cerchi di fare il meglio per loro, ma credimi, non sarà sempre così. Oshawott è un Pokémon che spesso viene dato ai giovani Allenatori. Perdona molto gli errori di inesperienza. Herdier è un Pokémon che si affeziona con facilità agli Allenatori, e Vivillon è un Pokémon di tipo Coleottero. E i Pokémon di questo tipo sono molto facili da allenare.» Spiegò. Anita cambiò espressione. Forse si era fatta un’idea sbagliata sull’anziano. Inizialmente le aveva detto che i suoi Pokémon fossero ben allenati… e ora…
Ad ogni modo, l’anziano si schiarì la gola e disse «Picernese si è evoluta dando prova sia della sua forza che del suo affetto per tua nonna. Anche per Minnie è stato così. Hai ancora due Pokémon che si possono evolvere. E sicuramente questo gioverà alla loro forza.» Quelle parole fecero pensare ad Anita quanto fosse diverso l’approccio del nonno rispetto a quello di Ash. Per quest’ultimo l’evoluzione non poteva mai sostituire l’allenamento.
Azumarill offrì ad Anita, al suo anziano allenatore e alla moglie di quest’ultimo, un bicchiere di succo di frutta. Anita la ringraziò e, senza nemmeno pensare, bevve un sorso di succo. Il nonno, dopo essersi scolato il bicchiere in un solo sorso, iniziò il suo racconto.

Era una soleggiata giornata d’estate, faceva talmente caldo che perfino i Tallow si rifiutavano di cinguettare. In una delle tante case della città, un giovane Allenatore, si alzò e si diresse verso la cucina. La stanza, non era molto grande, era, per la maggior parte occupata dalla cucina, che occupava integralmente una parete, la sola ad essere rivestita con delle mattonelle e non con delle lastre di legno.
I mobili erano realizzati in legno pregiato e il piano di lavoro era realizzato in granito scuro. Al centro della stanza un grosso tavolo, con diverse sedie ai suoi lati, di esse, solo due erano occupate.
Le due sedie erano occupate da due amici del ragazzo, Fred, un ragazzo di sedici anni, dai capelli nei tagliati cortissimi. Aveva dei piccoli occhi dello stesso colore. Era vestito con una semplice maglietta a maniche corte e dei jeans corti, e Jessie, una ragazza di sedici anni. Capelli rossi e grandi occhi castani. Naso piccolo e labbra sottili. Vestiva con una camicia rosa chiaro e una gonna, abbinata a delle scarpe eleganti. «Alessandro finalmente ci hai degnato della tua presenza! Erano secoli che ti stavamo aspettando!» Lo accolse Fred, mentre accarezzava il suo Togedemaru, un Pokémon dalla forma sferica, simile ad un roditore. Aveva gli occhi e il naso neri, mentre le sue guance erano gialle. Il suo corpo era bianco nella parte anteriore, mentre era principalmente grigio nella parte posteriore. Le due zampe anteriori erano piuttosto piccole, mentre quelle posteriori avevano una forma rotonda. La sua coda era quasi totalmente grigia, tranne per la punta, che era gialla e che aveva la forma di un fulmine. Il corpo era ricoperto di segni triangolari gialli e marroni.
Jessie, invece, stava preparando la colazione, aiutato da Clefairy e da Alcremie «Ciao ragazzi, aaaaaaaw, vado al bagno e vi raggiungo.» Alessandro stava andando a prepararsi. Era uscito dalla cucina e aveva iniziato a percorrere il piccolo e angusto andito che collegava le diverse stanze. L’andito, già stretto di suo, era ingombro di mobili e piante. Il ragazzo, infatti, rischiò di inciampare in un tavolino. Il ragazzo alzò lo sguardo verso il dipinto che si trovava sopra. Rappresentava uno scontro tra Dialga e Palkia e Groudon e Kyogre.
Il ragazzo era alquanto entusiasta. Sarebbe stata una giornata che non avrebbe dimenticato facilmente. “Oggi è il grande giorno! Finalmente devo affrontare la quarta palestra!” Pensò. “È specializzata nel tipo Elettro e il Capopalestra è davvero molto forte. In pochi sono riusciti a vincere quella medaglia. Questo significa che dobbiamo cercare di non fare errori stupidi… dico bene ragazzi?” Il ragazzo fece uscire i suoi Pokémon dalle rispettive Poké Ball. Da distinti fasci di luce, usciti dalle diverse Poké Ball, si materializzarono un Sandile un Pignite, un Woobat e uno Staravia, scambiato con un allenatore di Sinnoh per un Roggenrola, un Goodra e una Marill.

L’anziano non mancò nel fare allusioni sul possibile rapporto tra lei e Ash, facendo notare alla nipote come anche lui possedesse un Sandile, e spiegò di come Marill fosse stato il suo primo Pokémon.
Anita cercò di spiegare come a lei Ash non interessasse da quel punto di vista, e che questo avrebbe, anzi, scatenato la gelosia di un’altra ragazza, realmente interessata a lui. L’anziano fece finta di nulla, riprendendo il suo racconto.

Mentre si preparava, Alessandro pensava a che strategia adottare. Il ragazzo era estremamente perso nei suoi pensieri, tanto che l’amico Jessie gli domandò «Ti vedo che sei così pensieroso… non sarai preoccupato per l’incontro con Lionel?» Alessandro gli rispose, uscendo dal suo flusso di pensieri: «Si…. diciamo che sono un po' agitato» Fred cercò di rassicurarlo, senza successo: «Amico, calma! Oggi puoi e devi vincere, hai una bellissima squadra! Devi farlo perché verranno molte persone all’incontro. Immagino tu sappia che lui è un grande designer e che il suo lavoro si riflette nel suo modo di lottare.» Alessandro gli sorrise. «Grazie di avermi rassicurato Fred. Adesso sono più carico di prima» L’amico continuò: «Calma! Hai fino a stasera per studiarti le tecniche di lotta.» Jessie intervenne a sua volta: «Scusami Fred ma perché non lo aiuti in qualche modo?» Fred, continuando a coccolare Togedemaru, ribatté: «Io non ci capisco niente delle lotte! So solo dire che mosse devono usare ma non capisco come lottare, pensate che non riesco nemmeno a catturare i Pokémon selvatici. Se ne voglio catturare uno, mi avvicino di soppiatto e tento di catturarlo così.» Jessie sospirò: «Lascialo perdere, sa fare solo questo! Voglio vedere quando ti si presenta un leggendario se lo catturi alle spalle! Piuttosto stai calmo e cerca di evitare che i tuoi Pokémon si feriscano.» Alessandro ringraziò Jessie.

La nonna lo interruppe: «E ora chi è questa Jessie? Quella che sta in Vicolo Duefoglie?» Il marito non perse tempo a cercare giustificazioni. «È mia cugina di secondo grado, non te lo ricordi? Quella di cui parli tu è Jessie Minsk, quella che lavora da Pinuccio in Viale Fiordoropoli» Anita rimase in disparte. Non voleva inserirsi in queste storie. Si limitò a dare sguardo ai suoi Pokémon e a sorridergli.
L’anziano riprese il suo racconto.

Alessandro non rimase particolarmente colpito dal consiglio di Jessie. Allora era abbastanza normale, per gli Allenatori insegnare Protezione a tutti i loro Pokémon. Usando dei metodi non esattamente ortodossi. Costringevano uno dei loro Pokémon ad attaccare a ripetizione quello appena catturato, finché quello non imparava protezione. Discorso simile per quelli che, invece, imparavano mosse come Individua. Alessandro, dal canto suo, era contro questo metodo di allenamento. Lo riteneva estremamente prevedibile. Dopotutto, allora come adesso, le lotte contro i capipalestra erano estremamente impegnative. I tre uscirono e partirono alla volta della stazione. Per loro fortuna la stazione dei treni non era molto lontana dalla loro abitazione. Alla biglietteria i tre comprarono i biglietti per Sciroccopoli. Salirono sul terzo treno della giornata diretto verso la seconda città più importante della Regione.
I tre arrivarono in città all’ora di pranzo. Il viaggio, a causa della non eccezionale velocità del mezzo durò quasi due ore. Un tempo già di per suo piuttosto lungo, ma che, a causa dell’assenza dell’aria condizionata nei vagoni e dell’elevata
temperatura, sembrò infinito.
I sedili del treno erano realizzati in un tessuto blu scuro con una fantasia di vari colori, ed erano disposti a coppie.
I tre scesero dal treno madidi di sudore, e il loro primo pensiero non fu tanto quello di trovare un locale dove mangiare, ma piuttosto trovare un distributore automatico e comprare delle bevande fresche, per reintegrare i liquidi persi durante il viaggio. Reintegrati i liquidi persi, i tre poterono dedicarsi a trovare un locale dove pranzare.
Senza nemmeno troppo impegno, i tre trovarono una rosticceria chiamata “Toast per lo Stoat”. Era un locale piuttosto semplice. Gran parte dei tavoli erano situati all’esterno. Un baldacchino a strisce rosse e blu, garantiva che tutti i tavoli fossero all’ombra.
Appena di fronte al ristorante, i tre vennero rapiti da un miscuglio di profumi diversi, tutti tremendamente invitanti. Se prima il senso di fame dei tre era rimasto sopito, ora cominciava seriamente a bussare alla porta.
I tre si sedettero in uno dei tavoli liberi, disposti all’esterno. Non fecero quasi in tempo a sedersi, che subito
Vennero assaliti da una cameriera. Una ragazza alta circa un metro e sessanta, dal fisico atletico. Aveva il viso dalla forma piuttosto affilata. Aveva dei capelli castano chiaro tenuti stretti in uno chignon. I suoi occhi erano anch’essi castani, e alla luce del Sole sembravano quasi ripieni di miele. «Vi do il benvenuto da Toast per lo Stoat!» Li accolse. In quel momento i tre scoprirono il nome della giovane. Charlie.
«Salve, cosa volete ordinare, ragazzi?» Chiese. «A proposito… avete dei Pokémon con voi?» Aggiunse poco dopo.
I tre le elencarono i Pokémon che avevano portato con loro.
«Bene, quindi siete in tre e avete otto Pokémon? Cinque piccoli e tre medi.» Annotò sul suo taccuino. «Ah! Che sbadata! Non vi ho dato i menù.» la cameriera diede ai tre delle carte su cui erano stampati i nomi delle diverse pietanze e i prezzi. I prezzi, nonostante la posizione del locale, erano abbastanza accessibili.
Mentre pranzavano, i tre dovettero anche assicurarsi che i loro Pokémon non combinassero disastri. Nell’attesa di venire serviti, l’attenzione di Fred venne catturata da un piccolo Pokémon dalle ali bianche e che sembravano quasi fatte di nuvola, il becco bianco e appuntito, due lunghi e spessi ciuffetti… gialli? Come del resto il suo piccolo corpicino, grande appena la metà delle ali. Le ali si aprirono, rivelando due piccoli occhi nero pece con la pupilla di un candido bianco. Non c’erano dubbi. Era un rarissimo Swablu shiny.
Fred non si fece scappare l’occasione, lanciando una Poké Ball contro l’ignaro Pokémon.
Incredibilmente il ragazzo riuscì a catturarlo al primo tentativo, con grande sorpresa di tutti i presenti. Appena recuperata la Poké Ball, il ragazzo fece uscire immediatamente il Pokémon, vantandosi coi presenti. la cameriera si trovò costretta a modificare l’ordinazione, modificando il numero di Pokémon di piccola taglia, da cinque a sei.
Alessandro e Jessie fecero finta di non conoscere il ragazzo, che non smetteva di vantarsi di quanto fosse bello il suo nuovo Pokémon.

L’anziana interruppe il marito facendo un'osservazione: «Sai, Swablu è un Pokémon rarissimo da trovare in quelle zone.» L’uomo contraddì la moglie: «Oggi sicuramente, ma all’epoca era comunissimo. Ma ti ringrazio per avermelo fatto notare. Ah… altra cosa. Allora le regole per le lotte in palestra erano leggermente diverse da come sono ora.»
Concluso il breve siparietto, l’anziano riprese il suo racconto.
.
Terminato il pranzo, Alessandro tornò a concentrarsi sui suoi pensieri. La preoccupazione per la lotta in palestra non l'aveva mai abbandonato del tutto.
Il ragazzo stava pensando, a mezza voce, a riguardo di chi avrebbe lottato: «Vediamo… Sandile è in parte di tipo terra, quindi contro un Pokémon di tipo Elettro potrebbe fare bene… sarà lui il mio asso. Dopotutto i Pokémon di Lionel sono Galvantula, Zebstrika e Ampharos, il suo asso. Zebstrika è molto veloce, Galvantula invece è estremamente temibile. Su di Ampharos… so solo che sono stati veramente in pochi a riuscire a sconfiggerla. E pensare che questa è solo la quarta palestra.» Alessandro non se ne accorse, ma, per tutto il tempo, venne ascoltato da Jessie, che cercò immediatamente di rassicurarlo: «Sono sicura che ce la farai! Ricordati di sfruttare il vantaggio di tipo dei tuoi Pokémon. Ricorda anche che mandare per primo un Pokémon per setacciare il territorio può essere di aiuto.» Il ragazzo si girò verso il suo Pignite, che stava abbrustolendo il suo pranzo. In quel momento Jessie riprese il suo discorso: «Non devi preoccuparti se i suoi Pokémon sono già completamente evoluti, le lotte sono imprevedibili. Non puoi sapere cosa succederà, se non lotti.
E non devi pensare a cosa potrebbe succedere se fai qualcosa o qualcos’altro, ma devi solo agire. Ricorda che devi concentrarti sui tuoi Pokémon e sui movimenti degli avversari.» A questo punto, il ragazzo si girò verso il suo Sandile. Dopo aver sentito i consigli di Jessie, Alessandro capì quanto il suo ruolo, in quella lotta fosse importante.
Finito di mangiare, Alessandro andò a pagare il conto. Concluso il pranzo, composto, tanto per gli Allenatori, quanto per i Pokémon, da antipasto, primo, secondo, contorno, frutta e dolce, che venne a costare appena venticinquemila Pokédollari, un prezzo piuttosto contenuto per tre persone e nove Pokémon e ritirato lo scontrino, i tre lasciarono il locale, non prima di aver richiamato i loro Pokémon nelle rispettive Poké Ball.
Fatto questo, i tre si diressero verso la palestra di Sciroccopoli dove, poche ore dopo Alessandro avrebbe lottato per la medaglia. Una medaglia estremamente difficile da ottenere. Così tanto da aver ricevuto il soprannome di “Medaglia Proibita”.
Appena arrivati, i tre si diressero in delle stanze per cambiarsi e adattare i loro abiti all’eleganza e sfarzosità del locale. A Sciroccopoli vi era una tradizione, in vigore da quando i Varietà sono diventati un evento indipendente, che consisteva nell’integrare la lotta in palestra all’interno del varietà.
In particolare, la sfida sarebbe avvenuta dopo l’esibizione dell’ultima Performer e prima della proclamazione della vincitrice. Lottare in quell’occasione era il sogno proibito di molti Allenatori, poiché il Varietà andava in scena una sola volta all’anno. Il Capopalestra permetteva quest’opportunità solo agli Allenatori che lo sfidavano per la prima volta.
Quell’anno, ad avere l’opportunità di affrontare Lionel, sarebbe stato proprio Alessandro. Oltre a poter affrontare il Capopalestra, l’Allenatore che lo avrebbe affrontato, avrebbe avuto diritto ad accomodarsi sulle poltrone Vip, e con lui i suoi accompagnatori.
Alessandro e Jessie erano piuttosto interessati alle esibizioni, contrariamente a Fred, che si addormentò assieme a Togedemaru, appena dopo la prima concorrente.
Al momento dell’esibizione della quartultima Performer, una signorina sulla trentina, vestita piuttosto elegante salì sul
palco. Aveva in mano un microfono e una tabella. «Lo sfidante del Capopalestra è pregato di seguirmi!» Annunciò.
Alessandro salutò i suoi amici, non prima di aver ricevuto gli auguri di Jessie. Fred, invece, continuava a dormire profondamente. Russava come un trattore.

«E pensa che, nonostante questo, Fred è ancora il mio migliore amico. Pensa che ha anche avuto una storia con Jessie. Ti dirò di più. Si sono sposati e adesso vivono a Boreduopoli. Hanno un nipote di nome Charles.» Raccontò l’anziano, per poi riprendere il suo racconto.

Alessandro venne accompagnato dalla donna in una zona che, nei Varietà normali era riservata alle Performer, per permettere al ragazzo di indossare i suoi abiti da Allenatore.
Appena il ragazzo finì di cambiarsi, la donna gli pose immediatamente la fatidica domanda: «Signorino Alessandro, deve scegliere tre Pokémon per la lotta contro Lionel. Come previsto dal regolamento, la lotta sarà tre contro tre.» Alessandro decise di affidarsi ad un trio di Pokémon che non lottava da un po’. «Sandile, Pignite e Marill.» Staravia e Swoobat non erano tristi per non essere stati scelti, anzi si misero a caricare i loro colleghi che dovevano tenere alto l’onore di quella squadra.
Mentre l’ultima performer si esibiva, Alessandro diede un rapido sguardo alle tribune, incrociando lo sguardo coi suoi amici. Jessie dava delle gomitate a Fred, nel tentativo di svegliarlo, senza successo. Alcremie, notando le difficoltà della ragazza, decise di darle una mano. La Pokémon sparò la sua crema in direzione del ragazzo, facendolo svegliare di colpo.
Alessandro notò come Jessie stesse cercando di dire qualcosa a Fred, non riuscendo bene ad interpretare il labiale. A dire il vero, al ragazzo nemmeno interessava saperlo. Ciò che gli interessava era battere Lionel ed essere considerato uno di quegli allenatori veramente forti. Il ragazzo era estremamente carico. Tutte le sue preoccupazioni scivolarono quando il ragazzo si accorse di Fred. «Non dovete avere paura, abbiamo già vinto lotte molto difficili, adesso mostriamo che noi valiamo più della maggior parte degli allenatori oggi!» Il ragazzo cercò di caricare i suoi Pokémon. Sandile era affascinato, Marill orgogliosa e Pignite rinvigorito.
Il ragazzo fece rientrare i suoi Pokémon nelle rispettive Poké Ball, proprio nello stesso istante in cui l'ultima performer concludeva la sua esibizione. Conclusa l’esibizione si sentirono diversi rumori meccanici, come di oggetti che vengono spostati e di un pesante oggetto che veniva sollevato. Terminati quei suoni, all’interno del teatro, calò il buio e il silenzio.
Sul palco apparve una figura umana. I suoi passi ruppero il silenzio e, lentamente, dal pubblicò si alzò un brusio del pubblico.
Improvvisamente si accese un faro che all’improvviso illuminò la figura. Era una signorina in abiti eleganti. Indossava un voluminoso cappello con diverse decorazioni. Era ferma sul palco, in attesa di qualcosa, o di qualcuno. Dall’alto venne calato un grosso microfono. «Signore e signori, oggi ho il piacere di presentare una lotta Pokémon, come da tradizione, prima di nominare la vincitrice di questo Varietà, assisteremo a una lotta Pokémon tra il Capopalestra Lionel e un Allenatore che ha avuto l’onore e la fortuna di affrontare il Capopalestra!» Tutti i presenti iniziarono un breve ma non intenso brusio, che calò rapidamente, venendo sostituito da un silenzio quasi assordante. In seguito, le luci si spensero di nuovo. «Lo sfidante che oggi avrà l’onore di sfidare Lionel in quest’occasione è un ragazzo di 16 anni appassionato di lotte Pokémon con un obiettivo, arrivare sulla vetta di Unima! Il suo nome è Alessandro!»
In quel momento, i riflettori puntarono sul ragazzo, che venne immediatamente applaudito dal pubblico. Preso dall’entusiasmo, il ragazzo si inchinò davanti al pubblico. Ora sembrava non avere più paura di quella lotta.
«E adesso, il nostro grande capopalestra, portatore della medaglia proibita, così chiamata dagli allenatori, lo stilista Lionel!» Partì dunque un applauso fortissimo del pubblico mentre Fred cercava di far sentire i suoi “buuuuuuuuuuuuuuuuuu” senza successo.
Le luci accompagnavano Lionel mentre si dirigeva verso il centro del palco. Appena giunto al centro del palco, si rivolse al ragazzo «Così tu saresti l’allenatore che vuole lottare con me per la medaglia? Io sono Lionel, so che tu e i tuoi Pokémon metterete tutto voi stessi per batterci. Non abbiate paura, altrimenti la lotta non sarà divertente» Il ragazzo rispose: «L’importante è impegnarsi, anche se perdi, puoi dire di averci almeno provato.» Il ragazzo e Lionel si augurarono rispettivamente buona fortuna e si allontanarono ai lati del palco.
La presentatrice allora annunciò l'arbitro: «L'arbitro che dirigerà l’incontro sarà Robert Kluski, della giuria, facciamogli un bell’applauso!» Le luci vennero puntate su di un uomo dai capelli biondi, dei lunghi baffi, piuttosto alto e secco. Indossava il classico completo verde degli arbitri. L’uomo era trasportato da un esemplare di Aegislash. Le luci finalmente illuminarono il palco: «Allenatori scegliete i vostri primi Pokémon!» Annunciò. Alessandro scelse di tastare il terreno con il suo Pignite, così prese dalla tasca la Poké Ball del Pokémon Suinfuoco.
«Allenatori schierate i Pokémon che avete scelto!» Ordinò l’arbitro. Lionel mandò in campo il suo Zebstrika, un Pokémon quadrupede, molto simile ad una zebra. Il corpo era decorato da delle strisce bianche e nere a zig-zag. La criniera era formata da una serie di spuntoni acuminati, che nella testa si trasformava in della sorta di corna a forma di fulmine, mentre la coda aveva coda una forma stellata. Gli occhi avevano un'iride blu contornata di giallo, l'interno delle due orecchie era blu, il muso nero e gli zoccoli delle zampe grigi. Ai tempi non c’erano gli smart rotom, per cui non era possibile conoscere in anticipo le mosse di un Pokémon. Alessandro dedusse che, essendo il Pokémon di un Capopalestra, questi dovesse conoscere quattro mosse.
Come pianificato, Alessandro mandò in campo il suo Pignite, l’unico Pokémon della sua squadra a conoscere quattro mosse.
Dopo alcuni, interminabili, secondi di silenzio, Robert annunciò: «Che la lotta abbia inizio!» Dagli spalti si alzò un brusio. Gran parte del pubblico non era affatto contento dell’interruzione, nonostante fosse una tradizione, mentre gli amici di Alessandro erano ben felici di vedere il ragazzo lottare.
«Iniziamo noi, Zebstrika, subito Sprizzalampo!» Il Pokémon Zebra si stava avvicinando a Pignite con grande velocità. Il suo corpo era completamente carico di elettricità. Alessandro dovette pensare rapidamente ad una strategia per permettere al suo Pokémon di resistere. «Pignite, usa Protezione!» Ordinò. Il Pokémon Suinfuoco creò una barriera di energia, dal colore verdino, che lo protesse che rispedì indietro la zebra elettrica. Lionel sorrise e ordinò al suo Zebstrika «Continuiamo ad attaccarlo con Sprizzalampo!» Il ragazzo continuò a guardare lo Zebstrika avversario, ben consapevole che Pignite non poteva proteggersi all’infinito. Così ordinò al suo Pokémon: «Osservalo bene ed evita il colpo!» I movimenti del Pokémon Zebra erano gli stessi di prima, per cui Pignite riuscì ad evitarlo. «Cuordileone!» Ordinò Alessandro.
Attorno a Pignite si formò un'aura arancione. «NITEEEE!!» Gridò il Pokémon di fuoco. Ora i suoi attacchi sarebbero stati ancora più potenti. Questo non sembrò scoraggiare Zebstrika, che tornò all’attacco con l’ennesimo Sprizzalampo. «Dietro di te!» Alessandro avvertì il suo Pokémon, che si spostò. Sfortunatamente venne colpito da delle scosse elettriche, che avevano caricato l’aria. Per fortuna i danni subiti dal Pokémon non furono sufficientemente gravi dal pregiudicare le sue capacità di lotta. Lionel, accorgendosene, ordinò al Pokémon Zebra «Addosso vai con Nitrocarica!» Alessandro avvertì il suo Pokémon: «Contina ad attaccare con mosse di contatto! Approfittane ora per usare Breccia!» Zebstrika si avvicinava sempre di più mentre Pignite era lì fermo pronto per colpirlo con una delle sue braccia. Il Pokémon Zebra stava arrivando a tutta velocità per colpire il Pokémon Suinfuoco. Tutto sembrava andare secondo i piani del Capopalestra. Pignite si fece colpire in pieno petto, ma, contemporaneamente afferrò il Pokémon Zebra, dandogli una sonora mazzata nel collo. A causa della violenza del colpo, Zebstrika venne attraversato da una potente scarica di energia, ma era ancora in grado di
lottare.
Quindi il ragazzo ordinò: «Facciamone subito fuori uno! Pignite! Usa Lanciafiamme!» Dal naso del Pokémon Suinfuoco
uscì una potente fiammata arancione che travolse Zebstrika.
«Zebstrika non è più in grado di continuare! Vince Pignite!» Annunciò l’arbitro. La folla non esultò moltissimo, giusto qualche presente oltre agli amici del ragazzo, solo alcuni presenti festeggiò la prima, fondamentale, vittoria.
Alessandro era felice. Aveva già sconfitto Zebstrika, il più veloce dei tre Pokémon. Certo aveva vinto solo grazie alla potenza della Breccia ben piazzata nel collo, ma andava bene così.
Mentre Pignite mostrava i muscoli alla folla, il ragazzo decise di farlo tornare nella sua Poké Ball. «Pignite, ritorna. Riposati un po’, avrò bisogno del tuo aiuto più tardi.» Lionel aveva già scelto il suo secondo Pokémon, mentre Alessandro era ancora indeciso sul da farsi. «Lionel, manda il tuo secondo lottatore.» Lo incalzò l’arbitro. Nel mentre, anche Alessandro aveva deciso che Pokémon schierare. Alla fine, il ragazzo scelse Sandile, un Pokémon ai tempi poco apprezzato per il suo aspetto. Molti non erano a conoscenza del detto “l'apparenza inganna.”
Lionel mandò il suo Galvantula, un Pokémon del tutto simile ad una tarantola. Il suo corpo era principalmente giallo, con della pelliccia blu nella pancia. I suoi sei occhi, di cui quattro sono molto piccoli, erano blu, come anche le sue quattro zampette. Sul dorso e attorno alla bocca aveva diversi segni violacei. Il Capopalestra impiegava quel Pokémon quando incontrava dei Pokémon con tipi che non avevano niente a che fare con il tipo elettro, come con il tipo folletto, il coleottero o altri tipi.
La battaglia continuò. Alessandro ordinò immediatamente un attacco al suo Sandile: «Usa Fossa, non facciamoci colpire subito!» Il Pokémon scavò un buco nel terreno di lotta e rimase sottoterra per qualche secondo prima di spuntare da qualche parte nel terreno di lotta. Pochi istanti dopo ritornò sottoterra e nuovamente sbucò da un’altra parte. Una tecnica che, ben presto innervosì Lionel. Il Capopalestra sbuffò: «Galvantula chiudi tutti i buchi con millebave!» Il Pokémon andò sul buco più vicino e ci sputò delle bave all’interno coprendo tutti i buchi; «Sandile attenzione! Taglia le bave con Sgranocchio!» Ordinò Alessandro. L’idea era buona, le potenti mascelle del Pokémon potevano spezzare la robusta tela del Pokémon Elettroragno, ma il suo lavoro non fu sufficiente. In breve tempo, il Pokémon Sabbiadrillo venne abbozzolato nelle bave da Galvantula. «Galvantula, usa Forbice X e portiamo questa lotta alla pari!» Ordinò Lionel. Sandile non poteva fare nulla in quel bozzolo, tuttavia Alessandro non perse le speranze. «Usa Levitoroccia!» Ordinò. Dalla bocca del Pokémon uscirono tante piccole rocce che levitavano in aria. Pochi istanti dopo, il Pokémon venne colpito dal potente attacco avversario. L’arbitro annunciò immediatamente il risultato della lotta: «Sandile non è più in grado di lottare, vince Galvantula» Il pubblico applaudì la vittoria del Pokémon Elettroragno che salutava gli spettatori come se fosse un re. Alessandro ritirò Sandile nella sua Poké Ball dicendogli: «Hai fatto del tuo meglio, quelle rocce ci serviranno fino alla fine della lotta.» il ragazzo ebbe come la sensazione che all’interno della Poké Ball ci fosse un Pokémon sorridente che credeva nei suoi amici.
«Galvantula, ritorna!» Lionel richiamò il suo Pokémon. «Più tardi dovrai dare una mano ad Ampharos.» Lionel mandò in campo il suo Ampharos, usando una frase ad effetto: «Adesso inizia la tempesta, vai Ampharos!»
Alessandro era intenzionato a mandare in campo Marill, ma, prima di farlo, si rese conto che, prima, avrebbe dovuto fare una cosa. «Vai Pignite!». Il ragazzo mandò nuovamente in campo il Pokémon Suinfuoco.
Volarono alcuni sguardi tra i due Pokémon, mentre aspettavamo la mossa dell’avversario. Si stava creando una situazione di stallo. Dal momento che nessuno stava facendo niente da ormai diversi secondi, Alessandro decise di far capire le sue intenzioni all’avversario: «Pignite usa Cuordileone!» Come la volta prima, attorno al corpo del Pokémon Suinfuoco, si creò un’aura arancione, potenziando nuovamente i suoi attacchi. Nonostante questo, la situazione di stallo non accennò a smuoversi. I due allenatori continuavano ad osservarsi. Alessandro approfittò della situazione per attuare il suo piano. «Pignite, usa Lanciafiamme in aria, mentre giri su te stesso!» Ordinò. Nessuno dal pubblico comprese le intenzioni dell’allenatore. Tutt’altro. Alcuni presenti si misero addirittura a ridere. Risero quasi tutti, a parte gli amici del ragazzo e i loro Pokémon. Nemmeno Lionel riuscì a sottrarsi alle risate generali. Trattenendosi a fatica, si rivolse al ragazzo: «Ma a che cosa è servita questa cosa?» Chiese. Alessandro comprese che il suo piano era riuscito. Aveva distratto il suo avversario. Era consapevole che il tempo a sua disposizione era poco. Rapidamente ordinò l’attacco al suo Pignite: «Forza! Usa Breccia, cerca di colpirlo al centro del collo!» Mentre Ampharos aspettava istruzioni da parte del suo Allenatore, stava sudando, sembrava soffrire a causa dell’indecisione del suo Allenatore. Era lì immobilizzato, aspettando ordini dal suo Allenatore. Solo che quest’ultimo stava ancora ridendo. Il Pokémon Luce venne colpito da una delle mani di Pignite.
Lionel, sentendo il grido di dolore del suo Pokémon, tornò in sé. Ampharos aveva particolarmente accusato il colpo, ma era ancora in grado di lottare. Lionel ordinò immediatamente un attacco: «Non temere, usa Iper Raggio!» Il Pokémon luce generò uno spesso e potentissimo raggio di energia dal colore bianco, che rapidamente investì Pignite. A causa dell’energia dell’impatto, il Pokémon Suinfuoco venne violentemente lanciato dall’altra parte del campo di lotta.
«Pignite non è più in grado di continuare!» Dichiarò l’arbitro. la folla esplose di applausi, nonostante la lotta non fosse ancora finita. Alessandro, infatti, avevo ancora un Pokémon con cui lottare. Nel mentre, Lionel cambiò nuovamente il suo Pokémon, mandando in campo Galvantula. Il Pokémon Elettroragno era, infatti, rimasto praticamente illeso dallo scorso scontro con Sandile.
«Vai Marill, possiamo ancora rimontare!» il Pokémon Acquatopo uscì dalla Poké Ball in modo elegante e delicato, in netto contrasto con l’entrata in scena brutale del Galvantula di Lionel.
Il ragazzo non era affatto preoccupato, anzi. Il ragazzo e il suo Marill sapevano di poter passare in vantaggio con una singola mossa. Naturalmente se questa fosse a segno.
Il ragazzo ordinò a Minnie, questo il soprannome della Pokémon: «Vai Marill, salta e recupera le pietre!» La Pokémon, sfruttando la coda, si librò in aria e compì diversi avvitamenti. L’intendo della Pokémon era quello di prendere le rocce di Sandile, precedentemente infuocate da Pignite e di lanciarle verso Galvantula.
Appena la Pokémon atterrò, il ragazzo non perse tempo: «Avanti Marill, adesso! Lancio!» Lionel si chiese: «Ma che cosa starà facendo?» Sembrava impotente, mentre Marill lanciava tutte quelle rocce contro il suo Pokémon.
«E ora chiudiamola con Idrondata!» Ordinò.
La Pokémon spiccò un grosso balzo, mentre la sua coda si rivestiva d’acqua. Galvantula venne colpito duramente. Inizialmente sembrava che il colpo non fosse stato sufficiente a sconfiggerlo. Tuttavia, alcuni frammenti di roccia, ancora sospesi in aria, colpirono il Pokémon Elettroragno, decretandone la sconfitta. Lionel era sbalordito, così come tutto il pubblico. Questo diede ad Alessandro un’immensa fiducia. Era certo di poter riuscire a sconfiggere il Capopalestra.
«Scusami Galvantula, sono io che sono rimasto impietrito da questo attacco.» Il Capopalestra ritirò dalla lotta il Pokémon appena sconfitto.

Anita era sbalordita. A quanto pare Ash non era il solo maestro dell’improvvisazione. La ragazza, incuriosita, chiese alla nonna: «Mi sembra una tecnica davvero geniale. Sicuro che…» Minnie squittì «Credo intenda dire “è tutto vero giovane allenatrice”» Tradusse l’anziana. «Tuo nonno era un lottatore veramente fuori dal comune, ha perso solo contro il campione dopo una lotta lunghissima. Ha perso solo perché il Pokémon avversario usò Resistenza, all’ultimo. Se Minnie non fosse così vecchia… darebbe una bella lezione a Pikachu del campione del mondo.» Anita stava annotando quelle informazioni sul suo smart Rotom. Quindi diede un’occhiata all'orario. Erano le sei del pomeriggio.
L’anziano che stava ormai giungendo al termine:
L’arbitro annunciò: «Galvantula non è più in grado di continuare, vince Marill!» L’applauso fu più sostanzioso rispetto a quando Pignite sconfisse Zebstrika, anche se non paragonabile a quello che accompagnò le vittorie di Lionel. Anche se era già qualcosa. Diversa fu la reazione degli amici di Alessandro, che ebbero una reazione totalmente sproporzionata. Fred, per la gioia si era messo letteralmente a scuotere letteralmente Jessie. Alessandro si rese conto del fatto che non potesse ridere. Non doveva distrarsi dalla lotta.
«Ampharos, mi resti solo te.» Il Capopalestra mandò in campo il suo Pokémon, che, come Galvantula prima di lui, era stato parzialmente ferito dal levitoroccia.
Il Capopalestra fece la prima mossa: «Ampharos! Usa Sprizzalampo!» Il ragazzo ordinò alla sua Pokémon: «Marill! Rispondi con Carineria» I due Pokémon si scontrarono al centro del campo. Ampharos completamente carico di elettricità, e Marill con il corpo completamente rivestito da un’aura rosata. Lo scontro fu estremamente violento, tanto da rispedire i due Pokémon ai lati opposti del campo. Trai i due, fu Marill ad avere la peggio, ma, nonostante le ferite subite, era ancora in grado di continuare. Alessandro se ne accorse immediatamente: «Marill, tranquilla tieniti pronta con Idrondata!» Lionel ordinò al suo Ampharos «Chiudiamo la lotta con Iper Raggio!» Il Pokémon luce generò un potentissimo e spesso raggio di energia dal colore bianco, che scagliò in direzione di Marill. La Pokémon riuscì a tagliare a metà quel potete raggio di energia, grazie alla grande quantità d’acqua che rivestiva la sua coda. Questo ridusse sensibilmente i danni.
«Forza Marill, non è impossibile, dobbiamo continuare a provarci, approfittiamo del fatto che deve riposare! Colpiscilo con Carineria!» Lionel non poteva fare nulla. Era l'effetto della mossa Iper Raggio.
A causa di alcune scariche elettriche residue, Marill subì altre ferite. Si accasciò a terra, ferma in una posizione innaturale. Aveva un occhio semiaperto, si reggeva su un solo piede. Sembrava potesse cedere da un momento all’altro. Non che Ampharos stesse tanto meglio. Anche lui aveva subito le conseguenze della lotta. Stava grondando di sudore e si reggeva in piedi a malapena.
Lionel ordinò: «Ampharos, facciamola finita con Iper Raggio! Massima potenza!»
Il Pokémon si concentrò e creò una sfera gigante di raggi luminosi che stava per scagliare contro Minnie.
Marill guardò il suo Allenatore con sguardo fiero. L’Allenatore fece appena in tempo a ricambiare lo sguardo della Pokémon, che, immediatamente partì il raggio di Ampharos. Questo investì completamente Minnie, che rimase all’interno del fascio di luce per qualche secondo.
Al termine dell’attacco l’arbitro si avvicinò a Minnie per vedere se fosse ancora in grado di lottare. La Pokémon era ancora nella stessa posizione di prima. Ad un certo punto i suoi occhi cominciarono a brillare. Sorrise e calò il silenzio.
Una luce avvolse il corpo rotondo di Minnie. Alla vista della luce, il coreografo fece spegnere immediatamente le luci, in modo da far risaltare quella prodotta dal corpo della Pokémon. Il pubblico era sbalordito. E anche Alessandro lo era. Non aveva la minima idea che la sua Pokémon potesse evolversi durante quell’incontro. Nonostante l’intensa luce, il cambio di aspetto della Pokémon fu ben visibile. Il suo corpo, precedentemente rotondo, divenne ovale. Sulla parte inferiore del corpo della Pokémon comparvero diversi pallini bianchi, i piedi divennero più grandi, le orecchie crebbero a dismisura, diventarono grandi e appuntite, come quelle dei conigli. Il colore del corpo non cambiò. Rimase azzurro. Finalmente Marill si era evoluta in Azumarill.
Lionel era completamente spiazzato, ma, nonostante ciò, non si arrese: «Ampharos, non pensiamoci! Colpiscilo con Tuonopugno!» Il braccio del Pokémon si ingrandì e divenne sempre più carico di elettricità, man mano che si avvicinava a Minnie. Il ragazzo ordinò: «Usa lancio!» Le orecchie di Minnie si illuminarono di azzurro e bloccarono il Tuonopugno di Ampharos. La Pokémon riuscì a sfruttare la forza dell’avversario spedendolo molto in alto. «Usa Carineria!» Ordinò. Azumarill spiccò un grande balzo e investì Ampharos, mandandolo ancora più in alto. I due Pokémon caddero a terra, causando un fortissimo boato. Minnie era messa sopra Ampharos e lo stava spingendo verso il basso.
Entrambi i Pokémon erano allo stremo delle forze. Avrebbero potuto continuare a lottare, ma non per molto. Lionel comandò l’ultimo attacco «Finiscilo una volta per tutte con Sprizzalampo!» Il Pokémon Luce generò attorno al suo corpo un'aura gigantesca fatta di elettricità e si avvicinò a fatica ad Azumarill. Il ragazzo non sapeva che fare. Qualsiasi cosa avesse fatto, Minnie avrebbe subito il colpo per prima e questo avrebbe significato perdere.
Il ragazzo sentì qualcosa sotto i piedi. Stava iniziando un terremoto? Oppure era solo una sensazione? La risposta arrivò subito. No, Non era una sensazione. Tutti stavano per cadere, a parte Azumarill. Grandi scosse sismiche si stavano concentrando pochi metri davanti al ragazzo. Non c’erano dubbi. Minnie aveva imparato Battiterra. Ampharos stava per cadere e già sentiva come sarebbe andata. Cercò di restare in piedi, ma senza successo. Perse l’equilibrio e cadde a terra. Il Pokémon Luce venne continuamente sbalzato dalle scosse sismiche.
Terminate le scosse, l’arbitro si avvicinò ad Ampharos. In tutto il teatro calò il silenzio. Lionel stava sudando come non mai. Finalmente arrivò la sentenza: «Ampharos non è più in grado di continuare. Di conseguenza il vincitore è Alessandro!» Dalle tribune partì così una standing ovation. Perfino i più irriducibili fan dei varietà stavano applaudendo. Anche le concorrenti che si erano esibite poco prima.
Jessie e Fred raggiunsero il loro amico sul palco poco prima che Lionel consegnasse la medaglia al ragazzo. «Alessandro, sono felicissimo di annunciare che sei uno dei pochi allenatori a possedere questa medaglia. Forse per te non era mai stata Proibita.» Il ragazzo baciò la medaglia e la strinse al petto; quindi, festeggiò il traguardo appena ottenuto con i suoi Pokémon, e i suoi amici.

E così l’anziano concluse il suo racconto. Anita aveva mostrato genuino interesse per il racconto dell’anziano. Lo stesso non poteva dirsi dei suoi Pokémon. Herdier si era addormentata a metà e solo ora si stava risvegliando, mentre Oshawott uscì della bava dalla bocca. Vivillon si mise il braccino sulla fronte fino ad arrivare dietro la nuca. Minnie si stava vantando di quanto fosse forte quando era giovane e Roselia non poté fare altro che rimanere indifferente. Aveva sentito quella storia ormai troppe volte.
Il nonno allora diede un occhio all’orario, erano le sei e venti. Era l’ora in cui doveva prendere le medicine. Altrimenti gli altri avrebbero patito le conseguenze dei suoi deliri. Allungò la mano verso la scatolina che le conteneva e si accorse immediatamente di qualcosa che non andava: «Abbiamo un piccolo problemino, sono finite le pillole dentro questa scatolina!» L’anziana si allarmò e disse «Oh no! Ti prego, Anita cara puoi andare di sopra a prendere le pillole di Alessandro? Mi raccomando, fai attenzione ai gradini!» Anita annuì, si alzò dal divano e si diresse verso la scalinata, prestando attenzione a dove metta i piedi.
Mentre la ragazza saliva le scale, la nonna le indicò «Sono sul comodino del nonno, quello a sinistra del letto!» Anita aveva capito dove doveva guardare. Seguì le indicazioni della nonna, ma nonostante questo, si ritrovò subito contro il muro della camera. Si girò di scatto, e si accorse immediatamente della presenza di Azumarill, che aveva assistito alla scena. La Pokémon voleva assicurarsi che la ragazza non combinasse guai. La Pokémon era seguita dal collega di tipo, Oshawott.
Entrata nella camera, la ragazza fu piuttosto sorpresa. I nonni avevano una casa da sogno. Non le sarebbe affatto dispiaciuto viverci con i suoi amici. La stanza aveva una pianta quadrata, piuttosto ampia. I muri erano pitturati di un rosa maialino. Il letto era attaccato al centro del muro, nella parete opposta quella dell’ingresso. Accanto ad esso vi erano due comodini, uno a destra e uno a sinistra. Sul comodino sinistro c’era la scatolina delle medicine, sul destro c’era la lampada che illuminava la stanza quando era sera.
sul muro di destra c’era un tavolo di legno di ciliegio con uno specchio contornato d’ottone, mentre il muro di sinistra era decorato da una foto gigante impreziosita da una cornice. La foto rappresentava i nonni della ragazza e sua madre Jessica. La foto era stata scattata chissà quanti anni prima. Poco lontano dalla foto una mensola con due album. Uno era rivestito in pelle rossa, uno in pelle blu. Entrambi presentavano delle etichette.
Sulla prima vi era scritto “Foto di Famiglia” sulla seconda "Pokémon: momenti della storia delle lotte vissuti” Anita non si fece distrarre. Afferrò la scatolina delle pillole sul comodino del nonno.
«Certo che ce ne hai messo di tempo!» La riprese la nonna. «Se volevi guardare gli album potevi dirmelo, così ti avremo spiegato le varie cose.» La ragazza cercò di deviare argomento. «No… no… è che… la vostra stanza è davvero bella… tutto qui!» L’anziana la riportò sui binari. «Tua madre non ti ha nemmeno insegnato a dire bene le bugie. Tocca… vai a prenderlo!» La ragazza consegnò le pillole e tornò nella stanza, dove recuperò l’album.
La giovane tornò di sotto, scortata dai due Pokémon acqua. Il nonno saggiamente deglutì la pillola e bevve l’acqua, prima di notare cosa la ragazza avesse in mano. «Ah sì, le lotte più incredibili nella storia a cui io e tua nonna abbiamo avuto la fortuna di assistere!» L’uomo prese violentemente l’album dalle mani della ragazza e si mise a spiegare le poche foto che si trovavano al suo interno: «…qui è quando un allenatore ha battuto sei Pokémon dell’avversario con il suo solo Infernape nel Sono passati ormai quarant’anni da allora…qui è quando è sono stati usati per la prima volta dei fossili di Galar… qui è quando Dandel divenne campione del mondo…» Arrivarono così all’ultima fotografia, Ash che, insieme alla sua squadra, sollevava la coppa del più forte del mondo… «Qui è quando io e la nonna siamo andati a vedere la finale del torneo Mondiale, quando un ragazzino diventato campione del mondo con un Pikachu… anche se… adesso che lo guardo c’è qualcosa di famigliare.» Anita allora intervenne: «Certo che quella coppa era davvero grande, mi chiedo come mai Ash non me l’abbia mai fatta vedere.» Il nonno ebbe un’idea, mentre si grattava il mento. «Ma certo! Quel ragazzo con cui stavamo parlando prima per telefono è il campione Ash Ketchum di Biancavilla! Mi sembrava un volto familiare.» La nonna, Roselia e Azumarill sobbalzarono dalla sorpresa. Davvero l’anziano non lo aveva capito? Quindi l’anziano attaccò: «Oh mia nipote può contattare in ogni momento il campione del mondo e non mi avete detto nulla?» Anita era un po’ imbarazzata. Guardò Vivillon, come se stesse cercando di distrarsi.
Il nonno chiese quindi alla ragazza «Ma perché puoi chiamare il campione del mondo e viceversa? Gliel’hai chiesto tu?» Anita allora rispose grattandosi la nuca. Eppure, le sembrava di averglielo già spiegato: «Praticamente la mamma è amica della professoressa Aralia, una famosa ricercatrice Pokémon, che a sua volta è amica del Professor Oak, che è amico di Ash. Ash ha sempre desiderato diventare un Maestro Pokémon. Per farlo ha capito che deve aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Ed è così che è diventato il mio maestro.» Il nonno sorrise: «Ah, mi fa veramente piacere sentire questa notizia.»
A quel punto la nonna prese il telecomando e accese la televisione: «Zitti tutti, adesso inizia il telegiornale delle sei e mezza.» Lo schermo, inizialmente, mostrava la pubblicità di alcuni prodotti in ceramica, ma poi ci fu una musichetta, era il telegiornale di cui parlava la nonna, il TG 6,5.
Prima che la giornalista potesse essere inquadrata bene in modo tale da vederne la faccia si sentì un BZZZZZZZ, il rumore dello statico.
I due anziani si lamentarono in coro: «Oh no…agg..non è…porc…perché…quel co…non è…avanti!» Anita non stava capendo e chiese spiegazioni ai due anziani, che sembrava volessero distruggere qualcosa: «Perché vi …arrabbiate per…un …insomma è solo un piccolo problema…passerà presto…non…c’è bisogno che…oh …che stiate così.» La nonna ribadì «Anita, non ti preoccupare. Non è colpa tua. Questi televisori non sono perfetti, se c’è un Pokémon volante abbastanza grande, questo può disturbare il segnale del satellite. E, dati i problemi, si tratta di un Pokémon bello grosso, questa cosa non succede con Pokémon piccoli come Pidove. Devono essere piuttosto grandi, almeno come Talonflame.» Allora Anita si alzò e aggiustò il cappello, mentre pensava: “posso provare a risolvere il problema” quindi disse: «Sapete di che Pokémon si tratta?» L’anziana l’avvertì. «Fai attenzione. È Gliscor, ed è molto pericoloso. Forse Vivillon potrebbe sconfiggerlo, dato che riesce a volare molto in alto e potrebbe evitare la maggior parte dei suoi colpi. Inoltre, considera che Gliscor fluttua ad una quota troppo alta per essere colpito da mosse fisiche che partono da terra, come Pietrataglio. Pensa che neanche il Tiromirato di un Inteleon lo colpirebbe per quanto è in alto.» Anita guardò la Pokémon Farfascaglia e le domandò: «Te la senti?» Vivillon guardò gli altri Pokémon presenti, quindi fece un piccolo segno di affermazione. Allenatrice e Pokémon si diressero entrambe verso la porta. Gli anziani e gli altri Pokémon si accodarono e uscirono fuori nel giardino dei sogni di un qualsiasi fioraio o fioraia.
Anita guardò in alto, e si accorse della presenza di un Gliscor nel cielo. La ragazza pensò: “dobbiamo assolutamente fermarlo! Anche se questo dovesse significare lottare. Spero che questo basti ad allontanarlo per un po' di tempo.” Il nonno cercò di dare un consiglio alla nipote: «Non farla attaccare, induciamolo prima a lottare. In questo modo, Gliscor sarà accecato dalla rabbia. Mossa dopo mossa ci porterà sempre più in vantaggio.» La ragazza ascoltò attentamente le istruzioni del nonno e si avvicinò alla Pokémon Farfascaglia: «Se sei in difficoltà, lancia Comete verso quest’albero di ciliegio.» La ragazza toccò il ruvido e solido fusto della pianta: «Non preoccuparti! So che ce la puoi fare!» La rassicurò. Vivillon volse uno sguardo al Gliscor che continuava a svolazzare qua e là.
Il nonno allora raccomandò alla Pokémon «Mi raccomando fai attenzione!» Vivillon si innalzò fino ad arrivare all’altitudine del fastidioso Gliscor. Fece un bel respiro profondo e si concentrò sul suo avversario. Fino a quel momento non era ancora stata notata. Anita ne approfittò per scansionare Gliscor col suo Smart Rotom: «Gliscor , Pokémon Scorpidente, esemplare Maschio. Se riesce a prendere correttamente una corrente d’aria, per quanto debole, può compiere un giro del globo senza mai sbattere le ali. mosse conosciute: Tagliofuria Velenpuntura, Forbice X, Acrobazia.» Vivillon, per farsi notare da Gliscor, lanciò Energipalla. Prese la mira in modo tale non colpirlo direttamente, ma piuttosto tentò di sfiorarlo. Il suo intento era quello di fargli comprendere appieno la sua posizione. Gliscor si si voltò, ma non c’era nessuno.
Pochi istanti dopo partì un secondo colpo. Gliscor si voltò di nuovo. Anche questa volta non c’era nessuno. Il Pokémon Scorpidente stava iniziando ad alterarsi. La situazione peggiorò ulteriormente quando venne scagliato un terzo e poi un quarto colpo. Gliscor era intento a lottare con quel Pokémon che lo stava intralciando. Vivillon ne approfittò per richiamare la sua attenzione. Questa volta non era intenzionata a scappare. Tutt’altro. Voleva farsi vedere e affrontarlo faccia a faccia. Il Pokémon Scorpidente si girò per l’ennesima volta puntando un’occhiataccia al suo avversario. Gli fece capire che se non avesse smesso, avrebbe fatto una brutta fine. Vivillon continuava a provocarlo e a farlo adirare, di più sempre, di più fino a fargli perdere la pazienza. A quel punto il nonno guidò Anita verso l’inizio della lotta vera e propria: «Adesso è il momento di lottare, è completamente in balìa della provocazione.» Anita aggiustò il cappello, per cacciare un po’ di tensione. Era un po’ emozionata all’idea di lottare contro un Pokémon del genere. Era forse il primo incontro serio con un Pokémon veramente forte e che non aveva motivi per trattenersi. Quando si era allenata con Ash, i Pokémon del ragazzo si erano sempre trattenuti. La ragazza era consapevole di doverlo fare per tutte le persone del vicinato, anche e soprattutto per i suoi nonni. Sperando di scacciarlo per un po' di tempo, o addirittura per sempre.
Finalmente iniziò lo scontro vero e proprio. «Vivillon, partiamo con Comete!» La Pokémon generò dei raggi di energia dal colore dorato a forma di stelle che andarono in direzione del Gliscor. Il Pokémon, con una delle sue chele violacee, chela parò le stelle lanciate dall’avversaria. Pochi istanti dopo, il corpo di Gliscor emanò una tenue aura viola. Contemporaneamente, cominciò ad avvicinarsi rapidamente alla Pokémon Farfascaglia. Per fortuna quest’ultima fu abile a schivare il colpo, guadagnando quota e tornando alla stessa altitudine che aveva in precedenza. «Vivillon vai con Energipalla!» Le ordinò Anita. La Pokémon formò così una sfera di energia che emanava una luce verde chiaro. Appena fu pronta, la Pokémon la lanciò violentemente verso Gliscor. Il Pokémon ancora non aveva capito dove fosse andata Vivillon. Venne colpito in pieno e perse qualche metro di quota.
Rapidamente Gliscor si girò e recuperò la quota persa. Come se nulla fosse successo, iniziò a caricare l’avversaria. Le sue grandi chele si illuminarono di una luce tendente all’arancione. Anita si accorse delle intenzioni dell’avversario e ordinò alla sua Pokémon di contrattaccare: «Fermalo con Eterelama!» La Pokémon generò delle grandi folate di vento che assunsero l’aspetto di lame e che raggiunsero Gliscor formando una sorta di X. Sfortunatamente, il Pokémon Scorpidente schivò tutte le folate e andò dritto per dritto verso Vivillon, colpendola. Fortunatamente Vivillon incassava senza particolari patemi le mosse coleottero, infatti fece finta di niente e continuò; dunque, Anita insistette «Usa Comete» La Pokémon generò dei raggi di energia dal colore dorato a forma di stelle, in quantità maggiore rispetto a prima. Questa volta Gliscor fu costretto ad incassare il colpo. L’impatto delle stelle contro il corpo del Pokémon generò una piccola nube di fumo. Il Pokémon Scorpidente riuscì a liberarsi dopo appena qualche secondo. Sembrava perfino più fresco di prima.
Da terra, Oshawott voleva trovare un modo di aiutare la sua collega, mostrandosi decisamente più collaborativo di Herdier che era più addormentata che sveglia. Il Pokémon Lontra e Azumarill gli spararono un getto d’acqua spostando Herdier di qualche metro e facendola finalmente tornare in sé. Questa manovra causò alcuni danni al prato, danni che Roselia sistemò immediatamente. Vivillon volse uno sguardo alla scena e le venne un’idea per vincere, lanciò dunque delle Comete verso Oshawott. “Cosa poteva mai significare?” Si chiese la ragazza, prima che la Pokémon riprendesse gli attacchi verso Gliscor
«Usa ancora Energipalla!» La nonna, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, commentò: «Secondo me Vivillon vuole che Oshawott si unisca alla lotta. Dopotutto è un Pokémon di tipo Acqua… Se potesse colpirlo avremmo un bel vantaggio e…» Anita intervenne «Hai ragione! Solo che… da qui Oshawott non potrebbe riuscire a colpirlo.» Il nonno si aggiunse: «Dobbiamo trovare un modo per portare Oshawott lassù. E non possiamo far venire Vivillon qui, altrimenti Gliscor attaccherebbe anche noi!» Minnie si alzò e si tolse della polvere di dosso; quindi, avvisò il suo Allenatore con uno squittio. Il vecchio capì immediatamente le intenzioni della Pokémon: «Minnie, sei geniale! Adesso ascoltatemi tutti quanti!» L’anziano iniziò a spiegare il suo piano, mentre Vivillon continuava a schivare i vari attacchi di Gliscor, che, mano, mano che passava il tempo, diventava sempre più lento. Anita incoraggiò la sua Pokémon: «Resisti Vivillon! Presto arriveranno i rinforzi!» Vivillon, con un piccolo cenno, fece intendere di aver capito, mentre continuava a difendersi da Gliscor.
«Allora Adesso Herdier deve portare Azumarill e Oshawott sul tetto dalla finestra di camera nostra, usando Azione, quindi Oshawott dovrà essere preso da Minnie. Appena sarà pronto farà un bel volo, ma appena sarà arrivato all'altezza di Vivillon. Lei dovrà afferrarlo, così lui potrà e aiutarla a vincere, tutto chiaro?» Spiegò l’anziano. Tutti annuirono. Oshawott , Herdier e Azumarill entrarono velocemente in casa, salirono le scale ed entrarono nella camera da letto dei due anziani.
Per un attimo i due Pokémon di Anita si fermarono a guardare la stanza, ma fortunatamente si resero quasi subito conto che non dovevano perdere tempo. I Pokémon salirono immediatamente sul letto, lo scavalcarono, Azumarill aprirà la finestra. Appena questa fu aperta, i tre Pokémon giunsero sul terrazzo.
Minnie prese Oshawott e si aggrappò con le orecchie ad un appiglio. A quel punto Herdier diede il suo contributo, raggiungendo il lato opposto del terrazzo, quindi si mise a correre, caricando un potente colpo. La Pokémon colpì violentemente il dorso di Azumarill. Nello stesso istante la Pokémon lasciò l’appiglio e si aggrappò con le orecchie al tetto dell’edificio. Con un’incredibile agilità arrivò sana e salva, mentre teneva solidamente Oshawott tra le sue braccia. Pochi istanti dopo, prese il Pokémon lontra con le sue orecchie. Anita era stupita dal lavoro di Azumarill. La ragazza chiese all’anziano: «Sicuro che sia vecchia? Sembra molto atletica!» Il nonno se ne uscì con una frase dal sapore poetico: «Quando una persona o un Pokémon è riconosciuta come tra i più forti al mondo, conserveranno sempre le loro virtù. Devi sapere che noi siamo arrivati tra i primi 20 allenatori più forti del mondo. Un gruppo di élite che comprende i Campioni e le Campionesse delle varie regioni e altri Allenatori che dimostrano il loro valore.» Anita rimase a bocca aperta. Si ricordava delle parole del nonno circa il fatto che la famiglia avesse una grande tradizione di Allenatori. Tutto questo finché non le franò addosso Herdier, che la fece tornare in sé, leccandole la guancia. «Hahaha, sei stata bravissima, però così mi fai il solletico!» Nel mentre, Minnie stava tenendo Oshawott, attendendo che fosse pronto per andare. Il Pokémon Lontra stava osservando Vivillon, pensando “Devo aiutarla! So che è molto in alto ma devo farlo, devo dimostrare di cosa sono capace!” Oshawott fece capire di essere pronto, quindi, l'anziano ordinò: «Vai Azumarill usa Lancio!» Le orecchie della Pokémon si illuminarono. Pochi istanti si piegò, per aumentare la gittata del lancio. Appena ritenne di avere forza sufficiente, lanciò con forza Oshawott, nella direzione di Vivillon. Frattanto, la Pokémon aveva provocato ancora di più Gliscor, aumentando ulteriormente il suo nervosismo.
La Pokémon sentì qualcosa che si stava avvicinando. Per questo motivo, la Pokémon volse lo sguardo verso terra. Si accorse di un puntino bianco che a mano a mano si ingrandiva sempre di più. Iniziarono a comparire anche delle piccole parti azzurre. Vivillon capì. Quella piccola macchia era Oshawott. Alla fine, la Pokémon riuscì ad afferrarlo, con le zampe, prendendolo sotto le ascelle. Volare con quella zavorra non era affatto facile, tanto più che la Lontra tremava come una foglia. Non era affatto abituato a volare. Fino ad allora aveva sempre toccato il terreno coi suoi morbidi piedini, e adesso stava volando a bordo di un Vivillon? Cosa mai sarebbe potuto andare storto?
Anita, notando le difficoltà della sua Pokémon, iniziò a dare delle indicazioni: «Oshawott, Pistolacqua!» Dalla bocca del Pokémon si generò un getto d'acqua che colpì in pieno volto Gliscor. «Adesso usa Acquagetto! Vivillon tienilo fermo con Psichico!»
Mentre Vivillon teneva Gliscor fermo, Oshawott rivestì il suo corpo di un sottile strato d’acqua e, come un proiettile, raggiunse Gliscor, colpendolo in piena pancia. Successivamente invertì la sua rotta, facendosi nuovamente acchiappare dalla farfalla.
«Siete stati fantastici! Continuate così!» Si congratulò la ragazza. I due Pokémon continuarono per qualche minuto finché Gliscor non cominciò a precipitare. Sui suoi occhi si formarono delle spirali. «Viooon! »Vivillon fece notare a Minnie che il Pokémon era ormai sconfitto. La Pokémon, comprendendo le intenzioni dell’alleata, utilizzò il suo Idropompa per attutire la caduta del Pokémon Terra/Volante.
Nel frattempo, Vivillon accompagnò delicatamente Oshawott a terra, con grande felicità, di quest’ultimo, ì che si mise a baciare il terreno. intanto i nonni rimproverarono Gliscor convincendolo a non intralciare più i segnali delle televisioni.
Il Pokémon Scorpidente si allontanò, per la gioia di tutti.
Una volta accesa la televisione la nonna mise la replica del telegiornale.
L’anziano, mentre venivano esposti i titoli delle principali notizie, che, come accadeva spesso, riguardavano per la maggior parte riguardavano tragedie, come incidenti, omicidi, rapimenti e guerre, si complimentò con Anita: «Hai talento, tu e i tuoi Pokémon, avete davvero tanto potenziale. Si vede che i nostri racconti li hanno ispirati per questa lotta.» La ragazza arrossì per il complimento. Era lusingata da quei complimenti.
La nonna fece cenno al marito di fare silenzio. Il telegiornale era quasi concluso: «Puoi parlare dopo! Ora devono annunciare i risultati del torneo a doppi incontri. Mi dispiace non averci assistito dal vivo. Voglio sapere chi ha vinto.» La ragazza accennò un sorriso, mentre la voce del giornalista che presentava i servizi sulle lotte iniziò ad annunciare la notizia: «Ieri, si è tenuta la settantacinquesima edizione del torneo a doppi incontri di Zefiropoli. Un torneo che, come ogni anno ci ha deliziato con delle lotte estremamente avvincenti. Ma veniamo a noi. I vincitori assoluti del torneo sono stati la coppia di allenatori Ash Ketchum, il Campione del Mondo, e una giovane allenatrice proveniente dalla piccola Soffiolieve, chiamata Anita White. I due Allenatori hanno mostrato un grandissimo affiatamento, sembrava già si conoscessero, da come si guardavano e da come lottavano. Il secondo posto è stato, invece ottenuto dalla coppia di allenatori Carlos Martin e Ivan Hollenback infine, al terzo posto si sono classificati un giovane allenatore chiamato Raoul Power e la Performer e Coordinatrice Serena Gabena. Performer che, per la cronaca, è stata anche la vincitrice dell’ultimo Varietà, disputato ad Eolea. Purtroppo, non siamo riusciti a intervistare i partecipanti. Durante la cerimonia di premiazione vi è stato un attacco da parte del famigerato Team Plasma. L’organizzazione, che predica la liberazione di tutti i Pokémon, ha attaccato dall’alto, sfondando il tetto dell’edificio. Il pubblico è riuscito a fuggire, ma a causa della calca, vi sono stati ventidue feriti. Nessuno di loro in gravi condizioni. Non altrettanta fortuna ha avuto l’addetta alla premiazione, che è stata rapita al momento non sia ha idea di dove si trovi né delle sue condizioni di salute.»
Partì un lunghissimo applauso da parte dei nonni e dei Pokémon presenti, che fece commuovere Oshawott, estremamente fiero del suo lavoro.
«Già vinci i tornei! Altro che potenziale! Tu hai la stoffa per le lotte!» Si congratularono i nonni. Quei festeggiamenti oscurarono la notizia dell’ultimo minuto.
Il Governo di Unima aveva sospeso, con effetto immediato e fino a data da destinarsi, i Varietà Pokémon e i tornei. Il provvedimento aveva anche limitato il numero di persone che avrebbero potuto assistere alle lotte in palestra.
Anita cercò di scostarsi da quella posizione «Ma no! Cioè, ero in squadra con Ash… Gran parte del merito è suo. Anche se ha utilizzato Pokémon che aveva catturato da poco, è stato lui a guidarci alla vittoria. Noi non abbiamo fatto nulla di incredibile.» L’anziano attaccò: «Se lo dici tu! Ma anche i tuoi amici hanno fatto bene, vero? Io credo assolutamente di sì. A proposito… perdona la mia curiosità, ma che cosa avete vinto?» La ragazza rispose: «Quattro biglietti per la Ventiquattro
ore di Spiraria, se non mi sbaglio.» I nonni le raccomandarono di stare attenta e Anita si limitò ad annuire.
All' improvviso partì una musichetta. Era nuovamente lo Smart Rotom della ragazza. Serena la stava chiamando di nuovo. Lo Smart Rotom della ragazza si mise a fluttuare in aria, mentre la chiamata partiva.
«Sandile usa Fossa, Servine Vorticerba!» Si sentì un urlo assordante: era Ash. Carlos gli aveva chiesto se potessero fare una lotta in doppio di allenamento, per permettere al nativo di Levantopoli di conoscere meglio l’Houndour da poco catturato. «Ehm…Pronto?» Serena si mise nell' inquadratura dello Smart Rotom e salutò «Anita? Va tutto bene? Volevo solo ricordarti che sono le sette. Avevi detto che tornavi da noi tra una mezz’ora. Lo dico per te, penso che Ash non voglia lasciare neanche una singola mollica di pane, quindi… A parte gli scherzi, come sta andando? Ti stai divertendo, ovunque tu sia?» Anita, pur capendo le ragioni dell’amica, non voleva essere scortese nei confronti dei nonni. Un po’ tremante, disse: «Oh... Scusatemi. Avevo promesso a Serena che sarei rientrata per le sette e mezza e…» L’anziana fece un cenno di aver capito. Nel mentre, il nonno si affacciò nell' inquadratura. «Possiamo salutare anche noi i tuoi amici?» Chiese. Anita, sia pur non molto convinta accettò e invitò la nonna a partecipare alla chiamata. Quindi cominciarono delle presentazioni, piuttosto discutibili.
Si sentì un trambusto dietro la vincitrice del Varietà, Servine era stata colpita in pieno dal Braciere di Houndour ed era stata scottata. Serena si girò dietro di sé: «A quanto pare, Servine ha bisogno di un Antiscottatura. Devo andare. Un bacio!» Anita salutò l’amica: «Ci vediamo dopo!» «A presto Serena!» I due anziani salutarono la ragazza, prima di chiudere la chiamata.
Anita si alzò ed esclamò «Scusate, ma ora devo proprio andare. Noi alloggiamo dall’ altra parte della città. È una bella camminata, quindi, per cui scusate, ma devo proprio andare.»
I due anziani si alzarono a loro volta. «Ciao Anita abbi cura di te!» Il nono le diede un bacio sulla guancia. «Stai attenta, e fai attenzione alle persone che incontri!» La salutò la nonna, dandole un bacio sulla guancia. Quindi la ragazza si avvicinò a Picernese: «Quando avrò bisogno di una giardiniera ti chiamerò!» Nello stesso istante, anche i Pokémon della ragazza salutarono la coppia di anziani. La ragazza non si dimenticò nemmeno di salutare Minnie: «Grazie di avermi salvata prima, e di averci aiutati! Magari un giorno lotterai contro Pikachu.» fatto questo, la ragazza la abbracciò, accorgendosi di come la sua pelle fosse morbidissima. Concluso il tenero abbraccio, la Pokémon cominciò a salutare i Pokémon della ragazza. Disse anche qualcosa ad Oshawott. La lontra reagì con un occhiolino, come per dire “lo farò!”
I due anziani accompagnarono la ragazza fino al portone d’ingresso. La ragazza fece alcuni passi, scortata dai suoi Pokémon. Quando quest’ultima fu abbastanza lontana, rientrarono e chiusero la porta.
Anita fece rientrare i suoi Pokémon nelle rispettive Poké Ball. La ragazza stava continuando a pensare ai racconti dei nonni. Sperava davvero di trarre di buono da quegli insegnamenti. Mentre varcava la soglia del cancello, stava rivedendo le pagine Pokédex dei Pokémon dei nonni, stando attenta a non inciampare come era già capitato.
Andò avanti così per un po’, finché non arrivò dall’altra parte della città, al centro Pokémon dove alloggiava coi suoi amici. Solo al rientro si rese conto di quanta strada avesse effettivamente percorso.
Appena entrata all’interno del centro Pokémon, quello che si palesò davanti alla ragazza fu qualcosa di difficile descrizione.
Ash stava correndo di qua e di là disperato: «CHE COSA FACCIAMO ADESSO?» Nel mentre Carlos attaccava: «Qualcosa puoi fare, riflettici bene!» A quel punto, Serena rispose: «Posso lanciargli una boccia di sale?» Carlos si mise a ridere: «Non puoi, ho attivato la barriera doppio acciaio, e poi il vetro non gli fa niente!» Anita sembrava piuttosto incuriosita dalla situazione: «Ciao, ragazzi! Ma cosa sta succedendo? Perché Ash sta urlando quelle cose?» Carlos rispose: «Stiamo giocando ad un gioco di ruolo, che ha come protagonisti degli umani che sembrano dei Mismagius, chiamati “Stregoni”. Adesso Serena ed Ash devono compiere un’azione, altrimenti non possono tirare i dadi per arrivare alla casella finale.» Anita guardò meglio il tabellone e disse «Ah sì, lo conosco questo gioco, ho visto qualche video.» Serena a quel punto, le chiese: «Puoi darci una mano, per favore? Abbiamo solo due tentativi e queste carte, se non facciamo la scelta giusta, lui userà il dado fortunato e vincerà. Anche noi lo abbiamo, abbiamo anche questi oggetti. Qua ci sono i bonus e le difese.» Anita guardò i presenti con maggiore attenzione, e si accorse di un piccolo dettaglio: «Quindi le squadre sono tu ed Ash contro Carlos e…Delphox?» Ash sviò l’argomento: «Ah, ciao, sei arrivata in anticipo, avevi detto che saresti arrivata qui per le otto. Comunque… tornando a noi… abbiamo DUE» Il ragazzo sottolineando particolarmente “due” «Problemi. Dobbiamo vincere la partita. Ne vade la nostra cena. Poi abbiamo un piccolo problema… Vivillon ed Herdier devono recuperare la palla dei Pokémon che è finita tra gli alberi del bosco, e non riusciamo a vederla.» La ragazza ricambiò dicendo: «Ok, capisco, ma una cosa alla volta. Io vi posso dare una mano qui, mentre loro due cercano la palla.» La ragazza fece uscire Herdier e Vivillon dalle Poké Ball e le istruì sul da farsi. Sylveon si offrì di accompagnarle nel bosco, sperando di ritrovare l’oggetto smarrito al più presto.
Le tre Pokémon riuscirono a recuperare la palla in un tempo estremamente breve, facendo meravigliare i Pokémon presenti. Nello stesso momento, Anita stava pensando a come risolvere la situazione. Stava guardando il tavolo con attenzione. Dopo qualche attimo di riflessione prese la carta “pala d’acciaio” e lo “spray misterioso” dicendo «Scavo una buca con la pala e uso lo spray su di essa, se esce un numero tra 4 e 7 si curva e ti colpisce dando così il dado.» Anita allora prese i dadi mentre Carlos sorrideva in maniera ironica. «Veramente impressionante! Brava! Ma non è il momento giusto per fare queste giocate da 200 iq, anche perché potrebbe capitare un’altra cosa!» Intanto Anita prese i dadi. Si trattava di due dadi di legno. Uno era verde e l’altro era viola. Li strinse nelle mani, li scosse e li lanciò. Ash chiuse gli occhi «Non voglio vedere!» Gli altri tre chiusero gli occhi a loro volta. Uno dei due dadi stava continuando a girare.
Senza che nessuno glielo chiedesse, Oshawott uscì dalla sua Poké Ball e vide il dado girare, notando che tutti i ragazzi avevano gli occhi chiusi, lo fermò. Quindi premette il meccanismo di sblocco e tornò nella Poké Ball. «È uscito cinque!» Disse Serena, con grande sorpresa. «Ash sai cosa fare!» Si rivolse al compagno di squadra «Cambio il dado con quello fortunato e scelgo 3! Abbiamo vinto!» Il ragazzo non si rese conto di quanto stesse urlando. E del fatto che avesse spaventato parte dei presenti nel centro Pokémon, oltre a diversi Pokémon volanti che riposavano negli alberi vicini. Le ragazze lo guardavano imbarazzate.
Quindi Carlos si alzò e disse: «Avanti tutti a tavola, non voglio sentir parlare di questo gioco almeno fino all’anno prossimo!» I ragazzi si sedettero tutti alla tavola. La tovaglia era di un arancione veramente acceso, con delle decorazioni floreali, tremende, secondo Anita.
Durante il pasto, dei grossi e succosi panini con l'hamburger, fra i quali spiccava quello di Ash, condito con ben sei salse diverse (maionese, ketchup, salsa piccante, salsa barbecue, e due salse segrete preparate da Carlos) Serena iniziò il discorso, rivolgendosi ad Anita: «E così… loro erano i tuoi nonni?» La ragazza rispose «Sì, non mi sarei mai aspettata che l’unica volta che uscivo da sola, ali avrei incontrati. Per fortuna non erano arrabbiati con me o altro, per quello che era successo con la mamma. Sono stati molto gentili e hanno cercato di mettermi a mio agio. Mi hanno anche raccontato le loro esperienze passate, per esempio i loro Pokémon ancora in vita, si siano evoluti.» Ash, come suo solito, partì a razzo: «Erano dei Pokémon forti?» Anita sciolse immediatamente il dubbio dell’amico: «Sai, il nonno, da giovane, era tra i venti allenatori più forti della sua epoca. La nonna, invece, preferiva dedicarsi ad aiutare le persone bisognose.» Ad Ash cadde l’insalata dal panino. Quasi non credeva alle parole dell’amica. «Davvero tuo nonno è stato così vicino alla vetta del mondo? Deve aver vinto davvero tante lotte! Dimmi un po’, che Pokémon aveva?» Anita fece mente locale per cercare di ricordarli: «Da quel che mi ha raccontato aveva un Sandile, una Staravia, un Woobat, un Pignite, un Goodra, e l’unico ancora in vita, Azumarill. Non mi ha raccontato se i suoi Pokémon si sono evoluti, ma credo di sì.» Ash si accorse di una strana coincidenza. «Di questi Pokémon, ne ho catturati tre. Sandile e Staraptor li hai già conosciuti, mentre Goodra l’ho liberato a Kalos. È stata dura separarmi da un amico. Ma dimmi un po’ Azumarill, Pignite e Woobat erano forti?»
La risposta della ragazza non si fece attendere. «Ho visto Azumarill, all'opera, è stata davvero forte! Avresti dovuto vederla! Avrà anche una certa età, ma è ancora arzilla. Certo, non è forte come quando era giovane, ma si tiene in forma. Secondo il nonno, ai suoi tempi era persino più forte…di …Pikachu» queste parole scatenarono una crisi di riso ad Ash: «Va bene, se lo dice lui… Purtroppo non si può tornare indietro nel tempo così facilmente. Anche se sarebbe stato bello ai suoi tempi, vero, amico?» Ash si rivolse a Pikachu, che rispose emanando delle leggerissime scariche elettriche dalle guance.
La serata continuò tranquilla con Anita che cercò di riassumere i racconti dei nonni. Racconti che fecero applaudire Carlos, che mostrò una certa invidia nei confronti della ragazza. Diversa fu la reazione di Ash: «Un giorno voglio sfidare tuo nonno e vedere cos'è rimasto di Minnie». Serena, dal canto suo, pensava a delle possibili combinazioni ispirate alle leggendarie lotte disputate dal nonno della ragazza.
I quattro si separarono solo a tarda notte, rientrando nelle loro stanze.
«Erano proprio in gamba i nonni.» Commentò Anita. Quindi prese le Poké Ball dalla sua borsa. «Rendiamoli fieri di noi. Insieme riusciremo a sconfiggere la Campionessa.»

Un incontro inaspettato che ha dato non pochi insegnamenti alla giovane Allenatrice, ancora più motivata nel perseguire il suo obiettivo di diventare la Campionessa di Unima.


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